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Anche l’induzione di travaglio può essere naturale grazie a un catetere di Foley, una metodologia che sarà illustrata sabato 6 maggio in un convegno organizzato dal dottore Marcello Ceccaroni, direttore della Ginecologia e Ostetricia

Il titolo sembra contenere una contraddizione in termini: “Partorire naturalmente: l’induzione di travaglio”. Eppure nella logica dell’umanizzazione delle cure anche un travaglio indotto può essere naturale.

Di questo si parlerà sabato 6 maggio nella sala Congressi della Cantina Valpolicella (via Ballarin 2, a Negrar, vedi programma) dove il tema sarà trattato dal punto di vista dei medici e delle ostetriche, figure essenziali quest’ultime che affiancano la donna per tutto il tempo della gravidanza, durante il parto e nelle prime settimane dopo la nascita.

L’appuntamento scientifico è organizzato dal dottor Marcello Ceccaroni (nella foto), direttore del Dipartimento per la tutela della salute e della qualità della vita della donna dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, e avrà inizio alle 8.30. Fra i relatori anche i professori Pantaleo Greco e Federico Mecacci, rispettivamente dell’Università di Ferrara e di Firenze, e il dottor Giuseppe Battagliarin dell’ospedale di Rimini.

L’induzione di travaglio è una procedura che viene effettuata ogniqualvolta la continuazione della gravidanza, anche pretermine, rappresenti un pericolo per la mamma o il bambino. Oppure quando la gestazione è giunta alla 41° settimana, un limite di tempo che già di per sé è un rischio per il nascituro.

“Dal 2012 assieme al responsabile del modulo di Ostetricia, il dottor Sante Burati, abbiamo introdotto a Negrar una metodologia di induzione che ha l’obiettivo di dilatare il collo dell’utero in modo naturale e soprattutto non doloroso per le partorienti, rispetto alle vecchie tecniche, come la dilatazione manuale da parte dell’ostetrica – spiega il dottor Ceccaroni -. Si tratta dell’introduzione di un catetere di Foley (una sorta di palloncino) che viene riempito progressivamente di una certa quantità d’acqua e lasciato nel corpo della donna al massimo 48 ore con lo scopo di sollecitare le contrazioni”.

Durante il convegno l’ostetrica Annapaola Isolan presenterà i dati dello studio realizzato assieme alle colleghe Alessandra Cavalleri, Paola Vicentini e Tania Iurati, condotto su 4.684 parti avvenuti al “Sacro Cuore-Don Calabria” dal 2012 al 2016. La ricerca ha rilevato che l’utilizzo del Foley ha ridotto del 27% il rischio di taglio cesareo nelle donne in cui l’induzione di travaglio era indicata per motivi fetali, dimostrandosi una metodica indolore e a vantaggio del benessere della mamma e del bambino.

L’introduzione di questa metodologia ha portato alla realizzazione di un protocollo per l’induzione di parto suddiviso in varie fasi e condiviso fin dall’inizio con la partoriente. Il primo step è proprio l’introduzione del Foley, il cui utilizzo non è solo quello di indurre le contrazioni, ma anche, nel caso in cui fallisse, di favorire l’effetto dei farmaci, come le Prostaglandine (seconda fase), poco efficaci in assenza di dilatazione del collo dell’utero. L’induzione prosegue poi con la rottura delle membrane e se è necessario con la somministrazione di un altro farmaco, l’Ossitocina.