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Morte encefalica: aspetti medici e culturali

Sabato 20 febbraio sala Perez ospiterà un convegno sugli aspetti medici e culturali della morte encefalica. Interverranno il dottor Francesco Procaccio del Centro Nazionale Trapianti e il filosofo Umberto Galimberti

Avrà come tema la morte encefalica il convegno che si terrà sabato 20 febbraio, a partire dalle 8.30, nella sala Perez dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Promossa dal Dipartimento di diagnostica per immagini, diretto dal dottor Giovanni Carbognin, la mattinata sarà divisa in due parti.

«La prima parte sarà incentrata sugli aspetti rianimatori, neuro-radiologici e medico-legali della diagnosi di morte encefalica – spiega il dottor Carbognin – e vedrà la relazione anche del dottor Francesco Procaccio del Centro nazionale trapianti. La seconda parte, invece, avrà carattere culturale interessando gli ambiti filosofici, antropologici e sociologici che il tema coinvolge. Potremo ascoltare la relazione del noto filosofo Umberto Galimberti».

Perché un tema come la morte encefalica viene promosso da un ospedale dove non è presente né una Neurochirurgia né una Terapia intensiva neurochirurgica? «Anche in una struttura che non è sede di procurement di organi per i trapianti – risponde Alberto Beltramello, consulente scientifico di Neuroraradiologia per l’ospedale di Negrar e presidente in carica dell’Associazione italiana di Neuroradiologia – approfondire un tema come la morte encefalica significa un’acquisizione culturale importante per la professionalità chi opera con pazienti in fine vita”.

In Italia la dichiarazione di morte encefalica è obbligatoria al di là che la persona sia candidata o meno al prelievo degli organi e viene effettuata mediante osservazione nell’arco di sei ore da una commissione formata da un neurologo, da un rianimatore e da un medico legale. Si tratta di una diagnosi clinica e strumentale che comporta una serie di esami. Negli anni si è realizzata una migliore interpretazione di tecniche ormai consolidate, come i test di flusso, di cui si parlerà anche nel convegno.

«Ci sono situazioni in cui per le condizioni del paziente l’elettroencefalogramma non è effettuabile o altre in cui la diagnosi clinica non è assolutamente certa – prosegue Beltramello -. In questi casi si ricorre ai test di flusso, per verificare l’arresto alla base del cranio del flusso ematico, un criterio fondamentale per la diagnosi di morte encefalica». I test di flusso sono comunque obbligatori per i bambini di età inferiore ad un anno e sono l’angiografia, la scintigrafia e l’ecodoppler transcranico.

«Sette anni fa è stata aggiunta anche l’angioTac – prosegue il neuroradiologo -. Tuttavia anche con quest’ultimo esame si può verificare, soprattutto nei bambini, un minimo ingresso di liquido di contrasto all’interno del cranio attraverso le arterie carotidi, che pur essendo evidente manifestazione di stagnazione dello stesso, rende impossibile, applicando i criteri in vigore, stabilire la morte encefalica».

Grazie a uno studio collaborativo che ha coinvolto alcuni ospedali «il dottor Procaccio ed io nell’ambito del Gruppo di lavoro per l’aggiornamento del decreto ministeriale sull’accertamento di morte encefalica, di cui facciamo parte, abbiamo messo a punto un algoritmo in base al quale in presenza della stagnazione del liquido di contrasto nelle carotidi si verifica, secondo il modello francese, se le vene centrali del cervello sono iniettate. Se la risposta è negativa viene dichiarata la morte anche in presenza di un minimo ingresso intracranico di contrasto».

elena.zuppini@sacrocuore.it