L’artigiano veronese Marco Bonamini, maestro del ferro, descrive la splendida opera intitolata “La Quercia della Speranza”, un monumentale albero rovesciato, che con i suoi 7,5 metri copre un’altezza che va dal secondo a quarto piano della nuova palazzina d’ingresso dell’ospedale

«Le opere degli uomini cominciano con una grande base, e terminano in punta; mentre quelle di Dio cominciano con un punto, e si allargano sempre più. – Le opere degli uomini sono come una piramide che poggia in terra; quelle di Dio vi appoggiano appena la punta. – Noi abbiamo le radici in su»

(citazione contenuta in O. Foffano, Giovanni Calabria, Ferrara, 1956).

“Quando mi è stato proposto di realizzare l’opera da collocare all’interno dell’ospedale di Negrar ho pensato subito alla quercia. La quercia è una pianta forte, longeva che fissa le sue radici al terreno per poter resistere alle intemperie e sostenere la sua imponenza. Oggi io, quella imponenza, la identifico molto nella forza del luogo dell’ospedale, dove abitano persone bisognose di cure e – proprio perché bisognose -la identifico anche nella loro forza di spirito”.

Così Marco Bonamini, artigiano veronese e titolare della Bonamini Mario Maestro del Ferro S.N.C. Di Bonamini Marco, descrive di come è sorta l’idea della nascita della scultura  “La Quercia della Speranza”, un albero rovesciato con le radici in alto che rappresenta l’Opera fondata da San Giovanni Calabria, la quale riceve nutrimento per vivere dal Cielo e non dagli uomini. L’opera è collocata nel vano luminoso nella parte centrale del nuovo ingresso dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Si tratta di un lavoro artistico monumentaleche con i suoi 7,5 metri (per 13 quintali di peso) copre un’altezza che va dal secondo a quarto piano (vedi i due video in fondo a questo articolo).

Perché una quercia? Così risponde Bonamini

“La quercia come segno della vita. La vita è un dono e Qualcuno ce l’ha donata. Ciascuno di noi ha la responsabilità di averne cura. E’ inevitabile quando pensiamo alla responsabilità far riferimento a ciò che la alimenta, dove poggia e prende vigore. Per una persona che si ammala e che viene curata, in ballo ha proprio la vita ed il suo senso. La cura prestata dalla sapienza dei medici è per ridonare la vita nella salute ed ha effetto maggiore qualora l’ammalato trova la voglia di vivere, la voglia di reagire. La quercia ha la caratteristica di una vita secolare perché nella sua natura c’è la fortezza, c’è la resistenza e nella sua maestosità la tendenza ad aprirsi al cielo, alla luce!

La quercia come segno di ospitalità.

L’esempio ci viene incontro dalla Bibbia: Abramo, senza eredi e senza più speranza, si riposa all’ombra della Quercia di Mamre. Quando vede arrivare tre viandanti, con un gesto inusuale, corre loro incontro e, riconoscendo in essi la presenza dell’Altissimo, li implora di accettare la sua ospitalità. La quercia diviene il luogo dell’accoglienza. L’ospedale è il luogo dell’accoglienza, prima ancora della cura.

La quercia come segno di legame con il cielo e ponte per la Speranza.

La quercia rovesciata è per Marco il simbolo della conversione dell’uomo e delle sue opere. E’ necessario (lo abbiamo visto in questo periodo di pandemia) ritornare all’origine divina, ritornare a Colui che ci dona la vita e che per primo ci ha accolto, con tutta la nostra fragilità umana. Per rinascere più saldi, forti e nuovi. La vita eterna prende nutrimento dall’energia celeste. Come diceva don Calabria: “L’Opera è il rovescio del mondo, ha i suoi fondamenti non in terra ma in cielo”. Noi abbiamo le radici della nostra vita ancorate in su, al cielo. La nostra quercia (la vita) dipende dalle nostre radici. Sia come tradizione, sia come sguardo verso Qualcuno che ci ha fatti.

Un accenno alla tecnica costruttiva dell’opera

Si parla di ferro battuto proprio perché si sono prese delle lamiere, arroventate al calor rosso sulla forgia e battute a mano sull’incudine, per dare loro la forma dell’albero. Le singole parti sono state saldate assieme. Anche le foglie sono state formate sull’incudine, dando loro quel movimento che nella realtà ne sono caratteristica. Se ben si guardano, sono sì tutte simili, ma anche tutte diverse perché battute (create) a mano, con fatica e sudore.

Chi è Marco Bonamini

La sensibilità estetica, l’interiorizzazione e la successiva realizzazione artistica dei sentimenti umani, il maestro Marco l’ha acquisita alla scuola del padre Mario. Questo lungo apprendistato ha permesso a Marco di avere la sensibilità necessaria alla realizzazione dell’ulivo, sempre in ferro battuto, esposto nel Cenacolo a Gerusalemme quale simbolo della compresenza delle tre religioni monoteiste; della creazione del monumento reliquiario a San don Calabria, con le mani imploranti e che si trova in un posto tanto caro al Santo in quanto organizzava i campiscuola per i ragazzi (Castelcerino di Soave) ed a molte altre opere (vedi ad esempio il memorial ai donatori di sangue di Cazzano di Tramigna) tutte improntate alla valorizzazione dell’Uomo e della sua aspirazione al Bene ed alla solidarietà umana.