dottoressa Valeria Viassolo, genetista oncologadell'IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria

Una diagnosi in giovane età e/o la presenza in famiglia, tra parenti stretti, di casi di tumore mammario è un allert da non sottovalutare. L’identificazione di una predisposizione genetica è molto importante perché permette di avviare un programma di sorveglianza e di prevenzione dedicato per i soggetti identificati come ad alto rischio oncologico e di rassicurare i familiari non portatori, che ritrovano il rischio della popolazione generale

Lo sviluppo delle conoscenze sulle caratteristiche biologiche di ogni forma tumorale – si parla infatti di tumori al plurale anche se interessano lo stesso organo – ha fatto sì che la genetica oncologica assuma un ruolo importante anche nella prevenzione di alcune neoplasie maligne, comprese quelle della mammella.

LE FORME GENETICHE DI TUMORE MAMMARIO

Le forme ereditarie o genetiche di tumore della mammella femminile rappresentano, in termini percentuali, una piccola fetta (circa il 5-10%) delle diagnosi totali, che in Italia nel 2020 sono state circa 55 mila.

Esse sono legate alla presenza di una variante patogenetica, o mutazione, costituzionale in alcuni geni di predisposizione, che può essere trasmessa attraverso le generazioni. I geni principali, implicati in circa il 20% delle forme ereditarie, sono i geni BRCA1 e BRCA2, noti al grande pubblico come i “geni Jolie”, dal nome dell’attrice americana Angiolina Jolie, che si è sottoposta a chirurgia profilattica mammaria e ginecologica in quanto portatrice di mutazione in uno di questi geni come la mamma, la nonna e la zia scomparse precocemente a causa della malattia tumorale. Un altro 5% delle forme ereditarie di tumore al seno è legato a mutazioni in altri geni (PALB2, PTEN, STK11, CDH1, TP53, ATM, CHEK2), mentre in più della metà delle situazioni in cui si suppone che ci sia una base genetica non è ad oggi possibile identificare mutazioni in geni predisponenti.

COSA SIGNIFICA PREDISPOSIZIONE GENETICA

“La predisposizione genetica a una neoplasia non significa la certezza di ammalarsi di tumore, ma avere un rischio significativamente superiore di svilupparlo rispetto alle persone di pari età”, sottolinea la dottoressa Valeria Viassolo, genetista del “Sacro Cuore Don Calabria”. “L’identificazione di una predisposizione diventa molto importante perché permette di avviare un programma di sorveglianza e di prevenzione dedicato per i soggetti identificati come ad alto rischio oncologico e di rassicurare i familiari non portatori, che ritrovano il rischio della popolazione generale”.

SORVEGLIANZA E PREVENZIONE

Per quanto riguarda il tumore mammario, il programma di sorveglianza prevede l’esecuzione annuale dell’esame senologico completo (esame clinico, mammografia ed ecografia mammaria) e della risonanza magnetica delle mammelle, alternati ogni sei mesi. Dal punto di vista preventivo, la chirurgia profilattica mammaria (mastectomia bilaterale) “viene discussa come opzione per le donne ad alto rischio, in base alle linee guida internazionali”, precisa Viassolo

LA GENETICA ONCOLOGICA

“La genetica oncologica è una branca della genetica medica ed è rivolta ad individui con una storia personale e/o familiare di tumore maligno e/o di lesioni di natura benigna suggestiva della potenziale presenza di una sindrome ereditaria di predisposizione a sviluppare una neoplasia”, spiega ancora Viassolo. “Pertanto molto spesso questa branca si occupa di individui sani. Nell’ultimo anno e mezzo si sono rivolte all’ambulatorio di genetica oncologica del “Sacro Cuore” circa 480 persone appartenenti a 400 famiglie. Nel 30% si trattava di individui sani, familiari di persone affette da tumore. Il 60% delle famiglie ha intrapreso il percorso di visita genetica per storia personale o familiare di tumore della mammella e/o dell’ovaio.

FAMILIARITÀ ED EREDITARITÀ

Esiste una sostanziale differenza nella scala di rischio tra i fattori familiarità ed ereditarietà.

“Quando nello stesso ramo familiare si osservano più diagnosi di tumori di stessa localizzazione, ma le persone colpite non sono parenti stretti (per esempio cugini, nonni…) e le età alla diagnosi sono comparabili a quelle osservate nel contesto della popolazione generale, si parla allora di verosimili forme di “aggregazione familiare”, che rappresentano circa 15%-20% di tutte le diagnosi di tumori della mammella – afferma la dottoressa Viassolo -. Alla base di queste situazioni di solito vi è una combinazione di cancerogeni ambientali, come stili di vita non salutari o esposizione ad agenti tossici e di varianti genetiche associate a rischi solo lievemente aumentati. Entrambi questi fattori possono essere condivisi da più membri di una stessa famiglia. Se da un lato la familiarità è una ragione in più per sottoporsi regolarmente a controlli periodici, in particolare agli screening dove previsti (mammella, colon e cervice uterina) raramente per questi casi è indicata una consulenza genetica”.

Diverso è il discorso per le forme ereditarie o genetiche, che sono riconducibili appunto a una mutazione in indeterminati geni. “Le linee guida individuano alcuni criteri personali e/o familiari in presenza dei quali è indicata la visita genetica – spiega ancora la dottoressa Viassolo – Innanzitutto la giovane età alla diagnosi di tumore della mammella (per il carcinoma mammario inferiore ai 36 anni), la presenza in una stessa famiglia di più diagnosi di tumore al seno (o di neoplasie correlate, per esempio tumore dell’ovaio), specialmente in età precoce rispetto alla media per quel tumore osservata nella popolazione.

CONSULENZA GENETICA: CHE COS’È

Ma in cosa consiste una consulenza genetica in oncologia? “Si tratta di un percorso complesso caratterizzato da vari step – risponde Viassolo -. Innanzitutto vengono fornite informazioni sull’epidemiologia e sulle basi genetiche delle malattie tumorali. Inoltre, viene stimata attraverso la storia personale e familiare la probabilità di una sindrome genetica di predisposizione e valutato il rischio oncologico per l’individuo che realizza la consulenza e per i membri della famiglia. Infine, vengono presentate e discusse le misure di sorveglianza e/o di prevenzione indicate. In tale contesto – sottolinea – possono essere proposti test genetici, quando appropriati e disponibili”.

UN PERCORSO CON PIÙ SPECIALISTI

Il percorso di consulenza viene condiviso in maniera trasversale “con i medici oncologici, specialisti d’organo (ginecologi, senologi, gastroenterologi, urologi…), radiologi, psicologi clinici, … – conclude la dottoressa Viassolo -. È inoltre necessaria da parte del medico genetista una conoscenza dei dati molecolari e un’interazione stretta con i biologi che realizzano i test, al fine di fornire una corretta interpretazione clinica del dato di laboratorio”.