La dottoressa Elena Pomari, che all’interno del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali è referente del Trasferimento Tecnologico, è stata premiata per l’attività di ricerca sui vantaggi della tecnica ddPCR rispetto alle tecniche di riferimento come la Real-Time PCR applicata nell’ambito del Sars-CoV2

La dottoressa Elena Pomari, biologa del Dipartimento di Malattie Infettive Tropicali e Microbiologia, è stata insignita del premio “Positive Droplet Award”, categoria “Fight Against SARS-CoV-2”, indetto dalla Biorad, la multinazionale con sede in California specializzata in biotecnologie sia in ambito diagnostico che di ricerca.

Il riconoscimento rientra nelle celebrazioni per i 10 anni dall’immissione sul mercato da parte della stessa Biorad del macchinario Droplet Digital PCR (ddPCR), che applica l’omonima tecnica di biologia molecolare.

La dottoressa Pomari, che all’interno del Dipartimento diretto dal professor Zeno Bisoffi è referente del Trasferimento Tecnologico, è stata premiata per l’attività di ricerca sui vantaggi della tecnica ddPCR rispetto alle tecniche di riferimento come la Real-Time PCR, familiare anche al grande pubblico in quanto viene impiegata per la diagnosi molecolare del SARS-CoV-2. In particolare proprio in riferimento al virus responsabile della COVID19, la biologa dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria è stata, insieme ai suoi colleghi, tra i primi a sviluppare un sistema di quantificazione della carica virale con la ddPCR direttamente sul tampone nasofaringeo senza dover effettuare il passaggio che precede la PCR e cioè quello di estrazione e purificazione dell’RNA virale, e quindi riducendo costi e tempi dell’analisi.

La giuria del Positive Droplet Award ha assegnato il premio alla dottoressa Pomari, classe 1983, sulla base del suo contributo nell’applicazione della ddPCR nella lotta contro il SARS-CoV-2 e delle pubblicazioni scientifiche presentate.

La tecnica di biologia molecolare Droplet Digital PCR ha l’obiettivo, come la Real-Time PCR, di cercare gli acidi nucleici di un patogeno (ad esempio un batterio o un virus) che ne individuano la presenza in un organismo – spiega la biologa –. Il nostro Dipartimento impiega questa metodica, e il relativo macchinario, da alcuni anni sui parassiti. In particolare stiamo indagando i vantaggi di questa tecnica sulla quantificazione, cioè sulla misurazione della quantità del plasmodium della malaria. Con l’avvento della pandemia, abbiamo applicato la ddPCR anche per la ricerca del SARS-CoV-2. Infatti, per quanto riguarda l’ambito della virologia, la ddPCR ha  mostrato già utili applicazioni per il virus dell’HIV, per il Citomegalovirus e per il virus dell’epatite B”.

Ma quali sono i vantaggi della Droplet Digital PCR rispetto alle tecniche tradizionali? “Sicuramente è una metodica che può risultare più sensibile– risponde -. Quando la carica virale è alta le due tecniche sono simili. Il vantaggio si presenta nel momento in cui, invece, la carica è bassa, cioè quando la quantità del genoma virale all’interno del materiale prelevato è minima. In questi casi la PCR classica può non risultare sufficiente alla rilevazione del patogeno, mentre con la ddPCR il rilevamento è immediato con notevoli vantaggi dal punto di vista diagnostico”.