La storia di Natale di quest’anno è dedicata a Stefania, una paziente del Dipartimento di Riabilitazione. Una caduta ha cambiato completamente la sua vita. La Natività che vedete nella foto porta la sua firma. L’ha realizzata con la bocca

Stefania mentre dipinge

Il dipinto che abbiamo riprodotto in foto, non è una Natività qualunque, ma racconta anche un’altra storia, oltre a quella di una nascita che ha distinto in prima e in dopo i secoli. Basterebbe solo dire che il dipinto è stato realizzato con la bocca. Infatti l’altra storia è quella di Stefania, residente nel Veronese, sposata con Paolo da 38 anni e mamma di una ragazza di 30 anni e di un ragazzo di 26.

Una domenica mattina di alcuni mesi fa, dopo una camminata nelle vicinanze dell’abitazione, rientrando a casa, Stefania cade, forse per un malore, andando a sbattere il collo contro le cassette del gas. Lesione al midollo spinale, a livello cervicale.

La corsa in ambulanza all’ospedale Maggiore di Borgo Trento, la perdita di conoscenza per alcuni giorni, la permanenza in terapia intensiva, la tracheotomia… Poi ancora 40 giorni nel reparto di Pneumologia per problema polmonare e il trasferimento all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria.

“Anche a Negrar sono stata ricoverata subito in terapia intensiva a causa di un polmone collassato e poi, quando la situazione è migliorata, in sub intensiva”, racconta Stefania all’Informatore, il bimestrale di informazione a cura del Gruppo di Animazione Lesionati Midollari (GALM). “Venivo nutrita con il sondino naso-gastrico, mi illudevo di ricominciare a mangiare normalmente, ma quando ci provavo la situazione polmonare non lo permetteva. Psicologicamente è stata molto dura: una continua illusione e delusione. Ora va meglio… Dal giorno della caduta il mio corpo non si muove. Però ora respiro senza l’aiuto di macchinari, mangio da sola, riesco a stare seduta in poltrona. E questo dà speranza anche alla mia famiglia. Io punto sul massimo dell’autonomia possibile…. Senza la mia famiglia sarei impazzita… I miei figli mi vengono a trovare appena possono e mio marito è un angelo, viene qui tutti i giorni”.

Per alcuni mesi Stefania ha frequentato il laboratorio di arteterapia del Servizio di Medicina Fisica e Riabilitazione, diretto dalla dottoressa Elena Rossato. “Grazie alla dottoressa Charlotte Trechsel, responsabile del Laboratorio, ho imparato a dipingere con la bocca. Io non ho mai dipinto prima, nemmeno con le mani. E’ bello, molto rilassante, è una cosa che mi fa bene. Charlotte poi è una persona molto disponibile che sa ascoltare. Se senti che una persona è disponibile riesci ad aprirti e a dire cose che non credevi di riuscire ad esprimere. A volte sento l’istinto di urlare, perché vorrei dare sfogo al malessere che tengo dentro…  E l’arte dà a quell’urlo una forma compiuta. Se l’angoscia sovrasta ogni cosa, diventa impossibile seguire la fisioterapia”, racconta Stefania.

“Mi spaventa il fatto di non sapere quando tornerò a casa (è stata dimessa poco prima di Natale, ndr), anche se so che quando accadrà avrò molta paura e mi mancherà la quotidianità ospedaliera. Cosa provo oggi? Gioia quando vengono i miei amici a trovarmi. Ma anche rabbia, perché non mi hanno curato bene i problemi che mi hanno causato il malore e quindi la caduta. Forse era destino che accadesse… Forse bisogna accettare e basta. Mio marito – sottolinea – è andato in pellegrinaggio alla Madonna de La Salette. Una suora dopo aver sentito il racconto della mia vicenda, ha promesso di pregare per i medici e per i fisioterapisti, perché trovino le soluzioni migliori per me. A tutti loro posso solo dire grazie: alla dottoressa Marcella Rossi, che mi seguiva quando ero in terapia intensiva e viene ancora a trovarmi; alla dottoressa Monica Baiguini e ai dottori Giuseppe Armani e Luigino Corradi che dandomi molta fiducia si prendono cura di me; alla dottoressa Elena Rossato e al dottor Federico Ferrari insieme a tutti i fisioterapisti che mi seguono in palestra con professionalità e umanità. Grazie di cuore a tutti”.

Stefania ora è a casa e trascorrerà il Natale nell’ambiente che ama insieme ai suoi cari. Dall’ospedale ha portato con sé un bagaglio pesante di sofferenza e di dolore. Ma anche la certezza che, nonostante tutto, perfino quando il nostro corpo non è più il nostro, siamo esseri capaci di produrre bellezza. Che sia essa un sorriso, uno sguardo d’amore, una parola detta al momento giusto o una Natività dipinta con la bocca. Buon Natale.