Il 14 aprile si celebra la Giornata mondiale della malattia da cui sono affette 8 milioni di persone originarie del sud-America: il Centro per le malattie tropicali di Negrar ha diagnosticato la maggioranza dei casi conosciuti in Italia tra gli immigrati

Sabato 14 aprile si celebra la Giornata Internazionale della malattia di Chagasla parassitosi che colpisce nel mondo ancora 8 milioni di persone originarie del sud America, dove è presente la cimice ematofoga, vettore capace di trasmettere l’infezione. Si tratta di patologia cronica, che nel 20% dei casi può evolvere, se non curata in tempo, in una forma mortale: sono infatti ancora 7mila gli uomini e le donne che ogni anno muoiono per la malattia di Chagas.

 

Anche l’ospedale “Sacro Cuore Don Calabria”, con il suo Centro per le Malattie Tropicali (CMT), diretto dal professor Zeno Bisoffi, è coinvolto in occasione della Giornata mondiale nelle iniziative di sensibilizzazione rivolte alle comunità sudamericane in Italia e ai medici per il riconoscimento dei casi sommersi.

 

La Global Chagas Coalition, l’organizzazione internazionale di cui fa parte anche il CMT di Negrar, stima che in tutto il mondo solo 1% delle persone affette abbia accesso alle cure sia perché non sanno di aver contratto la malattia sia perché sono pochi i Centri che forniscono il trattamento e si occupano di ricerca attiva. La situazione in Italia è analoga: gli ospedali di riferimento per il Chagas sono solo lo “Spallanzani” di Roma, il “Careggi” di Firenze, gli Ospedali Riuniti di Bergamo e il “Sacro Cuore Don Calabria”, che ha effettuato la diagnosi della maggioranza dei casi conosciuti di malattia nel nostro Paese, circa 600 dal 1998.

 

Medici ed infermieri bergamaschi e quelli di Negrar domenica 15 aprile saranno impegnati a Bergamo – presso il Centro OIKOS che offre assistenza sanitaria a stranieri privi di tessera sanitaria – per una giornata di screening gratuito rivolto alla numerosa comunità boliviana residente nella zona. La Bolivia, infatti, registra la più alta prevalenza al mondo della malattia di Chagas, soprattutto l’area del Paese, chiamato Grande Chaco, che si estende anche al Paraguay e all’Argentina. Un altopiano rurale dove prolifera la cimice ematofaga. L’iniziativa è organizzata dall’Ailmac Onlus (Associazione Italiana per la Lotta alla Malattia di Chagas) di cui è vicepresidente il dottor Andrea Angheben, responsabile delle reparto del CMT.

 

L’emersione dei casi sconosciuti di Chagas è fondamentale affinché la malattia venga curata in tempo e non rechi danni irreversibili al tessuto del cuore e all’intestino nei quali può concentrasi il protozoo ematico trasmesso dalla cimice infetta. Il trattamento, che dura due mesi, avviene tramite la somministrazione di benznidazolo e nifurtmox, due farmaci piuttosto efficaci, ma che in Italia – nonostante la presenza di 400mila immigrati latino-americani – non sono registrati e devono essere importati dall’Argentina.

 

Per quanto riguarda il rischio di infezione, nel nostro Paese è vicino allo zero in quanto non sono presenti le cimici coinvolte nel contagio e le altre vie di trasmissione vengono controllate attraverso l’obbligo di esecuzione di un test diagnostico a tutti i donatori di sangue e d’organo. Resta aperto il capitolo di trasmissione materno-fetale. La possibilità di contagio in questi casi è molto alta, circa il 5%, ma viene totalmente annullata se la donna sudamericana viene sottoposta al test diagnostico e, se necessario, curata prima di eventuali gravidanze. Diventa quindi fondamentale la sensibilizzazione e la formazione dei medici di famiglia, dei ginecologi e delle ostetriche perché invitino le donne in età fertile che provengono dalle aree a rischio (tutta l’America Latina continentale) a sottoporsi al test prima di avere bambini.