Festa Sacro Cuore: nuova TC, tecnologia rivoluzionaria per la diagnosi delle malattie cardio-vascolari
Inaugurata in occasione della Festa patronale del Sacro Cuore, la nuova TC Naeotom Alpha.Pro, uno dei modelli più avanzati di tomografo dotato di tecnologia “photon counting”. Grazie alla produzione di immagini ad altissima risoluzione e l’utilizzo efficiente delle radiazioni, trova impiego nella diagnostica cardio-vascolare ma anche di tante altre patologie, tra cui quelle oncologiche. Foto e video dell’evento
L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria adotta la più avanzata e recente evoluzione tecnologica applicata alla Tomografia Computerizzata – TC o conosciuta più comunemente come TAC – le cui caratteristiche rivoluzioneranno lo studio diagnostico, in particolare del sistema cardiovascolare, ma anche di altri distretti corporei.
In occasione della festa patronale del Sacro Cuore di Gesù, venerdì 26 giugno all’ospedale di Negrar si è svolta la benedizione inaugurale della nuova TC Naeotom Alpha.Pro, uno dei modelli più avanzati di tomografo dotato di tecnologia “photon counting”: letteralmente a “conta fotonica”.
Prima del “taglio del nastro”, il vescovo di Verona, mons. Domenico Pompili, ha presieduto la Messa nei giardini interni dell’ospedale. A concelebrarla anche il Casante dell’Opera Don Calabria, don Massimiliano Parrella. Erano presenti oltre a tutta la direzione dell’Ospedale con il presidente fr. Gedovar Nazzari, la vicepresidente della Regione Veneto, Elisa De Berti, il Prefetto di Verona, Demetrio Martino, il sindaco di Negrar, Fausto Rossignoli la direttrice generale e quella sanitaria dell’Ulss 9, rispettivamente Patrizia Benini e Denise Signorelli.
“L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria è una struttura di eccellenza non solo regionale – ha detto la vicepresidente De Berti – Girando un po’ tutta l’Italia per gli impegni istituzionali ho incontrato molte persone che mi hanno riferito di essersi rivolte all’Ospedale di Negrar, definendolo una garanzia. Tuttavia – ha sottolineato – ciascuno di noi riguardo all’esperienza in ospedale alla fine ricorda il rapporto che ha avuto con le persone che ha incontrato: dal medico, all’infermiere agli addetti alla cura dell’ambiente. L’innovazione tecnologica può esserci se dietro c’è un’eccellenza umana del personale, che qui ha radici lontane, nel suo Fondatore, S. Giovanni Calabria”.
“La photon counting è una tecnologia in grado di superare la gran parte dei limiti storici della TC nello studio radiologico del cuore, tanto che anche nei casi più complessi può essere una valida alternativa alla coronarografia diagnostica, procedura invasiva e non priva di rischi”, ha spiegato il dottor Giovanni Foti, direttore della Diagnostica per immagini dell’IRCCS di Negrar. “Avvantaggiandosi di una risoluzione spaziale in media 3-4 volte superiore ai più comuni tomografi e di un efficiente utilizzo delle radiazioni, può essere impiegata anche per la diagnosi accurata di numerose patologie, dalle malattie neuro-vascolari, a quelle osteoarticolari, polmonari ed oncologiche”.
Il vero punto di svolta della tecnologia photon counting, rispetto alle TC precedenti, è nel funzionamento del detettore, il pannello che raccoglie i raggi X attenuati dal passaggio attraverso il corpo del paziente. Tale dispositivo è a “conta fotonica”, esso infatti non si limita a contare i fotoni (particella elementare dei raggi X) che arrivano al detettore, ma ne misura anche ogni singola energia). Questo in presenza di un’elevata risoluzione temporale (produce immagini ogni 66 millisecondi) e con un’esposizione a basse dosi di radiazioni.
“Tali caratteristiche ci permettono di ottenere da una parte immagini che rilevano anche il più piccolo dettaglio, fino a 100 micron (Ultra High Definition). E dall’altra, l’eliminazione degli artefatti, cioè quegli elementi che spesso compromettono la qualità diagnostica delle immagini dei vasi coronarici fornite dalle TC di precedente generazione”, ha illustrato il dottor Carmelo Cicciò, medico radiologo esperto in radiologia cardio-vascolare.
“Con la TC photon counting, invece, disponendo di immagini ad altissima definizione e ‘pulite’ da artefatti, possiamo raccogliere informazioni sulla composizione della placca aterosclerotica, che ne determina la stabilità, e quantificare con maggiore accuratezza il grado di restringimento del vaso, le cosiddette stenosi. Questo anche in pazienti con “alto rischio” di patologia coronarica o con patologia coronarica complessa già nota o già trattata con angioplastica – sottolinea il dottor Cicciò -. Sono tutte informazioni, di cui prima non potevamo disporre in maniera così accurata, importanti per orientare il cardiologo a una gestione personalizzata del paziente, limitando la coronarografia, procedura invasiva e non priva di rischi, ai casi in cui la stenosi necessita di essere trattata, avviando gli altri a una terapia farmacologica”.
“L’innovazione tecnologica è da sempre una direttrice strategica dell’IRCCS di Negrar” ha detto l’amministratore delegato Claudio Cracco. “Il fine ultimo del nostro operato quotidiano è prendersi cura del paziente assicurando le migliori opzioni diagnostiche e terapeutiche. La nuova TC rientra in questa visione. Questa tecnologia di ultima generazione consentirà un percorso diagnostico per il paziente più sicuro e personalizzato e permetterà un approccio più sostenibile e appropriato, essendo una valida alternativa a una indagine invasiva come la coronarografia diagnostica”.
“E’ importante valorizzare questa dinamicità, che sicuramente il privato ha e mette in campo, all’interno di una collaborazione strutturale e strutturata con il servizio pubblico”, ha commentato Patrizia Benini, direttrice generale dell’Ulss 9. “Credo che oggi sia questo il vero messaggio: continuare su questa strada dove pubblico e privato sono all’interno di una rete, grazie alla quale, con possibilità e capacità diverse, ciascuno può differenziare l’offerta e avere un ruolo paritario per offrire un servizio all’utenza. Qui non è una gara, ma è una collaborazione per dare il meglio a chi si rivolge a noi”.
Al dottor Guglielmetti il sigillo della Città di Trento: "Lo dedico ai pazienti dello studio sulla tubercolosi resistente ai farmaci"
Dopo essere stato citato dal Time tra le 100 persone più influenti del mondo in ambito sanitario, il dottor Lorenzo Guglielmetti, responsabile della UOS Tubercolosi e Micobatteri, è stato insignito dell’antico sigillo della Città di Trento, sua città natale. “Questo riconoscimento è dedicato in particolare ai quasi 4000 pazienti che hanno accettato di partecipare al progetto endTB, permettendo di identificare un nuovo trattamento più breve e meglio tollerato per la tubercolosi multiresistente.”
“Per aver saputo conciliare l’attività scientifica e l’impegno umanitario e per aver messo a servizio delle aree marginali del mondo la più avanzata ricerca medica”. Con questa motivazione il dottor Lorenzo Guglielmetti, responsabile dell’Unità Operativa Semplice Tubercolosi e Micobatteri del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS d Negrar, è stato insignito dell’antico sigillo della Città di Trento, l’Aquila ardente di San Venceslao, assegnato ai cittadini originari del capoluogo alpino che si sono distinti nel mondo in vari ambiti.
Guglielmetti è stato inserito recentemente dal Time tra le più influenti persone al mondo nell’ambito sanitario, grazie allo studio sulla Tubercolosi resistente ai farmaci, pubblicato quest’anno sul New England Journal of Medicine. Insieme a lui il sindaco Franco Ianeselli ha premiato con la più alta onorificenza comunale, assegnata in occasione delle celebrazioni dedicate a San Vigilio, patrono di Trento, anche il botanico Franco Pedrotti.
Nato a Trento 42 anni fa, Guglielmetti, dopo la laurea e la specializzazione in malattie infettive all’Università di Verona, è partito nel 2014 per Parigi, dove ha conseguito alla Sorbona il master e il dottorato in Epidemiologia e Salute globale, per poi iniziare a lavorare per Medici Senza Frontiere. Un’attività sul campo, in vari Paesi dove la tubercolosi fa più vittime. Nel 2017 è diventato responsabile del progetto di ricerca clinica endTB, insieme alle Ong Partners in Health (USA) e la Interactive Research and Development (Pakistan), conducendo per 8 anni un lavoro enorme in sette Paesi dal Kazakistan al Perù con l’obiettivo di migliorare il trattamento della tubercolosi resistente ai farmaci.
“Quasi scomparsa nei Paesi sviluppati, la tubercolosi continua a mietere vittime nel resto del mondo: basti pensare che ogni anno i morti raggiungono la tragica cifra di un milione e 400 mila, che ogni tre minuti muore un bambino”, ha detto il sindaco Ianeselli conferendo l’onorificenza all’infettivologo. È uno scandalo intollerabile… il nostro mondo si adatta benissimo alla sofferenza dei bambini, sacrificati troppo spesso a una real politik impegnata a soppesare e valutare le buone ragioni di Erode, a tagliare i fondi per la ricerca e per i progetti umanitari. Per questo la storia del dottor Guglielmetti ci dà speranza: non ci colpisce solo il fatto che il suo nome sia stato inserito da Time tra le cento persone più influenti in ambito sanitario. Ci colpisce la sua scelta di lavorare per un’Organizzazione non governativa, di fare ricerca in campi difficili e poco remunerativi, di dedicarsi a una malattia povera, che miete vittime considerate residuali e che condanna a morte persone la cui vita viene ritenuta meno importante delle nostre…”.
“Sono molto orgoglioso di aver ricevuto questo prestigioso riconoscimento – ha commentato il dottor Guglielmetti – Esso sottolinea l’importanza della ricerca indipendente su patologie che hanno un impatto rilevante sulla salute globale ma sono dimenticate da investitori e aziende farmaceutiche. Questo riconoscimento è dedicato in particolare ai quasi 4000 pazienti che hanno accettato di partecipare al progetto endTB, permettendo di identificare un nuovo trattamento più breve e meglio tollerato per la tubercolosi multiresistente.”
TARE: sfere radioattive per curare localmente il tumore del fegato
Tra i trattamenti loco-regionali, il più innovativo è la TARE (Radioembolizzazione Trans-Arteriosa) che viene effettuata in poche strutture in Italia. Tra queste l’Unità Operativa Semplice di Epatologia Interventistica dell’IRCCS di Negrar, di cui è responsabile la dottoressa Sara Boninsegna. La UOS, che fa parte della Gastroenterologia ed Endoscopia, diretta dal dottor Paolo Bocus, ogni anno tratta con questa procedura una ventina di pazienti. La TARE è una forma di radioterapia interna mirata, in cui le radiazioni vengono rilasciate direttamente nella zona tumorale tramite i vasi sanguigni che la riforniscono.
L’epatocarcinoma, o carcinoma epatocellulare-HCC, è il tumore primitivo più comune del fegato di cui in Italia si registrano 13mila nuovi casi all’anno. La prognosi varia a seconda dello stadio in cui viene diagnosticato e attualmente sono disponibili diverse possibilità terapeutiche: la resezione chirurgica, i trattamenti loco-regionali (termoablazione, TACE e TARE) e infine il trapianto di fegato.
Tra i trattamenti loco-regionali, il più innovativo è la TARE (Radioembolizzazione Trans-Arteriosa) che viene effettuata in poche strutture in Italia. Tra queste l’Unità Operativa Semplice di Epatologia Interventistica dell’IRCCS di Negrar, di cui è responsabile la dottoressa Sara Boninsegna. La UOS, che fa parte della Gastroenterologia ed Endoscopia, diretta dal dottor Paolo Bocus, ogni anno tratta con questa procedura una ventina di pazienti.
Dottoressa Boninsegna, in cosa consiste la TARE?
La Radioembolizzazione Trans-Arteriosa, o TARE, è un trattamento medico per il cancro al fegato che utilizza microsfere radioattive (contenenti ittrio-90) con lo scopo di distruggere le cellule tumorali. Le microsfere, somministrate per via interarteriosa, raggiungono la zona tumorale, dove liberano radiazioni beta, che provocano la necrosi delle cellule tumorali, provocandone la morte. In pratica, si tratta di una forma di radioterapia interna mirata, in cui le radiazioni vengono rilasciate direttamente nella zona tumorale tramite i vasi sanguigni che la riforniscono. La parte sana del fegato viene solo minimamente coinvolta, per consentire di funzionare regolarmente.
Quando è indicato intervenire con la TARE?
La TARE è indicata principalmente per il trattamento di tumori del fegato, sia primari (come l’epatocarcinoma ed il colangiocarcinoma) che secondari (metastasi di altre neoplasie, come quella al colon-retto), quando la resezione chirurgica o altre metodiche loco-regionali sono controindicate. Oppure quando la chemioterapia non è attuabile.
Può essere usata in concomitanza con altre terapie?
La TARE non esclude altri tipi di terapie, come per esempio l’immunoterapia. Anzi, portando il tumore alla regressione, può far rientrare il paziente nei criteri per procedere con la resezione chirurgica o addirittura con il trapianto. Pertanto è molto importante definire un percorso di cura multidisciplinare in cui i diversi specialisti possano offrire differenti opzioni terapeutiche, a fini curativi o palliativi, per ottenere la migliore risposta sul tumore. In proposito all’IRCCS di Negrar opera un gruppo oncologico multidisciplinare – formato da gastroenterologi, oncologi, anatomopatologi, radiologi interventisti, medici nucleari, fisici nucleari e chirurghi – con l’obiettivo di offrire al paziente il migliore trattamento possibile in quella determinata fase della malattia.
Come avviene il trattamento?
La TARE prevede due fasi. La prima è preparatoria con lo scopo di individuare il punto esatto dove devono essere collocate le sfere radioattive. Dopo due settimane, il paziente ritorna in ospedale per l’infusione delle microsfere tramite catetere per via intrarteriosa. Poiché le microsfere addizionate con Ittrio 90 giungono a Negrar dal Canada, dove il radioisotopo viene prodotto da una centrale atomica, la dose importata deve tener conto del decadimento delle radiazioni emesse dal radiofarmaco che intercorre dal momento della produzione fino a quello della somministrazione. Il ricovero dopo il trattamento (due-tre giorni) non richiede isolamento, perché il radiofarmaco emana radiazioni che hanno una penetrazione tessutale di 2,5 millimetri, quindi non escono dal corpo del paziente stesso.
Comporta effetti collaterali?
In genere può presentarsi la febbre nei giorni successivi al trattamento, sintomo gestibile con farmaci. In casi rari, possono verificarsi complicanze più gravi, come l’infiammazione del fegato, ma sono generalmente rare.
Malattia di Crohn: il racconto di Emma e l'importanza della ricerca
In questo video, Emma racconta la sua vita con la malattia di Crohn. Al suo fianco, la dottoressa Angela Variola, responsabile del Centro Malattie Retto-Intestinali. Emma è stata sottoposta a un intervento all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, dovuto alle complicanze della sua patologia non diagnosticata in tempo, ma non è guarita dalla malattia di Crohn. Tuttavia grazie alla terapia con farmaci biotecnologici, oggi sta bene e conduce una vita normale. “Grazie a questi farmaci – afferma la dottoressa Variola nel video – oggi circa la metà dei pazienti in trattamento sono in remissione”. L’obiettivo, attraverso la ricerca, è di portare questa percentuale di pazienti in remissione al 100%, prevenendo le complicanze che possono portare a interventi anche molto invasivi. Con la speranza concreta, sempre attraverso la ricerca, di scoprire in futuro terapie che portino alla guarigione definitiva dalle patologie infiammatorie croniche dell’intestino, quali appunto la malattia di Crohn e la colite ulcerosa.
Per scoprire di più su come sostenere la ricerca dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria: https://5xmille.sacrocuore.it/
La Famiglia Calabriana si riunisce in assemblea a Roma
Dall’1 al 7 giugno 38 religiosi, religiose e laici dell’Opera Don Calabria sono riuniti al Collegino di Primavalle (Roma) per l’assemblea di metà sessennio. L’incontro serve per verificare il cammino fatto a tre anni di distanza dal Capitolo Generale e definire il percorso del prossimo triennio che coinvolgerà tutte le Case e le attività calabriane, tra cui la Cittadella della Carità di Negrar.
Si sta svolgendo in questi giorni a Roma l’assemblea di metà sessennio della Famiglia Calabriana, di cui fa parte anche la Cittadella della Carità di Negrar. L’incontro, che si svolge presso il Collegino di Primavalle, è cominciato domenica e proseguirà fino a sabato 7 giugno, con l’obiettivo di fare il punto sul cammino percorso dall’Opera Don Calabria nei tre anni trascorsi dall’ultimo Capitolo Generale (Maguzzano, 2022). Sono 38 i partecipanti tra religiosi, religiose e laici provenienti da tutti i territori nei quali è presente la Famiglia Calabriana nel mondo. Tra loro anche fratel Gedovar Nazzari e don Miguel Tofful, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria.
I Paesi dove è presente l'Opera Don Calabria
L’assemblea è iniziata domenica 1 giugno con la benedizione delle 15 bandiere dei Paesi dove è presente l’Opera, effettuata dal Casante don Massimiliano Parrella insieme alla Madre Generale delle Povere Serve della Divina Provvidenza, Sor. Lucia Bressan. A seguire, dopo una giornata di ritiro spirituale e una toccante mattinata dedicata alla condivisione delle attività, dei colori e dei sapori di ogni territorio, nel pomeriggio di martedì è iniziato il lavoro di riflessione sul documento intitolato “Ego dixi”, nel quale sono raccolti gli obiettivi del Capitolo Generale e i dati delle verifiche effettuate nelle varie Case e comunità calabriane. La riflessione e il confronto proseguiranno fino a giovedì 5 giugno, mentre il venerdì è previsto per i partecipanti il pellegrinaggio giubilare con il passaggio della Porta Santa.
Il fumo di sigaretta le blocca l’intestino: salvata grazie a un delicato intervento chirurgico
31 maggio – Giornata mondiale senza tabacco. La storia di Angela che ha rischiato di morire per un’ischemia intestinale. Le 40 sigarette al giorno le avevano chiuso quasi del tutto i vasi principali che portano il sangue all’intestino. Forti dolori e conati di vomito ad ogni pasto e in pochi mesi aveva perso 20 chili. Il dottor Luca Garriboli, direttore della Chirurgia Vascolare: “Un bypass complesso perché il fumo crea una rigidità tale che l’arteria assume la consistenza di un guscio d’uovo. La prevenzione? Non fumare e condurre una vita sana. Dopo i 60 anni è raccomandabile controllare la salute delle nostre arterie perché le occlusioni all’inizio non danno sintomi”
Angela (il nome è di fantasia) oggi sta bene. Grazie ai medici della Chirurgia Vascolare dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar che le hanno salvato la vita con un complicato intervento chirurgico di bypass. E grazie alla decisione della sua vita: dire basta alle sigarette. Nella Giornata mondiale senza tabacco, che ricorre il 31 maggio, la storia di questa signora di 70 anni, lombarda, è l’esempio di come il fumo possa colpire gravemente non solo i polmoni e il cuore ma ogni organo del nostro corpo. Compreso l’intestino.
In pochi mesi aveva perso 20 chili
Angela in pochi mesi ha perso 20 chili. Mangiare per lei era diventato un supplizio, perché ad ogni pasto erano dolori e conati di vomito. La causa: un’ischemia intestinale, provocata da un tabagismo di lunga data che la portava a fumare quasi 40 sigarette al giorno.
La stenosi era quasi totale per tutte e tre le arterie addominali
“La grande capacità di compensazione del nostro sistema circolatorio consente un sufficiente apporto di sangue all’intestino anche con un solo vaso aperto, ma questo non era il caso della signora che presentava una chiusura quasi totale di tutte e tre le arterie: il tronco celiaco, l’arteria mesenterica superiore e quella inferiore”, spiega il dottor Luca Garriboli, direttore della Chirurgia Vascolare del “Sacro Cuore Don Calabria” che con la sua équipe ha realizzato l’intervento. “Di conseguenza l’attività motoria e funzionale del sistema intestinale necessaria per la digestione, momento che richiede la massima irrorazione di sangue, era quasi del tutto compromessa, provocando dolori ed episodi di vomito che costringevano Angela a non mangiare”.
Intervento delicato: con il fumo la consistenza delle arterie è simile a un guscio d’uvo
I vari tentativi effettuati dai medici di aprire un vaso alla volta attraverso procedure endovascolari (il cosiddetto palloncino) sortivano solo un effetto momentaneo sia per la complessità del caso, sia perché, nonostante tutto, la signora continuava a fumare. “Eravamo arrivati a una situazione limite: la paziente rischiava la vita – prosegue il dottor Garriboli -. Abbiamo, pertanto, deciso di intervenire chirurgicamente, dopo aver prelevato un segmento della vena safena della gamba della paziente. Questa è stata poi collegata all’aorta addominale e all’arteria mesenterica superiore in modo tale da creare un bypass che superasse l’occlusione. Si tratta di un intervento complesso che richiede un’elevata competenza chirurgica, soprattutto perché il fumo provoca una rigidità della parete arteriosa tale che l’arteria assume la consistenza di un guscio d’uovo, rendendo proibitiva la sutura. La difficoltà consiste proprio nel creare una zona pulita dalle calcificazioni aterosclerotiche e nella delicatezza e precisione tecnica durante il confezionamento dell’anastomosi”.
La malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte al mondo ed il fumo è uno dei maggiori responsabili
Ora Angela ha ripreso ad alimentarsi regolarmente e, soprattutto, ha smesso di fumare. “Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte al mondo e il fumo è una delle principali ragioni – riprende il medico –. La nicotina, contenuta a vari dosaggi anche nelle sigarette elettroniche, ha un effetto irritante sull’endotelio delle arterie, il ‘pavimento’ dei vasi dove ‘scivola’ il sangue. Il nostro sistema immunitario ha la capacità di riparare questo tessuto, ma si vanno a creare delle zone di rigidità, le cosiddette placche aterosclerotiche. Queste nel tempo evolvono con l’accumulo dei componenti del sangue, generando così stenosi ed occlusioni responsabili della diminuzione dell’afflusso di sangue agli organi”.
Le conseguenze, a seconda della zona colpita, sono ictus, aneurismi, problemi agli arti inferiori (che possono portare anche all’amputazione) ed infarti intestinali come nel caso di Angela.
La prevenzione: non fumare e stili di vita salutari
Cosa prevenire tutto questo? “Innanzitutto, se si fuma, smettere immediatamente – sottolinea il dottor Garriboli -: eliminando questo fattore di rischio il nostro organismo, attivando meccanismi di compenso, come la generazione di importanti circoli collaterali, può superare naturalmente le occlusioni. Inoltre, è fondamentale una dieta povera di grassi animali e un’attività sportiva costante. Poiché queste stenosi sono all’inizio asintomatiche, dopo i 60 anni è raccomandabile sottoporsi ad un ecocolordoppler dei vasi del collo (carotidi), dell’aorta e degli arti inferiori. In questo modo, in caso di malattia, possiamo intervenire precocemente e con le tecniche più adeguate”.
Nella foto l’équipe di Chirurgia Vascolare: Luca Garriboli, Edoardo Forcella, Eleonora Gasparini, Michele Bedetti, Chiara De Massari, Davide Mastrorilli e Mattia Nicolis. Fanno parte dell’équipe anche Laura Invernizzi, Tommaso Miccoli, Gianguido Pruner e Paolo Tamellini
L'AD Claudio Cracco nominato Ambassador della Sanità Italiana
A margine del meeting di Grandi Ospedali che si è tenuto a Torino, l’Amministratore Delegato dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, dottor Claudio Cracco, è stato insignito del titolo di “Ambassador della Sanità italiana”. La Community degli Ambassador è composta da 35 manager, tra cui direttori generali o amministratori delegati delle grandi strutture ospedaliere che dal 2022 ad oggi sono state inserite tra i migliori ospedali italiani (classifica Newsweek – Statista).
Il 28 maggio, a margine del meeting di Grandi Ospedali che si è tenuto a Torino, l’Amministratore Delegato dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, dottor Claudio Cracco, è stato insignito del titolo di “Ambassador della Sanità italiana”, un riconoscimento che viene attribuito “a quei leader del settore sanitario che si contraddistinguono per il loro impegno nell’innovazione, nella collaborazione e nel creare sinergie all’interno del sistema sanitario con l’obiettivo di migliorare la qualità e l’efficacia dell’assistenza sanitaria e di elevare la capacità della ricerca, rispecchiando così i valori e lo spirito del progetto Grandi Ospedali”
La Community degli Ambassador è composta da 35 manager, tra cui direttori generali o amministratori delegati delle grandi strutture ospedaliere che dal 2022 ad oggi sono state inserite tra i migliori ospedali italiani (classifica Newsweek – Statista). Nel 2023 lo stesso titolo era stato conferito anche al dottor Mario Piccinini.
“Sono onorato di questo prestigioso riconoscimento che mi è stato assegnato in quanto Amministratore Delegato di un Grande Ospedale. Ma se l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria è considerato tale è grazie alla professionalità, alla passione e all’abnegazione di tutti i Collaboratori che ogni giorno sono a sevizio del paziente. ‘Ambassador della Sanità italiana’ è un titolo personale ma nello stesso tempo un riconoscimento collettivo che ci sprona a migliorare sempre, consapevoli delle sfide attuali e di quelle che ci attendono”, commenta il dottor Claudio Cracco.
Laboratorio di Ecocardiografia: “certificato” in Europa per i casi più complessi. E’ l’unico in Italia
Il Laboratorio di Ecocardiografia dell’IRCCS di Negrar ha ottenuto, unico centro italiano, la certificazione europea “avanzata” per l’ecocardiogramma transtoracico e transesofageo. “Un’ulteriore conferma del livello di expertise raggiunto dagli operatori e di conseguenza una garanzia di qualità e di sicurezza per il paziente”, afferma il direttore della Cardiologia, dottor Giulio Molon. La dottoressa Laura Lanzoni, responsabile del Laboratorio: “La certificazione dell’EACVI ci qualifica come Centro specializzato nella valutazione ecocardiografica dei casi più critici e complessi, come i pazienti candidabili a procedure cardiologiche interventistiche percutanee o ad interventi cardiochirurgici”
Prestigioso riconoscimento per la Cardiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, diretta dal dottor Giulio Molon. Il Laboratorio di Ecocardiografia ha ottenuto la certificazione europea “avanzata” in ecocardiogramma transtoracico ed in ecocardiogramma transesofageo.
Quello di Negrar è l’unico Laboratorio italiano ad aver ricevuto l’attestazione dall’EACVI, la più importante Società scientifica europea di imaging cardiovascolare, che certifica la competenza nella valutazione ecocardiografica dei pazienti. “Un’ulteriore conferma del livello di expertise raggiunto dagli operatori e di conseguenza una garanzia di qualità e di sicurezza per il paziente”, sottolinea il dottor Molon.
L’ecocardiogramma è un esame di primo o secondo livello che utilizza gli ultrasuoni per visualizzare il cuore e le sue strutture, indicato per tutte le patologie cardiologiche e ogniqualvolta malattie, interventi o terapie farmacologiche possono influire sulla salute cardiaca.
“Si tratta di una procedura “operatore dipendente”, pertanto è fondamentale la preparazione teorica e pratica di chi lo esegue – spiega la dottoressa Laura Lanzoni, responsabile del Laboratorio -. All’IRCCS di Negrar possiamo contare su grandi volumi: nel 2024 il nostro Laboratorio ha effettuato 9.100 ecocardiogrammi su adulti, di cui 320 transesofagei. Quelli pediatrici sono stati 620 e 120 gli esami fetali”.
“Nel 2014 avevamo ottenuto la certificazione base dalla stessa società scientifica europea per l’ecocardiogramma più comune, quello transtoracico – prosegue la cardiologa – Potevamo ottenere lo stesso riconoscimento per l’ecocardiogramma transesofageo (che viene effettuato inserendo la sonda ecocardiografica nell’esofago, la cui posizione favorisce uno studio più dettagliato del cuore ndr), ma abbiamo voluto alzare l’asticella”. Questo è stato possibile grazie alle precedenti certificazioni europee e italiane conseguite da tutti i sei medici ecocardiografisti e dalle due sonographer, cioè tecnici di ecocardiografia; al numero delle pubblicazioni scientifiche e a quello degli operatori formati nell’ultimo triennio.
“La certificazione dell’EACVI ci qualifica come Centro specializzato nella valutazione ecocardiografica dei casi più critici e complessi” spiega ancora Lanzoni. “Mi riferisco per esempio ai pazienti candidabili a procedure cardiologiche interventistiche percutanee, come la sostituzione della valvola aortica o la correzione della valvola mitrale, o ad interventi cardiochirurgici per i quali l’ecocardiogramma è un esame decisivo. Oppure ai pazienti oncologici che essendo sottoposti a terapie potenzialmente cardiotossiche necessitano di uno studio periodico della condizione del cuore. Inoltre l’ecocardiogramma – conclude la cardiologa – è fondamentale per decidere la strategia di intervento su pazienti infartuati in cui è necessario stabilire con precisione quale parte del muscolo cardiaco è ancora viva e funzionale. Si tratta di una certificazione di qualità a tutto vantaggio del paziente”.
Nella foto da sinistra: i dottori Giulio Molon, Stefano Bonapace, Laura Lanzoni, Andrea Chiampan e Anna Anselmi. Di seguito lo sonographer Sara Bulgari e Nicoletta Andreassi Dal Ben. Fanno parte del Laboratorio anche la dott.ssa Clementina Dugo e il dottor Luca Ghiselli
Settimana mondiale della tiroide: colloqui telefonici con i medici dell'IRCCS di Negrar
In occasione della Settimana Mondiale della Tiroide i medici dell’Unità Operativa di Endocrinologia dell’IRCCS di Negrar, sono a disposizione dei cittadini giovedì 22 e venerdì 23 maggio per brevi colloqui telefonici informativi rivolti a coloro che non hanno mai avuto una diagnosi di patologia della tiroide, ma nutrono dubbi sui sintomi o sono interessati alla prevenzione. Il numero da chiamare dalle 14 alle 15 è lo 045. 6013750.
“Tiroide e intelligenza artificiale” è il focus della Settimana Mondiale (dal 19 al 25 maggio) dedicata alla sensibilizzazione sui temi inerenti alla prevenzione, diagnosi e cura delle malattie della tiroide. L’iniziativa è rivolta alla popolazione generale, affinché assuma un ruolo attivo nell’informarsi, da fonti qualificate, su ciò che riguarda la salute. La “buona informazione”, infatti, è parte degli stili di vita raccomandati al pari della corretta alimentazione e del movimento.
Colloqui telefonici informativi
Per questo i medici dell’Unità Operativa di Endocrinologia dell’IRCCS di Negrar, diretta dalla dottoressa Maria Pina Iagulli, aderiscono alla Settimana Mondiale della Tiroide, mettendosi a disposizione dei cittadini giovedì 22 e venerdì 23 maggio per brevi colloqui telefonici informativi rivolti a coloro che non hanno mai avuto una diagnosi di patologia della tiroide, ma nutrono dubbi sui sintomi o sono interessati alla prevenzione. Il numero da chiamare dalle 14 alle 15 è lo 045. 6013750.
In Italia 6 milioni soffrono di malattie tiroidee
In Italia sono circa 6 milioni le persone che soffrono di patologie della tiroide (in particolare ipo e ipertiroidismo), soprattutto donne. Nella maggior parte dei casi si tratta di malattie non gravi e ben curabili, se correttamente diagnosticate e trattate.
I noduli: diffusi, ma pochissimi sono maligni
I noduli tiroidei sono molto diffusi: colpiscono fino al 5% della popolazione, ma solo una piccola frazione di questi sono di natura maligna ed hanno bisogno di essere rimossi insieme a tutta o parte della ghiandola.
L’Unità Operativa di Endocrinologia
Presso l’Endocrinologia dell’IRCCS di Negrar vengono eseguite regolarmente visite endocrinologiche di primo e secondo livello per problematiche tiroidee ed ecografie endocrine del collo per tiroide e linfonodi (circa 2.800 nel 2024). Sono attivi diversi ambulatori di presa in carico, in particolare dedicati all’agoaspirato tiroideo (circa 500 nel 2024), alle neoplasie tiroidee, alle patologie tiroidee in gravidanza, all’iperfunzione della tiroide con associata patologia oculare e alla presa in carico postchirurgica.
Un percorso multidisciplinare per il paziente oncologico
“Nel caso di patologia tumorale della tiroide il “Sacro Cuore Don Calabria” ha sviluppato un percorso multidisciplinare di presa in carico del paziente dalla diagnosi alla terapia fino al follow up”, spiega la dottoressa Iagulli. “Questo gruppo di avvale della collaborazione di professioni dell’Endocrinologia, dell’Endocrinochirurgia, della Medicina Nucleare e Terapia Radiometabolica, della Radiologia, della Radioterapia, dell’Oncologia e dell’Anatomia Patologica anche con la Biologia molecolare e della Genetica Clinica – sottolinea -. L’approccio multidisciplinare e la diagnosi precoce favoriscono il trattamento adeguato di queste patologie e di conseguenza una prognosi favorevole per il paziente”.
Tiroide ed intelligenza artificiale
L’IA – tema della Settimana Mondiale della Tiroide – rappresenta una rivoluzione in campo medico, con applicazioni che vanno dalla diagnosi precoce alla personalizzazione delle cure, fino al monitoraggio continuo della salute. “Sebbene queste tecnologie non sostituiscano il ruolo del medico – precisa la dottoressa Iagulli – potrebbero fungere da strumenti potenti per migliorare l’efficienza, la precisione e l’accessibilità dell’assistenza sanitaria anche in ambito endocrinologico ed in particolare in ambito tiroideo. Da non sottovalutare i rischi ad essa correlati che richiedono un’attenta considerazione per garantire l’implementazione responsabile e sicura dell’intelligenza artificiale nel settore sanitario”.
Il “Calabrese-Levi” vincitore di Bio-Hackathon la competizione di invenzioni per la disabilità
La prima edizione dell’iniziativa rivolta alle scuole superiori, promossa dall’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, in collaborazione con la Fondazione Don Gnocchi e l’IRCCS Saverio De Bellis. La 4ESA ha vinto con un’App di supporto ai malati di Alzheimer il premio “Migliore invenzione” e con un progetto per l’uso autonomo dei mezzi pubblici da parte delle persone non vedenti il premio “Migliore presentazione”. “Bio-Hackathon rientra nelle attività del network PerfeTTO, la rete italiana di centri di trasferimento tecnologico nell’ambito delle Scienze della Vita
Un’applicazione digitale progettata per supportare i malati di Alzheimer in grado di stimolare la mente, organizzare le informazioni personali e favorire l’autonomia della persona. E’ questa l’invenzione vincitrice della prima edizione della competizione Bio-Hackathon, l’iniziativa rivolta alle scuole superiori e promossa dall’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, in collaborazione con la Fondazione Don Carlo Gnocchi ONLUS di Milano e l’IRCCS Saverio De Bellis di Castellana Grotte (Bari).
Le premiazioni si sono tenute venerdì scorso nella sala convegni dell’Ospedale di Negrar, con la presenza di circa 80 ragazzi, e i loro insegnanti, dei tre licei scientifici dell’Istituto Salesiano Don Bosco, dell’IIS Calabrese-Levi e dell’IISS Copernico-Pasoli, che hanno esposto le 16 soluzioni tecnologiche in concorso, rivolte ai bisogni reali delle persone disabili.
Tutti lavori che si sono distinti per creatività, originalità e grande empatia per il mondo della disabilità. Molti erano correlati anche da analisi di mercato finalizzate a stabilire i potenziali fruitori delle loro invenzioni, i costi e i possibili ricavi economici.
Alla fine, non senza difficoltà di scelta, la giuria di esperti ha assegnato il premio “Migliore Invenzione” al progetto “RAFA” (Realistic Alzheimer’s Focused Assistant), realizzato da cinque studenti della 4E Scienze Applicate del Calabrese-Levi di San Pietro In Cariano: Jacopo Cabrini, Riccardo Gaiardoni, Gaia Murari, Sofia Passalacqua e Alessandro Veronese.
Altri sei ragazzi della stessa classe sono stati premiati per la migliore presentazione. Pietro Arcangeli, Andrea Chieppe, Federico Conte, Melania Grigoli, Chiara Simeoni e Leonardo Sommacampagna hanno presentato il sistema “SoundWay”, ideato per facilitare gli spostamenti autonomi in autobus delle persone non vedenti e ipovedenti integrando un sistema più efficace per l’annuncio di arrivo e destinazione del bus.
Oltre a un trofeo, entrambi i gruppi hanno avuto in premio i biglietti d’ingresso per la fiera dell’innovazione “We Make Future” che si terrà a Bologna dal 4 al 6 giugno.
“Bio-Hackathon rientra nelle attività del network PerfeTTO, la rete italiana di centri di trasferimento tecnologico nell’ambito delle Scienze della Vita finanziata dal Ministero della Salute”, hanno spiegato gli organizzatori tra cui Elena Pomari e Sofia Pettene, rispettivamente referente trasferimento tecnologico e technology transfer manager junior dell’IRCCS di Negrar. “A questa rete aderiscono 54 associati, tra cui Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, Università, Enti pubblici e privati. L’intento è quello di valorizzare i risultati della ricerca scientifica e dell’innovazione, affinché escano dai laboratori e trovino interesse da parte dell’industria per la realizzazione di nuove tecnologie. Con l’iniziativa rivolta alle scuole abbiamo voluto stimolare la creatività dei ragazzi e promuovere l’importanza dello sviluppo della tecnologia in un settore che ha un forte impatto sociale, come la disabilità”.
Le premiazioni sono state l’ultima fase di un programma iniziato lo scorso gennaio con incontri tenuti nelle scuole dalla dottoressa Pomari, da Francesca Caronna, designer di prodotto, e Alessio Sansò, fondatore e Ceo di un’azienda produttrice di dispositivi per disabili. “Acquisiti dagli esperti gli elementi in base ai quali un’idea si trasforma in un’innovazione tecnologica – hanno proseguito gli organizzatori – i ragazzi, sotto il tutoraggio degli stessi esperti e degli insegnanti, sono stati invitati a sviluppare soluzioni concrete per rispondere ai bisogni della disabilità. Ne sono nati 16 progetti di grande interesse che potrebbero avere uno sviluppo futuro”.
Alla mattinata sono intervenuti anche due ospiti d’eccezione. Attraverso un video, perché in Slovenia per una gara, Federico Crosara, campione paralimpico di tennistavolo, ha raccontato come la tecnologia lo abbia aiutato a sviluppare la sua passione sportiva, ma anche quanto sia di supporto nella vita di tutti i giorni. “Siete tutti vincitori – ha detto ai ragazzi – poiché lavorando a questi progetti avete conosciuto da vicino il mondo della disabilità, raffinando la vostra sensibilità nei confronti dei nostri bisogni e delle nostre difficoltà”. Paolo Fiorini, già professore ordinario Dipartimento di Medicina dell’Innovazione dell’Università di Verona, fondatore e Ceo di Needleye Robotics, start up che si occupa di robotica chirurgica associata all’intelligenza artificiale, ha esortato gli studenti ad inseguire i sogni, anche al di là degli studi intrapresi, perché ciò che sembra impossibile oggi si può avverare domani: “Io ho iniziato progettando lavatrici e poi sono stato per 15 anni alla Nasa occupandomi di progettazione di robot spaziali, oggi progetto robot chirurgici”.