Oggi si celebra la Giornata mondiale della rabbia, una malattia antica e terribile che ancora oggi miete molte vittime nei Paesi poveri, soprattutto bambini. Una campagna dell’OMS si propone di eliminarla entro il 2030
Ogni giorno nel mondo circa 100 persone si ammalano di rabbia, poco meno di 40 mila in un anno di cui il 40% bambini (dati OMS).La quasi totalità di queste persone muore fra atroci sofferenze a distanza di pochi giorni dai primi sintomi. Infatti la rabbia, di cui oggi si celebra la giornata mondiale, è una malattia per la quale non esiste terapia dopo che si è manifestata. Esiste invece un vaccino, efficace e sicuro, che può essere somministrato in via preventiva ma è efficace anche se viene dato dopo un possibile contagio, purchè la somministrazione sia tempestiva. Il vaccino viene fatto anche al Sacro Cuore, dove nel corso del 2017 sono state somministrate una trentina di profilassi pre-esposizione per viaggiatori che si recavano in luoghi a rischio.
“La rabbia è un’infezione causata da un virus che attacca il sistema nervoso centrale, provocando un’infiammazione dell’encefalo. Il virus può colpire praticamente tutti i mammiferi e si trasmette attraverso il contatto con saliva infetta di animali malati”, dice il dottor Andrea Rossanese, responsabile dell’ambulatorio di Medicina dei Viaggiatori presso l’IRCCS ospedale Sacro Cuore Don Calabria, servizio che fa parte del Centro per le Malattie Tropicali diretto dal professor Zeno Bisoffi. Nella quasi totalità dei casi la trasmissione all’uomo avviene a causa del morso di un cane. Molto più raramente il contagio può avvenire a causa di pipistrelli e altri animali selvatici o domestici.
In Italia la rabbia non è più presente da alcuni anni, nè tra gli uomini nè tra gli animali. Qualche raro caso di animale selvatico malato, volpi in particolare, si è verificato al confine con la Slovenia, ma si è trattato di episodi sporadici e contenuti rapidamente attraverso i sistemi di sorveglianza e prevenzione zooprofilattica. In genere il contagio viene eradicato vaccinando la popolazione animale attraverso apposite esche.
In tutta l’Europa occidentale la rabbia è quasi scomparsa, mentre la stragrande maggioranza dei contagi umani avviene nelle aree rurali dei Paesi poveri, motivo per cui la rabbia è considerata malattia tropicale negletta. In particolare le zone dove si verificano più casi sono la Cina e l’India, ma in generale tutta l’Africa sub-sahariana, l’Asia Centrale e il Sud-est asiatico sono aree a rischio.
I SINTOMI
L’incubazione della rabbia nell’uomo, dopo l’esposizione al virus, può variare da una settimana a un anno, ma mediamente i sintomi compaiono dopo 1-2 mesi. In una prima fase si presentano sintomi aspecifici, come febbre, cefalea e nausea. Segue la fase di encefalite vera e propria, con momenti di iperattività, aggressività, spasmi, allucinazioni e febbre anche molto alta. Con il passare dei giorni l’encefalite si aggrava sempre di più, provocando neurite, difficoltà nella deglutizione, paralisi fino alla morte. In un quarto dei casi il decorso è meno violento, manifestandosi con una paralisi progressiva.
IN CASO DI MORSO
Nonostante la rabbia sia praticamente scomparsa nel nostro Paese, ciò non toglie che qualche caso sporadico tra gli animali sia possibile. Per questo se una persona viene morsa da un cane o altro animale è sempre opportuno rivolgersi ad un medico o a un presidio ospedaliero. L’ideale sarebbe tenere sotto osservazione l’animale per 10-14 giorni, così da accertarsi che non sviluppi la malattia. In ogni caso gli ospedali di riferimento in ogni provincia tengono alcuni cicli completi di vaccino anti-rabbico, in modo da poterlo somministrare anche dopo l’esposizione al rischio se il medico valuta che sia opportuno. Il vaccino, sia preventivo che post-esposizione, viene somministrato con cicli di iniezioni intramuscolari o intradermiche. Nel caso di quello post-esposizione le dosi sono più numerose e nelle situazioni di maggior rischio possono essere integrate con iniezioni di immunoglobuline (secondo le linee guida dell’OMS). Un’altra profilassi di grande importanza, dopo il morso, è una pulizia accurata della ferita perché questo riduce le probabilità di trasmissione del virus. Nel mondo annualmente vengono somministrati 15 milioni di vaccini post-esposizione, salvando presumibilmente centinaia di migliaia di persone dal contagio.
IN CASO DI VIAGGIO IN ZONE A RISCHIO
Per qualsiasi viaggio in zone a rischio non è da escludere l’opportunità di un vaccino preventivo contro la rabbia. Infatti un morso di cane è sempre possibile, specie laddove ci siano tanti cani randagi. Tuttavia la scelta è spesso soggettiva. “Molto dipende dal tipo di viaggio – prosegue il dottor Rossanese – ovviamente maggiore è la durata maggiore può essere l’utilità di una vaccinazione, specie se si prevede di stare molto all’aperto. Ma anche se uno fa diversi viaggi di breve durata in zone a rischio si può valutare la profilassi anti-rabbica. Inoltre il vaccino è indicato per chi viaggia in zone rurali e per lavoro si trova a contatto con gli animali. In ogni caso, quando si prevede di fare un viaggio in zone esotiche, è sempre opportuno consultare un ambulatorio di medicina dei viaggi per fare insieme al medico le opportune valutazioni“.
“ZERO MORTI DI RABBIA ENTRO IL 2030”
La presenza di un vaccino efficace per gli uomini e per gli animali ha portato gli organismi internazionali a porsi l’obiettivo di eradicare la rabbia. Nel 2015 l’OMS ha lanciato la campagna “Zero morti di rabbia entro il 2030”, in collaborazione con l’Organizzazione per la Salute Animale (Oie), la FAO e l’Alleanza globale per il controllo della rabbia (GARC). Tra gli obiettivi della campagna, nella quale rientra anche la giornata mondiale che si celebra oggi, c’è proprio lo sviluppo di un’azione congiunta sugli animali, con una progressiva immunizzazione soprattutto dei cani, e sugli uomini, promuovendo la vaccinazione pre e post-esposizione che in molti luoghi rappresenta un problema a causa dei costi del vaccino.
matteo.cavejari@sacrocuore.it