Si è celebrata questa mattina all’Ospedale di Negrar la Festa patronale di San Giovanni Calabria, nei 150 anni dalla sua nascita. Il focus della mattinata è stata la Messa celebrata da don Massimiliano Perrella, Casante dell’Opera, davanti a una folta assemblea di operatori e ospiti

Don Calabria a Negrar, presso Casa Sacro Cuore con alcuni collaboratori

La tradizione vuole che la Festa patronale di San Giovanni Calabria si celebri con il taglio del nastro di una nuova struttura o di un’acquisizione tecnologica. Ma il 2023 per la famiglia calabriana, a cui appartiene anche la Cittadella della Carità, è un anno speciale. Infatti segna i 150 anni dalla nascita del Santo Fondatore, avvenuta l’8 ottobre del 1873. Era d’obbligo quindi concentrare tutta l’attenzione sulla figura e sulla spiritualità del sacerdote veronese che nel 1933 decise di acquisire la Casa del Sacro Cuore, embrione dell’attuale ospedale.

Don Massimiliano Parrella

Così l’unico focus della mattinata del 6 ottobre è stata la Messa nell’area verde dei giardini tra Casa Nogarè e l’Ospedale don Calabria. A presiederla il Superiore generale  dei poveri servi della divina Provvidenza, il Casante don Massimiliano Parrella davanti a una folta assemblea di operatori e ospiti. Nell’omelia prima di commentare il passo del Vangelo di Matteo (Mt25,34), definito ‘Vangelo della Provvidenza’, il settimo successore di Don Calabria ha voluto porgere un saluto affettuoso a tutti i malati della Cittadella della Carità e ringraziare gli operatori sanitari. “Durante la pandemia siete stati considerati eroi, ma oggi sembra che sia stato dimenticato tutto – ha detto -. Io invece vi ringrazio per quello che fate e come lo fate”.

Poi ha proseguito: “Gesù in questo brano del Vangelo che è stato letto ci esorta: ‘Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta’. Ma a quale giustizia si riferisce il Signore? – ha sottolineato il sacerdote -. Dio è Padre, quindi la sua giustizia è prendersi cura dei suoi figli. Don Calabria lo sapeva bene, nella sua vita si è sempre preso cura dei più bisognosi. Anche durante il servizio militare. A lui le marce e i fucili non erano molto congeniali, forse Don Calabria è stato obiettore di coscienza quando questo diritto non era stato ancora affermato. Così chiese di accudire gli ammalati presso l’ospedale militare di Verona, ammalandosi anche di tifo quando scoppiò un’epidemia. Così facendo ha voluto rendere giustizia ai sofferenti secondo la logica di Dio, chinandosi sulle loro ferite con amore, delicatezza e passione. Di fronte alla malattia si può vincere e si può perdere, ma se ci si prende cura della persona vinceremo sempre”.

Da sinistra il Presidente della Cittadella della Carità, fratel Gedovar Nazzari, e il vicepresidente don Miguel Tofful

Alla conclusione della celebrazione ha preso la parola il presidente della Cittadella della Carità, fratel Gedovar Nazzari: “Poco più di una settimana fa abbiamo vissuto l’emozione di accogliere qui le reliquie di San Giovanni Calabria per i 150 anni dalla nascita – ha detto -. Il Giubileo è una ricorrenza che ci invita a rinnovare la conoscenza con un povero sacerdote veronese divenuto “campione di evangelica carità”, come lo definì Papa Pio XII dopo la sua morte.

Rivivendo la sua storia, abbiamo l’opportunità di riscoprire il suo carisma, perché vita e Vangelo nella persona di don Calabria sono un tutt’uno. Don Calabria è stato “Vangelo vivente” e spronava tutti coloro che incontrava ad essere vangeli viventi. Oggi continua a farlo rivolgendosi a ciascuno di noi. Perché il carisma del nostro Fondatore non è un’idea di un’epoca passata, non è qualcosa da vivere nell’intimità spirituale, ma parla al nostro tempo e poiché ha come fine unico il bene del prossimo, soprattutto dei più poveri, è un motore di sviluppo.

La lettera di don Calabria a fratel Consolaro

Lo scriveva già nel 1953 il nostro Fondatore, in una lettera molto nota indirizzata a fratel Antonio Consolaro, primo direttore dell’Ospedale Sacro Cuore. “Gesù Signore, posa lo sguardo di benevolenza e predilezione singolare, sulla Casa di Negrar e su quanti vi lavorano. Guarda mio caro fratel Antonio, che vi regni sempre lo spirito puro e genuino della nostra Opera di Poveri Servi e allora si matureranno altri disegni, sempre nuovi sviluppi, a gloria del Signore, a bene dei fratelli sofferenti nel corpo e nello spirito”.

Quello “spirito puro e genuino” non è altro che il suo carisma: dedizione ai poveri, e i malati sono poveri perché privi di salute, e abbandono alla Provvidenza. Vivendo questo carisma, dice don Calabria, ogni progetto di sviluppo è possibile.

Ne abbiamo dimostrazione da quella foto, presente nella mostra del Centenario, che ritrae un balcone della Casa del Sacro Cuore al di là del quale c’erano solo campi. Eppure don Calabria vedeva tetti, vedeva lo sviluppo dell’ospedale.

Strutture adeguate ad accogliere i malati, alte tecnologie, un’organizzazione che abbia come obiettivo la migliore assistenza del paziente, non sono cose che vanno contro il carisma di don Calabria, ma sono presenza del carisma nel lavoro di ciascuno di noi.

Restiamo fedeli a don Calabria e il nostro servizio ai malati sarà sempre all’altezza dei tempi”.