Ottobre Rosa: l'IRCCS di Negrar e l'ANDOS insieme per le donne colpite dal tumore del seno
Periodicamente una volontarie dell’Associazione Nazionale Donne Operate al Seno sarà presente presso il reparto di Oncologia Medica per incontrare le donne colpite da tumore al seno, e in generale tutti i pazienti. Un sostegno e un aiuto anche per problemi di carattere pratico che la malattia porta con sè
Nella foto: da sinistra le oncologhe Monica Turazza e Stefania Gori, Wally Grandi, Maria Stella Laveneziana e Paola Schiro rispettivamente volontaria, presidente e vicepresidente dell’ANDOS Comitato di Verona
In occasione del mese di ottobre dedicato tradizionalmente alla prevenzione e alla diagnosi precoce del tumore alla mammella, l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria si accende di rosa e avvia la collaborazione con l’ANDOS- Associazione Nazionale Donne Operate al Seno (comitato di Verona): una volontaria sarà presente periodicamente presso l’Oncologia Medica (quinto piano dell’Ospedale Don Calabria) per incontrare le pazienti e offrire loro un supporto anche per la soluzione di problemi di vita pratica che porta con sé la malattia.
Sono più di mille le pazienti che transitano ogni anno dalla Breast Unit dell’Ospedale di Negrar composta da Oncologia Medica, Chirurgia Senologica, Radiologia, Radioterapia, Chirurgia Plastica, Genetica Medica, Anatomia Patologica e Biologia Molecolare, Medicina Nucleare e Riabilitazione.
“Per l’ANDOS di Verona è motivo di soddisfazione aggiungere alle realtà sanitarie in cui siamo già attive anche l’Ospedale di Negrar”, afferma la presidente Maria Stella Laveneziana accompagnata dalla vicepresidente Paola Schiro. “La nostra mission come organizzazione di volontariato è quella di essere fisicamente tra le donne – sottolinea – Innanzitutto per invitarle alla prevenzione, per accompagnarle e aiutarle sulle questioni pratiche, come per esempio i loro diritti di lavoratrici, durante il percorso di cura e successivamente nel periodo di follow-up”, prosegue. “Vorrei inoltre sottolineare che noi ci rivolgiamo anche agli uomini che sono affetti da patologia mammaria, sebbene i casi maschili di questo tumore in Italia siano una piccola parte, circa 600 su un totale di 52mila. Ed essendo quello dell’ANDOS un servizio per la popolazione, stiamo cercando di allargare il nostro contributo a tutti i pazienti, non solo a quelli con malattia oncologica. Noi crediamo fermamente che insieme è sempre meglio”.
“Con molto piacere iniziamo questa collaborazione con l’ANDOS, un’associazione storica da sempre impegnata a dare risposte alle pazienti con carcinoma mammario affinché possano affrontare in maniera più serena e adeguata il loro percorso di cura”, sottolinea la dottoressa Stefania Gori direttrice del Dipartimento Oncologico e dell’Oncologia Medica di Negrar. “Auspichiamo che questa collaborazione sia la prima di tante altre: le associazioni dei pazienti sono molto importanti perché con il loro impegno rendono consapevoli i pazienti stessi delle loro esigenze e delle modalità attraverso le quali possono soddisfarle”.
La prima volontaria ANDOS che ha “preso servizio” presso l’Oncologia Medica è la signora Wally Grandi, che lo scorso mercoledì ha incontrato le pazienti nell’area relax del reparto. “Sono una fisioterapista in pensione – racconta – Nel mio lavoro, mi sono sempre occupata di donne operate al seno, trattando per esempio le complicanze chirurgiche come il linfedema. Ora metto a disposizione come volontaria le mie conoscenze a chi ne ha bisogno”.
L’ANDOS offre alle associate (sono circa 600 quelle a Verona) un ampio ventaglio di opportunità. Come il “Progetto benessere” con la possibilità di avere un contributo per l’acquisto della parrucca o del bracciale elastocompressivo per il trattamento del linfedema. Oppure iniziative anche di svago come le proposte culturali. Inoltre nella sede di via Santa Chiara 14 a Verona è disponibile un medico legale per la domanda di invalidità, per l’ottenimento dei benefici della legge 104 o per avere informazioni sui diritti del paziente oncologico in ambito lavorativo. “Sul fronte della prevenzione, grazie alla disponibilità delle strutture sanitarie, tra cui l’IRCCS di Negrar, durante l’Ottobre rosa offriamo la possibilità di prenotare presso i nostri gazebo esami mammografici con l’impegnativa medica”.
Nuova ricerca del prof. Targher sulla malattia epatica steatosica associata a disfunzione metabolica (MASLD)
Il professor Giovanni Targher, direttore dell’UOC di Malattie del Metabolismo dell’IRCCS di Negrar, è primo autore di una review sulla steatosi epatica a genesi dismetabolica (Metabolic Dysfunction-associated Steatotic Liver Disease, MASLD) pubblicata recentemente dal New England Journal of Medicine. La MASLD è la malattia del fegato più diffusa al mondo e la sua diffusione è destinata ad aumentare nei prossimi anni. Ecco di cosa si tratta e le terapie per curarla.
New England Journal of Medicine, una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, ha pubblicato recentemente una rassegna (review) sulla steatosi epatica a genesi dismetabolica (nota con il termine inglese di Metabolic Dysfunction-associated Steatotic Liver Disease, MASLD), la malattia cronica del fegato più diffusa al mondo.
Lo studio porta la firma di Giovanni Targher, professore ordinario di Endocrinologia del Dipartimento di Medicina e Direttore della Scuola di Specializzazione in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo dell’Università di Verona, e direttore dell’UOC di Malattie Metaboliche dell’IRCCS di Negrar. Targher è primo autore e autore corrispondente della pubblicazione, insieme a Luca Valenti dell’Università di Milano e Christopher D. Byrne dell’Università di Southampton (Regno Unito).
La Masld colpisce oltre un terzo della popolazione adulta mondiale e, secondo le stime, la sua frequenza è destinata ad aumentare nei prossimi anni, trainata dall’incremento di obesità, diabete e sindrome metabolica. In Italia si calcola che circa un adulto su cinque sia già interessato dalla patologia, con un impatto economico stimato in 7,7 miliardi di euro annui. Nei pazienti con diabete di tipo 2, la prevalenza può superare il 60%.
La review fornisce un quadro aggiornato su epidemiologia, diagnosi, prognosi e trattamento della Masld, sottolineando come la malattia non solo aumenti il rischio di cirrosi, insufficienza epatica ed epatocarcinoma, ma rappresenti anche un importante fattore di rischio sistemico per complicanze cardiometaboliche, tra cui infarto miocardico acuto, scompenso cardiaco, insufficienza renale cronica e diabete di tipo 2, oltre che per lo sviluppo di altre neoplasie extraepatiche, come il cancro del colon e della mammella.
“La Masld rappresenta la più comune epatopatia cronica al mondo e la sua diffusione è destinata a crescere ulteriormente – spiega il professor Targher –. È una patologia che richiede grande attenzione da parte della comunità scientifica e clinica, perché coinvolge milioni di persone e ha ricadute importanti sulla salute pubblica”.
Prof. Targher quali sono i sintomi di questa patologia?
Purtroppo la MASLD è spesso asintomatica. Quando i sintomi si manifestano possono includere affaticamento e fastidio o dolenzia nella parte superiore destra dell’addome. In alcuni casi, si può notare un aumento del volume del fegato (epatomegalia).
Come viene effettuata la diagnosi?
La diagnosi della MASLD si basa sulla combinazione di fattori di rischio cardiometabolico (come obesità, diabete tipo 2, ipertensione arteriosa e dislipidemia), l’evidenza di steatosi epatica (accumulo di grasso nel fegato) attraverso esami di imaging come l’ecografia epatica, e l’esclusione di altre cause di steatosi epatica, quali l’eccessivo consumo di alcol e altre epatopatie.
Come viene curata?
La terapia della MASLD è un approccio multimodale che include interventi sullo stile di vita come il controllo del peso e una dieta sana, oltre a farmaci specifici. In particolare, due farmaci, il Resmetirom e la Semaglutide, sono stati recentemente approvati per il trattamento della steatoepatite (la forma infiammatoria della MASLD) negli USA ed Europa, agendo sulla riduzione di lipidi nel fegato.
Non succedeva da tempo all'IRCCS di Negrar: nascita di due gemellini con parto naturale
Un parto gemellare naturale non capita spesso, perché è possibile solo in determinate condizioni, ma presenta sempre dei vantaggi rispetto al cesareo. Noemi e Noah, questi i nomi dei due gemellni stanno bene, ed è in piena forma anche la mamma Mariana, che è stata seguita fin dall’inizio della gravidanza dall’Ambulatorio Gemelli. L’evento ha richiesto un’équipe numerosa per garantire la sicurezza della mamma e dei bambini
Nella notte tra martedì 24 e mercoledì 25 settembre la cicogna all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria ha fatto gli straordinari. Era da tempo che nel reparto di Ginecologia e Ostetricia, diretto dal dottor Marcello Ceccaroni, non si assisteva a un parto gemellare per via naturale.
Dopo una gravidanza a termine e più di 5 ore di travaglio, alle 2.40 del 25 settembre è nata Noemi di 2 chili e 250 grammi, seguita 10 minuti dopo dal fratellino Noah, di 2 chili e 700 grammi. Entrambi stanno bene, tanto che non si è reso necessario alcun supporto respiratorio e dormono indisturbati stretti uno all’altra, come nel grembo materno, accanto al letto della mamma.
Anche lei, la signora Mariana Ghemis, 29 anni, è in buona forma: a poche ore dal lieto evento si muove in tutta agilità, stupendo perfino il personale sanitario che l’ha assistita durante la notte. Papà Gregorii Poghirca, 36 anni, al momento della foto di rito era tornato nella loro casa di Borgo Roma per accudire gli altri due figli, Andreea di 6 anni, e Leonardo di 2 e mezzo. La famiglia è di origine moldava con cittadinanza rumena e sono a Verona dal 2016.
“Sono bellissimi”, afferma con orgoglio mamma Mariana guardando i suoi bimbi. che indossano due completini realizzati a mano dall’associazione “Mani di mamma“. “E’ andato tutto bene e anche in tempi abbastanza rapidi. Ringrazio tutti coloro che erano con me durante la notte, in particolare le ostetriche che non mi hanno mai lasciato nemmeno per un momento”.
“La signora è stata seguita fin dall’inizio della gravidanza nel nostro “Ambulatorio Gemelli” ed ha manifestato da subito il desiderio, se non ci fossero state controindicazioni, di avere un parto vaginale e non cesareo, come per i figli precedenti”, spiega la dottoressa Alessandra Ghidini, responsabile dell’Ostetricia, che ha assistito Mariana durante le nascite insieme al collega Francesco Cracco.
Il lieto evento ha richiesto una numerosa équipe per la sicurezza della mamma e dei bambini. Oltre ai due ginecologi, erano presenti le ostetriche Giorgia Baietta, Nicole Marconi, Chiara Renoffio e Claudia Rossi. Sono anche intervenuti il dottor Paolo Bonetti, direttore della Pediatria, e la collega Erica Dal Bon, l’anestesista Enrico Mantovani con l’infermiera Cristina Sona e l’operatrice del nido Cristina Aggio.
“Il parto naturale anche quando ci sono dei gemelli presenta vantaggi rispetto a quello cesareo, in termini di ripresa più rapida, con meno rischi di infezioni e di perdita di sangue. Il cesareo è a tutti gli effetti un intervento chirurgico”, prosegue la dottoressa Ghidini. “Tuttavia non è sempre possibile, ma solo in determinate condizioni. Innanzitutto quando durante il travaglio non sorgono particolari complicanze e il primo bambino sia in posizione cefalica. Se anche il secondo gemello si presenta a testa in giù o può essere ruotato in posizione favorevole, si può procedere per via vaginale, altrimenti si interviene con il cesareo. Fondamentale inoltre è che la futura mamma sia molto motivata, come è stata Mariana, perché la fatica, non trascurabile, è doppia”, conclude la dottoressa Ghidini.
Alleanza Contro il Cancro: record di presenze per il Meeting organizzato con l'IRCCS di Negrar

Si è tenuto da 18 al 20 settembre alla Camera di Commercio uno degli appuntamenti più rilevanti del panorama dell’oncologia nazionale ed internazionale. Un evento dai grandi numeri: oltre 500 gli iscritti al meeting; più di un centinaio i relatori; 300 gli abstract di lavori scientifici che saranno presentati, un numero mai raggiunto nelle scorse edizioni. Durante la tre giorni gli esperti hanno fatto il punto sullo sviluppo di nuove strategie integrate tra ricerca e applicazioni tecnologiche avanzate con l’obiettivo di aprire una nuova stagione nella cura dei tumori.
Dal 18 al 20 settembre si è tenuto alla Camera di Commercio il decimo Annual Meeting di Alleanza contro il Cancro (ACC), la rete di ricerca sui tumori del Ministero della Salute. Si tratta uno degli appuntamenti più rilevanti del panorama dell’oncologia nazionale ed internazionale in quanto al network aderiscono 27 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e l’Istituto Superiore della Sanità. Tradotta in numeri questa rete comprende 9.400 ricercatori, 6.600 pubblicazioni, 237mila ricoveri oncologici all’anno e 5.500 studi clinici attivi (vedi interviste e video in fondo a questo articolo).
PARTECIPAZIONE SENZA PRECEDENTI
La tre giorni è stata organizzata quest’anno in collaborazione con l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, membro del network dal 2021, e la presidenza è stata affidata alla dottoressa Stefania Gori, direttore dell’Oncologia Medica e del Dipartimento Oncologico dell’Ospedale di Negrar.
“L’edizione scaligera si è distinta da una partecipazione senza precedenti: oltre 500 gli iscritti al meeting; più di un centinaio i relatori, provenienti dai maggiori Istituti oncologici italiani e dall’estero; infine sono stati 300 gli abstract di lavori scientifici che sono stati presentati dai ricercatori, un numero mai raggiunto nelle scorse edizioni”, è il bilancio della dottoressa Gori.
NTERVENTI SCIENTIFICI SU TUTTI GLI AMBITI ONCOLOGICI
L’incontro ha fatto il punto sullo sviluppo di nuove strategie integrate tra ricerca traslazionale, trial clinici e applicazioni tecnologiche avanzate, con l’obiettivo di aprire una nuova stagione nella cura dei tumori. Il programma comprendeva lectio magistralis, sessioni plenarie e parallele dedicate ai principali ambiti oncologici (mammella, polmone, ovaio e altri), con focus su immunoterapia, microbiota e oncologia di precisione, cioè trattamenti, non più standard, ma personalizzati per ogni paziente in base alle specifiche caratteristiche molecolari e genetiche del suo tumore.
SESSIONI SPECIALI SU NUOVE TECNOLOGIE E VACCINI E CANCRO
Tra le sessioni speciali si è distinta quella su “New Technologies in cancer treatment, con le relazioni del professor Filippo Alongi, direttore del Dipartimento di Radioterapia Oncologica dell’IRCCS di Negrar sulle nuove frontiere della Radioterapia, e del professor Stefano Fanti, direttore della Medicina Nucleare del Sant’Orsola di Bologna che ha parlato dei nuovi radiofarmaci terapeutici per il tumore della prostata. Un’altra sessione speciale è stata dedicata a “Vaccines and Cancer”, moderata dalla dottoressa Gori e dal prof. Federico Gobbi, direttore scientifico dell’IRCCS di Negrar e primario del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali. Sono intervenuti: il dottor Alessandro Inno e la dottoressa Chiara Piubelli, rispettivamente oncologo e responsabile della ricerca biomedica del Sacro Cuore Don Calabria; la dottoressa Angioletta Lasagna, oncologa della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia.
ACC: LA RETE PER TRASFORMARE LA CONOSCENZA IN CURA
“Alleanza contro il Cancro è nata per trasformare conoscenza in cura, facendo da ponte tra pazienti, ricerca e istituzioni. Oggi quel ponte è diventato un’infrastruttura che si estende dall’Italia al mondo”, ha detto il Presidente di ACC, Ruggero De Maria, aprendo i lavori e ribandendo il ruolo internazionale della Rete.
“Il nostro obiettivo è che l’Italia, attraverso Alleanza contro il Cancro, diventi il cuore di una strategia europea e globale sull’oncologia di precisione, portando i pazienti dentro l’agenda delle istituzioni internazionali”.
I SALUTI DA PARTE DEL MINISTERO E DEL PRESIDENTE ZAIA
Alla cerimonia di inaugurazione è intervenuta, tramite video-messaggio, Maria Rosaria Campitello, Capo Dipartimento della Prevenzione del Ministero della Salute secondo la quale “il contrasto alle neoplasie richiede un approccio integrato che unisca prevenzione, ricerca, innovazione tecnologica, formazione continua e soprattutto il trasferimento rapido della conoscenza scientifica in percorsi di cura efficaci. ACC ha guidato quattro progetti di rilievo finanziati con 10 milioni di euro, sviluppando piattaforme clinico-scientifiche di oncologia di precisione e raccogliendo dati fondamentali di analisi molecolari – ha aggiunto – Sono risultati che hanno già rafforzato la capacità di diagnosi tempestive e terapie personalizzate”.
La lotta contro le neoplasie come impegno collettivo era al centro del messaggio del Presidente della Regione, Luca Zaia: “Si tratta di una missione che coinvolge tutti senza alcuna distinzione. Ed è proprio da questa consapevolezza diffusa che emerge per le Istituzioni l’obbligo di rispondere alla chiamata dei cittadini, mostrando senso di responsabilità, mettendo in atto azioni concrete per accelerare la ricerca scientifica e, di fatto, consegnare ai pazienti coinvolti un iter di guarigione che possa avvalersi delle migliori tecnologie disponibili. Permettetemi inoltre di rammentare l’impegno assunto dalla Regione del Veneto in materia di ricerca scientifica e supporto all’ambito oncologico. Impegno che anche l’IRCCS di Negrar ha fatto proprio in modo rilevante in questi anni”.
Sono seguiti poi gli interventi di Paola Poli, consigliera del Comune di Verona, Pola Poli, che ha portato i saluti del sindaco Damiano Tommasi, del professor Michele Milella, direttore del Dipartimento di Ingegneria per la Medicina di Innovazione dell’Università di Verona, in rappresentanza del Pierfrancesco Nocini, e dell’amministratore delegato dell’IRCCS di Negrar, Claudio Cracco.
GRAZIE ALLA RICERCA IN ITALIA QUASI QUATTRO MILIONI DI PERSONE VIVE NONOSTANTE UNA DIAGNOSI DI CANCRO
«Sono 3,7 milioni le persone che in Italia oggi vive nonostante una diagnosi di tumore, con un incremento dell’1,5% nell’ultimo decennio. Diminuisce anche la mortalità fra i giovani adulti”, ha detto la dottoressa Gori a margine del meeting per sottolineare quanto i progressi della ricerca abbiano cambiato la storia dei pazienti oncologici. “Di fatto, oggi, la metà di coloro a cui viene diagnosticato un cancro guarisce, con punte del 90% per il tumore della mammella e della prostata in fase iniziale, ma si registrano lunghissime sopravvivenze anche in molte forme metastatiche. Obiettivi impensati fino a pochi anni fa, ma resi possibili soprattutto grazie allo sviluppo della ricerca: l’ampliamento delle conoscenze sulle caratteristiche genomiche di ogni neoplasia ha consentito di mettere a punto farmaci innovativi e trattamenti personalizzati sempre più efficaci anche nella fase avanzata della malattia».
ONCOLOGIA DI PRECISIONE: LO STUDIO BE-ROME
Il Meeting di ACC si è concluso con la lectio magistralis del professor Paolo Marchetti, direttore scientifico dell’IDI dell’Immacolata di Roma che ha presentato lo studio BE-ROME. L’oncologia di precisione già nello studio ROME (in corso di pubblicazione) ha evidenziato come una terapia antitumorale personalizzata possa determinare, in pazienti con malattia oncologica metastatica pretrattati, un vantaggio rispetto alla terapia standard. Vantaggi in termini di riduzione della massa tumorale e di aumentata sopravvivenza senza progressione. il trial BE-ROME, che coinvolgerà oltre 70 centri oncologici italiani e 5.000 pazienti e che valuterà in maniera ancor più approfondita l’utilizzo di una terapia personalizzata per ogni malato, in base alle caratteristiche genomiche del tumore e alla decisione di un gruppo di esperti (Molecular Tumor Board).
L’Annual Meeting di ACC del prossimo anno si terrà a Napoli all’Università Partenope. “Continueremo a discutere sui nuovi risultati della ricerca e come questi possano garantire nuove opportunità di cura ai nostri pazienti oncologici”, ha detto il dott. Alfredo Budillon, direttore scientifico della Fondazione Pascale. “Questi risultati sono in particolare le nuove tecnologie della biologia molecolare per una diagnosi sempre più precoce del tumore e una terapia sempre più personalizzata. Ma anche nuovi farmaci soprattutto per quelle neoplasie che attualmente sono difficili da curare”.
Anche la pet therapy con gli asini è prendersi cura del malato di Alzheimer e della sua famiglia
In occasione della Giornata mondiale contro l’Alzheimer, che ricorre il 21 settembre, vi presentiamo il progetto pilota di pet therapy con gli asini che in autunno sarà inserito tra le iniziative dell’Officina della Memoria. Iniziative rivolte alle persone con demenza e alle loro famiglie e proposte dal Centro per i disturbi cognitivi e le demenze della Neurologia dell’ IRCCS Sacro Cuore Don Calabria.
Si chiama onoterapia, ed è la pet therapy con gli asini, animali derubricati da sempre a simbolo di poca intelligenza, contrariamente alla loro vera natura. Sono infatti quadrupedi molto sensibili e capaci di percepire il disagio o il benessere delle persone che si occupano di loro, sono capaci di far comprendere i propri bisogni e sanno creare canali comunicativi non verbali di incredibile efficacia. Compagni di viaggio ideali per le persone che soffrono di malattia di Alzheimer, di cui il 21 settembre si celebra la Giornata mondiale.
Non a caso il Centro per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD) della Neurologia dell’IRCCS di Negrar, diretta dal dottor Fabio Marchioretto, la scorsa primavera ha stretto una collaborazione con la Cooperativa Onlus “La Città degli Asini”, ente specializzato in interventi assistiti con gli asini, con l’idea di creare occasioni di incontro e partecipazione al di fuori degli ambienti terapeutici abituali. “Per essere vicino alle famiglie con congiunti affetti da demenza occorre anche serenità e leggerezza. La condivisione di esperienze in gruppo è parte integrante del progetto di cura, inteso come “prendersi cura”, sottolinea la dottoressa Zaira Esposito, responsabile del CDCD. .
Nel mese di aprile e maggio sono state organizzate delle gite di gruppo con pazienti e loro familiari per far visita agli animali nel loro contesto naturale. I gruppi sono stati accolti da 3 asini e una decina di grossi conigli che, con l’aiuto delle brave coadiutrici, si sono lasciati accarezzare, pettinare, sfamare con spuntini a base di sedano, carote e finocchi preparati dai pazienti, in un clima di serenità e spontaneità. Ognuno ha partecipato secondo i propri desideri del momento e inclinazioni: chi ha trovato gusto nel tagliare le verdure, chi nello spazzolare il pelo dell’asino, chi nel condurlo per qualche tratto del recinto, chi ha solo osservato e chi non voleva più andare via.
Le due mattinate si sono concluse con una merenda insieme e la volontà da parte di tutti di ripetere l’esperienza. Il ricordo, che spesso è labile e sfuggente per le persone affette da demenza, è rimasto anche a distanza di settimane, con tanto di resoconti scritti e disegni.
La onoterapia è un’attività semplice, ma di provata efficacia, in termini cognitivi, emotivi e relazionali e verrà inclusa nelle iniziative dell’Officina della Memoria, un progetto attivo da una decina di anni che vede la collaborazione di più figure professionali: le neurologhe Zaira Esposito e Federica Vit con le psicologhe Cristina Baroni e Cecilia Delaini del CDCD, con l’apporto dei fisioterapisti della palestra riabilitativa del Centro Diagnostico Terapeutico di via S. Marco, a Verona. I gruppi attivi sono cinque dedicati a pazienti con diagnosi confermata di decadimento cognitivo, o con disturbo cognitivo soggettivo ma non comprovato dalle indagini diagnostiche, ma che possono beneficiare di esercizi mirati in un’ottica “preventiva”.
Per informazioni sui vari percorsi si può inviare un e-mail a: officinadellamemoria@sarocuore.it o chiamando il numero 045.6013775 (dal lunedì al giovedì alla mattina).
"Cure sicure per ogni neonato e ogni bambino": anche l'IRCCS di Negrar si illumina di arancione
Mercoledì 17 settembre si celebra la settima Giornata Mondiale della Sicurezza del Paziente, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dedicata quest’anno ai pazienti più piccoli. Anche l’IRCCS di Negrar aderisce alla giornata con la distribuzione di materiale per sensibilizzare genitori, personale sanitario, educatori e caregiver e con la realizzazione di un video informativo sulle manovre di emergenza da eseguire per la disostruzione delle vie aeree in età pediatrica.
Si illumina di arancione la facciata della palazzina d’ingresso dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria. A partire dalla sera di martedì 16 settembre, e nelle due sere successive, la luce colorata servirà a sottolineare che il 17 settembre ricorre la settima Giornata Mondiale della sicurezza del paziente, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dedicata quest’anno ai pazienti più piccoli con il tema “Cure sicure per ogni neonato e ogni bambino” (vedi sito dedicato).
Con lo slogan “Patient safety from the start!” (la sicurezza del paziente fin dall’inizio), l’OMS intende invitare i genitori, i caregiver, gli operatori sanitari, i leader sanitari, gli educatori e le comunità a unirsi in azioni atte a prevenire danni evitabili nelle cure pediatriche e neonatali. Danni che possono risultare particolarmente gravi nei piccoli pazienti in quanto rischiano di avere conseguenze sulla loro salute lungo tutta la vita. Tanti sono gli ambiti nei quali va prestata attenzione a livello globale per raggiungere questi obiettivi, come il parto sicuro e le cure postnatali, la sicurezza dei farmaci, la sicurezza diagnostica, la sicurezza delle vaccinazioni, la prevenzione delle infezioni, la capacità di riconoscere segnali di allarme e intervenire correttamente.
Anche l’ospedale di Negrar aderisce alla Giornata, non solo colorandosi di arancione ma attraverso la traduzione e divulgazione di materiale informativo dell’OMS rivolto a famiglie, operatori sanitari, educatori e agli stessi piccoli pazienti (nella foto qui sotto l’equipe della direzione sanitaria, Pediatria e Ostetricia che ha organizzato le iniziative).
Proprio la sensibilizzazione e la corretta informazione di tutti coloro che si prendono cura dei bambini sono fondamentali per comprendere tempestivamente eventuali problemi di salute e per evitare comportamenti scorretti o errori che, soprattutto nel caso dei più giovani, possono pregiudicare il loro futuro. Il materiale verrà distribuito presso i reparti di Pediatria/Ostetricia-Ginecologia, i Poliambulatori, l’area dei Pre-ricoveri, l’ORL e l’ingresso generale dell’ospedale.
Oltre all’impegno divulgativo, l’ospedale ha realizzato un video nel quale il dottor Paolo Bonetti, direttore della Pediatria, spiega le manovre da praticare per disostruire le vie aeree di un lattante o di un bambino a seguito dell’ingerimento di un corpo estraneo. Si tratta di un evento piuttosto frequente, soprattutto nell’età che va dai 6 mesi ai due anni quando i piccoli iniziano a muoversi autonomamente e ad esplorare il mondo. “Fare in modo che l’ambiente in cui i bambini svolgono le loro attività sia un ambiente sicuro è una grande responsabilità degli adulti – afferma il dottor Bonetti – così come saper intervenire in caso di pericolo con alcuni semplici gesti che possono fare la differenza e davvero salvare la vita”.
In accordo con la Regione Veneto, sia il video sia i poster tradotti in italiano sono stati messi a disposizione di tutte le strutture sanitarie regionali per la Giornata del 17 settembre.
Campagna di prevenzione dermatologica rivolta alle persone con fattori di rischio
“Non fare tardi” è il titolo della campagna di screening dermatologico dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria che prenderà il via il prossimo mese di ottobre, ma a cui si può aderire già da oggi, 15 settembre. L’iniziativa, senza scopo di lucro, è promossa da Pietro Lazzarini e dalla sua famiglia ed è rivolta a uomini e donne dai 18 ai 55 anni con fattori di rischio. Ecco perché e come aderire
“Non fare tardi” è il titolo della campagna di screening dermatologico dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria che prenderà il via il prossimo mese di ottobre, ma a cui si può aderire già da oggi, 15 settembre. L’iniziativa, senza scopo di lucro, è promossa da Pietro Lazzarini e dalla sua famiglia ed è rivolta a uomini e donne dai 18 ai 55 anni con fattori di rischio.
Le visite dermatologiche si terranno al Centro Diagnostico Terapeutico di via San Marco 121 – sede di Verona dell’Ospedale di Negrar – e saranno effettuate dalla dottoressa Federica Tomelleri, responsabile del Servizio di Dermatologia, e dalle colleghe dottoresse Federica Arginelli, Ilaria Coati, Silvia Medri e Silvia Pugliarello.
Per aderire alla campagna è sufficiente cliccare QUI e compilare il modulo di candidatura. La disponibilità è soggetta ad esaurimento.
“La prevenzione è la prima arma di cui noi disponiamo per combattere le malattie – spiega la dottoressa Tomelleri – Più precoce è la diagnosi, maggiori sono le possibilità di guarigione. Anche nell’ambito delle patologie oncologiche della pelle. Un nevo nuovo o già esistente che si trasforma nel colore e nella forma o una macchia che persiste meritano sempre una valutazione perché possono essere nulla, ma anche l’esordio del tumore più temibile della pelle, cioè il melanoma. Ricordiamo che se questo tumore viene diagnosticato precocemente ha una percentuale di guarigione di oltre il 90%.”.
Il melanoma è attualmente in Italia il terzo tumore più frequente in entrambi i sessi al di sotto dei 50 anni di età. In 20 anni i casi sono passati da 6mila nel 2004 a 15mila degli ultimi anni, con una crescita del 250% (dati Fondazione Melanoma).
“Le cause sono molteplici, ma prevale, soprattutto fra le fasce di età più giovani, la scarsa attenzione alla prevenzione (visite dermatologiche periodiche) e la poca adesione alle semplici regole per proteggere la pelle dai raggi UV: l’impiego di creme solari e di evitare di esporsi nelle ore di maggiore irraggiamento solare”, sottolinea la dottoressa Tomelleri.
Le persone più a rischio di contrarre il melanoma sono quelle con pelle, occhi e capelli chiari (fototipi I e II) perché più esposte a scottature solari; coloro che hanno familiari di primo grado a cui è stato diagnosticato un melanoma o altri tumori; soggetti con una storia di frequente di esposizione solare o uso di lettini abbronzanti.
Insufficienza mitralica: quando non è possibile l'intervento interviene la "clip"
Nelle scorse settimane l’équipe di Cardiologia, diretta dal dottor Giulio Molon, ha eseguito le prime due procedure per il trattamento non chirurgico dell’insufficienza della valvola mitralica. Si tratta della “Clip mitralica”, un intervento mini-invasivo indicato per i pazienti che, per età e/o per patologie concomitanti, non possono essere sottoposti alla sostituzione o alla riparazione cardiochirurgica della valvola.
Nelle scorse settimane l’équipe di Cardiologia, diretta dal dottor Giulio Molon, ha eseguito le prime due procedure per il trattamento non chirurgico dell’insufficienza della valvola mitralica. Si tratta della “Clip mitralica”, un intervento mini-invasivo indicato per i pazienti che, per età e/o per patologie concomitanti, non possono essere sottoposti alla sostituzione o alla riparazione cardiochirurgica della valvola. Un’opzione terapeutica che consente a soggetti con insufficienza mitralica e scompenso cardiaco cronico grave di migliorare i propri sintomi, evitando episodi di riacutizzazione dello scompenso che incidono pesantemente sulla qualità di vita, peggiorandone la prognosi. I primi due pazienti sottoposti alla metodica sono stati un uomo e una donna ultraottantenni; a settembre sono in programma altri due interventi.
La procedura ha richiesto una lavoro di squadra, con la presenza in sala di cardiologi emodinamisti (la dr.ssa Esther Campopiano ed il dr. Paolo Tosi), elettrofisiologi (il dr. Molon) ed ecocardiografisti (la dr.ssa Laura Lanzoni ed il dr. Andrea Chiampan) che hanno sostenuto una formazione specifica finalizzata all’esecuzione di questa metodica.
“La valvola mitrale è quella valvola cardiaca che si trova tra l’atrio e il ventricolo sinistro. La sua funzione è di aprirsi per permettere al sangue ossigenato proveniente dai polmoni di fluire dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro e da lì all’aorta; la sua chiusura impedisce al flusso sanguigno di ritornare all’indietro durante la contrazione ventricolare”, spiega il dottor Molon. “Quando per motivi funzionali o strutturali questa chiusura è compromessa si parla di insufficienza mitralica – sottolinea -. L’obiettivo della “Clip mitrale” è proprio quello di ridurre l’insufficienza della valvola, e quindi riportarla alla sua funzione, ‘clippando’ i due lembi”.
La procedura si esegue con il paziente in anestesia generale e sotto guida ecocardiografica transesofagea. “La qualità delle immagini è fondamentale per la precisione dell’intervento – sottolinea Molon – Attraverso un accesso venoso femorale si giunge, pungendo il setto interatriale, in atrio sinistro e quindi alla valvola mitrale per l’applicazione della clip. Se non ci sono complicazioni, il paziente viene dimesso il giorno dopo”.
Si stima che l’insufficienza mitralica colpisca 1,7% della popolazione generale con aumento significativo dell’incidenza con l’età, superando il 5% dopo i 65 anni. È la seconda più frequente patologia valvolare nei Paesi occidentali, subito dopo la stenosi aortica. A causa della congestione del circolo polmonare e la ridotta gittata di sangue nell’aorta, l’insufficienza mitralica si manifesta soprattutto con difficoltà respiratorie (dispnea), polmoni congesti (edema), impossibilità di dormire sdraiati per una sensazione di soffocamento o di effettuare sforzi anche modesti come salire solo due gradini. Essa è causata principalmente da malattie degenerative della valvola, da esiti infartuali, da endocarditi o dal malfunzionamento del ventricolo sinistro. Un’altra causa è la rottura delle corde tendinee, cioè i filamenti di tessuto connettivo che forniscono il supporto necessario per la chiusura e l’apertura della valvola.
“La sostituzione o la riparazione chirurgica resta sempre il gold standard per il trattamento dell’insufficienza mitralica – rileva il dottor Molon – Ma quando l’intervento non è praticabile o si presenta a rischio elevato, la “Clip mitralica” restituisce qualità di vita a pazienti altrimenti destinati a continui accessi al pronto soccorso e ospedalizzazioni per episodi acuti di scompenso cardiaco sempre più ravvicinati. Episodi che, anche se risolti farmacologicamente, restituiscono un soggetto sempre più debilitato”.
Conto alla rovescia per il meeting annuale di Alleanza Contro il Cancro
La decima edizione del meeting annuale di Alleanza Contro il Cancro, in programma a Verona dal 18 al 20 settembre, sarà da record per il numero di contributi scientifici. Sono infatti 288 gli abstract inviati dai ricercatori per essere presentati all’incontro, numero mai raggiunto in precedenza. L’organizzazione dell’evento è a cura dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar.
Conto alla rovescia per il meeting annuale di Alleanza Contro il Cancro (ACC), la rete degli IRCCS oncologici sostenuta dal Ministero della Salute, che quest’anno si terrà a Verona dal 18 al 20 settembre e vedrà come presidente del congresso la dottoressa Stefania Gori, direttore del Dipartimento oncologico del “Sacro Cuore Don Calabria”, IRCCS a cui è stata affidata l’organizzazione dell’evento (clicca per il programma).
Durante la tre giorni, presso la Camera di Commercio, un centinaio di relatori provenienti dai maggiori centri oncologici d’Italia e qualificate presenze dall’estero faranno il punto sulle nuove tecnologie e strategie nella lotta contro il cancro.
Il congresso in terra scaligera, il decimo nella storia di ACC, registra già un record: sono 288 i contributi scientifici (abstract) inviati dai ricercatori per essere presentati al meeting, numero mai raggiunto nelle scorse nove edizioni.
Alleanza Contro il Cancro, presieduta da Ruggero De Maria, Professore Ordinario e Direttore dell’Istituto di Patologia Generale dell’Università Cattolica di Roma, è il più grande network italiano di ricerca oncologica, al quale aderiscono 27 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e l’Istituto Superiore della Sanità, che a Roma ne ospita gli uffici.
“L’IRCCS di Negrar, che fa parte di questa rete dal 2021, è uno dei pochi Istituti di ricovero e Cura a Carattere scientifico non oncologici presenti in ACC- afferma la dottoressa Gori- e la sua adesione è stata possibile in quanto il “Sacro Cuore Don Calabria” risponde a tutti i requisiti richiesti agli IRCCS che si occupano esclusivamente di tumori: dall’attività di ricovero alla dotazione tecnologica, dalla ricerca alle pubblicazioni scientifiche”.
Tradotto in numeri, la rete di Alleanza contro il Cancro comprende 9.400 ricercatori, 6.600 pubblicazioni, 237mila ricoveri all’anno e 5.500 studi clinici attivi. Attualmente sono 14 i progetti nazionali ed internazionali in corso su cui stanno lavorando i professionisti che collaborano con ACC. “ L’intento è di portare l’innovazione tecnologica, organizzativa, diagnostica e terapeutica dalla ricerca di base alla pratica clinica-continua la dottoressa Gori- migliorando e uniformando il livello di assistenza dei pazienti oncologici su tutto il territorio nazionale”.
Il meeting annuale di ACC rappresenta uno dei più rilevanti appuntamenti scientifici dell’Oncologia italiana durante il quale ricercatori provenienti da tutta Italia e anche dall’estero si confrontano sull’avanzamento della ricerca nella lotta contro i tumori . “Quest’anno, a differenza delle precedenti edizioni- afferma la dottoressa Gori- sono numerosi anche gli interventi di oncologi clinici, a dimostrazione della sempre più stretta collaborazione tra ricerca e pratica clinica finalizzata alla migliore gestione del paziente. Identificare le caratteristiche molecolari di ogni tumore permette infatti oggi di prescrivere terapie personalizzate che, in molti casi, determinano lunghissime sopravvivenze anche in pazienti con malattia metastatica.
Inoltre verrà dato ampio spazio ai giovani ricercatori che potranno presentare i risultati della ricerca effettuata negli IRCCS di Alleanza Contro il Cancro”.
West Nile: infezioni in linea con le estati precedenti, non è in atto un'emergenza di salute pubblica
Il West Nile è un virus, trasmesso dalle zanzare, presente nel nostro Paese dal 2008, quindi può definirsi endemico. In Italia si stanno registrando alcuni decessi, ma i numeri in linea con le estati precedenti. Purtroppo non abbiamo a disposizione né un farmaco specifico né un vaccino. E’ importante quindi proteggersi dalle punture di zanzare e ridurne il numero con le periodiche disinfestazioni. Ecco tutto ciò che si deve sapere sul virus.
La cronaca registra casi di febbre West Nile, tra cui anche alcuni decessi. Federico Gobbi, direttore scientifico dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, dove dirige anche il Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali. E’ professore associato all’Università di Brescia:
“I numeri delle infezioni registrate sono in linea con gli anni passati. Nulla a che vedere con quanto è accaduto per esempio nel 2022, quando in Veneto ci furono 531 casi diagnosticati: 150 pazienti avevano sviluppato la forma neuro invasiva e sono stati 22 i decessi. In base alle proiezioni questa estate non raggiungeremo mai le cifre di tre anni fa. Quindi non è in atto nessuna emergenza di salute pubblca. Non siamo di fronte al Covid, che a differenza del West Nile era trasmissibile da uomo a uomo per via aerea. Ci vuole comunque consapevolezza che il West Nile è un virus presente nel nostro Paese dal 2008, che non esistono farmaci né vaccini e che l’unica via è la prevenzione, in questo caso la protezione dalle punture di zanzare”.
L’origine e la natura del virus West Nile
West Nile Disease (WND) o malattia del Nilo Occidentale è causata da un virus a RNA appartenente al genere Flavivirus. Il West Nile Virus (WNV) prende il nome dal distretto dell’Uganda (West Nile) dove nel 1937 è stato isolato per la prima volta il patogeno nel sangue di una donna colpita da febbre. Si è poi diffuso in Africa, Medio Oriente, Nord America, Asia Occidentale ed Europa, dove è stato segnalato a partire dal 1958. In Italia è endemico. I primi casi si sono registrati nel 2008 sul territorio della Pianura Padana.
Trasmissione solo attraverso la puntura di zanzara
Il WNV non si trasmette da uomo a uomo, né per via aerea né per contatto. Il virus sopravvive in natura grazie a un ciclo primario di trasmissione: zanzara-uccello-zanzara. Le zanzare Culex di specie modestus e pipiens si infettano pungendo uccelli migratori (serbatoio del virus), trasmettendo a loro volta il virus ad altri uccelli. Tuttavia le stesse zanzare sono in grado di infettare ospiti accidentali come il cavallo e l’uomo, ma né negli equini né negli esseri umani il WNV raggiunge nel sangue una concentrazione sufficientemente elevata da infettare altre le zanzare. La ragione per cui il WNV è diventato endemico in Italia è dovuta alla presenza sul territorio della Culex pipiens, la zanzara che punge dal tramonto fino alle prime luci dell’alba, e al passaggio di uccelli migratori.
Trasfusioni di sangue: donatori controllati e sacche di sangue testate
L’unica via di trasmissione da uomo a uomo sono le trasfusioni di sangue. Ma in Italia i Centri trasfusionali eseguono di routine su ogni sacca il test NAT per escludere la presenza del virus e i donatori sono controllati.
L’infezione: 1 persona su 150 sviluppa la forma grave
La West Nile Disease è caratterizzata da 2-14 giorni di incubazione. Su 150 persone infettate 120 non presentano sintomi e 30 sviluppano una sindrome simil-influenzale: febbre, mal di testa, mal di gola, dolori muscolari e alle articolazioni, congiuntivite, rash cutanei (tronco, estremità e testa), ingrossamento dei linfonodi, nausea, dolori addominali… Solo una persona su 150 va incontro alla forma neuro-invasiva: meningite, encefalite e paralisi flaccida acuta. Nel 15% dei casi la forma meningitica porta al decesso.
Persone più a rischio
I soggetti più a rischio per la forma più grave sono gli anziani, gli immunodepressi, i pazienti cronici o pluripatologici in quanto il loro sistema immunitario è indebolito fisiologicamente dall’età o per causa di malattia.
Diagnosi: serve un test di laboratorio
Una febbre simile all’influenza deve sempre destare sospetti in piena estate. A causa di sintomi aspecifici, l’infezione è difficile da diagnosticare con un solo esame obiettivo del medico. Per arrivare alla diagnosi è necessario fare un test specifico di laboratorio disponibile in ospedale.
Quando preoccuparsi
Una febbre in estate deve sempre destare sospetto in assenza di sintomi come raffreddore o mal di gola. Sarebbe quindi opportuno sottoporsi al test di laboratorio per individuare l’origine di un’evetuale infezione. Se invece inseime alla febbre, sorgono sintomi neurologici come forte mal di testa. rigidità nucale, nausea, vomito, fastidio alla luce… è necessario rivolgersi d’urgenza in ospedale.
Terapia: non esiste un farmaco anti-virale per l’infezione da West Nile
Per la WND non esiste una terapia specifica, ma solo farmaci per alleviare i sintomi (antipiretici e antinfiammatori). Nei casi più gravi è necessario il ricovero in ospedale, dove si procede alla somministrazione di fluidi intravenosi e a respirazione assistita.
Prevenzione: protezione dalle punture di zanzare
Non esiste un vaccino contro il West Nile Virus. Il metodo più efficace di prevenzione è la protezione dalle punture di zanzare usando, in particolare dopo il tramonto, repellenti cutanei, zanzariere alle finestre e diffusori di insetticidi ad uso domestico. E’ fondamentale, inoltre, la collaborazione di tutti affinché non vengano a crearsi ambienti favorevoli al deposito delle uova e allo sviluppo delle larve di zanzare come i serbatoi di acqua stagnante (anche un semplice sottovaso) che devono essere eliminati o trattati con larvicidi
Nel 2010 la Regione Veneto ha istituito un progetto pilota per la sorveglianza delle arbovirosi (malattie trasmesse dalle zanzare) il cui responsabile scientifico è l’IRCSS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria e a cui collaborano l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie e l’Istituto di Microbiologia e Virologia di Padova. Per le patologie di importazione (Zika, Dengue e Chikungunya) al fine di evitare che diventino endemiche, esso prevede la segnalazione del caso di infezione entro le 12 ore dal sospetto diagnostico al Servizio Igiene Sanità Pubblica del Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda Ulss competente per il territorio che può attivarsi, attraverso i Comuni, per la disinfezione della zona limitrofa all’abitazione del paziente o nel luogo dove si è probabilmente infettato.
Per il West Nile Virus la disinfezione deve avvenire periodicamente soprattutto nelle aree in cui le trappole dell’Istituto Zooprofilattico hanno raccolto zanzare infette o dove il virus è stato isolato nei cavalli.