L’OMS ha annunciato che la rosolia non è più endemica in Italia. Un obiettivo, raggiunto grazie alla copertura vaccinale, che tuttavia non autorizza ad abbassare la guardia. Interruzione della trasmissione endemica non significa eradicazione della malattia, ma che nel nostro Paese si è creato il fenomeno dell’immunità di gregge per la patologia esantematica. Il virus della rosolia, molto pericoloso se contratto in gravidanza, circola ancora

Dopo i terribili anni dell’era Covid, arriva una bella notizia che non riguarda direttamente il famigerato virus Sars-Cov2, ma dimostra ancora una volta quanto i vaccini siano l’arma per eccellenza nella lotta contro i virus. Perché grazie al vaccino, oggi la rosolia non è più endemica in Italia. Ad annunciarlo nei giorni scorsi la Commissione di verifica regionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’eliminazione delle patologia infettiva in Europa. Una malattia esantematica, generalmente lieve, ma se contratta in gravidanza può essere trasmessa al feto (rosolia congenita) con gravi conseguenze fisiche e cognitive ai danni del nascituro.

Dr. Andrea Rossanese

“Con una copertura vaccinale dei oltre l’80% il nostro Paese ha raggiunto l’immunità di gregge”, spiega il dottor Andrea Rossanese del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria. “Questo significa che se in una stanza delle dieci persone presenti, otto sono state vaccinate, anche le altre due sono protette dal rischio di ammalarsi”.

Un risultato ottenuto dopo oltre mezzo secolo (era il 1972) dall’introduzione del vaccino, che inizialmente veniva somministrato solo alle bambine prima della pubertà in vista di una futura gravidanza. Nei primi anni Novanta, quando è stato immesso sul mercato il vaccino combinato rosolia-parotite-morbillo, la profilassi vaccinale è stata estesa a tutti i nuovi nati, anche ai maschi, dopo il 14° mese di vita (con richiamo tra i 5 e i 6 anni) e nel 2017 è stata resa obbligatoria, con lo scopo, appunto, di bloccare la diffusione del virus,

“Il fatto che in Italia non si registrino casi di rosolia da almeno 12 mesi e che dal 2019 non sia stato notificato alcun caso di rosolia congenita, non ci autorizza ad abbassare la guardia”, sottolinea il dottor Rossanese. “Interruzione della trasmissione endemica, non significa eradicazione del virus, come per esempio è accaduto in tutto il mondo per il vaiolo, nel 1980, sempre grazie alla vaccinazione. Il virus della rosolia in Italia circola ancora, ma si è creato quel fenomeno (l’immunità di gregge) per cui anche chi non si è vaccinato o non ha acquisito l’immunità naturale è protetto. Ma se la copertura vaccinale scende sotto una determinata percentuale (l’80%) potremmo assistere a un aumento vertiginoso dei casi”.

Pertanto, continua Rossanese, “oltre al rispetto del calendario vaccinale per i nuovi nati, è particolarmente importante che le donne in età fertile, prima di iniziare una gravidanza, verifichino se si sono sottoposte a vaccino o hanno in passato contratto l’infezione. Nel caso contrario è altamente consigliabile procedere con la profilassi vaccinale. Lo stesso dovrebbero fare coloro che si recano all’estero per lavoro o per turismo: sono ancora tanti i Paesi in cui la rosolia è molto diffusa”.