Domenica 28 gennaio si celebra la 71ma Giornata Mondiale dei malati di lebbra, patologia per la quale l’IRCCS di Negrar è centro di riferimento regionale. Nel 2023 c’è stato un solo caso diagnosticato al “Sacro Cuore”, mentre a livello nazionale il numero si conta sulle dita di una mano. Eppure, nonostante sia perfettamente curabile, a livello globale i casi sono in aumento e la lebbra continua a rappresentare un serio problema di salute pubblica in molti Paesi.

Nel 2023 c’è stato un solo caso di lebbra diagnosticato presso l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria. Inoltre due pazienti hanno concluso il trattamento per questa malattia che era stata diagnosticata in precedenza. Numeri piccoli, ma che sono significativi se si considera che in Italia le diagnosi della malattia nota anche come morbo di Hansen sono meno di dieci all’anno. Si tratta di casi che arrivano a Negrar perché l’ospedale calabriano è centro di riferimento regionale per le malattie infettive rare, tra cui appunto la lebbra, di cui domenica 28 gennaio si celebra la 71ma giornata mondiale.

“In Italia e in generale nei Paesi con climi temperati i casi di lebbra sono pochissimi e tutti di importazione – sottolinea il dottor Andrea Angheben, responsabile clinico del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali – tuttavia la malattia continua a rappresentare un serio problema di salute pubblica in diversi Paesi dell’area tropico-subtropicale”. Stando all’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i contagi a livello mondiale nel 2022 sono stati più di 174.000 con un aumento del 24% rispetto all’anno precedente. I Paesi con il maggior numero di nuove diagnosi sono l’India, il Brasile e l’Indonesia.

 

Dr. Andrea Angheben

“Per un lungo periodo le campagne promosse dall’OMS hanno permesso di ridurre in modo significativo i contagi. Tuttavia negli ultimi dieci anni il numero di nuovi casi si è stabilizzato sui 200.000 all’anno, diminuendo solo durante la pandemia COVID-19 per effetto della mancanza di rilevazione”, prosegue Angheben. Nel 2022 la trasmissione della lebbra ha riguardato anche molti bambini (5,9% del totale), mentre il 12,8% dei nuovi casi diagnosticati presentava disabilità gravi. “Quando ci sono disabilità gravi significa che la diagnosi è tardiva perché se presa in tempo la lebbra è perfettamente curabile – prosegue l’infettivologo – il problema è che nella fase iniziale essa si presenta con sintomi lievi, come piccole lesioni cutanee e molto spesso nelle zone povere non si va da un medico finché i sintomi non diventano più pesanti. Ma siccome la lebbra aggredisce i nervi, oltre alla pelle, i ritardi possono portare a disabilità permanenti”.

La lebbra è una delle cosiddette malattie tropicali neglette. E’ provocata da un micobatterio come accade per la tubercolosi e l’ulcera di Buruli. Il batterio si annida nei punti più freddi del corpo, soprattutto nella pelle e nei nervi delle parti periferiche. Con il tempo, se non curata, provoca problemi sempre più gravi portando a deformità e disabilità, con conseguenze che in molti Paesi sono tuttora fonte di povertà e sono alla base di un vero e proprio stigma sociale. Eppure dalla lebbra si può guarire con apposita terapia e dopo aver iniziato il trattamento un malato non è più contagioso. “Per combattere la lebbra è fondamentale avere un approccio globale che punti a migliorare le condizioni culturali e socio-economiche della popolazione nelle aree colpite. Inoltre dal punto di vista strettamente sanitario per interrompere la catena del contagio è molto importante il lavoro di screening nelle zone endemiche. Solo una diagnosi precoce permette da un lato di trattare tempestivamente il malato e dall’altro di mettere in sicurezza chi vive a stretto contatto con lui grazie a una profilassi antibiotica che risulta molto efficace nel prevenire lo sviluppo di nuovi casi” fa notare il dottor Angheben.

Come centro di riferimento regionale per la lebbra, il Sacro Cuore è dotato di tutti gli strumenti necessari per la diagnostica della malattia, dalla biologia molecolare agli esami microscopici che permettono di individuare il germe nei prelievi di linfa raccolti ad hoc nei pazienti con sintomi sospetti.

In caso di positività viene iniziata immediatamente la terapia in ospedale, con una combinazione di farmaci forniti dall’OMS. Tuttavia non è previsto come un tempo un prolungato isolamento del malato, in quanto dopo l’inizio del trattamento il paziente non è più contagioso. In seguito la terapia prosegue per vari mesi con controlli periodici in ospedale. Contemporaneamente le persone che vivono a stretto contatto con il malato vengono sottoposte a visita medica e a un test sierologico (PGL-1) e in caso di positività devono seguire l’apposito trattamento. Ai contatti stretti di un caso di lebbra in fase contagiosa viene raccomandata la profilassi come da indicazione dell’OMS.