In occasione della Giornata mondiale contro il cancro e della Giornata nazionale per la vita, raccontiamo la storia di Mara, una donna che non ha lasciato che la malattia dominasse la sua quotidianità: “Si può, dando fiducia ai medici e a se stessi”

Sono coincidenze che fanno riflettere. Quest’anno la Giornata mondiale contro il cancro coincide con la celebrazione della Giornata nazionale per la vita, domenica 4 febbraio. La prima è stata promossa dell’Unione Internazionale contro il Cancro, un’organizzazione non governativa che rappresenta migliaia di associazioni nel mondo impegnate nella diffusione della cultura dell’informazione e della prevenzione della malattia tumorale. La seconda è stata istituita nel 1978 dalla Conferenza Episcopale Italiana dopo l’approvazione della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, per promuovere il valore della vita in ogni circostanza, dal concepimento alla morte naturale.

L’ospedale di Negrar vuole celebrare entrambe, raccontando la storia di una vita che si è imposta sul cancro, non accettando che la “bestia” e tutti i demoni che essa porta con sé scandissero e manipolassero la sua quotidianità, i suoi affetti… la sua voglia di vivere. E’ la storia di Mara, una paziente del “Sacro Cuore Don Calabria”.

elena.zuppini@sacrocuore.it

Il suo primo capitolo di malata oncologica inizia nel marzo del 2012,in un ambulatorio di Radiologia, con una dottoressa che le comunica l‘esito della biopsia. Quel nodulo che in poche settimane era diventato da palpabile a visibile, era un carcinoma mammario. “Frastornata – racconta Mara, 47 anni – è l’unica definizione che mi viene in mente ripensando a quel momento che ho vissuto assieme a mia figlia. Non riuscivo a capacitarmi che quella parola cancro riguardasse proprio me.

‘E se muoio? Se lascio sole le mie figlie?’, ho chiesto in lacrime alla dottoressa che con tutta la gentilezza e il tatto che possedeva cercava di rassicurarmi, sottolineando che tra le sue pazienti aveva signore la cui diagnosi risaliva a più di 20 anni fa. Sentivo dentro di me che non era tanto il tumore a terrorizzarmi, quanto la sofferenza delle cure (soprattutto la chemioterapia) e lo stravolgimento totale della mia vita e quella della mia famiglia”.

La dottoressa, racconta Mara, era stata tanto comprensiva quanto ferma: “Signora, deve essere presa in carico da un chirurgo senologo, si riservi qualche giorno per decidere a quale struttura ospedaliera rivolgersi’. Era come mi avessero lanciato con una catapulta in un mondo che non conoscevo. E adesso cosa faccio? Una persona di fiducia mi ha indicato il dottor Alberto Massocco, responsabile della Chirurgia senologica di Negrar. Dal lato umano e medico è la migliore scelta che potessi fare”.

La prima arma imbracciata da Mara e dai medici che la prendono in carico contro la “bestia”, come chiama lei il tumore, è la chemioterapia neoadiuvante, per ridurre la massa tumorale al fine di un intervento più conservativo possibile. “La chemio… il mio incubo – prosegue -. Ma era un incubo costruito dalla mia mente. Si perdono i capelli (e per noi donne è psicologicamente devastante), la pelle si trasforma in peggio. Ma poi scopri che oltre alle parrucche e ai foulard, ci sono le creme che ti aiutano a vederti più bella. Esistono soprattutto dei farmaci che controllano gli effetti collaterali. Sicuramente non è stata una passeggiata, ma ho sofferto meno di quanto pensassi. Il merito va anche alle infermiere del Day Hospital dell’Oncologia, dei veri angeli sempre attente a ogni nostro malessere, sempre pronte ad intervenire anche con una sola parola rassicurante, che spesso è più efficace di una pillola”.

Terminato il trattamento con la chemioterapia, Mara viene sottoposta a intervento di quadrantectomia, poi alla radioterapia. “Nel gennaio del 2013 sono ritornata ad essere una persona libera… dalle cure. Dovevo recarmi in ospedale solo per il normale follow up”. Un sollievo durato solo tre anni perché il 13 ottobre del 2016, a Mara viene diagnosticata una recidiva.

“Alla notizia di questo nuovo nodulo che si era nascosto anche al mio tatto, è inutile dirlo, non ho reagito in modo razionale – prosegue nel racconto Mara -. Mi sono fatta guidare dalla confusione che regnava nella mia mente, lasciando che la paura e l’ansia prendessero il sopravvento. Avevo un pensiero fisso: ‘Perché proprio a me? Perché la bestia è ritornata?‘. Assurdamente nutrivo il senso di colpa di essermi ammalata, perché, nella mia testa, venivo meno al mio ruolo madre che invece di accudire le mie figlie, costringevo le mie figlie ad accudire me. Non mi riconoscevo più come persona né psicologicamente né fisicamente”.

Vedendola in seria difficoltà, la dottoressa Monica Turazza, oncologa, consiglia a Mara di rivolgersi al Servizio di Psicologia Clinica. “Ho conosciuto così il dottor Matteo Giansante. Mi sono avvicinata al primo colloquio con un po’ di scetticismo. Non capivo come potesse aiutarmi una persona che non mi conosceva e non condivideva il mio problema. Un problema che per lo più avevo già affrontato e da sola. Ma già alla fine della prima ‘chiacchierata’ ho capito che parlandone potevo stare meglio e affrontare così, più serena e propositiva, la mia nuova battaglia. Ho preso consapevolezza di cosa mi stava accadendo, ho accettato la paura come un’amica con cui qualche volta ci si può scontrare ma con cui si può convivere. Ho messo nero su bianco i timori che non mi permettevano più di condurre la vita di prima. Io che alla tenera età di 43 anni avevo imparato a nuotare, non mi recavo più in piscina perché per me era impensabile affrontare lo spogliatoio, lo sguardo delle persone, il sentirmi fuori posto perché ero malata. Dare un nome ai nostri demoni fa bene. Perché si capisce come affrontarli”.

Un’accettazione della propria fragilità che paradossalmente ha dato a Mara la forza di affrontare con serenità le nuove cure chemioterapiche: “Quando sono ritornata al Day Hospital e ho visto il sorriso delle ‘mie ragazze’, perché per me le infermiere sono tali, mi sono detta: ‘Sei in famiglia, qui ce la puoi fare”.

Subita la mastectomia e radioterapia, da alcuni giorni Mara si è sottoposta alla ricostruzione mammaria. “Sto bene, conduco una vita normale. Il cancro si può combattere impedendo alla ‘bestia’ di prendere il sopravvento su di noi, sulla nostra voglia di vivere. E’ possibile, dando fiducia ai medici e non perdendo mai la fiducia in noi stessi”.