Chirurgia mini-invasiva, microbioma e DNA circolante: il futuro dei trattamenti del tumore colorettale

Nei giorni scorsi si è tenuta la settima edizione del congresso chirurgico organizzato dalla Chirurgia generale dell’IRCCS di Negrar. Sotto i riflettori non solo la chirurgia sempre meno invasiva, ma il complesso dei trattamenti per la cura del tumore del colon-retto, tra cui l’analisi del microbioma per diagnosi sempre più precoci e il DNA Circolante, rilevabile con un solo prelievo di sangue
Il tumore del colon-retto è la seconda neoplasia più diffusa in Italia dopo quella alla mammella e al polmone, con quasi 50mila nuovi casi all’anno. La chirurgia – sempre meno invasiva grazie anche alla robotica – rimane il gold standard terapeutico, ma inserita in un percorso multidisciplinare finalizzato a trattamenti sempre più personalizzati per i pazienti.
Non a caso la settima edizione del congresso annuale di Chirurgia sul colon-retto, che si è tenuta venerdì 12 dicembre a Palazzo Verità Poeta, ha trattato solo in parte l’evoluzione tecnologica applicata alla chirurgia, puntando i riflettori sulle novità inerenti al complesso dei trattamenti del cancro colo-rettale: dalla diagnosi precoce alla terapia fino al follow up della malattia.

“La chirurgia è sempre più orientata alla minor invasività e alla preservazione d’organo, finalizzata a garantire risultati oncologici ottimali, coniugati alla migliore qualità di vita del paziente, anche, grazie alla robotica, nel caso di malattia avanzata”, spiega il dottor Ruffo. “L’obiettivo è quello di costruire percorsi di cura sempre più personalizzati ed efficaci attraverso un approccio multidisciplinare al paziente. Fondamentale a questo scopo è il ruolo delle nuove tecnologie di biologia molecolare, sia in fase diagnostica sia per predire la risposta alle terapie”.
Ma la biologia molecolare non è la sola arma a disposizione dei clinici per tracciare “la carta di identità genetica” del tumore, da cui non si può prescindere per stabilire il percorso di cura.
Infatti in un futuro non molto lontano la colonscopia non sarà più l’esame di screening, seppur di secondo livello, per la diagnosi precoce del tumore del colon retto, ma avrà indicazione solo nel caso in cui la presenza accertata del tumore richiede di procedere con la biopsia, evitando così procedure invasive inutili. “Attraverso un semplice campione di feci potremo avere informazioni sul rischio di contrarre il cancro e sull’eventuale sede anatomica della neoplasia” afferma la dottoressa Bertocchi. “Questo grazie al microbioma intestinale, cioè l’insieme dei microrganismi che vivono nel nostro intestino (virus, batteri e funghi) e alla totalità del loro patrimonio genetico”.

Durante il congresso si è discusso inoltre sul ruolo emergente del “DNA circolante”, rilevabile con un semplice prelievo di sangue. “Tutte le cellule, comprese quelle tumorali, a seguito del normale processo di rinnovamento cellulare liberano frammenti di DNA – spiega la dottoressa Bertocchi -. Oggi il “DNA circolante” viene utilizzato dagli oncologici per il monitoraggio della terapia, ma potrebbe diventare una metodologia diagnostica del tutto non invasiva”
“Nei prossimi anni assisteremo a importanti miglioramenti nella cura del tumore del colon-retto. Questo grazie a diagnosi sempre più precoci, rese possibili dall’analisi del microbioma nelle feci; più precise, con analisi genetiche avanzate per “conoscere” meglio il tumore. Inoltre attraverso l’analisi del DNA circolante nel sangue per seguire nel tempo l’efficacia delle terapie”, ha sottolineato il professor Pedrazzani, evidenziando inoltre come “la diffusione della chirurgia robotica stia migliorando in modo significativo gli esiti degli interventi, permettendo una ripresa più rapida e un ritorno più veloce alla vita quotidiana.”Fine modulo
L’incontro scientifico ha visto la presenza come relatore del prof. Ulf Gustafsson, presidente di ERAS Society, la società scientifica internazionale che certifica le strutture ospedaliere che applicano protocollo ERAS, la buona pratica chirurgica finalizzata al miglior recupero dopo l’intervento. Il “Sacro Cuore Don Calabria” è primo in Italia ad aver ottenuto la certificazione di centro formatore ERAS per la chirurgia colon-rettale e la chirurgia bariatrica.
Tra gli obiettivi del protocollo anche quello di prevenire le complicanze post operatorie. Un valido aiuto, secondo il prof. Gustafsson, può arrivare dall’intelligenza artificiale e dai sistemi di machine learning, potenzialmente in grado di predire il rischio di complicanze e supportare il chirurgo nella scelta del tipo di intervento più adatto ad ogni paziente oltre che nella gestione clinica dei pazienti nei primi giorni dopo l’operazione.
All’IRCCS di Negrar primi tre interventi in Italia con il Da Vinci5: il robot chirurgico “tattile”:

Hanno avuto successo i primi tre interventi eseguiti nel nostro Paese, con il nuovo Robot Da Vinci 5 all’IRCCS di Negrar, in tre diverse specialità chirurgiche: ginecologica, urologica e colorettale. Grazie a questa evoluzione del sistema, il chirurgo potrà “sentire” la tensione e la pressione sui tessuti durante l’intervento, come se il braccio del robot diventasse un tutt’uno con il proprio. Ciò permette di calibrare la forza di azione con estrema precisione, riducendo il rischio di danni ai tessuti delicati, le complicanze e la perdita di sangue, con risultati clinici migliori e tempi di degenza ridotti.
Stanno bene e sono già tornati a casa, i primi tre pazienti operati in Italia all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), con il 
Il primo intervento, di isterectomia radicale per endometriosi severa, è stato effettuato dall’équipe guidata da Marcello Ceccaroni, direttore dell’Unità Operativa Complessa (UOC) di Ginecologia e Ostetricia. Il secondo, di prostatectomia radicale per tumore della prostata, da Stefano Cavalleri, direttore dell’UOC di Urologia e da Vincenzo De Marco responsabile dell’Urologia robotica. Il terzo intervento riguarda, invece, un paziente con tumore al colon sottoposto a emicolectomia, cioè alla rimozione di una porzione del colon, dall’équipe coordinata da Giacomo Ruffo, direttore dell’UOC di Chirurgia Generale.

“Ampliando la nostra flotta robotica con l’arrivo del Robot Da Vinci 5, l’IRCSS di Negrar apre una nuova era e segna tre primati: è il primo in Italia ad acquisire questa nuova piattaforma, il primo a utilizzarla e l’unico a essere dotato di un sistema di chirurgia full robotic, che include già il Robot Da Vinci Xi, operativo nelle nostre chirurgie dal 2014, il Robot Da Vinci single-port e il robot diagnostico ION, con 600 interventi eseguiti solo nel 2025 – commenta Claudio Cracco, amministratore delegato del “Sacro Cuore Don Calabria” -. L’adozione della nuova tecnologia, che contribuisce a rendere la chirurgia più efficiente, precisa e sicura, dimostra il nostro impegno a rimanere all’avanguardia nel processo tecnologico per offrire ai pazienti il miglior standard di cura possibile”.
“Il cuore della rivoluzione introdotta dal Da Vinci 5 è il suo “tocco sensibile”. Questa tecnologia, denominata Force Feedback, è una vera svolta nella

chirurgia robotica – spiega il dottor Cavalleri-. Grazie a un sistema di sensori posizionati vicino alle punte degli strumenti, il robot misura in tempo reale la trazione e le forze direzionali esercitate, così il chirurgo, seduto alla consolle, torna a “sentire” i tessuti che tratta, come se il braccio del robot fosse un unicum con il proprio”.

“Ciò gli permette di calibrare la forza di azione, consentendogli di procedere con una chirurgia “dolce” sui tessuti che vengono inevitabilmente stressati durante l’intervento, riducendo il rischio di complicanze e perdita di sangue, con esiti clinici migliori e tempi di degenza ridotti – aggiunge il dottor Ceccaroni -. Questa straordinaria evoluzione tecnologica crea una sorta di unisono tra il chirurgo e il robot che permette una ripresa più rapida dopo una chirurgia radicale, senza che il “fattore umano” venga mai perduto. Ed è proprio questo elemento che, unito alla tecnologia, fa una grande differenza nella cura dei nostri pazienti”.

“Il Da Vinci 5 è stato progettato per raggiungere un livello di precisione e sicurezza ancora maggiori, grazie alla strumentazione con Force Feedback – sottolinea il dottor De Marco -. Sarà come operare con le proprie mani, ma con una visione magnificata e un controllo assoluto. Il nuovo sistema ha una potenza di calcolo 10mila volte superiore ed è predisposto per programmi di intelligenza artificiale finalizzati a fornire un’analisi dettagliata di ogni procedura, aiutando il chirurgo a migliorare le proprie prestazioni a beneficio del paziente”.
“Anche la visione tridimensionale è potenziata di 4 volte, permettendo al chirurgo di vedere le strutture anatomiche sensibili, di cui deve avere estrema cura nei movimenti chirurgici, con una precisione e accuratezza senza precedenti – aggiunge il dottor Ruffo -. Si tratta di una tecnologia che facilita il lavoro del chirurgo e lo rende più sicuro. Il robot Da Vinci 5 è la realizzazione dell’evoluzione che auspicavamo nella chirurgia robotica e un vero valore aggiunto rispetto alla chirurgia laparoscopica che con i robot precedenti non avevamo”.

Il nuovo robot si aggiunge a una dotazione robotica di avanguardia dell’IRCCS di Negrar, che comprende, anche il Robot Da Vinci Single-port e il robot diagnostico ION. “Il robot da Vinci Single-port è uno strumento dalle eccezionali potenzialità e consente una minore invasività. Infatti l’intervento avviene con sola micro-incisione, rispetto alle 5-6 di altre piattaforme, attraverso la quale vengono inseriti strumenti altamente performanti che consentono un gesto chirurgico più preciso di quello della mano dell’operatore – prosegue il dottor Ruffo -. Grazie a questa tecnologia per i tumori del retto, per esempio, è possibile effettuare interventi oncologici radicali garantendo al paziente una buona qualità di vita”.

ION è invece un broncoscopio robotico – precisa il dottor Diego Gavezzoli, direttore della Chirurgia Toracica –. È fondamentale per l’individuazione di noduli polmonari, in quanto consente di diagnosticare precocemente e con maggior certezza anche il 30% di quelle lesioni che non possono essere raggiunte con le tecniche tradizionali di biopsia, perché troppo piccole o situate in posizioni sfavorevoli, evitando così una perdita di tempo prezioso nel caso di neoplasie, con la ripetizione di numerosi esami radiologici “
“Il Robot Da Vinci 5 rappresenta un’evoluzione tecnologica destinata a trasformare la pratica chirurgica negli ospedali di tutto il mondo. Con le sue innovazioni e la sua versatilità, il sistema migliorerà i risultati clinici e l’efficienza operativa, supportando il chirurgo in ogni fase dell’intervento”, conclude Cracco.
Benedetta la statua della Madonna di Lourdes nel ricordo di Giacomo

La statua in tufo si trova nel giardino davanti all’ingresso dell’Hospice Don Luigi Pedrollo, circondata da fiori e alberi di ulivo. E’ stata donata dai familiari di Giacomo Antonio Cacciapuoti in segno di gratitudine per gli operatori della Cittadella della Carità che si sono presi cura di lui durante gli ultimi mesi prima della sua partenza da questa vita.
Con una cerimonia semplice e toccante, stamattina è stata benedetta la statua raffigurante la Madonna di Lourdes, collocata nel giardino dell’Hospice Don Luigi Pedrollo. Si tratta di una scultura in tufo donata dai familiari in ricordo di Giacomo Antonio Cacciapuoti, che ha percorso l’ultimo tratto della sua vita come paziente dell’Hospice.

La benedizione è stata impartita da padre Miguel Tofful, vicepresidente della Cittadella della Carità, che ha ricordato la frase riportata nella targa affissa sul basamento: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (Timoteo 4, 7-8). “In queste parole – ha detto padre Tofful – c’è l’essenza del percorso di Giacomo in questi ultimi mesi. Un percorso che pur nella sofferenza è sempre stato illuminato dalla fede e dalla speranza”.
“Nonostante le difficoltà della malattia qui ci siamo sentiti davvero accolti come se fossimo a casa – ha aggiunto Samantha, moglie di Giacomo, al termine della benedizione – Giacomo è stato trattato come persona di famiglia prima che come paziente. Di questo siamo molto grati perché ha aiutato lui e noi ad affrontare con la maggior serenità possibile un momento così difficile”.
Giacomo Antonio Cacciapuoti è tornato alla Casa del Padre lo scorso 27 settembre, all’età di 36 anni, dopo alcuni mesi trascorsi presso la Cittadella della Carità nella fase terminale della sua malattia. Oltre alla moglie, ha lasciato la piccola Alya di 5 anni che è stata ricordata durante la cerimonia. La statua donata dalla sua famiglia è posizionata esattamente di fronte all’ingresso dell’Hospice, nel giardino circondato da fiori e alberi di ulivo, in una posizione accessibile a tutti e senza barriere architettoniche. A disposizione di chiunque voglia trovare un momento di preghiera, contemplazione e serenità.
Il prof. Alessandro Mantovani tra i ricercatori più influenti al mondo

Il nome del medico dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Metaboliche, diretta dal prof. Giovanni Targher, compare nella prestigiosa lista degli Highly cited researchers 2024, che raccoglie gli scienziati più citati al mondo. Un riconoscimento dovuto ai suoi studi sulla malattia epatica steatosica associata a disfunzione metabolica (Masld) e delle sue connessioni con diabete mellito, sovrappeso/obesità e patologie cardiovascolari.
Il suo nome compare nella prestigiosa lista degli Highly cited researchers 2024, che raccoglie gli scienziati più influenti al mondo. È Alessandro Mantovani, docente di Endocrinologia e malattie del metabolismo del dipartimento di Medicina dell’Università di Verona e dirigente medico nell’Unità operativa complessa di Malattie Metaboliche dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Le sue ricerche sul fegato e sul metabolismo stanno contribuendo a cambiare il modo in cui medici e comunità scientifica affrontano alcune delle malattie croniche più diffuse.
Esperto riconosciuto nello studio della malattia epatica steatosica associata a disfunzione metabolica (Masld) e delle sue connessioni con diabete mellito, sovrappeso/obesità e patologie cardiovascolari, Mantovani è autore di oltre 230 pubblicazioni scientifiche e vanta più di 12mila citazioni.
Professor Mantovani, cosa rappresenta per lei questo riconoscimento internazionale?
È un grande onore e un risultato condiviso: senza il supporto del mio maestro, Giovanni Targher (direttore dell’UOC di Malattie Metaboliche dell’IRCCS di Negrar), dei colleghi dell’Università di Verona, dell’Azienda Universitaria Integrata di Verona e dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, non sarebbe stato possibile. Essere tra i ricercatori più citati significa che il nostro lavoro viene usato e riconosciuto in tutto il mondo. È una motivazione a continuare a fare ricerca con rigore e passione.
La sua attività scientifica è centrata sulla Masld. Che cos’è e perché è così importante studiarla?
La Masld è una malattia molto diffusa: è l’accumulo di grasso nel fegato, spesso legato a sovrappeso/obesità, diabete mellito e sindrome metabolica. Molti pensano che sia benigna e che riguardi solo il fegato, ma non è così. Le nostre ricerche hanno mostrato che la Masld aumenta il rischio di infarto del miocardio, scompenso cardiaco, ictus, insufficienza renale e altre complicanze. Per questo è fondamentale individuarla precocemente e trattarla in modo corretto. Diagnosticarla significa migliorare la salute non solo del fegato, ma dell’intero organismo.
Quali sono le scoperte più rilevanti del suo lavoro?
Negli ultimi anni abbiamo dimostrato, grazie a studi clinici e meta-analisi, che la Masld è un vero “campanello d’allarme” per la salute generale, soprattutto nei pazienti con diabete mellito. Inoltre, stiamo studiando come l’impatto dei nuovi farmaci per il diabete, come ad esempio gli agonisti del recettore, possano contribuire a ridurre il grasso nel fegato e soprattutto la fibrosi.
Che impatto può avere tutto questo sulla vita dei cittadini?
Un impatto molto concreto: diagnosi più precoci, prevenzione più efficace, terapie più mirate. Significa evitare complicanze gravi, ridurre il peso delle malattie croniche e migliorare la qualità della vita di migliaia di persone sul nostro territorio e non solo.
Perché ha deciso di fare ricerca? Cosa suggerisce ai giovani che desiderano investire in questa professione?
Ho scelto di fare ricerca perché, fin dall’inizio del mio percorso, ho capito che curare un singolo paziente è un privilegio, ma generare nuova conoscenza che possa migliorare la salute di migliaia o milioni di persone è una responsabilità altrettanto importante. La ricerca è il modo più diretto per trasformare le intuizioni cliniche in evidenze, per colmare i vuoti di conoscenza e per dare un contributo concreto all’avanzamento della medicina e della cultura. È un percorso non facile, che richiede rigore, curiosità e capacità di mettersi in discussione, ma restituisce la soddisfazione di vedere un’idea trasformarsi in risultati che possono cambiare la pratica clinica.
Ai giovani direi prima di tutto voglio dire di coltivare la passione. La medicina è una professione straordinaria, ma richiede dedizione e un forte senso di responsabilità. Non basta essere bravi ed acculturati: bisogna essere motivati, empatici e disposti ad ascoltare e ad imparare continuamente. Suggerisco anche di non aver paura della ricerca: non è qualcosa di distante dalla clinica, ma è ciò che permette alla clinica di progredire. Consiglio anche di cercare buoni mentori, come è successo a me con il professor Giovanni Targher. Un mentore può dare la direzione, aiutare a evitare errori inutili e, soprattutto, trasmettere quell’entusiasmo che rende sostenibile un percorso che è sì impegnativo e faticoso, ma anche molto gratificante.
(Da UnivrMagazine 2 dicembre 2025)
Tumore della prostata: la Radioterapia in molti casi ha la stessa efficacia del bisturi con minori effetti collaterali, ma la riceve solo il 20% di pazienti

Nonostante la sua efficacia soprattutto per la cura del tumore della prostata, la radioterapia in Italia continua a rivestire un ruolo minore in ambito oncologico, rispetto all’impiego della chirurgia. A richiamare l’attenzione sull’importanza di abbattere questo preconcetto è il prof. Filippo Alongi, direttore del Dipartimento di Radioterapia Oncologica dell’IRCCS di Negrar, ospedale dotato delle tecnologie radioterapiche più avanzate per il trattamento del tumore prostatico e di molti altri tipi di neoplasie, in occasione della campagna internazionale Movember di sensibilizzazione sulle patologie maschili.

La radioterapia, soprattutto per la cura del tumore della prostata, è un’efficace e valida alternativa alla chirurgia radicale, con tassi di guarigione sovrapponibili ed effetti collaterali ridotti, ma poco nota ai pazienti. Dovrebbe essere impiegata nel 50-60% dei casi, ma nel nostro Paese raggiunge soltanto la quota del 15-20%. Le cause sono i molti e diffusi luoghi comuni, che vanno dal peso inferiore che viene attribuito all’efficacia di questo approccio rispetto a quello chirurgico e farmacologico, alla paura di non avere una vita sessuale normale, fino all’errata convinzione che il trattamento sia solo palliativo o limitato a casi estremi dove la chirurgia non possa essere più impiegata.
“Nonostante il passare degli anni, la radioterapia continua a essere avvolta da un alone di diffidenza mista a disinformazione, e quando la proponiamo ai pazienti, la maggior parte all’inizio pensa di essere già condannata. E questo non per la gravità della malattia, ma perché crede di essere candidata a un trattamento di efficacia inferiore a quello chirurgico – avverte Filippo Alongi, direttore del Dipartimento di radioterapia oncologica avanzata dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar e ordinario di radioterapia all’Università di Brescia -. Eppure, parliamo di uno dei cardini delle terapie oncologiche, in particolare per il tumore della prostata, che può essere definito curativo al pari del bisturi. Come dimostra uno studio anglosassone, pubblicato di recente su European Urology, che ha messo a confronto la chirurgia robotica con la radioterapia di precisione, evidenziando come a parità di guarigione in oltre il 90% dei casi, quando il tumore è confinato all’interno della ghiandola prostatica, la radioterapia moderna è anche meglio tollerata in alcuni aspetti sintomatologici, preservando maggiormente la continenza urinaria e la funzionalità erettile. Un paziente su due sarebbe idoneo al trattamento radioterapico, ma soltanto un paziente su 5 viene sottoposto a questa metodica di cura non invasiva. Le conseguenze ricadono sui pazienti stessi che spesso ignorano un’opzione terapeutica alternativa alla chirurgia e di significativo beneficio in molte situazioni cliniche. L’idea distorta che si ha della radioterapia, frutto di un retaggio del passato, è una rappresentazione che poco a che fare con la realtà –evidenzia Alongi– Negli ultimi anni questa metodica infatti ha fatto grandissimi passi in avanti, grazie all’utilizzo di apparecchi sempre più sofisticati, che permettono di eseguire trattamenti molto selettivi e circoscritti, con riduzione degli eventuali effetti collaterali”.

L’innovazione tecnologica vede l’IRCCS di Negrar tra i centri più avanzati in Italia e in Europa nella cura in ambito radio-oncologico del tumore della prostata, come per molti altri tipi di patologie tumorali. “Grazie ai quattro acceleratori lineari, tra cui una macchina di ultima generazione dotata di risonanza magnetica ad alto campo e un dispositivo guidato da intelligenza artificiale, di recente integrato e potenziato con un software che identifica e colpisce il tumore in pochi secondi, è possibile, nel nostro dipartimento, trattare il tumore con una altissima precisione – sottolinea Alongi -. Ciò consente di curare il tumore della prostata in sole 5 sedute, contro le 20 o 28 della tecnica standard, in tempi rapidi, senza dolore, né ricovero, né anestesia, abbattendo liste d’attesa e costi diretti e indiretti. Questi nuovi dispositivi all’avanguardia permettono inoltre di ricalibrare in tempo reale il piano di cura, sulla base dei cambiamenti di posizione, forma o dimensione del tumore, che avvengono di seduta in seduta, preservando i tessuti sani e garantendo una migliore qualità di vita”.
Il Dipartimento di Radioterapia Oncologica dell’IRCCS di Negrar esegue all’anno più 20.000 sedute in più di 2.000 pazienti, la metà dei quali trattati con radioterapia per tumore alla prostata.
La magia di Gardaland entra in Pediatria: realizzata una nuova area giochi

La stanza è stata realizzata grazie a Merlin’s Magic Wand – l’organizzazione benefica internazionale del gruppo Merlin Entertainments, di cui Gardaland Resort fa parte – con il contributo di una squadra di volontari del parco divertimenti veronese. Il progetto realizzato presso l’Ospedale di Negrar è il primo in Italia e con questo Merlin’s Magic Wand raggiunge il traguardo del suo 57° Magic Space nel mondo, con spazi creati in ben 13 Paesi.
I piccoli pazienti della Pediatria dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria possono trascorrere ore di spensieratezza in una nuovissima area giochi realizzata grazie a Merlin’s Magic Wand – l’organizzazione benefica internazionale del gruppo Merlin Entertainments, di cui Gardaland Resort fa parte – con il contributo di una squadra di volontari del parco divertimenti veronese.
Uno spazio colorato e accogliente, pensato per rasserenare, stimolare la fantasia e regalare momenti di gioia e spensieratezza ai bambini presenti, ricreando in ogni angolo lo spirito e la magia di Gardaland.

In occasione del suo 50° anniversario, Gardaland Resort ha scelto di celebrare questo importante traguardo con un gesto speciale: trasformare l’area giochi pediatrica di uno degli ospedali del territorio in un mondo incantato. Le pareti si animano di alberi sorridenti, case colorate e simpatici personaggi, richiamando le atmosfere e le tematizzazioni più amate del Parco.
Lo spazio, magico e immersivo, è arredato con un tavolo interattivo, una TV a parete che proietta i cartoni animati di Prezzemolo, tanti giochi e libri pensati per intrattenere e stimolare la fantasia dei bambini. A rendere l’ambiente ancora più speciale, suggestivi elementi tridimensionali in vetroresina: uno stravagante lampione e una grande figura di Prezzemolo, pronto ad accogliere e far sorridere i piccoli pazienti.
A completare la stanza, un’area dedicata all’allattamento, tematizzata Gardaland SEA LIFE Aquarium, pensata per offrire alle mamme un angolo tranquillo e confortevole, in perfetta sintonia con l’attenzione e la cura che caratterizzano l’intero progetto.

“Ringrazio Merlin’s Magic Wand e Gardaland Resort per aver scelto la nostra Pediatria per questo progetto”, afferma l’Amministratore Delegato dell’IRCCS di Negrar, dott. Claudio Cracco. “Il nostro Ospedale è da sempre attento alla cura del paziente nella sua dimensione di persona e non solo di malato. Cura che passa anche attraverso la bellezza degli ambienti, ancora di più se parliamo di bambini. Qui, oltre alla bellezza, abbiamo la magia di un mondo incantato, che affascina i più piccoli e infonde serenità anche ai genitori che trascorrono l’intera degenza con i loro figli”.
“Questa stanza è un grande regalo per i circa 1.500 piccoli pazienti che vengono accolti ogni anno nel nostro reparto e i bambini e i ragazzi che ricorrono al Pronto Soccorso Pediatrico (5mila accessi)”, sottolinea il Direttore della Pediatria, dott. Paolo Bonetti. “Uno spazio in cui possono ricavare momenti di gioco, di gioia e di benessere psicologico durante il percorso di ricovero che è sempre un periodo di ansia e di stress. Ringrazio Merlin’s Magic Wand e Gardaland Resort, che con questa ristrutturazione hanno interpretato un elemento fondamentale della cura: l’attenzione per il paziente, al di là dei suoi bisogni di salute”.
Con il progetto realizzato presso l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, MMW raggiunge il traguardo del suo 57° Magic Space nel mondo, con spazi creati in ben 13 Paesi. Oltre a questa iniziativa, MMW opera su altri due fronti per portare gioia, magia e sorrisi ai bambini che affrontano sfide particolari. Con i Magical Days Out (giornate magiche), regala a bambini e famiglie giornate indimenticabili di divertimento e avventura: quest’anno, a Gardaland Resort, sono stati ospitati oltre 2.700 piccoli ospiti e i loro accompagnatori, creando ricordi destinati a restare nel cuore. Infine, con Magic On Tour, la magia si sposta direttamente nei luoghi dove si trovano i bambini — nelle scuole, negli ospedali e negli hospice — attraverso laboratori, visite e attività, portando un sorriso anche a chi non può raggiungere i Parchi del Gruppo.
“Crediamo fermamente nel potere educativo e sociale del gioco e nella sua straordinaria capacità di supportare i piccoli pazienti nel loro percorso di cura” conclude così Alessandra Zanoni.
Rebecca Hudson Betts, Project Manager di Merlin’s Magic Wand, ha confermato: “Come Merlin’s Magic Wand siamo entusiasti di portare la magia di Gardaland ai bambini dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Da 50 anni Gardaland è fonte di gioia per le famiglie e questa sala permette a quella magia di raggiungere anche i bambini che non possono visitare il parco di persona. È uno spazio pieno di personaggi e fantasia, in cui il gioco può sollevare il morale e creare momenti di felicità quando ce n’è più bisogno”.
Al termine dell’inaugurazione, Prezzemolo si è ritagliato un momento di riservatezza per una visita personale ai bambini presenti nella struttura, portando loro un sorriso e un piccolo pensiero in segno di affetto e vicinanza.
Un nuovo approccio alla salute della donna: la neuroginecologia, che unisce ginecologia e neuroscienze

La Neuroginecologia promette di aprire nuovi orizzonti nella comprensione e nel trattamento di patologie femminili complesse: dal dolore cronico pelvico all’endometriosi severa fino alla neurorigenerazione. Per esplorare le potenzialità della nuova disciplina , il dottor Marcello Ceccaroni, direttore della Ginecologia e Ostetricia, ha fondato una nuova società scientifica, l’International Society of Neuro-Gynecology & Nerve Sparing Surgery (ISNG). Tutto questo è avvenuto a Vancouver nel corso del 54° Congresso dell’American Association of Gynecologic Laparoscopists, la più importante società scientifica di chirurgia ginecologica mini-invasiva, dove è stato insignito l’onorificenza di “Original Innovator (OI)” per le sue idee un tempo innovative e oggi divenute uno standard di trattamento.
Nasce un nuovo approccio scientifico alla salute della donna. Si tratta della neuroginecologia, una disciplina che fonde per la prima volta ginecologia e neuroscienze, e promette di aprire nuovi orizzonti nella comprensione e nel trattamento di patologie femminili complesse: dal dolore cronico pelvico all’endometriosi severa fino alla neurorigenerazione. Pioniere e ideatore di tutto questo è il dottor Marcello Ceccaroni, direttore della Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, tra i centri a livello internazionale con la casistica più grande nella diagnosi e nella cura dell’endometriosi, che colpisce 3 milioni di donne in Italia e 150 milioni su scala globale. Già presidente della International School of Surgical Anatomy (ISSA) e uno tra i maggiori esperti di chirurgia laparoscopica, Ceccaroni è anche il fondatore e presidente della neonata International Society of Neuro-Gynecology & Nerve Sparing Surgery (ISNG).
La nuova società, che riunisce specialisti delle più prestigiose università al mondo, è stata presentata nei giorni scorsi al 54° Congresso, in corso a Vancouver, dell’American Association of Gynecologic Laparoscopists, la più importante società scientifica di chirurgia ginecologica mini-invasiva. Insignito nel 2023 del premio internazionale “Gold Laparoscope Award”, per aver ideato la tecnica chirurgica laparoscopica “nerve-sparing” per l’eradicazione dell’endometriosi severa, celebre come “Negrar Method”, Ceccaroni, in occasione del congresso, ha ricevuto l’onorificenza di “Original Innovator (OI)” per le sue idee un tempo innovative e oggi divenute uno standard di trattamento.
“La neuroginecologia – afferma Ceccaroni -, rappresenta un ponte che unisce anatomia, neuroscienze e innovazione chirurgica. È una branca scientifica volta a interpretare e analizzare tutti i delicati fenomeni che sono alla base del dolore, in particolare quello cronico, passando per lo studio dei fenomeni biologici, genetici e immunologici collegati alla neuroinfiammazione e all’infertilità. Tutti questi settori di studio saranno associati alla ricerca anatomica e neuroanatomica, volta allo sviluppo e alla evoluzione di nuove tecniche chirurgiche, finalizzate alla preservazione delle fibre nervose e delle funzioni pelviche dopo chirurgie molto invasive per tumori ginecologici e per malattie infiltrative come l’endometriosi pelvica severa (le cosiddette tecniche ‘nerve-sparing’). Un altro importantissimo campo di indagine e di ricerca dalla ISNG riguarderà lo studio e lo sviluppo di nuovi fattori e matrici di neurorigenerazione e nuove strutture biosintetiche per il supporto e la rigenerazione di fibre nervose danneggiate dalle patologie infiltrative o in seguito a interventi chirurgici radicali”.
Il board della ISNG vanta scienziati di fama internazionale, tra cui Shailesh Puntambekar, direttore del Galaxy Care Hospital di Pune in India, che ha eseguito il primo trapianto di utero in laparoscopia, grazie a una tecnica chirurgica sviluppata assieme a Ceccaroni.
Nel dialogo tra cervello e corpo la chiave per nuove diagnosi e processi riabilitativi

Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar e Università di Verona partner di un nuovo progetto di ricerca per svelare i meccanismi della rappresentazione corporea e migliorare il recupero funzionale di pazienti con patologie neurologiche. “Comprendere come il cervello costruisce la percezione del corpo e come questa cambia nelle malattie neurologiche non è solo una sfida scientifica: è un passo decisivo verso una medicina e una riabilitazione più personalizzata, predittiva e umana”, afferma Elena Rossato, coordinatrice del Processo Riabilitativo dell’Irccs di Negrar
Un ambizioso progetto di ricerca europeo, Bb-Rebus (Brain-Body factors mediating altered bodily representations in multiple pathological conditions), punta a svelare i meccanismi nascosti del complesso dialogo tra cervello e corpo, un rapporto che, quando si altera, può compromettere la percezione che ognuno di noi ha di sé e dei propri movimenti. A guidare questo percorso scientifico d’avanguardia sono il dipartimento di Scienze umane dell’Università di Verona e il dipartimento di Riabilitazione dell’Irccs Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, due eccellenze italiane nel campo della ricerca neuroscientifica e clinica.
Il progetto, della durata di 36 mesi, ha ottenuto un finanziamento europeo (Era-Net Neuron) di 1.354.473 euro, con 263.400 euro destinati all’unità di Verona per lo sviluppo delle attività di ricerca e analisi sperimentale. Bb-Rebus è coordinato dall’Institute of health di Sion in Svizzera, sotto la guida di Michela Bassolino, e coinvolge una rete internazionale di centri e università europee impegnate nello studio del rapporto tra cervello e corpo in diverse condizioni neurologiche.
L’obiettivo centrale del progetto è indagare come le alterazioni della rappresentazione corporea si manifestano e si evolvono in patologie che compromettono la connessione tra cervello e corpo, come l’ictus, le lesioni del midollo spinale e la sclerosi multipla. Il campione di ricerca sarà composto da persone con esiti di queste patologie, e da un gruppo di controllo di soggetti neurologicamente sani. Questo permetterà di confrontare le diverse condizioni cliniche e identificare sia gli elementi comuni che sottostanno la rappresentazione corporea, sia gli aspetti che caratterizzano in modo specifico le diverse patologie.
Il progetto si articola su tre obiettivi scientifici principali: descrivere e caratterizzare le alterazioni della rappresentazione corporea e il loro impatto sull’evoluzione e sul recupero dei deficit indotti dalla patologia; identificare i fattori cerebrali e corporei che determinano tali alterazioni, anche attraverso tecniche di neuroimaging e misurazioni cinematiche e muscolari; e, infine, costruire un modello unificato dei meccanismi neurali che caratterizzano la rappresentazione corporea.
Il contributo dell’Università di Verona è fondamentale per la parte neuroscientifica e sperimentale, mentre il team dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, coordinato da Elena Rossato, mette a disposizione le proprie competenze cliniche e la possibilità di seguire i pazienti lungo tutto il percorso di valutazione e riabilitazione. L’incontro tra ricerca di base e ricerca applicata nella clinica rende Bb-Rebus un esempio virtuoso di collaborazione tra territorio, università e sanità.
“Si tratta di un filone di studio che il dipartimento di Scienze umane percorre insieme al dipartimento di Riabilitazione dell’Ircss Ospedale Sacro Cuore di Negrar da molti anni – spiega Valentina Moro, docente di Neuropsicologia e neuroscienze cognitive e responsabile scientifico dell’unità di ricerca di Verona -. Questa ci ha permesso di ottenere bellissimi risultati sia in termini di ricerca (più di 50 pubblicazioni scientifiche in riviste internazionali, tra cui Elife e Neuron, solo negli ultimi 10 anni) che di applicazioni cliniche (con individuazione di percorsi riabilitativi innovativi e formazione dei professionisti della riabilitazione. Il finanziamento del progetto riconosce non solo il valore del tema e dell’approccio proposto, ma anche l’esperienza acquisita dal team veronese in oltre vent’anni di collaborazione Territorio/Università e la rete europea che si è costruita negli anni.”
“Comprendere come il cervello costruisce la percezione del corpo e come questa cambia nelle malattie neurologiche non è solo una sfida scientifica: è un passo decisivo verso una medicina e una riabilitazione più personalizzata, predittiva e umana”, afferma Elena Rossato, coordinatrice del Processo Riabilitativo dell’Irccs di Negrar. “La comprensione dei meccanismi alla base delle alterazioni del dialogo cervello-corpo, obiettivo di questo progetto di ricerca, potrà tradursi per esempio in nuove applicazioni riabilitative di strumentazioni robotiche o ad alta tecnologia. Strumentazioni attualmente utilizzate in altri ambiti ma che potrebbero avere una efficacia nel recupero sensoriale e motorio contribuendo così al miglioramento della qualità di vita e delle autonomie del nostro paziente”.
Con Bb-Rebus, Verona e Negrar si confermano protagonisti di una ricerca europea che guarda al futuro, dove la frontiera tra scienza di base e applicata alla clinica si dissolve in una visione condivisa: ricucire il legame tra mente e corpo per restituire ai pazienti il senso pieno del movimento e della propria identità corporea.
Prime corone d'alloro al polo universitario dell'IRCCS di Negrar: laureati 34 igienisti dentali

A un anno dall’istituzione del polo didattico e formativo IRCCS Sacro Cuore Don Calabria (in via San Marco), nato dalla collaborazione tra l’Università di Verona e l’Ospedale di Negrar, venerdì 14 novembre sono state proclamate le prime lauree in igiene dentale, uno dei Corsi di laurea che ha sede nella struttura.
Proclamate le prime neolaureate e i primi neolaureati, 34 in tutto, del corso di laurea in Igiene dentale che hanno completato i loro studi nel nuovo polo universitario Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar dell’Università di Verona, inaugurato poco più di un anno fa.
La cerimonia si è tenuta venerdì 14 novembre, negli spazi di via San Marco, che dall’ottobre dello scorso anno, grazie alla convenzione tra ateneo e Sacro Cuore di Negrar, ospitano, oltre al corso di laurea triennale in Igiene dentale, anche il corso di laurea magistrale a ciclo unico in Farmacia, la laurea magistrale biennale in Scienze delle professioni sanitarie e tecniche e il corso di Laurea triennale in Logopedia.
Presenti alla proclamazione la Rettrice Chiara Leardini, Claudio Cracco e Mario Piccinini, rispettivamente Amministratore Delegato e Direttore Generale per la Ricerca con delega ai rapporti con l’Università dell’IRCCS di Negrar, e Nicoletta Zerman, referente della Rettrice per i rapporti con le strutture sanitarie e presidente del corso di Laurea in Igiene dentale.
“Le mie sentite congratulazioni – ha affermato la Rettrice – vanno alle laureate e ai laureati che oggi chiudono un importante percorso all’Università di Verona che li proietta nel loro futuro. Un grazie di cuore va alle loro famiglie che iscrivendoli all’università di Verona, la loro Università, hanno investito nel loro futuro professionale e personale. Questo progetto innovativo vede la nostra Università e l’Irccs Sacro cuore Don Calabria di Negrar lavorare in sinergia per realizzare la rete formativa di alcuni corsi di laurea della Macroarea di Scienze della Vita e della salute. Obiettivo cui risponde e la nascita di questo polo, dove oggi si sono laureati i primi 34 tra studentesse e studenti”.
“Oggi per il nostro Ospedale è una giornata storica: raccogliamo i primi frutti della collaborazione con l’Università scaligera, sancita nel 2022”, commentano Claudio Cracco e Mario Piccinini, rispettivamente Amministratore Delegato e Direttore Generale della Ricerca con delega ai rapporti con l’Università dell’IRCCS di Negrar. “L’accordo ha portato prima alla nascita a Verona della laurea magistrale a ciclo unico in Farmacia e successivamente alla creazione dei poli universitari di via San Marco e dell’ospedale stesso. Quest’ultimo è già sede di formazione degli specializzandi di Medicina e Chirurgia e dei tirocinanti di Infermieristica e di altre professioni sanitarie. In futuro – ricordano – frequenteranno le nostre corsie anche gli studenti dal quarto al sesto anno del Corso di Medicina e Chirurgia con indirizzo ingegneristico. Questa partnership è stata avviata con il rettore precedente, il professor Nocini, ma ci sono tutti i presupposti perché prosegua attraverso nuovi progetti con la Rettrice Leardini, a vantaggio di tutta la comunità: più si ampliano e diversificano le opportunità formative, maggiore sarà la preparazione del futuro personale sanitario”.
E' scomparso il prof. Muzzio, primo Direttore Scientifico dell'IRCCS Sacro Cuore Don Calabria

L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria piange la scomparsa del professor Pier Carlo Muzzio, che con il suo contributo determinante ha portato l’Ospedale di Negrar al riconoscimento di Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico per le Malattie Infettive e Tropicali di cui è stato il primo Direttore Scientifico
Mercoledì 12 novembre ci ha lasciato il professor Piercarlo Muzzio, già Direttore Scientifico dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria dal 2018 al 2022. I funerali si terranno lunedì 17 novembre alle 10.30 presso la chiesa di Noventa Padovana.
La Direzione e tutti i Collaboratori che in questi anni hanno avuto il privilegio di lavorare con lui, sono vicini in questo momento di dolore alla famiglia, sicuri che il ricordo dell’uomo e del professionista rimarrà vivo in quanti lo hanno conosciuto.
Nato a Padova il 22 aprile del 1946, il prof. Muzzio è stato Ordinario di Radiologia dell’Università patavina e Direttore del Dipartimento di Scienze Medico Diagnostiche e Terapie speciali, nonché Direttore della scuola di specializzazione in Radiodiagnostica. Aveva fatto parte anche del Consiglio superiore della Sanità. Nominato Commissario straordinario dell’Istituto Oncologico Veneto nel 2005, ne è diventato nel 2009 Direttore Generale, lasciando l’incarico nel 2013.
Dal 2014 ha iniziato la sua collaborazione con l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Collaborazione che ha portato, nel 2018, al riconoscimento di IRCCS per le Malattie Infettive e Tropicali di cui è stato il primo Direttore Scientifico fino a giugno del 2022. Attualmente membro del Comitato scientifico dell’IRCCS, aveva anche l’incarico di Coordinatore per lo sviluppo dell’attività scientifica in ambito oncologico e delle malattie cronico-degenerative.
“La scomparsa del prof. Muzzio è una perdita umana e professionale per il nostro Ospedale. Nonostante i problemi di salute, non ha mai rinunciato al suo impegno, tenendo fede al suo incarico fino all’ultimo. Come era tenace nel raggiungere gli obiettivi, così è stato nella vita. Un esempio”, afferma l’Amministratore Delegato, Claudio Cracco.

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