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Importante studio della Radioterapia Oncologica e della Medicina Nucleare di Negrar sul ruolo della PET come guida per predire la risposta alla radioterapia polmonare e personalizzare il trattamento

La Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) ha un ruolo ormai stabilito per definire lo stadio di malattia in gran parte dei pazienti oncologici.

Recentemente, la PET e’ sempre più impiegata per stimare la risposta al trattamento delle lesioni tumorali polmonari. A differenza della sola Tomografia Computerizzata (TC) che viene usata di norma e fornisce prevalentemente una descrizione della estensione di malattia, la PET può dare cruciali informazioni predittive su come il tumore risponderà alla radioterapia, informazioni che consentono un approccio sempre più personalizzato al paziente.

E’ quanto emerso dallo studio realizzato dalla Radioterapia Oncologia e dalla Medicina Nucleare dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar e pubblicato recentemente dal Journal Thoracic Oncology, la rivista ufficiale dell’associazione internazionale che studia il cancro al polmone (The International Association for the Study of Lung Cancer-IASLC).

Si tratta del primo studio (in allegato il testo) di questo genere, che prende spunto dal dibattito all’interno della comunità scientifica mondiale sull’utilità e sull’opportunità, anche economica, di sottoporre all’esame PET con radiofarmaco Fluorodesossiglucosio il paziente con un numero limitato di metastasi polmonari (da una a cinque) prima del trattamento radioterapico di precisione.

La PET in genere viene utilizzata solo per i casi dubbi, mentre la maggior parte dei pazienti viene sottoposta alla sola TC.

“Per lo studio abbiamo arruolato cinquanta pazienti e trattato settanta lesioni polmonari. L’obiettivo era quello di dimostrare che la PET ha un ruolo fondamentale per comprendere come si comporteranno le sedi tumorali polmonari sottoposte ad alte dosi mirate di radiazioni” spiega il dottor Filippo Alongi, direttore della Radioterapia Oncologica di Negrar, già sede di insegnamento della scuola di specializzazione in Radioterapia dell’Università di Brescia.

“Abbiamo constatato che la guarigione a sei mesi dopo la radioterapia è associata in modo significativo al valore della PET effettuata prima del trattamento – sottolinea -. La PET, infatti, non fornisce informazioni sulla dimensione delle lesioni, come la TC, ma ne descrive il profilo metabolico e può anche anticipare il comportamento biologico delle cellule tumorali e la capacità di rispondere alla radioterapia. Se le cellule captano fino ad una certa quantità di radiofarmaco, significa che risponderanno meglio al trattamento. Al contrario, richiederanno un approccio personalizzato rispetto al trattamento di base“.

elena.zuppini@sacrocuore.it