Tumore al polmone: dallo screening alle novità terapeutiche

Il 13 e 14 novembre al “Sacro Cuore” si terrà la terza edizione del convegno sul carcinoma polmonare e le novità terapeutiche emerse nell’anno in corso, in particolare i farmaci a bersaglio molecolare e quelli immunoterapici

 

Il tumore al polmone si conferma la prima causa di morte oncologica in Italia, con 33.838 decessi nel 2016 (ultimi dati disponibili). La sopravvivenza a 5 anni è del 16%una percentuale condizionata soprattutto dal fatto che la gran parte dei carcinomi polmonari vengono diagnosticati in fase avanzata e solo nel 30% dei casi è indicato il trattamento chirurgico. Il tumore al polmone è quindi una delle maggiori sfide dell’oncologia oggi in ambito di prevenzione e di trattamento. Negli ultimi anni la ricerca clinica ha registrato risulti significativi grazie all’introduzione dei farmaci a bersaglio molecolare e immunoterapici

Proprio i trattamenti del tumore polmonare e soprattutto le novità terapeutiche emerse nell’anno in corso saranno al centro della seconda edizione del congresso nazionale sulla neoplasia polmonare non a piccole cellule che si terrà mercoledì 13 e giovedì 14 novembre all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria sotto la direzione scientifica della dottoressa Stefania Gori, direttore dell’Oncologia Medica. Patrocinato dall’Associazione Italiana Oncologia Medica (AIOM) e Associazione Italiana Radioterapia e Oncologica Clinica (AIRO), il congresso vede la partecipazione di relatori provenienti dalle maggiori strutture ospedaliere oncologiche italiane (in allegato il programma)

 

Dottoressa Gori, qual è l’andamento del tumore al polmone in Italia?
Nel 2019 sono stimate 42.500 nuove diagnosi (mille in più rispetto al 2018) con un aumento del 2,2% nella popolazione femminile e un calo dell’1,6% in quella maschile. Un trend dovuto, purtroppo, alla diffusione del fumo fra le donne, un tempo brutta abitudine tipicamente maschile. Si tratta della seconda neoplasia più frequente negli uomini e la terza nelle donne. Il fumo di sigaretta è il più rilevante fattore di rischio per l’insorgenza del carcinoma polmonare: ad esso è attribuibile l’85-90% dei casi. I fumatori hanno un rischio 14 volte superiore rispetto ai non fumatori di contrarre la neoplasia e di 20 volte superiore se la quantità di sigarette fumate al giorno supera la ventina.


La sopravvivenza è condizionata dalla diagnosi che il più delle volte avviene quando il tumore è in fase avanzata. Perché non viene introdotto lo screening, come per il tumore del colon o della mammella?

Studi condotti su soggetti apparentemente sani, senza alcun sintomo o malattia, lo screening, tramite radiografia del torace ed esame citologico dell’espettorato, non ha prodotto una significativa riduzione della mortalità. Risultati diversi hanno invece prodotto i numerosi studi condotti su persone ad alto rischio con età superiore ai 50 anni e forti fumatori. L’utilizzo della TC spirale ha determinato l’individuazione di piccole neoplasie polmonari in persone asintomatiche, che hanno potuto essere così avviate a intervento chirurgico. Nonostante i risultati incoraggianti, dagli studi in corso, soprattutto in Europa, si attendono risposte su varie questioni ancora aperte: la valutazione dei costi e benefici dell’esame, il tasso dei falsi positivi e il peso delle “sovradiagnosi” oltre agli effetti collaterali dovuti alle radiazioni della TC, ripetute nel tempo. Quello dello screening rimane quindi un tema aperto e in corso di valutazione presso il ministero della Salute.

 

Quali sono oggi le armi terapeutiche a disposizione contro il tumore al polmone?

La scelta terapeutica è dettata da molti fattori. Innanzitutto dalle caratteristiche cliniche del paziente, poi dal tipo istologico del tumore (a piccole cellule e a non piccole cellule), dalle peculiarità molecolari e dallo stadio della malattia. In base a tutte queste componenti vengono impiegate la chirurgia, la radioterapia e la terapia medica, da sole o in associazione. Il trattamento per ogni singolo paziente deve essere deciso in un contesto multidisciplinare affinché abbia la massima efficacia. Nell’ambito del Dipartimento Oncologico dell’IRCCS di Negrar opera un gruppo multidisciplinare del quale fanno parte: anatomopatologo, oncologo, chirurgo toracico, pneumologo, radiologo, geriatra, medico nucleare e radioterapista.

 

Quali sono le novità per quanto riguarda le terapie?

Sicuramente l’introduzione nella terapia medica di farmaci a bersaglio molecolare e immunoterapici di nuova generazione che agiscono stimolando l’attivazione del sistema immunitario del paziente contro le cellule tumorali. Recentemente si sono ottenuti interessanti risultati in termini di aspettativa di vita in casi di tumore localmente avanzato con l’impiego di un farmaco immunoterapico, utilizzato come terapia di mantenimento dopo chemio e radioterapia. Inoltre per i pazienti con malattia in stadio metastatico fino a qualche anno fa l’unica opzione terapeutica possibile era la chemioterapia. Invece oggi, in base alle caratteristiche del tumore, alcuni casi possono essere trattati in prima linea con farmaci a bersaglio molecolare o immunoterapici con vantaggi in sopravvivenza e qualità di vita. Durante il convegno si parlerà inoltre dei risultati emersi dagli studi clinici che hanno valutato nei pazienti metastatici l’associazione di chemioterapia e immunoterapia.


Morbo di Crohn e Colite Ulcerosa: i pazienti si incontrano al "Sacro Cuore"

Sabato 13 maggio l’incontro primaverile dell’Associazione AMICI in collaborazione con il Centro multispecialistico per le Malattie retto-intestinali di Negrar

In prossimità della Giornata mondiale delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI), che si celebra il 19 maggio, il “Sacro Cuore Don Calabria” (Sala Perez) ospita il tradizionale incontro primaverile dedicato ai pazienti affetti da queste patologie.

L’appuntamento è in programma sabato 13 maggio, con inizio alle 9.30, ed è promosso dall’associazione A.M.I.C.I in collaborazione con i medici del Centro multispecialistico Malattie retto-intestinali dell’ospedale di Negrar, di cui è responsabile il dottor Andrea Geccherle. Saranno presenti anche il presidente nazionale dell’Associazione, Salvo Leone, e la responsabile provinciale, Nadia Lippa.

Durante la mattinata si parlerà di diritto alle cure in un momento di difficoltà economica del Servizio sanitario nazionale, con l’intervento del dottor Fabrizio Nicolis, direttore sanitario dell’ospedale di Negrar. Ma anche dell’importanza di una corretta alimentazione e dell’attività fisica per i pazienti affetti dal morbo di Crohn o dalla Colite ulcerosa. Interverranno in proposito le dottoresse Manuela Fortuna ed Emanuela Capoferro sempre del “Sacro Cuore Don Calabria”,


Colite ulcerosa e Morbo di Crohn: incontro tra medici e pazienti

Sabato 29 ottobre il “Sacro Cuore Don Calabria” ospiterà l’incontro autunnale promosso dal Centro per le malattie retto-intestinali e l’associazione AMICI. Tra i temi affrontati la sostenibilità economica per il Ssn dei farmaci biologici

Si tiene questo sabato 29 ottobre l’appuntamento autunnale che vede insieme il Centro multispecialistico per le malattie retto-intestinali dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria, il cui responsabile è il dottor Andrea Geccherle, e l‘Associazione Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino (AMICI).

Nella sala convegni Fr. Perez, a partire dalle 9.30, medici e farmacisti faranno il punto sul trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali (colite ulcerosa e morbo di Crohnche colpiscono in Italia circa 200mila persone, duemila solo nel Veronese con un’incidenza annua di 80 nuovi casi ogni milione di abitanti.

Si tratta soprattutto di pazienti molto giovani (dai 15 ai 45 anni) che a causa della patologia intestinale vedono compromessa pesantemente la loro vita personale e professionale con risvolti sul piano sociale e sul Sistema sanitario nazionale.

Sia la colite ulcerosa che il morbo di Crohn si manifestano con diarrea, forti dolori addominali, febbre, anemia, malassorbimento e quindi dimagrimento. Tutti sintomi di un’abnorme reazione immunologica da parte dell’intestino nei confronti di antigeni, come per esempio i batteri normalmente presenti nell’intestino stesso. Tuttavia la causa di questa reazione è ancora sconosciuta.

A migliorare la vita dei pazienti sono intervenuti negli ultimi anni i farmaci biologici, ottenuti dall’ingegneria genetica, che saranno al centro dell’incontro di sabato. “Stiamo vivendo un paradosso – commenta Nadia Lippa, delegata provinciale di AMICI, che aprirà il convegno in sala Perez -. Da una parte aumentano i pazienti che necessitano di un trattamento biologico. Ma dall’altra a causa dell’alto costo dei farmaci, i Centri veneti autorizzati al trattamento si trovano a fronteggiare con fatica un tetto di spesa fissato dalla Regione che rischia di non garantire le cure adeguate ad ogni paziente“. Tutto questo, mentre sul mercato stanno arrivando nuovi farmaci che potrebbero migliorare ulteriormente la vita di coloro che sono affetti dalle patologie croniche intestinali, come spiegheranno durante l’incontro le specialiste in Gastroenterologia Angela Variola e Arianna Massella.

Un’alternativa meno costosa sono i biosimilari, cioè farmaci che hanno la stessa sicurezza e la stessa efficacia del farmaco biologico originatore precedentemente brevettato e messo in commercio. Il brevetto ha una durata di 20 anni, dopo di che tutte le conoscenze sono a disposizione di altri produttori per realizzare, appunto, i biosimilari. Di questi farmaci parlerà la dottoressa Teresa Zuppini, direttore della Farmacia dell’ospedale di Negrar.

Seguirà l’intervento del dottor Antonio Marchetta, responsabile del Servizio di Reumatologia, che tratterà del tema delle malattie reumatiche come una delle conseguenze delle patologie infiammatorie croniche dell’intestino che spesso oltre a colpire l’apparato gastrointestinale interessano altri distretti.

Infatti quello multidisciplinare resta l’approccio vincente per la diagnosi e la cura di queste malattie. Il Centro di Negrar, che segue circa 1.300 pazienti, vede la collaborazione di un gastroenterologo, di un chirurgo, di un reumatologo, di un oculista e di un dermatologo.


Ipertensione in gravidanza: un nemico da tenere sotto controllo

È conosciuta come gestosi, ma il termine medico è preeclampsia ed è una delle cause di morte per parto, anche nei Paesi sviluppati. Questo venerdì un congresso internazionale sul tema organizzato dall’Ostetricia del Sacro Cuore

Si svolgerà venerdì 16 settembre nella sala convegni della Gran Guardia la terza edizione del congresso internazionale sulla preeclampsia, popolarmente conosciuta come gestosi, cioè la pressione alta con danno renale in gravidanza. Una patologia ancora potenzialmente mortale sia per la mamma che per il bambino. Nei Paesi poveri è causa di 49 decessi ogni 100mila parti, mentre, secondo l’Oms nelle regioni più sviluppate la percentuale scende a 8-17 morti. Dati più confortanti in Italia, dove muoiono 3 donne ogni 100mila parti.

Il meeting, che vede la presenza dei maggiori esperti nazionali e mondiali sul tema, è organizzato dalla Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, diretta dal dottor Marcello Ceccaroni, e vede il patrocinio del ministero della Salute e della Società nazionale ed internazionale per lo studio dell’ipertensione in gravidanza. Durante la giornata verrà fatto il punto sullo stato dell’arte della ricerca, sulle metodologie diagnostiche e sul trattamento clinico della malattia.

“La preeclampsia ha una prevalenza del 2-3% sul totale delle gravidanze. Tra le gestanti con una storia personale e familiare di ipertensione o affette da sindrome metabolica la percentuale sale fino al 5-12%”, spiega il dottor Marco Scioscia, che presiede il congresso assieme al dottor Ceccaroni e al presidente onorario Christopher W. Redman, ordinario dell’Università di Oxford e uno dei massimi luminari sulla patologia.

Sulle cause della patologia sta indagando ancora la ricerca medica, mentre l’unica prevenzione resta la diagnosi precoce. “Di solito si manifesta dopo la ventesima settimana di gestazione, fino a un mese dopo il parto – spiega ancora Scioscia -. Il campanello d’allarme è la pressione alta, con valori cioè superiori o uguali a 140 mm/Hg per la massima e 90 mm/Hg per la minima. Diventa preeclampsia quando è associata a perdita di proteine nelle urine (proteinuria). In questi casi la paziente viene sottoposta a terapia farmacologica antipertensiva e a stretto monitoraggio, anche per intercettare segnali di sofferenza da parte del bambino, come una minore crescita o addirittura un azzeramento della stessa. Quando accade e il bimbo può vivere al di fuori del grembo materno, si induce il parto o si procede con il cesareo”.

Indipendentemente dalla terapia, la preeclampsia può evolvere in eclampsia, un evento imprevedibile che si manifesta nella donna con convulsioni e perdita di coscienza che generalmente si associano a danni cerebrali di tipo emorragico potenzialmente mortali. Uno studio italiano del 2013, che ha preso in considerazione 100.868 donne provenienti da 61 punti nascita, tra cui quello di Negrar, ha rilevato 33 casi di eclampsia con un incidenza di 3,27 ogni 10mila parti. “Una percentuale non trascurabile – conclude Scioscia -. Nei Paesi sviluppati possiamo salvare un numero maggiore di donne grazie alle terapie intensive presenti capillarmente sul territorio, diverso è il discorso purtroppo per i Paesi in via di sviluppo”.


Endometriosi dalla diagnosi alla cura: congresso a Negrar

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“La gestione clinica della paziente endometriosica in un Centro di III livello” è il tema del congresso organizzato dall’U.O. di Ginecologia e Ostretricia del Sacro Cuore il 21 maggio alla Cantina della Valpolicella

 

Lo stato dell’arte della diagnosi e dei trattamenti medico-chirurgici dell’endometriosi severa sarà al centro del meeting di esperti che si terrà questo sabato 21 maggio alla Cantina della Valpolicella di Negrar.

Il congresso è promosso dal “Dipartimento per la tutela della salute e della qualità della vita della donna” dell’Unità operativa di Ginecologia e ostetricia dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria, diretto dal dottor Marcello Ceccaroni (foto 1), con la partecipazione della dottoressa Alessandra Graziottin (foto 2), nota ginecologa e sessuologa che interverrà nell’ultima parte della giornata sul ruolo della terapia medica nella gestione del dolore.

L’ospedale di Negrar è un centro di riferimento nazionale e internazionale per il trattamento di una patologia, di cui in Italia soffrono 3 milioni di donne ed è caratterizzata dalla presenza di tessuto endometriale fuori dalla sua sede naturale, cioè negli organi vicino all’utero. Una condizione che comporta dolore invalidante durante il ciclo mestruale e i rapporti sessuali, all’intestino e a livello dell’apparato urologico .

Ogni anno sono oltre 1.500 le donne che si rivolgono al Centro del Sacro Cuore e sono 900 gli interventi chirurgici, con un’attrazione extraregionale del 70%.

La maggior parte degli interventi eseguiti in un Centro di III livello, come quello di Negrar, possono prevedere una chirurgia anche complessa come la resezione dell’intestino o parte dell’apparato uro-genitale e non sono rari quelli che coinvolgono anche il diaframma, il fegato e l’alto addome. “Sono interventi radicali con sofisticate metodologie laparoscopiche mini-invasive – spiega il dottor Ceccaroni – a cui si arriva dopo aver valutato attentamente se la patologia può essere in alternativa curata farmacologicamente. Essi hanno l’obiettivo di “estirpare” la malattia, conservando allo stesso tempo le funzionalità intestinali e urologiche, insieme al benessere sessuale della donna”.

L’approccio vincente alla patologia (che è la prima causa di infertilità) è quello multidisciplinare che al Sacro Cuore Don Calabria si realizza in sala operatoria con un’équipe formata dal ginecologo, supportato se è necessario dal chirurgo generale, dall’urologo e dal chirurgo vascolare. Molto importate è la fase diagnostica con radiologi specializzati e quella riabilitativa del pavimento pelvico dopo l’intervento affidando le pazienti alle cure di fisiatri, fisioterapisti e gastroenterologi. Tutte professionalità che interverranno durante il congresso. Ulteriori temi di dibattito all’interno del Convegno saranno relativi alle nuove tecniche chirurgiche “nerve sparing” di cui Negrar è centro di riferiemento internazionale per la prevenzione delle disfunzioni intestinali, vescicali, e sessuali nelle pazienti post-operate.

“Il meeting è rivolto in primo luogo ai ginecologi, ma anche i medici di base – prosegue il primario -. Con questi eventi vogliamo creare una “cultura dell’endometriosi”. Purtroppo i dati non solo italiani, ma anche europei e nordamericani ci dicono che in media le donne arrivano alla diagnosi dopo sette anni dall’insorgere della malattia, con risvolti pesanti sulla qualità della vita delle pazienti e sui trattamenti”.

Una situazione che si può migliorare “sensibilizzando le donne che un ciclo molto doloroso non è un male ineluttabile. Ma anche formando i ginecologi e i medici di base a leggere nei sintomi riferiti dalle loro pazienti la presenza di una patologia endometriosica, indirizzando le loro assistite a centri specializzati”.


A Negrar il meeting dei Centri europei di Medicina Tropicale

Venerdì e sabato TropNet, il network che mette in rete 71 Centri europei di Medicina Tropicale terrà il suo metting annuale al “Sacro Cuore Don Calabria”

È il network che mette in rete 71 Centri europei che si occupano di Medicina Tropicale e salute dei viaggiatori. Il TropNet terrà il suo meeting annuale al “Sacro Cuore Don Calabria” venerdì 19 e sabato 30 aprile, per la seconda volta nella sua storia, la prima è stata nel 2009 in occasione del Congresso europeo di Medicina tropicale e Salute internazionale organizzato dal Centro di Negrar, diretto dal dottor Zeno Bisoffi.

Al meeting saranno presenti 45 membri, rappresentanti di prestigiosi Centri come il Swiss Tropical and Health Institute di Basilea, Isglobal di Barcellona, l’Institute of Tropical Medice di Anversa, l’Institute of Tropical Medicine and International Health di Berlino e l’Hospital for Tropical Diseases di Londra.

Il TropNet ha tra i suoi compiti principali quello della sorveglianza. La costituzione in rete permette di segnalare precocemente l’esistenza di epidemie di malattie tropicali nel mondo e quindi di avvisare il viaggiatore del rischio di infezione. È accaduto in passato per la Tripanosomiasi africana, una forma acuta di “Malattia del sonno”. Ma anche per la Sarcocistosi, un’infiammazione diffusa dei muscoli, descritta da vari centri europei in turisti di ritorno dalla Malesia.

La presenza nel network dei maggiori esperti europei di malattie tropicali e di Centri con casistiche molto rilevanti fa sì che il TropNet abbia un ruolo importante riguardo all’utilizzo di farmaci anche non registrati dalle agenzie competenti, di cui può monitorare l’efficacia e segnalare su larga scala eventuali effetti collaterali. Accade per l’Artesumato, un farmaco contro la malaria su cui si sono accessi i riflettori in occasione dell’assegnazione del Nobel per la Medicina. Essendo prodotto in Cina non secondo le regolamentazioni internazionali, non ha ancora ricevuto l’approvazione dall’EMA, ma l’uso è raccomandato da TropNet in quanto dà risultati decisamente migliori di altri farmaci in caso di malaria grave.

Altro obiettivo della “rete europea” di Centri per le Malattie Tropicali è di uniformare su tutto il vecchio continente i protocolli di diagnosi e, soprattutto, di terapia per le principali patologie infettive d’importazione.

Sorveglianza, utilizzo di nuovi farmaci, armonizzazione delle cure saranno anche i temi che verranno trattatati durante la due giorni al Centro di formazione e solidarietà dell’ospedale di Negrar. Gli esperti si confronteranno poi su vari temi di medicina dei viaggi, tra cui l’attuale epidemia di Zika, il virus responsabile di febbri trasmesse dalla zanzara tigre in America Latina e minaccia per le donne gravide in quanto causa microcefalia nei neonati.


Quel dolore diffuso che nasconde la fibromialgia

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Quel dolore diffuso che nasconde la fibromialgia

Si tratta di una sindrome difficile da diagnosticare perché oltre al dolore presenta molti altri sintomi. Se ne parlerà sabato 9 aprile in un convegno in Sala Perez

“Dottore, sento dolore ovunque”. È una delle frasi più comuni che i medici di medicina generale sentono pronunciare dai loro pazienti. L’espressione di uno stato di malessere molto accentuato che spesso nasconde una sindrome, la fibromialgia, difficile da diagnosticare in quanto caratterizzata dai sintomi più disparati.

Della sindrome fibromialgica, della diagnosi e della terapia, si parlerà nel IX Seminario di Reumatologia della Valpolicella, che si terrà sabato 9 aprile dalle 8.30 nella sala convegni “Fr. Perez” dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Un incontro formativo annuale, promosso dall’Unità operativa semplice di Reumatologia, diretta dal dottor Antonio Marchetta, rivolto in particolare ai medici di medicina generale, in prima linea riguardo alle malattie reumatiche. Patologie che negli ultimi dieci anni hanno conosciuto grandi novità soprattutto nell’ambito terapeutico, con l’impiego dei farmaci biotecnologi affiancati a quelli tradizionali (per ulteriori informazioni sul convegno: http://formazione.sacrocuore.it/CorsiDettaglio.aspx).

Durante la mattinata, a cui presenzierà anche l’assessore regionale alla Sanità Luca Coletto, verrà trattato anche il tema dell’edema osseo con la lettura magistrale del professor Luigi Sinigaglia, direttore della Reumatologia dell’Istituto Gaetano Pini di Milano. A seguire il professor Giampiero Girolomoni, direttore della Scuola di Specializzazione in Dermatologia e venereologia dell’Università di Verona, parlerà delle manifestazioni dermatologiche nelle malattie reumatiche.

Dottor Marchetta, cos’è la fibromialgia?

È una forma molto comune di dolore muscolo-scheletrico diffuso, di affaticamento (astenia) e disturbi del sonno che colpisce circa 1.5-2 milioni di italiani, la maggior parte donne. Occorre chiarire che la fibromialgia non è un’artrite ma interessa prevalentemente i muscoli, i legamenti e i tendini. È una condizione che viene definita sindrome, dal momento che può manifestarsi con svariati sintomi .

Oltre al dolore diffuso, cosa lamenta il paziente?

Molto spesso sono presenti numerosi altri segni e sintomi con possibile interessamento di quasi tutti gli organi e apparati. L’insonnia o il cattivo riposo è un sintomo molto invalidante come la forte stanchezza (astenia). Molte persone riferiscono di cambiamenti repentini del tono dell’umore, e molto spesso i pazienti con fibromialgia presentano anche un quadro di depressione o disturbi di ansia. Altri sintomi sono la cefalea, di tipo muscolotensivo, disturbi gastrointestinali come il colon irritabile con alternanza di diarrea e stipsi, formicolio alle braccia e alle gambe, spasmi vescicali che costringono a urinare spesso. Il freddo acuisce tali disturbi.

Quali sono le cause della fibromialgia?

Al momento sono ignote. Esistono però vari fattori che possono scatenarla. Eventi stressanti come un lutto, una separazione, un trauma fisico o psichico, una malattia, la perdita del lavoro.

Come viene diagnosticata?

La diagnosi di questa sindrome a volte non è agevole, perché all’apparenza il paziente si presenta sano. Normalmente non si rilevano alterazioni degli esami di laboratorio come gli indici di infiammazione o i test reumatici così come gli esami strumentali quali quelli radiologici. Di fronte a un paziente con fibromialgia vanno escluse tutte le altre possibili malattie reumatologiche e non. La diagnosi è comunque fondamentalmente clinica e importante è l’associazione tra il dolore diffuso e la presenza di aree (tender points) che alla pressione evocano un dolore molto intenso.

Come si cura?

Essendo la fibromialgia un insieme di sintomi non esiste una cura specifica, ma una serie di interventi terapeutici per migliorare la qualità di vita del paziente. Il trattamento deve essere personalizzato e multispecialistico e comprendere figure quali il medico di medicina generale, il reumatologo, il fisiatra, lo psicologo e tutti gli specialistici interessati ai sintomi che il paziente lamenta. Le opzioni possono essere molte: la prescrizione di farmaci per attenuare il dolore o per riposare meglio; programmi di attività fisica che comprendano esercizi di stretching muscolare, tecniche di rilassamento ed altre metodiche per diminuire la tensione muscolare. La terapia termale è un valido presidio così come le terapie psicologiche cognitivo-comportamentali per aiutare il paziente a comprendere la sua malattia e imparare a convivere con la fibromialgia.

elena.zuppini@sacrocuore.it


Morte encefalica: aspetti medici e culturali

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Morte encefalica: aspetti medici e culturali

Sabato 20 febbraio sala Perez ospiterà un convegno sugli aspetti medici e culturali della morte encefalica. Interverranno il dottor Francesco Procaccio del Centro Nazionale Trapianti e il filosofo Umberto Galimberti

Avrà come tema la morte encefalica il convegno che si terrà sabato 20 febbraio, a partire dalle 8.30, nella sala Perez dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Promossa dal Dipartimento di diagnostica per immagini, diretto dal dottor Giovanni Carbognin, la mattinata sarà divisa in due parti.

«La prima parte sarà incentrata sugli aspetti rianimatori, neuro-radiologici e medico-legali della diagnosi di morte encefalica – spiega il dottor Carbognin – e vedrà la relazione anche del dottor Francesco Procaccio del Centro nazionale trapianti. La seconda parte, invece, avrà carattere culturale interessando gli ambiti filosofici, antropologici e sociologici che il tema coinvolge. Potremo ascoltare la relazione del noto filosofo Umberto Galimberti».

Perché un tema come la morte encefalica viene promosso da un ospedale dove non è presente né una Neurochirurgia né una Terapia intensiva neurochirurgica? «Anche in una struttura che non è sede di procurement di organi per i trapianti – risponde Alberto Beltramello, consulente scientifico di Neuroraradiologia per l’ospedale di Negrar e presidente in carica dell’Associazione italiana di Neuroradiologia – approfondire un tema come la morte encefalica significa un’acquisizione culturale importante per la professionalità chi opera con pazienti in fine vita”.

In Italia la dichiarazione di morte encefalica è obbligatoria al di là che la persona sia candidata o meno al prelievo degli organi e viene effettuata mediante osservazione nell’arco di sei ore da una commissione formata da un neurologo, da un rianimatore e da un medico legale. Si tratta di una diagnosi clinica e strumentale che comporta una serie di esami. Negli anni si è realizzata una migliore interpretazione di tecniche ormai consolidate, come i test di flusso, di cui si parlerà anche nel convegno.

«Ci sono situazioni in cui per le condizioni del paziente l’elettroencefalogramma non è effettuabile o altre in cui la diagnosi clinica non è assolutamente certa – prosegue Beltramello -. In questi casi si ricorre ai test di flusso, per verificare l’arresto alla base del cranio del flusso ematico, un criterio fondamentale per la diagnosi di morte encefalica». I test di flusso sono comunque obbligatori per i bambini di età inferiore ad un anno e sono l’angiografia, la scintigrafia e l’ecodoppler transcranico.

«Sette anni fa è stata aggiunta anche l’angioTac – prosegue il neuroradiologo -. Tuttavia anche con quest’ultimo esame si può verificare, soprattutto nei bambini, un minimo ingresso di liquido di contrasto all’interno del cranio attraverso le arterie carotidi, che pur essendo evidente manifestazione di stagnazione dello stesso, rende impossibile, applicando i criteri in vigore, stabilire la morte encefalica».

Grazie a uno studio collaborativo che ha coinvolto alcuni ospedali «il dottor Procaccio ed io nell’ambito del Gruppo di lavoro per l’aggiornamento del decreto ministeriale sull’accertamento di morte encefalica, di cui facciamo parte, abbiamo messo a punto un algoritmo in base al quale in presenza della stagnazione del liquido di contrasto nelle carotidi si verifica, secondo il modello francese, se le vene centrali del cervello sono iniettate. Se la risposta è negativa viene dichiarata la morte anche in presenza di un minimo ingresso intracranico di contrasto».

elena.zuppini@sacrocuore.it


Risonanza Magnetica cardiaca: video-interviste sul convegno

Risonanza Magnetica cardiaca: video-interviste sul convegno

Grande partecipazione al convegno “Risonanza Magnetica cardiaca: istruzioni per l’uso” che si è tenuto sabato 16 gennaio in Sala Perez

Sala Perez al completo e numerosi convegnisti in video conferenza al Centro di formazione e solidarietà per il convegno “Risonanza magnetica cardiaca: istruzioni per l’uso” che si è svolto sabato 16 gennaio all’ospedale Sacro Cuore Don Calabria. L’incontro – organizzato dal professor Enrico Barbieri, direttore dell’Unità operativa di Cardiologia, e dal dottor Giovanni Carbognin, direttore del Dipartimento di diagnostica per immagini – ha visto la partecipazione di esperti delle più importanti scuole italiane di Cardiologia e Radiologia (nella Photo Gallery i relatori)

Nel primo filmato, riportato qui sotto, la dottoressa Antonella Cecchetto, cardiologa dell’Unità operativa di Cardiologia dell’ospedale di Negrar, traccia l’ampia panoramica degli ambiti cardiologici in cui la RM è un fondamentale strumento diagnostico.

Il dottor Roberto Filippini, direttore della Medicina dello sport, sempre del nosocomio calabriano, interviene invece sul ruolo importante della Risonanza Magnetica per escludere il sospetto di cardiopatia nel momento del rilascio di un certificato di idoneità sportiva agonistica ma anche non agonistica.

Nel secondo filmato la dottoressa Alessandra Frigiola, cardiologa presso il Guy’s & St. Tomas’s Hospital di Londra, parla delle cardiopatie congenite, anomalie del cuore con le quali un neonato nasce e che nel 25% dei casi richiede un intervento immediato. Ne sono affetti l’1% per cento circa dei neonati.

* Video-interviste a cura di matteo.cavejari@sacrocuore.it


Visione d'insieme sul nodulo polmonare solitario

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Nel convegno in programma sabato 21 novembre si farà il punto della situazione su un problema la cui gestione coinvolge molti specialisti di diverse discipline

I noduli polmonari sono opacità radiografiche di dimensione inferiore a 3 cm, che nella pratica clinica hanno un riscontro sempre più frequente ed occasionale. La piccola dimensione di questi noduli, spesso piccolissima, rende impegnativo il loro iter diagnostico e gestionale, richiedendo molto spesso il coinvolgimento di numerosi specialisti di diverse discipline, specialmente quando il nodulo è fortemente sospetto.

Alla luce di questa complessità, il convegno “Le nuove tecnologie e l’approccio multidisciplinare al nodulo polmonare solitario“, in programma al Sacro Cuore sabato 21 novembre, si propone di fornire una visione d’insieme in merito alla gestione clinica di questa problematica (vedi programma completo). Nell’occasione, specialisti di diverse discipline si confronteranno con l’obiettivo primario di ottimizzare l’intervento terapeutico, facendo il punto sulle più moderne tecnologie e offrendo una panoramica delle varie modalità operative e gestionali di ogni singolo indirizzo specialistico nei confronti del paziente affetto da nodulo polmonare solitario (NPS). La segreteria scientifica dell’evento è a cura del dott. Carlo Pomari, responsabile della Struttura Semplice di Pneumologia, e del dott. Alberto Terzi, responsabile della Sezione di Chirurgia Toracica del Sacro Cuore.