Morbo di Crohn e colite ulcerosa: incontro tra medici e pazienti

Sabato 3 ottobre il Centro di Formazione e solidarietà ospita un incontro promosso dal Centro multispecialistico malattie retto-intestinali e l’Associazione nazionale per le malattie croniche dell’intestino

Colpiscono in Italia dalle 150 alle 200mila persone, 2mila solo nel Veronese, con un’incidenza di circa 80 nuovi casi all’anno per milione di abitanti. Sono le malattie infiammatorie croniche – colite ulcerosa e Morbo di Crohn – patologie che si manifestano prevalentemente in età giovanile e creano difficoltà gravi nella vita quotidiana, nel lavoro e anche nelle relazioni affettive. Spesso gli invalidanti sintomi addominali (diarrea persistente) vengono sottovalutati per anni, mentre una diagnosi precoce è fondamentale per iniziare in tempi rapidi il trattamento con i farmaci biologici ed evitare le complicanze chirurgiche.

Sulle malattie infiammatorie croniche intestinali sabato 3 ottobre al Centro di formazione e solidarietà dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar si terrà l’annuale incontro dedicato ai pazienti e promosso dall’Associazione nazionale per le malattie croniche dell’intestino (Amici) e il Centro multispecialistico malattie retto-intestinali del nosocomio calabriano, diretto dal dottor Andrea Geccherle.

L’incontro, che ha inizio alle 9.30, vedrà gli interventi della dottoressa Manuela Fortuna, che parlerà dell’importanza dell’alimentazione in presenza di queste patologie. Sugli aspetti psicologi invece interverrà la dottoressa Eleonora Geccherle, che presenterà un’iniziativa dell’Associazione Amici: alcuni incontri per i soci con una psicologa dedicata per l’apprendimento di tecniche di rilassamento e di superamento dell’ansia provocata da queste malattie. Seguirà l’intervento della gastroenterologa Angela Variola e di Elena Tadiotto del Centro Stomizzati del Sacro Cuore Don Calabria.

Si stima che il 45% dei pazienti ha impiegato un tempo variabile da 1 a 10 anni per avere una diagnosi appropriata e il 22% più di 10 anni. Questo comporta un ritardo del trattamento con i farmaci biologici, in grado di controllare la malattie e in molti casi di portare alla guarigione. Ottenuti da processi biochimici e non da sintesi chimica, questi farmaci sono però molto costosi per il Servizio sanitario nazionale, e ancora poco diffusi in Italia. Sul loro utilizzo pesano i tagli sulle spese della Sanità e anche una nuova organizzazione territoriale delle terapie di questo tipo a livello nazionale.

Il Centro multispecialistico malattie retto-intestinali si avvale di un team di specialisti – dai chirurghi agli oculistici – per il trattamento delle complicanze su più organi e apparati che derivano dalla colite ulcerosa e dal morbo di Crohn. Il Centro ha in cura circa 800 pazienti, con un centinaio di nuovi casi all’anno.


Il paziente colpito da BPCO: corso di formazione

Dal 1 al 17 settembre si terrà un corso di formazione sui percorsi diagnostici terapeutici assistenziali al fine di ottimizzare la presa in carico dei pazienti colpiti da Brocopneumopatia cronico ostruttiva

Sono ancora aperte le iscrizioni per il corso “Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali: metodologia progettuale, definizione e formazione” per la gestione de pazienti colpiti da Broncopneumopatia cronica ostruttiva. Il corso si terrà dal 1 al 17 settembre nell’aula 1 del Centro di formazione del Sacro Cuore-Don Calabria ed è rivolto a medici, infermieri e assistenti sanitari non solo dell’ospedale di Negrar

Il corso si propone di fornire al personale conoscenze e competenze utili per la progettazione, definizione e implementazione di percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA) quali strumenti di gestione clinica per definire una migliore e ottimale sequenza di azione degli interventi rivolti a pazienti colpiti da BPCO. Gli obiettivi specifici sono quelli di: centrare l’assistenza sui bisogni complessi di salute dei pazienti; promuovere la continuità assistenziale; favorire l’integrazione tra gli operatori come équipe multidisciplinari; ridurre la variabilità clinica; diffondere la medicina basata sulle prove (EBM) ed utilizzare in modo congruo le risorse. Le lezioni affronteranno i temi dell’utilizzo delle informazioni collegate alla gestione per processi e alla progettazione di un sistema di monitoraggio e reporting,identificazione di specifici indicatori.

Ulteriori infornmazioni e iscrizioni: http://formazione.sacrocuore.it/Index.aspx


In prima linea contro la violenza sui minori

Al Sacro Cuore si è parlato dei sintomi che aiutano il personale sanitario a riconoscere casi di maltrattamento nei bambini più piccoli

Trauma cranico, fratture costali, ecchimosi sul collo o in altri punti “protetti” del corpo, ustioni, emorragia della retina. Ma anche racconti confusi da parte dei genitori, magari non coerenti con il reale quadro clinico del minore. Sono tanti i segnali che dovrebbero indurre particolare attenzione nel personale sanitario chiamato a soccorrere un bambino, specie se in tenera età. “Spie” di una possibile situazione di maltrattamento. Proprio questi segnali sono stati al centro di un incontro di formazione svoltosi il 22 giugno presso l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. L’appuntamento scientifico, promosso dal direttore del Dipartimento di Diagnostica per immagini, Giovanni Carbognin, ha visto la partecipazione di numerosi specialisti.

La prima parte è stata dedicata all’approfondimento della cosiddetta “sindrome da scuotimento”, ovvero una varietà di segni e sintomi, in bambini sotto l’anno di età, dovuti allo scuotimento o altri traumi, che possono portare alla rottura di vasi sanguigni del cervello e della retina.

In realtà, come emerso nell’intervento iniziale della dottoressa Barbara Parolini (Istituto Clinico Sant’Anna), nessuno in Italia sa esattamente quanti bambini piccoli vengano maltrattati. Infatti non risultano dati ufficiali né archivi omogenei su questo tema, almeno per quanto riguarda l’età compresa fra zero e tre anni. Eppure il maltrattamento è riconosciuto come la seconda causa di lesione o di morte entro i primi sei mesi di vita dei bambini, dopo la sindrome della morte in culla. Ed è la seconda causa di morte anche tra i bambini da 1 a 5 anni, dopo gli incidenti.

L’estrema difficoltà ad avere dati precisi deriva dal fatto che in molti casi è problematico accertare la violenza, proprio in ragione della tenera età della vittima, il che fa pensare che moltissimi casi restino sommersi. Tuttavia spesso ci sono dei segnali di maltrattamento ben riconoscibili soprattutto nel quadro clinico del bambino. E questo pone il personale sanitario in prima linea nella lotta al fenomeno, come sottolineato nel suo intervento dal direttore del Pronto Soccorso negrarese, dottor Maurizio Pozzani.

Si tratta di una grande responsabilità per medici e infermieri, tanto più che alcune ricerche condotte negli Stati Uniti attestano che il 20% dei bambini morti per maltrattamenti sono stati visti da personale sanitario nel mese precedente il decesso. Per quanto riguarda il Pronto Soccorso del Sacro Cuore, nel 2013 sono stati 3 i minori vittime di maltrattamento, su un totale di 27, mentre nel 2014 il numero è salito a 5 su un totale di 22. Sono stati invece undici i ragazzi con meno di 18 anni vittime di violenza assistita, cioè “spettatori” di maltrattamenti ai danni di familiari perpetrati da altri congiunti.

A seguire, la pediatra Carla Pizzini (Sacro Cuore Don Calabria) ha delineato un preciso inquadramento clinico dei casi di maltrattamento, ampliando il discorso alle varie forme di violenza riscontrabili a danno di bambini: maltrattamento fisico, trascuratezza, maltrattamento emotivo e psicologico, abusi sessuali. Giuliano Stramare, oculista dello stesso ospedale ha evidenziato come alcuni traumi oculari siano indicativi di violenza sui bambini, specie a seguito di scuotimento.

Particolarmente apprezzato è stato l’intervento del dottor Giulio Zuccoli, direttore della Neuroradiologia al Children Hospital di Pittsburgh (Usa), che ha aggiornato i presenti sulle più moderne tecniche radiologiche per individuare i segnali della sindrome del bambino maltrattato.

La seconda parte dell’incontro ha visto il contributo del neurochirurgo Carlo Mazza, seguito da una discussione sugli aspetti medico-legali e giurisprudenziali della questione, con interventi del medico legale Elisabetta Zaglia (Ulss 20) e del giudice del Tribunale di Verona, Sandro Sperandio. In particolare il magistrato ha sottolineato l’esigenza di una maggior collaborazione fra tutti gli attori coinvolti tale da far emergere i casi di violenza.


Gli impulsi elettrici alleati contro i tumori cutanei

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Una nuova metodica che coniuga l’uso di chemioterapici con impulsi elettrici ad alta intensità: il primo caso trattato al Sacro Cuore

Si parlerà di Elettrochemioterapia mercoledì 17 giugno, a partire dalle 14.45, al Centro di formazione dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria in un incontro organizzato dal Dipartimento di Oncologia, diretto dalla dottoressa Stefania Gori. Specialisti dell’ospedale di Negrar, ma anche provenienti da Pavia, Bologna e Milano, faranno il punto sull’attuale applicazione di questa metodica nell’ambito oncologico.

L’Elettrochemioterapia è una modalità di trattamento delle lesioni tumorali che si è sviluppata negli ultimi anni e si basa sull’applicazione locale di impulsi elettrici ad alta intensità e di breve durata, tali da rendere le cellule più permeabili alla chemioterapia. L’impiego attuale dell’Elettrochemioterapia è per tutte le lesioni cutanee o sottocutanee di qualsiasi tipo di tumore, per le quali è indicato un trattamento palliativo. In alcuni casi l’Elettrochemioterapia può essere effettuata allo scopo di ridurre le dimensioni del nodulo tumorale per consentire ulteriori cure, come ad esempio l’esportazione chirurgica.

All’ospedale di Negrar è stato trattato poche settimane fa il primo paziente affetto da carcinoma cutaneo del volto, precedentemente sottoposto a numerosi interventi chirurgici.

I farmaci utilizzati per l’Elettrochemioterapia sono la bleomicina ed il cisplatino, chemioterapici ad alta azione citotossica, cioè capaci di uccidere con grande efficacia le cellule cancerose, ma con scarsa capacità di entrare nel citoplasma della cellula: arrivano così in aiuto gli impulsi elettrici ad alto voltaggio, applicati localmente con una particolare macchina. I farmaci vengono somministrati per via endovenosa e l’intero trattamento avviene in anestesia.
Negli ultimi 15 anni sono stati condotti numerosi studi con l’Elettrochemioterapia, nell’ambito dei quali sono stati complessivamente trattati oltre 1000 noduli in 247 pazienti. Sono state trattate metastasi cutanee di diversi tumori, come i carcinomi squamosi della testa e del collo, il melanoma, il carcinoma basocellulare, il carcinoma mammario, il sarcoma di Kaposi e il carcinoma vescicale. In questi studi, l’elettrochemioterapia si è dimostrata un trattamento attivo, con un tasso di risposte compreso tra il 48 e il 100% dei noduli trattati. L’efficacia maggiore si ottiene nelle lesioni di dimensioni limitate, dove l’intera massa tumorale può essere adeguatamente sottoposta all’impulso elettrico. In alcuni casi il trattamento deve essere ripetuto.