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Fratel Gedovar Nazzari racconta l’epopea dell’ospedale calabriano realizzato 20 anni fa nella regione amazzonica, che sarà al centro di uno spettacolo benefico in programma venerdì 3 febbraio alla Gran Guardia di Verona

“Ricordo bene il giorno in cui venne inaugurato l’ospedale Divina Providencia di Marituba, nel 1997. Era per tutti noi una grande soddisfazione. Costruire quell’ospedale era costato molta fatica, c’erano state innumerevoli difficoltà da superare, ma quel giorno il sogno di tanta povera gente si era realizzato”.

 

Fratel Gedovar Nazzari, oggi presidente dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, si illumina quando parla di Marituba e dell’ospedale Divina Providência. A quel tempo era infatti direttore della missione dell’Opera Don Calabria nella piccola città del nord brasiliano, alle porte dell’Amazzonia. E in questa veste seguì passo passo il progetto del nuovo ospedale calabriano (vedi foto). “Un ospedale che è diventato subito un simbolo di riscatto per migliaia di poveri della regione che altrimenti non avrebbero avuto, e ancora non avrebbero, un accesso a cure dignitose” (vedi il video sulla Missione di Marituba e sul suo fondatore don Aristide Pirovano).

 

La presenza di fratel Gedovar rende ancora più tangibile il legame che unisce Marituba a Negrar. Un legame di amicizia iniziato nel 2006, quando il Sacro Cuore avviò un progetto di collaborazione che in questi anni ha coinvolto tante persone, portando alla realizzazione di percorsi di formazione per il personale medico e paramedico locale, all’adeguamento delle strutture e all’acquisto di nuove attrezzature mediche per l’ospedale brasiliano.

 

Questo legame di amicizia e di aiuto verrà rinnovato il prossimo venerdì 3 febbraio con uno spettacolo di beneficenza alla Gran Guardia di Verona alle ore 21 per contribuire alla realizzazione della nuova chirurgia dell’ospedale Divina Providência. L’evento, intitolato “Ti racconto Marituba”, è stato creato da Gianni De Lellis e vedrà l’accompagnamento musicale della Big Band Ritmo Sinfonica Città di Verona. Uno spettacolo realizzato grazie al sostegno dell’ospedale Sacro Cuore, degli Amici di Marituba e dell’associazione Don Calabria Missioni Sostegno Sanità Onlus, l’ente che si occupa di promuovere i progetti missionari dell’Opera calabriana (vedi programma della serata e indicazioni per il ritiro degli inviti con offerta).

 

Fratel Gedovar, quando inizia l’epopea di Marituba?

Tutto nasce nel 1967, quando Marcello Candia, un industriale milanese, visita la colonia di lebbrosi di Marituba. Rimane talmente colpito dalla situazione di degrado e disperazione in cui vivono, che decide di stabilirsi là. Candia avvia una serie di iniziative per migliorare le condizioni di vita dei lebbrosi, coinvolgendo molti amici dall’Italia. Alla fine degli anni Settanta l’ingegnere milanese viene raggiunto a Marituba da mons. Aristide Pirovano, un vescovo italiano del PIME (Pio Istituto per le Missioni Estere). Sotto l’impulso di mons. Pirovano vengono avviate molte iniziative sociali a favore non solo dei lebbrosi, ma anche dei tanti abitanti “non lebbrosi” che nel frattempo si erano stabiliti intorno al lebbrosario. Nascono così scuole, asili, parrocchie, centri di salute…

 

Quando arrivò l’Opera Don Calabria?

L’Opera Don Calabria arrivò a Marituba nel 1991 su invito di mons. Pirovano. Da allora prendemmo in gestione tutte le attività della missione. Io fui il primo direttore e mantenni l’incarico fino al 2004.

 

Quindi lei ha conosciuto mons. Pirovano. Cosa ricorda di lui?

Ho lavorato fianco a fianco con mons. Pirovano durante i primi sei mesi della nostra permanenza a Marituba e lui mi ha fatto vedere come funzionava la missione. Di lui posso dire che era un grande leader carismatico e spirituale, un uomo di fede, un vero esempio di pastore. Io lo definirei come un grande imprenditore del sociale che aveva un amore immenso per i poveri e per i lebbrosi.

 

Perché avete deciso di fare un ospedale? Non bastava il lebbrosario?

Per una colonia di lebbrosi è importante avere un ospedale vicino perché i malati devono fare molti esami che non sono disponibili nel lebbrosario. Tuttavia al tempo non c’erano ospedali nella regione e così per curarsi bisognava fare molta strada nel caldo equatoriale, sia per i lebbrosi sia per gli altri malati. Per questo mons. Pirovano iniziò a sognare un ospedale. Quando siamo arrivati a Marituba abbiamo trasformato questo sogno in realtà, realizzando l’ospedale Divina Providência.

 

È stato difficile portare a termine il progetto?

Le sfide da superare sono state tantissime. Ricordo ancora quello che mi disse mons. Pirovano, nella sua ultima visita a Marituba quando ormai l’ospedale era quasi completato. Mi disse: “Se avessimo saputo tutte le difficoltà che avremmo trovato per fare l’ospedale, forse non avremmo avuto il coraggio di farlo”. Ma poi ha aggiunto: “Dio fa proprio così, non ci mostra le difficoltà di un progetto missionario tutte insieme. Lo fa un po’ alla volta, per non scoraggiarci…”.

E comunque lui non era certo uno che si scoraggiava. Ricordo una volta che avevamo difficoltà a ottenere i permessi dallo Stato del Parà per costruire l’ospedale. Dovevamo parlare con il governatore, ma dopo giorni di tentativi non ci dava mai un appuntamento. Poco tempo dopo capitò che prendemmo un aereo per andare da Belem a Brasilia. E su quell’aereo c’era anche il governatore. Mons. Pirovano andò da lui e disse: “Visto che non abbiamo potuto parlare sulla terra, parliamoci in cielo”. E il problema fu risolto.

 

Cosa rappresenta oggi l’ospedale “Divina Providência” per la gente di Marituba e per i comuni vicini?

L’ospedale è un punto di riferimento sanitario per gli abitanti di 35 comuni della regione, con una popolazione che raggiunge il milione di persone. La struttura ha 130 posti letto, oltre 100 medici che collaborano. Qui si danno servizi che altrimenti sarebbero inaccessibili per la povera gente, come l’emodialisi e tanti altri. L’ospedale è strutturato in 4 aree: pediatria, ostetricia e ginecologia, medicina, chirurgia generale. Poi ci sono altri reparti sviluppati per rispondere ai bisogni del territorio. Insomma l’ospedale è più vivo che mai ed è tuttora un segno di riscatto e dignità per tanti poveri.

 

Nel 2006 è iniziata la collaborazione con l’ospedale di Negrar. Con quali frutti?

Il rapporto con Negrar ha aiutato l’ospedale di Marituba a svilupparsi a livello di organizzazione, di tecnologia e nella formazione del personale. Questo programma di scambio ha portato ad una crescita importante dell’ospedale Divina Providência. Ad esempio a Marituba si sono potuti sviluppare servizi d’avanguardia come l’emodialisi, servizi neurologici, pneumologici e altri.

 

Quali sono le prospettive?

Anche in Amazzonia, come in Italia, c’è bisogno di rinnovarsi e aggiornarsi continuamente per rispondere ai bisogni di salute delle persone. In questo senso la collaborazione con il Sacro Cuore è ancora più importante. Attualmente all’ospedale di Marituba si stanno progettando e realizzando diversi interventi: ampliamento della struttura, nuove sale operatorie, il centro ostetrico, la terapia intensiva per gli adulti e quella per i bambini. Sono tutti interventi indispensabili per i quali l’ospedale Divina Providência ha bisogno di aiuto.

 

Nella serata dedicata a Marituba che si terrà il 3 febbraio si parlerà dell’amicizia tra mons. Pirovano e Marcello Candia, simile per alcuni aspetti all’amicizia tra don Calabria e fratel Perez. Legami che hanno fatto sorgere veri e propri miracoli. Pensa che quanto fatto a Marituba si possa definire un miracolo?

C’è una frase che pronunciò una volta Adalucio Calado, un lebbroso che fece il discorso di benvenuto a papa Giovanni Paolo II quando arrivò a Marituba nel 1980. Parlando del rapporto tra Candia e Pirovano, Adalucio disse: “Due amici, un ideale”. Quella frase ora è scritta su una targa all’interno del lebbrosario. Questi personaggi erano mossi dall’ideale di servire i più bisognosi perché in loro vedevano il proprio Gesù Cristo. Don Calabria, Francesco Perez, mons. Pirovano e Marcello Candia hanno dato tutto quello che avevano per questo ideale di servire Dio nella persona dei fratelli bisognosi. Questo è l’esempio che ci hanno lasciato e che possiamo seguire, dedicandoci ai poveri e agli ammalati.

matteo.cavejari@sacrocuore.it