Sabato 7 ottobre al Centro polifunzionale Don Calabria (via San Marco 121 a Verona) si terrà l’incontro annuale con i pazienti reumatici, organizzato dal Servizio di Reumatologia dell’IRCCS di Negrar, diretto dal dottor Antonio Marchetta. Ingresso libero. Si parlarà anche della “rivoluzione” avvenuta in Reumatologia negli ultimi anni, grazie all’avvento dei farmaci innovativi.
L’informazione e la formazione del paziente, con la condivisione delle scelte terapeutiche, in Reumatologia è parte fondamentale della cura. “Il rapporto medico-paziente favorendo il mantenimento del trattamento, garantisce il 50% del risultato sulla malattia”, sottolinea il dottor Antonio Marchetta, responsabile del Servizio di Reumatologia dell’IRCCS di Negrar.
E nell’ambito della formazione e dell’informazione, rientrano anche gli incontri annuali con i pazienti che il Servizio promuove da tempo in collaborazione l’Associazione Nazionale Malati Reumatici (ANMAR). Quello che si svolgerà sabato 7 ottobre al Centro Polifunzionale Don Calabria di via San Marco 121 a Verona, a partire dalle 8.45, è il settimo ed è aperto a tutti coloro che sono interessati all’argomento, in particolare ai pazienti e alle loro famiglie (vedi il programma)
Per l’occasione sono stati invitati a dare un breve saluto ben due vescovi: quello emerito di Verona, mons. Giuseppe Zenti, e l’attuale titolare della Cattedra di San Zeno, mons. Domenico Pompili. Il primo ha partecipato a gran parte delle edizioni, in quanto da tempo affetto da una malattia reumatica. Sarà presente anche Luca Coletto, già assessore della Sanità della Regione Veneto, oggi nello stesso ruolo in Umbria. Interverranno anche Denise Signorelli, direttore sanitario dell’Ulss 9, Silvia Tonolo e Giorgio Vantini, rispettivamente presidente nazionale e regionale dell’Associaizone nazionale malati reumatici (ANMR) e referente per Verona dell’ANMRV. Il programma prevede anche l’intervento di Paola Deambrosis dell’Assistenza Farmaceutica della Regione Veneto e di Ombretta Viapiana, professore associato di Reumatologia all’Università di Verona che parlerà dell’importanza della vitamina D nelle malattie reumatiche.
“La realizzazione periodica di questi incontri ha avuto un peso importante nel processo di certificazione, da parte del Bureau Veritas, del Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) elaborato dal nostro Servizio per le artriti croniche. Certificazione che abbiamo ottenuto nel 2020 con conferma nel 2023”, spiega il dottor Marchetta. “Attualmente siamo la sola struttura nel Veneto ad aver codificato e certificato tutto l’iter del paziente affetto da artrite psoriasica e spondiloartrite sieronegativa, dal primo contatto con il Servizio, alla fase di diagnosi, fino all’inizio della terapia farmacologica e al follow up”. Il PDTA interessa circa 3mila pazienti, su 10mila in carico complessivamente al Servizio.
Nell’ambito dell’incontro al dottor Marchetta sarà affidato il compito di ripercorrere le tappe della ‘rivoluzione’ avvenuta in reumatologia negli ultimi decenni. “Se guardo le fotografie dei primi pazienti che ho curato 40 anni fa, mi vengono i brividi”, racconta. “Erano persone completamente deformate dalle artriti, che le avevano rese disabili. La svolta è iniziata circa 25 anni fa con l’introduzione sul mercato dei primi farmaci monoclonali, frutto della biotecnologia. Prima di allora, per arginare la malattia, ‘sparavamo con il cannone’ con dosi elevate di cortisone e terapie con farmaci come methotrexate, ancora validi ma non del tutto efficaci e con effetti collaterali importanti. Oggi usiamo il ‘fucile di precisione’: i farmaci innovativi agiscono a monte della malattia, su specifiche citochine del sistema immunitario, responsabili della reazione autoimmune. Molti dei 600 pazienti del nostro Servizio curati con i biologici sono in fase di remissione, cioè non sono guariti ma il danno anatomico alle articolazioni e agli altri tessuti ha subito un arresto, documentabile radiograficamente”. Alla famiglia dei farmaci innovativi si sono aggiunte da poco ‘le piccole molecole’, proteine che agiscono a livello intracellulare: sono un’alternativa ai biologici quando non danno risultati e a differenza di quest’ultimi prevedono la somministrazione per via orale, e non solo parenterale (cioè sotto cute) o infusiva.
“Una seconda rivoluzione è avvenuta con l’avvento dei biosimilari, identici per qualità, efficacia e sicurezza ai biotecnologici di riferimento ma non soggetti a copertura brevettuale – continua il medico – Il costo di ogni trattamento è di conseguenza diminuito drasticamente, consentendo di allargare l’impiego dei farmaci a un’ampia platea di malati, mentre prima era indicato, per essere sostenibile economicamente dalla collettività, solo per i pazienti con determinate caratteristiche”.
“Resta sottointeso – conclude il dottor Marchetta – che l’efficacia dei farmaci innovativi è maggiore se vengono impiegati quando la malattia è agli esordi. La diagnosi precoce resta fondamentale per il trattamento di queste malattie. Quindi ai primi sintomi (tra i più comuni dolore, gonfiore e rigidità delle articolazioni) è raccomandabile rivolgersi al medico di medicina generale per gli opportuni accertamenti”.