Il 24 marzo è la Giornata mondiale della tubercolosi che è ancora oggi, tra le malattie infettive, la prima causa di morte. Diminuiscono i nuovi casi e i decessi nel mondo ma l’obiettivo OMS di arginare l’epidemia entro il 2030 è ancora lontano

Centotrentasette anni fa, il medico tedesco Robert Koch scopriva il Mycobacterium tuberculosis, agente eziologico della tubercolosi (TB). Era il 24 marzo, data scelta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per celebrare la Giornata della TB, patologia che è ancora oggi, fra le malattie infettive, la prima causa di morte nel mondo: si stima c he nel 2017 siano stati 1,6 milioni i decessi, a fronte di 10 milioni di nuovi casi. Numeri in progressiva diminuzione, che fanno ben sperare, ma che richiedono ancora una soglia di attenzione molto alta da parte di tutti i Paesi.

La TB nel mondo e in Italia

“Due terzi dei casi mondiali si concentrano in soli otto Paesi: India, Cina, Indonesia, Filippine, Pakistan, Nigeria, Bangladesh e Sud Africa”, afferma la dottoressa Paola Rodari, infettivologa e ricercatrice del Dipartimento di Malattie infettive e tropicali, diretto dal professor Zeno Bisoffi. L’Italia è da anni considerato un Paese a bassa incidenza: nel 2017 sono stati notificati 3.944 nuovi casi, con un’incidenza di 6,5 casi ogni 100mila abitanti. A Negrar vengono seguiti ogni anno circa una trentina di pazienti.

La forma polmonare è quella più diffusa

La TB si trasmette da persona a persona attraverso l’ariaCirca un quarto della popolazione mondiale ha un’infezione tubercolare latente (cioè è venuta a contatto con micobatteriop della TB) e può potenzialmente sviluppare la malattia nell’arco della vita. Il micobatterio può colpire qualsiasi organo, ma la forma più diffusa è quella polmonare. In questo caso la malattia si può manifestare con tosse persistente, stanchezza marcata, perdita di peso e febbricola.

Malattia curabile: il problema della farmaco-resistenza

La TB è una malattia curabile e i farmaci fondamentali nella terapia di prima linea sono la rifampicina e l’isoniazide. Purtroppo la resistenza a questi farmaci è un problema emergente, il che obbliga all’utilizzo di farmaci di seconda linea. Si tratta di principi attivi che implicano trattamenti più lunghi, più complessi e con rilevanti effetti collaterali”, spiega la dottoressa Rodari. I Paesi più interessati alla farmaco-resistenza sono India, Cina e Russia: questi tre Paesi da soli notificano quasi la metà dei casi di resistenza. “La resistenza ai farmaci emerge per diverse ragioni – prosegue – ma in particolare quando la terapia viene somministrata in modo inappropriato, sia a causa di una non corretta prescrizione da parte degli operatori sanitari, o per la scarsa qualità dei farmaci (problema enorme e di difficile soluzione nei Paesi a risorse limitate) o ancora per unscarsa aderenza alla terapia da parte dei pazienti”.

 

OMS: arginare l’epidemia entro il 2030

L’OMS ha lanciato nel 2014 la End TB Strategy, con l’obiettivo di arginare l’epidemia entro il 2030, sollecitando i governanti a mettere in campo tutte le strategie possibili per una diminuzione progressiva dei casi di infezione. “Si tratta di un obiettivo molto ambizioso: la strategia punta ad una riduzione dei decessi del 90% e dei nuovi casi dell’80% tra il 2015 e il 2030 – afferma il medico -. In questo senso, è fondamentale puntare alla diagnosi precoce della malattia”.

 

Non è la malattia dei migranti

La tubercolosi è una delle malattie oggetto di “leggende metropolitane”. Non di rado viene spacciata tra le patologie già debellate da tempo in Italia, ma il cui ritorno è dovuto al fenomeno dell’immigrazione. “Ci sono sempre stati casi di TB nel nostro Paese – precisa la dottoressa -. Ciò che è importante sottolineare è che all’intensificarsi del flusso migratorio non corrisponde un aumento di nuove infezioni tra i nostri connazionali. I casi nella popolazione italiana riguardano soprattutto gli anziani, venuti in contatto con il micobatterio in gioventù. La riattivazione della malattia con la vecchiaia è spesso conseguenza del calo fisiologico delle difese immunitarie, oltre che alla compresenza di patologie croniche o terapie immunosoppressive”. Molto più giovani sono invece i pazienti migranti. “Nel caso dei migranti la riattivazione può essere legata allo stress del processo migratorio e alle precarie condizioni sociali che queste persone di trovano ad affrontare nel Paese ospite”, conclude Rodari