“IBD Predicting the future” è il titolo del congresso organizzato dal Centro malattie retto-intestinali dell’IRCCS di Negrar venerdì 13 ottobre all’Hotel Leon D’Oro di Verona: uno sguardo al futuro sia per quanto riguarda i progressi della ricerca sulla colite ulcerosa e la malattia di Crohn, sia per l’evoluzione della gestione di queste patologie alla ricerca della personalizzazione della terapia per ogni singolo paziente. Con un unico obiettivo: prevenire le complicanze dovute dalle patologie. (vedi programma)

Il sottotitolo del convegno sulle Malattie infiammatorie croniche dell’intestino, che si tiene venerdì 13 ottobre all’Hotel Leon D’oro di Verona, è già un programma: “Predicting the future”. “Predire il futuro” indica sia uno sguardo al futuro per quanto riguarda i progressi della ricerca sulla colite ulcerosa e la malattia di Crohn, sia l’evoluzione della gestione di queste patologie alla ricerca della personalizzazione della terapia per ogni singolo paziente. Con un unico obiettivo: prevenire le complicanze dovute dalle patologie. (vedi programma)

Il Congresso è organizzato dal Centro malattie retto-intestinali (IBD Unit) dell’IRCCS di Negrar, di cui è responsabile il dottor Andrea Geccherle. Il Centro segue 3.500 pazienti di cui il 40% provenienti da altre province del Veneto. Ottocento circa necessitano di terapie mediche avanzate. Quello del “Sacro Cuore Don Calabria”, è stato uno dei primi Centri a dotarsi di un’organizzazione multidisciplinare, di cui fanno parte medici di diverse specialità in grado di confrontarsi più volte nel corso della storia del paziente al fine di offrire la migliore terapia possibile.

Durante la giornata congressuale si alterneranno relatori del “Sacro Cuore Don Calabria”, ma anche provenienti dai maggiori ospedali e università italiane ed europee. Tra gli interventi quello professor Janindra Warusavitarne del St. Mark’s The National Bowel Hospital Academic Istitute di Londra che presenterà un aggiornamento sulle nuove tecniche chirurgiche, le quali, sommandosi a quelle già esistenti, aumentano anche nel campo chirurgico le opzioni terapeutiche. Porterà un suo saluto anche la referente provinciale dell’Associazione AMICI Onlus, Nadia Lippa, portavoce delle istanze di oltre 3mila pazienti del Veronese.

Andrea Geccherle, responsabile del Centro Polispecialistico per le malattie retto-intestinali
Dr. Andrea Geccherle

Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (MICI o IBD- Inflammatory Bowel Disease) sono patologie autoimmuni che colpiscono il tratto gastrointestinale. Si stima che in Italia interessino 300mila persone, 5 milioni in tutto il mondo, la maggior parte giovani con conseguenze invalidanti sulla vita personale, sociale e lavorativa”, spiega il dottor Geccherle, “Grazie all’introduzione dei farmaci biotecnologici la qualità di vita dei pazienti è notevolmente migliorata, ma una percentuale non trascurabile di essi non raggiunge la remissione clinica e strumentale della malattia. Questo comporta una progressione dell’infiammazione con danni all’intestino e, talvolta, degenerazione tumorale. La mancata remissione spiegherebbe perché la percentuale di pazienti che devono essere sottoposti alla chirurgia nell’ultimo decennio non si è abbassata in modo significativo”.

Angela Variola, gastroenterologa IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dr.ssa Angela Variola

Negli ultimi anni sono aumentate le conoscenze sulla malattia, come è cresciuto il numero dei farmaci che abbiamo a disposizione, permettendoci di diversificare il trattamento per ogni paziente. Ma ancora oggi non abbiamo quelle informazioni che ci consentirebbero di predire per ogni paziente la storia naturale della malattia e quindi le possibili complicanze”, sottolinea la dottoressa Angela Variola del Centro malattie retto-intestinali (IBD Unit), componente della segreteria scientifica del Congresso, assieme alla collega gastroenterologa Alessia Todeschini e al chirurgo Giuliano Barugola.

“Nell’ambito delle IBD la ricerca si sta infatti concentrando per individuare le cause scatenanti della reazione autoimmune alla radice sia della colite ulcerosa sia della malattia di Crohn”, spiega Variola. “Ma soprattutto sono in atto vari studi per stabilire gli elementi clinici, endoscopici, radiologici ed ematochimici (i cosiddetti biomarcatori) che possono indentificare quella categoria di pazienti a più alto rischio di malattia aggressiva e di complicanze. Infine per quanto riguarda la chirurgia, a cui approdano ancora una percentuale non indifferente di pazienti (si stima circa il 10% nell’ambito della colite ulcerosa e fino al 70% per la malattia di Crohn) l’impegno della ricerca è finalizzato a sviluppare tecniche sempre meno invasive e più performanti”.