L'IRCCS di Negrar primo centro formatore ERAS in Italia per la chirurgia colo-rettale e bariatrica

Il protocollo chirurgico ERAS si basa su un approccio innovativo e multidisciplinare che mette al centro il paziente anche nella fase pre e post-operatoria del suo percorso. Elementi chiave del protocollo sono oltre alla scelta di un approccio chirurgico mini-invasivo, l’utilizzo ridotto di cateteri e drenaggi e la gestione ottimale del dolore e della nausea che permette la precoce ripresa della mobilizzazione e dell’alimentazione dopo l’intervento chirurgico. Tutto ciò consente un migliore e più rapido recupero funzionale del paziente grazie all’abbattimento delle complicanze mediche, con la conseguente riduzione dei giorni di ricovero da 8,5 a 4,6 per gli interventi al colon-retto e dimissioni entro 48 ore per la chirurgia dell’obesità.

L’IRCCS di Negrar “fa scuola” in Italia e in europa: dopo solo un anno dalla certificazione di centro qualificato, raggiunge un ulteriore e prestigioso traguardo nell’applicazione del protocollo chirurgico ERAS (Enhanced Recovery After Surgery), un percorso di cure che ha come obiettivo la migliore e più rapida ripresa del paziente dopo l’intervento. Il Dipartimento di Chirurgia Generale ha infatti ricevuto la certificazione internazionale di centro formatore ERAS (ERAS® Training Center) per la chirurgia colo-rettale e per il trattamento dell’obesità, che consente alle componenti delle due équipe chirurgiche di formare altri centri europei ed italiani in merito all’applicazione e implementazione del protocollo ERAS che, grazie all’adozione di percorsi-pazienti virtuosi e specifiche tecniche chirurgiche ed anestesiologiche nelle varie fasi peri-operatorie permette di abbattere le complicanze e quindi la durata del ricovero. 

Dr. Giacomo Ruffo

“Grazie ad Eras, all’IRCCS di Negrar, infatti, la degenza media è passata da 8,5 giorni a 4,6 per quanto riguarda la chirurgia colo-rettale, mentre per quella bariatrica la media attuale è di 2 giorni contro i 4 prima dell’applicazione del protocollo – afferma il dottor Giacomo Ruffo, direttore della Chirurgia Generale -. In calo significativo anche le complicanze post-intervento che sono passate dal 33 al 19,5%. Rilevanti anche i dati relativi al dolore e alla nausea dopo l’operazione, il cui controllo è fondamentale per la ripresa della mobilizzazione e dell’alimentazione precoci: si è passati rispettivamente dal 12% al 2% e dal 4% all’1,5%”.

“La certificazione di centro formatore è il risultato di un lavoro complesso di più specialisti, non solo chirurghi, che ha portato ad un’adesione al protocollo superiore al 95%, grazie alla quale sono stati ottenuti significativi miglioramenti a vantaggio di tutti i pazienti, ma in particolare per quelli fragili e per coloro che subiscono interventi ad alta complessità – continua Ruffo -. Il prossimo obiettivo è il riconoscimento di centro di eccellenza, di cui si avvalgono una trentina di ospedali in tutto il mondo, raggiungibile con il mantenimento dei risultati ottenuti e implementando ulteriormente il protocollo Eras con percorsi virtuosi, come l’attivazione di un centro antifumo e un percorso peri-operatorio per il paziente anziano”.

Il protocollo Eras è stato adottato ufficialmente dalla chirurgia colo-rettale nel settembre 2021, quando sono stati inseriti i primi pazienti aderenti al percorso sulla piattaforma mondiale della società scientifica. Oggi i pazienti sono 713, ai quali si aggiungono i 228 della chirurgia bariatrica, che ha iniziato il percorso nel 2021.

Dr.ssa Elisa Bertocchi

Secondo Eras il miglior recupero dopo l’intervento è raggiungibile solo se in ognuna delle tre fasi del protocollo vengono rispettate specifiche linee guida. Di fondamentale importanza è la fase pre-operatoria che si basa sulla preparazione ottimale del paziente attraverso un piano nutrizionale e un percorso di preabilitazione appositamente creati dal nutrizionista e dal fisiatra – spiega la dottoressa Elisa Bertocchi, chirurgo colo-rettale -. Diagnosticate eventuali carenze, viene integrata l’alimentazione con specifici integratori e in caso di anemia, cercata e corretta la causa della stessa”.

La fase operatoria non si limita alla chirurgia mini-invasiva, ma a una serie di procedure anestesiologiche, come la somministrazione di pochi liquidi e l’uso limitato di farmaci oppioidi. “Dalla sala operatoria il paziente esce privo di cateteri e drenaggi, e già nelle ore successive inizia a bere, ad alimentarsi e a muoversi anche grazie a terapie per il controllo del dolore e della nausea – prosegue -. Tutto questo richiede collaborazione da parte dell’équipe multispecialistica e l’adesione attiva e consapevole da parte del paziente a tutto il percorso. Adesione supportata da una un’APP (IColon) che stimola continuamente il paziente ad essere aderente al protocollo e che rappresenta una sorta di diario digitale che consente al medico di monitorare a distanza il paziente dopo le dimissioni e al paziente di rimanere sempre in contatto con il medico”.

dottoressa Irene Gentile, Chirurgia Generale dell'IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria
Dr.ssa Irene Gentile

“Nella chirurgia bariatrica, ERAS facilita la gestione del paziente, molto spesso giovane e con l’esigenza di tornare al più presto alle attività quotidiane – afferma la dottoressa Irene Gentile, chirurgo bariatrico -. Inoltre, il coinvolgimento attivo è ancora più importante per il paziente affetto da obesità grave per quanto riguarda l’aspetto dell’alimentazione e dell’attività fisica: il calo ponderale è fondamentale sia per la candidabilità all’intervento sia per la buona riuscita dello stesso”.

 

 


Obesità: l'IRCCS di Negrar Centro di eccellenza SICOB per la chirurgia bariatrica

L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria ha ricevuto dalla Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità (SICOB) la certificazione di centro di eccellenza, il massimo riconoscimento della qualità raggiunta per quanto riguarda la chirurgia bariatrica.  Il prestigiooso riconoscimento arriva solo dopo quattro anni dai primi interventi. 

L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria ha ricevuto dalla Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità (SICOB) la certificazione di centro di eccellenza, il massimo riconoscimento della qualità raggiunta per quanto riguarda la chirurgia bariatrica.

Un prestigioso traguardo che la Chirurgia generale, diretta dal dottor Giacomo Ruffo, ha ottenuto in pochi anni. I primi interventi su pazienti fortemente a rischio di gravi patologie a causa del forte sovrappeso sono stati eseguiti dall’équipe bariatrica guidata dal dottor Roberto Rossini nel 2017. Nel 2021 è arrivato il primo riconoscimento SICOB, quello di centro accreditato, e ora, solo dopo 4 anni, la certificazione di centro di eccellenza.

 “I riconoscimenti SICOB si basano su criteri condivisi dalla comunità scientifica internazionale e quindi sono prima di tutto un certificato di garanzia per i pazienti che si recano nel nostro centro”, spiega il dottor Rossini. “Il primo criterio per la certificazione di eccellenza riguarda la presa in carico del paziente in base a un Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) formalizzato”, spiega il dottor Rossini. “Noi aderiamo al PDTA della Regione Veneto che prevede la presenza di un’équipe multidisciplinare formata, oltre che da chirurgi, anche da gastroenterologi, psicologi e dietisti, figure fondamentali sia per la preparazione ottimale all’intervento sia per il post intervento, quando è necessario che il paziente rispetti nel tempo uno stile di vita che porti al calo ponderale”.

Fondamentale è il criterio del volume degli interventi che negli ultimi due anni sono stati 228, un numero superiore ai 100 all’anno stabilito dalla Società scientifica. Il 20% proviene da fuori regione e rilevante è anche la percentuale dei cosiddetti Re-Do Surgery (10%), cioè pazienti, giunti da altri ospedali, che si sono rivolti a Negrar per un secondo intervento, a causa di complicazioni dovute alla prima procedura chirurgica o per fallimento nella perdita di peso.  In generale la gran parte di coloro che si rivolgono al Centro bariatrico di Negrar sono donne con un’età media di 39 anni. L’intervento è indicato solo in presenza di un indice di massa corporea (BMI) superiore a 40 o superiore a 35 se ci sono patologie.

“I re-interventi sono compresi nelle quattro procedure chirurgiche che un centro deve effettuare per essere di eccellenza – prosegue il chirurgo -. Pratichiamo inoltre la sleeve gastrectomy, una metodica ampiamente utilizzata a livello mondiale. Si tratta dell’asportazione laparoscopica di buona parte dello stomaco, che assume la forma di un tubo collegato al duodeno. Il risultato è un maggior senso di sazietà, non solo per la riduzione dello spazio di contenimento del cibo, ma anche perché viene recisa quella parte dello stomaco che produce la grelina, il cosiddetto ormone della fame. Le altre due metodiche da noi praticate – il bypass ed il mini bypass gastrico – vengono utilizzate in casi selezionati ed hanno un ruolo importante nel trattamento di alcune complicanze. Sempre eseguite mediante tecnica laparoscopica, entrambe vanno a creare, in maniera differente, una piccola sacca gastrica collegata direttamente al piccolo intestino”.

La SICOB prevede poi che l’Ospedale disponga di terapia intensiva e che la casistica operata dal Centro sia interamente registrata nel date base nazionale della Società come il follow up dei pazienti. “Il 70% dei nostri pazienti effettuano nel primo anno tutti i controlli periodici contro il 50% stabilito dalla Società. Poi nel tempo la percentuale si abbassa fisiologicamente sebbene rimanga soddisfacente”, precisa il chirurgo.

Nella foto l’équipe della Chirurgia bariatrica: da sinistra la dottoressa Maria Paola Brunori (gastroenterologa), dottoressa Eleonora Geccherle (psicologa), dottor Roberto Rossini (chirurgo), dottoressa Alessandra Misso (dietista) e dottoressa Irene Gentile (chirurgo)


Il professor Giovanni Targher tra i ricercatori più citati al mondo

Professore associato di Endocrinologia all’Università di Verona e ricercatore presso l’IRCCS di Negrar, Giovanni Targher per il secondo anno consecutivo è stato inserito nella lista Highly Cited Researchers stilata da Clarivate. Un prestigioso riconoscimento sull’interesse e  sulla qualità della sua ricerca in ambito medico.

Giovanni Targher, professore associato di Endocrinologia dell’Università di Verona e ricercatore dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, è tra i ricercatori più citati al mondo. A dirlo la lista degli Highly Cited Researchers stilata ogni anno da Clarivate, una delle società più accreditate nel fornire servizi basati sull’analisi di dati e informazioni relativi alla ricerca scientifica e accademica.

“Sono molto onorato di essere stato incluso, per il secondo anno consecutivo, in questa prestigiosa lista internazionale che identifica i ricercatori e le ricercatrici più influenti al mondo in base alle loro pubblicazioni scientifiche – dichiara Targher-. Questo significa che la linea di ricerca di cui mi sto interessando con il mio gruppo da oltre 20 anni, solleva sempre un particolare interesse a livello internazionale. In questa occasione, voglio ringraziare la governance universitaria dell’ateneo di Verona per avermi permesso di raggiungere tali risultati oltre che l’Amministrazione dell’Irccs Sacro Cuore – Don Calabria di Negrar dove sto proseguendo attualmente, ormai da qualche mese, la mia attività di ricerca all’interno di un ambiente scientificamente vivace e molto stimolante”.

Clicca qui per l’articolo completo pubblicato UNIVR/Magazine


All'AD Piccinini il premio "Imprenditore per il Bene Comune" di Cattolica Assicurazioni

L’Amministratore Delegato della Cittadella della Carità, di cui fa parte anche l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria,  Mario Piccinini è stato insignito del premio “Imprenditore per il Bene Comune”, istituito da Cattolica Assicurazioni e dedicato “agli imprenditori italiani, del mondo profit e non profit, che si sono distinti per la propria capacità di orientare l’impresa al bene, coniugando mercato, sostenibilità, profitto e solidarietà”.

Il premio che rappresenta l’albero della Dottrina Sociale, opera del maestro orafo Moreno Paluan

L’Amministratore Delegato della Cittadella della Carità, di cui fa parte anche l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria,  Mario Piccinini è stato insignito del premio “Imprenditore per il Bene Comune”, istituito da Cattolica Assicurazioni e dedicato “agli imprenditori italiani, del mondo profit e non profit, che si sono distinti per la propria capacità di orientare l’impresa al bene, coniugando mercato, sostenibilità, profitto e solidarietà”.

La cerimonia di consegna si è tenuta nella serata di venerdì 24 novembre in Fiera, a Verona, nell’ambito del tredicesimo Festival della Dottrina Sociale .

Questa la motivazione del Premio, consegnato al dottor Piccinini dal dottor Piero Fusco – Responsabile del Business Unit Enti Religiosi e Terzo Settore di Cattolica Assicurazioni:

“La gestione della Cittadella della Carità è l’obiettivo a cui Mario Piccinini ha dedicato la vita professionale col desiderio di fare bene il Bene. Innovazione, organizzazione, tecnologie, competenze diffuse e formazione continua sono strumenti non finalizzati alla mera cura della malattia ma a porre la Persona al centro di una relazione di cura e di amore. Viene così custodita l’originaria missione di San Giovanni Calabria, che Mario condivide con tutto il personale”

Gli altri imprenditori premiati sono:

Susanna Martucci, Fondatrice di Alisea (Vicenza); Massimo Mercati, Amministratore Delegato di Aboca (Sansepolcro, Arezzo); Gaetano Giunta, Fondatore e Segretario Generale di Fondazione Messina (Messina); Stefano Petrillo, Fondatore e Amministratore Delegato di Enjoy Investment (Segrate, Milano); Roberto Cimberio, Amministratore Delegato della Cimberio Spa (San Maurizio D’Opaglio, Novara).

 


IRCCS per le malattie infettive e tropicali: tre anni di ricerca. Gli studi principali

Sul sito ww.sacrocuore ((bottone IRCCS Ricerca Clinica) è consultabile  il report dell’attività di ricerca per il triennio 2020-2023 dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria per le malattie infettive e tropicali. Intervista al direttore scientifico professor Zeno Bisoffi, che illustra i progetti principali di ricerca principali

Centosessantuno pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali per altrettanti progetti di ricerca: sono i numeri, seppur parziali, che quantificano l’attività scientifica per il triennio 2020-2022 dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria per le malattie infettive e tropicali. I contenuti dei lavori sono consultabili in un report di oltre 180 pagine, realizzato in inglese e pubblicato sul sito www.sacrocuore.it (bottone IRCCS Ricerca Clinica). Una versione più snella in italiano, fruibile anche per i non addetti ai lavori, è in fase di realizzazione.

Il carattere triennale del report risponde alla programmazione degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico stabilita dal Ministero della Salute. Con il 2023 è iniziato il terzo programma triennale di ricerca dell’IRCCS di Negrar, il cui riconoscimento è stato decretato nel maggio del 2018, mentre la riconferma dei requisiti richiesti, prevista per legge, è del luglio 2021. E’ in corso l’iter per la seconda riconferma.

Prof. Zeno Bisoffi

Prof. Pier Carlo Muzzio

Attualmente l’IRCCS comprende 38 ricercatori, di cui il 53% donne e oltre la metà under 40.  Il Full Time Equivalent (FTE) è di 18,65. “Questo significa che l’attività complessiva di ricerca è equivalente a quella di 19 ricercatori, se fossero tutti impiegati a tempo pieno nei progetti. Ma poiché quasi nessuno è full time, essendo ovviamente impegnati anche nella diagnostica e nella clinica, ognuno riserva una percentuale variabile del suo lavoro all’attività di ricerca. La “produttività” media dei nostri ricercatori è stata molto alta se confrontata con altri IRCCS”, spiega il professor Zeno Bisoffi, direttore scientifico dell’IRCCS dal 2022, dopo aver raccolto il testimone del professor Pier Carlo Muzzio “senza il cui apporto non esisterebbe l’IRCCS”.

La ricerca dell’IRCCS di Negrar è sostenuta prevalentemente da finanziamenti pubblici provenienti in particolare dal Ministero della salute, ma anche dalla Commissione europea e da altri enti, e ultimamente anche dai fondi del PNRR. “Una parte cospicua arriva però direttamente dalle persone comuni, con donazioni e soprattutto destinando il loro 5×1000. Sono pazienti, i loro familiari e altre persone che sono venute a conoscenza nel tempo del nostro ospedale. E il fatto che questi contributi abbiano avuto un rilevante aumento in pochi anni è davvero significativo”, sottolinea il direttore scientifico.

Professor Bisoffi, quale attività di ricerca è stata fatta in questo triennio?

L’attività di ricerca 2020-2022 ha riguardato due linee principali. La prima concerne la salute globale e le malattie trasmissibili, legate alla mobilità umana. La seconda, invece, ha come focus le cosiddette malattie tropicali neglette (Neglected Tropical Diseases o NTD). Entrambe fanno parte della nostra ‘ragione sociale’.

In che senso?

Il Centro per le Malattie Tropicali, dal quale ha origine l’attuale dipartimento, si è sempre occupato di patologie collegate ai viaggi e alle migrazioni. L’interesse quasi esclusivo per le malattie originarie del Sud del mondo si è poi allargato a quelle infettive in generale, ma sempre con un occhio attento alla salute globale e ai movimenti umani. La seconda linea è il nostro ‘biglietto da visita’ tanto che dal 2014 siamo Centro collaboratore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la strongiloidosi e le altre malattie tropicali neglette.

Ogni linea di ricerca prevede alcuni macro-progetti, i quali a loro volta comprendono svariati micro-progetti. Facciamo qualche esempio?

Dott. Carlo Pomari

Guerriero Massimo
Prof. Massimo Guerriero

Il triennio comprende i terribili anni della pandemia da Covid-19, quindi era inevitabile che molte ricerche riguardassero il SARS-CoV2, studiato da tutti i punti di vista: diagnostico, terapeutico, immunologico. Ma anche epidemiologico, come lo studio “Città di Verona”, che ha analizzato l’andamento dei contagi nel comune scaligero in tutte le fasi della pandemia, dando preziose indicazioni alle autorità competenti. Ringrazio per questo il dottor Carlo Pomari (responsabile del Servizio di Pneumologia ndr) e il professor Massimo Guerriero (biostatistico ed epidemiologo, ndr) che hanno ideato il progetto e coordinato la sua attuazione pratica.

Sul fronte terapeutico su cosa si è orientata la ricerca?

Un macro-progetto della linea 1 era la valutazione dei farmaci per il trattamento del Covid-19. Tra questi ricordo il trial clinico sull’impiego dell’ivermectina nelle prime fasi della malattia, studio coordinato dal nostro IRCCS in collaborazione con l’Istituto Mario Negri. Sul farmaco, che noi tropicalisti impieghiamo da decenni per patologie come la strongiloidosi e alcune filariosi, c’era molta aspettativa, sulla base di studi in vitro. La nostra ricerca ha rilevato che con dosaggi alti la carica virale tendeva a diminuire, ma non in percentuali statisticamente significative. Apparentemente potrebbe sembrare uno studio ‘fallimentare’, ma nella ricerca i risultati negativi sono altrettanto importanti di quelli positivi. Infatti adesso sappiamo, anche grazie a altri studi, che l’ivermectina non è un trattamento indicato per il Covid. Abbiamo anche mostrato che perfino a dosi molto elevate non comporta effetti collaterali gravi, un’informazione preziosa per l’uso di questo farmaco per altre patologie.

Un trial, invece, che ha avuto ricadute molto positive è quello su un altro farmaco, l’anakinra

Dr. Andrea Angheben

Lo studio ha dimostrato che la somministrazione del principio attivo in una precisa fase dell’infezione riduce la percentuale di casi gravi e la durata di ospedalizzazione. Il trial internazionale italo-greco “Save More”, vedeva come principale investigatore il professore Evangelos J. Giamarellos-Bourboulis, dell’Università Nazionale e Capodistriana di Atene, il quale ha più volte sottolineato l’importanza e qualità della partecipazione allo studio dei colleghi del nostro reparto di Malattie Infettive e Tropicali, coordinati dal dottor Andrea Angheben. Nonostante lo tsunami che si era abbattuto sugli ospedali, hanno trovato il tempo di partecipare attivamente al trial reclutando uno dei gruppi più numerosi tra quelli dei centri italiani.

Ci sono stati studi anche sul vaccino?

Sì, studi significativi, ad esempio sulla diversa risposta immunitaria al vaccino tra coloro che non erano mai stati colpiti da Covid e coloro, invece, che avevano già avuto l’infezione. Questo è stato possibile anche grazie all’efficienza organizzativa di cui non posso non ringraziare la Direzione, il Servizio infermieristico, ma anche la straordinaria partecipazione della grande maggioranza dei dipendenti del nostro ospedale, che ci ha permesso di creare una delle poche coorti di studio sul vaccino seguite nel tempo. La ricerca, da cui sono già scaturite varie pubblicazioni, è infatti tuttora in corso.

Tra i temi più dibattuti durante la pandemia vi è stato quello sull’efficacia della mascherina, come protezione dal contagio.

Dr.esse Chiara Piubelli e Dora Buonfrate

Lo studio sulla valutazione della carica virale nei pazienti ricoverati tra fine febbraio e maggio 2020 ha suggerito indirettamente che misure quali l’uso generalizzato delle mascherine potevano essere state efficaci non solo nel ridurre il numero dei casi di malattia, ma anche la sua gravità in chi comunque si contagiava. Infatti in quell’arco di tempo si è osservato che progressivamente diminuiva la carica virale nei pazienti ospedalizzati e, parallelamente, anche la proporzione di casi gravi. Lo studio, coordinato dalla dottoresse Dora Buonfrate e Chiara Piubelli prima della pubblicazione era stato presentato in un congresso internazionale e aveva sollevato tanto interesse, che il Washington Post lo ha citato in un articolo.

Oltre al Covid, di quali altre malattie si è occupata la linea di ricerca 1?

Prof. Federico Gobbi

Dr. Concetta Castilletti

E’ stato pubblicato un lavoro, coordinato dal professor Federico Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali sul primo cluster di casi autoctoni di dengue  che si è verificato in Italia, precisamente nel Vicentino, nell’agosto del 2020. Un focolaio che si è sviluppato in una regione, il Veneto, che da oltre dieci anni promuove un programma di sorveglianza di cui Negrar è responsabile scientifico, sulle febbri estive, grazie al quale il cluster è stato controllato. Inoltre la dottoressa Concetta Castilletti, responsabile del Laboratorio di Virologia e altri virus emergenti, ha pubblicato con altri autori un lavoro in cui dimostrava che il cosiddetto “vaiolo delle scimmie” (monkeypox) può essere trasmesso anche dalle persone infette, ma asintomatiche. In analogia con il Covid.

Parliamo di malattie tropicali neglette

Dr. Framcesca Tamarozzi

Una di queste è la strongiloidosi, sulla quale abbiamo raggiunto risultati davvero importanti, perché anche grazie al nostro contributo una patologia che era definita “the most neglected of the neglected tropical diseases” è ora oggetto del lavoro di un Comitato dell’OMS che ha il compito di stabilire, presumibilmente entro il 2024, le linee guida per il controllo dell’infezione a livello globale. Coordinatrice del Comitato, assieme a un collega inglese, è la dottoressa Dora Buonfrate che, unitamente alla dottoressa Francesca Tamarozzi, dirige il Centro collaboratore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Cruciali sono stati i nostri studi che hanno dimostrato tra l’altro che le persone infette non sono “solo” dai 30 ai 100 milioni in tutto il mondo, bensì circa 600 milioni. Un dato importante visto che, nei casi di deficit immunitario, la strongiloidosi porta anche al decesso.

Un’altra malattia negletta di cui ci occupiamo è la schistosomiasi, tema di un progetto di ricerca, coordinato dal professor Gobbi, che coinvolge il network europeo per le malattie tropicali TropNet e anche la rete mondiale GeoSentinel.

In Occidente, dove non sono autoctone, ha senso indagare sulle malattie tropicali, per lo più neglette?

Le ragioni per farlo sono tante. Prima di tutto etiche: il fatto che alcune malattie non ci riguardino da vicino (ma la strongiloidosi, per esempio, è anche autoctona) non è un buon motivo per non occuparcene. La schistosomiasi è presente in percentuale molto alta nei migranti provenienti da alcuni paesi africani. Le persone con l’infezione, nella maggior parte dei casi, non sanno di averla, con possibili complicazioni gravi a carico del fegato, dei reni e della vescica. Se accettiamo che anche i migranti, in base ai valori della nostra Costituzione, abbianio il diritto di essere raggiunti dal Servizio Sanitario Nazionale, allora ha senso occuparci di queste malattie. Inoltre anche la dengue, per fare un altro esempio, è una patologia tropicale, ma ci interessa da vicino perché da noi è da molti anni stabilmente presente la zanzara tigre, potenziale vettore. Infine nessuno poi può dire che il Covid 19 non sia una malattia legata alla mobilità umana…

Potrebbe avere senso occuparsi di queste malattie anche per un solo calcolo economico… Spesso è una ragione più convincente dell’etica, purtroppo.

A tale proposito mi viene in mente che diversi anni fa i francesi avevano calcolato quanti trapianti di rene si sarebbero potuti evitare con lo screening e il trattamento precoce della schistosomiasi urinaria. E quindi quanti euro si sarebbero risparmiati. Tanti.

Uno dei temi caldi, e lo sarà sempre di più, è quello dell’antibiotico-resistenza.

Come Centro non abbiamo una tradizione sul monitoraggio della resistenza agli antibiotici e sulla cosiddetta stewardship antimicrobica, ma la stiamo sviluppando negli ultimi anni. Un impulso lo dà la partecipazione al progetto europeo Reverse”, coordinato per l’Italia dalla professoressa Evelina Tacconelli, ordinario di Malattie Infettive all’Università di Verona, che ha voluto coinvolgerci. E’ un progetto che ha lo scopo e l’ambizione di migliorare la gestione degli antibiotici in tutto l’ospedale. Inoltre, più recentemente, il Ministero della Salute ha approvato un nuovo progetto sulla stessa tematica, che sarà coordinato dall’Istituto Spallanzani, cui parteciperemo insieme all’Istituto Superiore di Sanità e ad altri quattro IRCCS: il Policlinico Gemelli di Roma, il Policlinico di Milano, l’Istituto Mediterraneo per i Trapianti di Palermo e l’Ospedale Sant’Orsola di Bologna.


Endometriosi, il "Negrar Method" vince l"Oscar" della chirurgia laparoscopica ginecologica

Lo scorso martedì 7 novembre a Nashville-Tennessee, l’équipe del dottor Marcello Ceccaroni è stata insignita del “Golden Laparoscope Award”, una sorta di Oscar, per gli addetti ai lavori, della chirurgia laparoscopica ginecologica. Ad essere premiato il video con il dottor Ceccaroni che illustra il Negrar Method, la tecnica che ha rivoluzionato la chirurgia dell’endometriosi severa, perché, pur estirpando la malattia, preserva gran parte delle terminazioni nervose deputate alla funzione vescicale, intestinale e sessuale.

Da sinistra: Marcello Ceccaroni, Giovanni Roviglione , Linda Michels e Chuck Miller rispettivamente Medical Director della AAGL e Presidente della AAGL FOUNDATION,

Per gli addetti ai lavori è come salire sul palcoscenico dell’Academy Award, ma al posto della sospirata statuetta d’oro, un tempo veniva consegnato un laparoscopio sempre nel metallo prezioso, ora sostituito con una targa. Il palcoscenico infatti è quello del congresso della AAGL (American Association of Gynecologic Laparoscopists-Elevating Gynecologic Surgery Worldwide), la società mondiale di chirurgia laparoscopica ginecologica, e quest’anno ad essere insignita dell’ambito premio il “Golden Laparoscope Award” (il 7 novembre a Nashville-Tennessee) è stata l’equipe del dottor Marcello Ceccaroni, direttore della Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria. Le motivazioni del riconoscimento stanno tutte in quel “Negrar Method”, la tecnica chirurgica, ideata da Ceccaroni, che ha rivoluzionato il trattamento dell’endometriosi, essendo in grado di eradicare la malattia, risparmiando il più possibile le terminazioni nervose (viene infatti definita nerve-sparing) dedicate alle funzioni vescicali, dell’intestino e sessuali. Tanto che uno studio ha dimostrato che grazie a questa metodica chirurgica le conseguenze post-operatorie sono ridotte dal 36% al 5%.

Il dottor Ceccaroni nel ricevere la targa era rappresentato da un suo assistente, il dottor Giovanni Roviglione, che ha presentato il video premiato in cui è illustrato un intervento dello stesso Ceccaroni. “E’ inutile sottolineare quanto sia per me un onore aver ricevuto un simile riconoscimento: un traguardo emozionante, reso possibile grazie alla collaborazione con tutta la mia équipe di chirurghi e di figure professionali, compresi i consulenti di altre specialità, che lavorano presso la mia Unità Operativa”, afferma.

Dottor Ceccaroni, ripercorriamo un po’ la storia del “Negrar Method”.

E’ stato presentato ufficialmente alla comunità scientifica nel 2012 quando la rivista  Surgical Endoscopy ha pubblicato, codificata, l’intera procedura chirurgica che da quel momento è stata applicata in molti centri del mondo. Ma le origini del “Negrar Method” risalgono ai primi anni 2000 quando sono partito per Parigi dove all’Université Renè Descartes ho effettuato studi su dissezione su cadavere che hanno dato vita nel 2006 all’ancora unico testo-atlante di anatomia chirurgica sull’innervazione viscerale e somatica della pelvi femminile. In quegli anni mi sono occupato inoltre di anatomia comparata su maiali, conigli, topi e mi sono immerso in modo maniacale negli studi, anche sui testi antichi, che riguardano le scoperte anatomiche, a cominciare dai trattati di Leonardo che per primo ha disegnato il nervo sciatico.

Perché è così importante conoscere l’innervazione pelvica nel trattamento chirurgico dell’endometriosi?

E’ fondamentale. Nel 10-20% dei casi in generale e in circa l’80% delle pazienti trattate in Centri di riferimento come il nostro, l’endometriosi si presenta nella sua forma severa, cioè infiltrante. In questi casi, il tessuto endometriosico, (un tessuto patologico simile all’endometrio, la cui sede naturale è nell’utero e si sfalda ad ogni mestruazione,) infiltra non solo le ovaie o le tube, ma anche organi come ad esempio l’intestino, la vescica, gli ureteri, tutti avvolti a loro volta da terminazioni nervose che ne regolano la funzionalità. Se con l’obiettivo di eradicare la malattia, si procede chirurgicamente senza “mettere in salvo” la maggior parte dei nervi, si rischiano importanti conseguenze post-chirurgiche che hanno un impatto pesante sulla qualità di vita della donna, come la mancanza di controllo degli sfinteri o disfunzioni sessuali. La chirurgia nerve-sparing come il “Negrar Method”, invece, utilizzando “vie anatomiche strategiche” identifica e isola i nervi preservandone il maggior numero possibile, pur agendo radicalmente sulla malattia. Abbiamo dimostrato che con il nostro metodo la percentuale delle conseguenza post-operatorie è diminuita dal 36% al 5%.

A quale studio si riferisce?

A vari, ma in particolare al nostro ultimo studio, “Space Odyssey” pubblicato alcuni mesi fa sulla rivista Journal of Minimally Invasive Gynecology. Lo studio ha riguardato 3.050 casi di eradicazione chirurgica dell’endometriosi con resezione intestinale, trattati dal 2004 al 2020 dalla Ginecologia di Negrar. Si tratta della più grande casistica a livello mondiale, dalla quale emerge che la nostra tecnica riduce drasticamente le disfunzioni post-operatorie. Dal 36%, appunto, a meno del 5%. Prossimamente sarà pubblicato un secondo articolo, con la casistica “depurata” degli interventi effettuati prima dell’introduzione della tecnica, che potrebbero influire negativamente sulla percentuale di conseguenze post-operatorie e aggiunta la casistica degli interventi fino al 2022. Sicuramente non si potrà mai arrivare alla percentuale dello zero di disfunzioni post-operatorie, se non con la diagnosi precoce della malattia, perché l’endometriosi sempre infiltra in qualche modo i nervi. Ma la percentuale del 5% è straordinaria; vuol dire, considerando la nostra casistica, che abbiamo evitato che più di mille donne vedessero stravolgere ulteriormente la loro vita.

La chirurgia è l’unica terapia per l’endometriosi?

Assolutamente no. In un mondo ideale la chirurgia per l’endometriosi non dovrebbe esistere, e la sola terapia dovrebbe essere quella farmacologica che nei primi stadi di malattia garantisce una buona qualità di vita. Ma una identificazione precoce della malattia non sarà possibile fin tanto che ci vorranno dai 7 ai 10 anni in media per una diagnosi. Il ritardo diagnostico è dovuto a molti fattori a cominciare da quello culturale, che vede ancora nel dolore mestruale, uno dei sintomi principali della malattia, qualcosa di fisiologico ed inevitabile. Inoltre i medici, a cominciare dai pediatri di libera scelta o dai medici di medicina generale, punti di riferimento diretti della paziente, non hanno spesso sufficienti strumenti o requisiti per individuare la malattia. Infine se ne parla ancora troppo poco nonostante in Italia le donne che soffrono di endometriosi siano 3milioni e 150 milioni in tutto il mondo con costi umani, sociali (pensiamo ai giorni di scuola e lavorativi persi) e sanitari. Per questo anche la mia équipe ed io siamo stati impegnati, con la collaborazione di associazioni di pazienti, come APE (Associazione Progetto Endometriosi) all’interno di un progetto di Agenas, non solo in corsi di formazione con medici di base e ginecologi del territorio, ma anche in momenti informativi e divulgativi per esempio nelle scuole. Perché come spesso sono solito dire: “L’unica cura, è la cultura”.


Al dottor Marcello Ceccaroni il Premio De Sanctis per la salute sociale

Il dottor Marcello Ceccaroni, direttore della Ginecologia e dell’Ostetricia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, è stato insignito del “Premio De Sanctis per la salute sociale” organizzato dalla Fondazione dedicata al celeberrimo critico letterario dell’Ottocento e che quest’anno ha avuto come tema la salute e il benessere della donna.

Il dottor Marcello Ceccaroni, direttore della Ginecologia e dell’Ostetricia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, è stato insignito del “Premio De Sanctis per la salute sociale” organizzato dalla Fondazione dedicata al celeberrimo critico letterario dell’Ottocento e che quest’anno ha avuto come tema la salute e il benessere della donna.

Il riconoscimento per l’area “Esperienze Buone Pratiche”, ex equo con oncologa Lucia Del Mastro, è stato assegnato da una prestigiosa giuria presieduta da Franco Locatelli, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità e composta da Gianni Letta, patron del Premio, Corrado Augias, giornalista, scrittore e conduttore televisivo, Anna Maria Bernini, Ministro dell’Università e della Ricerca e i responsabili degli inserti salute delle maggiori testate giornalistiche nazionali.

La cerimonia di consegna è avvenuta lunedì 25 settembre a Palazzo Spada, sede a Roma del Consiglio di Stato, alla presenza di autorevoli ospiti tra cui molti ministri della Repubblica.

Il premio,  che consiste in una medaglia con il viso di Francesco De Sanctis e dietro la scritta “Homo est minor mundus”, è stato consegnato al dottor Ceccaroni dalla Presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, con la seguente motivazione, scritta dal ministro Bernini e letta da Francesco Lo Voi, Procuratore della Repubblica di Roma: “Per i suoi studi e ricerche a tutela della salute e della qualità della vita della donna ed in particolare per aver sviluppato una tecnica chirurgica pioneristica per la cura dell’endometriosi complessa, il Negrar Method; per i suoi interventi all’avanguardia nell’ambito della chirurgia oncologica severa, che hanno ridonato speranza a tante pazienti; per l’impegno nella diagnosi precoce e nella sensibilizzazione; per il suo impegno sociale e formativo e per le sue capacità di trasmettere il sapere ed essere diventato maestro e poi mentore per tantissimi giovani medici (qui la motivazione integrale)”.

“Sono profondamente onorato e orgoglioso di quanto ho ricevuto. Si tratta di un traguardo importante della mia carriera, ma anche un rilevante riconoscimento per l’Ospedale dove lavoro”, afferma il dottor Ceccaroni. “E’ un premio che dedico innanzitutto ai miei collaboratori che ogni giorno hanno a cuore la salute della donna, non solo in senso clinico, ma in termini di benessere globale. Poi lo dedico alle tante pazienti che si rivolgono a noi con fiducia e serenità, nonostante patologie gravi e invalidanti, come l’endometriosi e i tumori ginecologici. In questo contesto dedicato a Francesco De Sanctis, mi sento di dire che dopo decenni di ascolto di storie delle pazienti e dei loro familiari mi sono convinto che quello del medico è il lavoro più letterario che esista”.

Il “Premio De Sanctis per la Salute Sociale” è stato istituito nel 2021, quando la Fondazione ha voluto allargare il riconoscimento oltre l’ambito letterario a tutte le discipline dedicate alla salute e al benessere della popolazione, in riferimento al ruolo di ministro dell’Istruzione che il critico ha assunto nel 1878. Durante il suo mandato venne introdotta nelle scuole la ginnastica educativa.


L'IRCCS di Negrar è un Cancer Center: a dirlo è la più grande rete oncologica europea

“L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria rispetta gli standard di qualità di un Cancer Center e di un istituto di ricerca”. E’ quanto riporta la targa che certifica il titolo di Centro di cura dei tumori ottenuto dall’OECI che, con i suoi 140 membri, è la più grande rete europea in ambito oncologico. Ne fanno parte alcuni dei maggiori Istituti del continente impegnati nella lotta contro il cancro. Quelli italiani sono 13 tra cui l’Istituto Nazionale Tumori e l’Istituto Europeo Oncologico di Milano, il “Regina Elena” di Roma e il “Pascale” di Napoli. In regione l’unico certificato è l’Istituto Oncologico Veneto. L’IRCCS di Negrar è tra i pochi ospedali presenti nel network che non si occupano esclusivamente di diagnosi e cura del cancro.

Il prestigioso riconoscimento internazionale è stato ottenuto a conclusione di un iter intrapreso volontariamente dall’IRCCS e durato due anni, durante i quali il board dell’OECI ha valutato, anche con visita in sede, l’attività oncologica del Sacro Cuore, rilevando i punti di forza e chiedendo, per altri, l’adeguamento a standard condivisibili a livello internazionale con i più grandi centri di cura e di ricerca dei tumori.

L’importanza della certificazione per il paziente è stata illustrata questa mattina in una conferenza stampa nella sala convegni del Sacro Cuore Don Calabria.

Dottor Claudio Lombardo, direttore generale OECI

“L’OECI oltre ad essere la più grande rete europea degli istituti oncologici, è anche la più importante a livello mondiale. Opera in Europa ma molti istituti di altri continenti fanno riferimento ad essa per adottare standard di qualità di cura simili o per ipotizzare la costituzione di network come l’OECI che possano integrare al meglio le comunità oncologiche”, ha affermato il direttore generale dell’Organizzazione, Claudio Lombardo. “Fin dalla sua costituzione avvenuta nel 1979 ad opera di Umberto Veronesi, l’OECI ha avuto come obiettivo quello di fornire a tutti i malati oncologici dell’Europa le stesse opportunità di cura e favorire collaborazioni nei protocolli di ricerca”.

Dottor Alberto Bortolami del CRAO

“Pertanto l’accreditamento OECI rappresenta un valore aggiunto per la Rete Oncologica Veneta e per la presa in carico del paziente affetto da tumore della nostra regione”, ha sottolineato Alberto Bortolami del Coordinamento Regionale per le Attività Oncologiche (CRAO)-Rete Oncologica del Veneto. “Il riconoscimento di Cancer Center significa che l’IRCCS di Negrar soddisfa i più elevati standard elaborati a livello europeo negli ambiti della cura e dell’assistenza, della ricerca scientifica e dell’innovazione, della prevenzione e della formazione accademica e post-laurea. Vengono premiati, in particolare, il carattere innovativo e la varietà delle cure offerte, secondo un approccio multidisciplinare che è parte integrante anche della Rete Oncologica del Veneto. Approccio che mette al centro le esigenze del paziente e dei suoi familiari, elaborando un piano terapeutico su misura, a partire dagli ultimi sviluppi della ricerca svolta al proprio interno e in collaborazione con altri partner regionali”.

Dottor Mario Piccinini, AD IRCCS di Negrar

“La certificazione di Cancer Center non è solo una questione di prestigio, ma è parte integrante della nostra storia da sempre a servizio del paziente, in quanto rappresenta una garanzia della qualità delle cure e dell’assistenza a vantaggio di chi è affetto da questa malattia. Il riconoscimento europeo è anche un’opportunità per l’Ospedale di ulteriore crescita grazie al confronto e alla sinergia con le più grandi realtà oncologiche europee. E questo va sempre a beneficio del paziente”, ha sottolineato l’amministratore delegato Mario Piccinini

Dottor Fabrizio Nicolis, direttore sanitario

L’ingresso nell’OECI è il traguardo di un percorso di sviluppo almeno ventennale come ha illustrato il direttore sanitario Fabrizio Nicolis. “Oggi sono presenti in una sola struttura tutte le specialità di diagnosi, cura e riabilitazione per il paziente adulto affetto da tumore. L’acquisizione di professionalità e di tecnologia innovativa e spesso unica in Italia ha portato una crescita progressiva dell’attività assistenziale: nel 2022 sono stati 17mila i pazienti oncologici che si sono rivolti a questo ospedale per diagnosi e/o cura di una patologia neoplastica (con una crescita media del 7% in 5 anni) e 2.700 gli interventi oncologici, di cui il 21,7% da fuori regione. La crescita ha riguardato anche l’attività di ricerca: ad oggi sono in corso 113 studi clinici condotti da 11 diverse unità operative”.

Un modello organizzativo multidisciplinare per la cura del paziente

Determinante per lo sviluppo è stata l’adozione di un modello organizzativo multidisciplinare strutturato come una rete trasversale ai Reparti e ai Servizi coinvolti nella diagnosi e nella cura delle patologie oncologiche. Nel 2016 è stato attivato anche un “Numero Verde per la cura dei tumori (800 143 143)” per facilitare l’iter diagnostico-terapeutico del paziente con diagnosi o sospetta diagnosi di neoplasia.

Un iter che, secondo la letteratura scientifica, per essere efficace deve basarsi su due cardini: la presa in carico tempestiva e multidisciplinare del paziente.

Tempestiva presa in carico: una nuova piattaforma informatica
Dottor Davide Brunelli, vicedirettore sanitario

“Per garantire ulteriore tempestività abbiamo predisposto una piattaforma informatica finalizzata alla presa in carico del paziente che si rivolge per la prima volta al “Sacro Cuore Don Calabria” con una diagnosi (o sospetta) oncologica o con una recidiva tumorale”, ha spiegato il dottor Davide Brunelli, vicedirettore sanitario dell’IRCCS di Negrar. “L’informatica ci viene incontro nel rendere più fluida, per esempio, la comunicazione dei casi tra i Servizi di diagnosi (radiologia, endoscopia digestiva, medicina nucleare…) e gli specialisti delle Unità Operative, affinché il paziente sia sottoposto ad ulteriori accertamenti o a una prima visita specialistica entro 48 ore.  Il sistema diviene inoltre un prezioso strumento di verifica dell’efficacia stessa del percorso per ulteriori interventi di miglioramento”.

Quando l’organizzazione fa la differenza
Dr.ssa Stefania Gori, direttore Dipartimento Oncologico

“In questi anni l’IRCCS di Negrar ha visto crescere le competenze professionali e le tecnologie, ma ha anche migliorato l’organizzazione con la creazione e sviluppo dei Gruppi Oncologici Multidisciplinari (GOM), nei quali un team di medici di diverse specialità discutono il caso di malattia neoplastica che per la sua complessità non può essere presa in carico da un solo specialista”, ha spiegato la dottoressa Stefania Gori, direttore del Dipartimento Oncologico. “Una simile organizzazione determina beneficio per il paziente: migliore assistenza, aumentata aderenza del percorso diagnostico-terapeutico dettato dalle Linee Guida nazionali e internazionali e aumento della sopravvivenza, maggiore opportunità di arruolamento in studi clinici (quindi accesso alle cure innovative)”. Ricadute positive anche sul fronte della ricerca: l’acquisizione di dati clinici dai diversi specialisti favorisce la nascita di nuovi studi.

Nel corso della conferenza stampa alcuni specialisti hanno illustrato alcune peculiarità dell’attività oncologica.

Medicina Nucleare: dalla Diagnosi alla cura
Dr. Matteo Slagarello, direttore Medicina Nucleare

La Medicina Nucleare oltre agli esami diagnostici effettua trattamenti con radiofarmaci per le metastasi ossee del  tumore della prostata e per neoplasie neuroendocrine. A fine anno è previsto anche il via libera da parte di Aifa di un innovativo radiofarmaco, il Lutetium-177 (177Lu)–PSMA-617, per la cura del tumore della prostata metastatico e resistente alla terapia ormonale, per il quale l’IRCCS di Negrar ha tutte le caratteristiche per diventare centro somministratore: competenza nell’ambito dei radiofarmaci, (è sede anche di una Radiofarmacia con ciclotrone), numero dei pazienti (nel 2022 quelli oncologici sono stati 3.600 di cui il 29% da fuori regione) e per la presenza di un reparto di degenza riservato ai pazienti sottoposti a trattamento radioattivo. “Uno studio internazionale (Vision) ha dimostrato un aumento significativo della sopravvivenza globale e della sopravvivenza libera da progressione di malattia nei pazienti che sono stati trattati con il nuovo radiofarmaco rispetto a coloro che sono stati sottoposti alle terapie standard” ha detto il direttore, dottor Matteo Salgarello. “Siamo di fronte a una novità rilevante. Nel 2022 le nuove diagnosi di tumore alla prostata in Italia sono state 40.500. Si stima che il 10-20% dei pazienti siano o diventino resistenti alle cure ormonali. In numeri assoluti il Lutezio – 177 potrebbe interessare una platea che va dai 4mila agli 8mila pazienti”.

Dr. Giulio Settanni, responsabile Laboratorio patologia molecolare

Tumori solidi: profilo molecolare e predisposizione genetica dei tumori

Sull’attività di diagnosi delle alterazioni genetiche cioè di origine eredo-familiare, che comportano un rischio rilevante di malattia tumorale si è soffermato il dottor Giulio Settanni, responsabile del Laboratorio di patologia molecolare dell’Anatomia Patologica diretta dal professor Giuseppe Zamboni. “Il test su sangue viene effettuato su soggetti non necessariamente affetti da tumore e dopo che l’anamnesi della genetista oncologa (la dottoressa Valeria Viassolo) ha indicato che la persona ha un rischio rilevante, per storia personale e/o familiare, di contrarre una malattia neoplastica legata all’alterazione di uno o più geni. I più noti sono i geni BRCA1 e BRCA2 per quanto riguarda i tumori della mammella e dell’ovaio. Quelle eredo-familiari sono una piccola percentuale delle forme neoplastiche, ma la conoscenza delle alterazioni genetiche che le provocano permette di mettere in atto tutte le azioni preventive o di diagnosi precoce”.

Prof. Filippo Alongi, direttore della Radioterapia Oncologica Avanzata
La moderna radioterapia guidata dalle immagini RM

Ritornando sul fronte delle cure il Dipartimento di Radioterapia Oncologica Avanzata, diretto dal professor Filippo Alongi, nel 2022 ha trattato 1.551 pazienti di cui il 36% da fuori regione. La Radioterapia – Centro di riferimento regionale –  dispone di quattro acceleratori lineari ad altissima precisione. Fra questi Unity, integrato con una Risonanza Magnetica ad alto campo che consente di colpire le lesioni tumorali c

La preparazione all’intervento chirurgico migliora gli esiti: il percorso ERAS
Dr.ssa Elisa Bertocchi, Chirurgia Generale

Ha concluso gli interventi la dottoressa Elisa Bertocchi, della Chirurgia generale diretta dal dottor Giacomo Ruffo illustrando il protocollo ERAS (Enhanced Recovery After Surgery) applicato per gli interventi di chirurgia colon rettale. L’obiettivo del protocollo è il recupero post chirurgico rapido, tramite un’ottimale condizione pre-operatoria del paziente e una precoce mobilizzazione e alimentazione post chirurgica. Grazie a questo protocollo (per il quale quello di Negrar è Centro qualificato Eras Society) sono state ridotte drasticamente le complicanze post-chirurgiche e sono diminuiti i giorni di degenza, in media da 6 a 4.


L'AD dell'IRCCS Sacro Cuore, Mario Piccinini, riconfermato presidente dell'ARIS Triveneto

Si tratta del quarto mandato quinquennale consecutivo alla guida dell’Associazione religiosa degli Istituti socio-sanitari del Veneto, della Provincia autonoma di Trento e del Friuli Venezia Giulia. Sedici strutture, tra cui due IRCCS.  “Ringrazio gli associati per la loro rinnovata fiducia. La mia presidenza porterà avanti le diverse istanze degli istituti Aris, coadiuvata da un Consiglio in cui siederà un rappresentante per ogni differente tipologia di struttura”.

L’Amministratore Delegato dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, Mario Piccinini è stato rieletto, per il quarto mandato quinquennale consecutivo, presidente dell’Aris Triveneta, l’Associazione religiosa degli Istituti socio-sanitari.

L’elezione, all’unanimità, è avvenuta nei giorni scorsi a Negrar dove erano riuniti i delegati di sedici strutture sanitarie cattoliche del Veneto, della Provincia Autonoma di Trento e del Friuli Venezia Giulia. Fra queste, due Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, il “Sacro Cuore Don Calabria”, per la disciplina delle Malattie Infettive e Tropicali, e il “San Camillo” di Venezia per la Neuroriabilitazione. L’Aris Triveneta comprende anche cinque ospedali classificati , cioè equiparati al pubblico, centri di riabilitazione, Rsa e case di cura. Per un numero complessivo di 2.157 posti letto.

Mario Piccinini, laureato in Giurisprudenza, dal 1975 lavora al “Sacro Cuore Don Calabria” dove ha ricoperto l’incarico di direttore del personale e di direttore amministrativo, prima di essere nominato, nel 2015, amministratore delegato. Dallo scorso 31 maggio è coordinatore nell’Aris nazionale dei 14 IRCCS associati. Complessivamente in Italia le strutture aderenti sono oltre 260, tutte non profit (gli eventuali utili di bilancio vengono impiegati per l’attività istituzionale) perché appartenenti ad associazioni religiose.

“Innanzitutto ringrazio gli associati per la loro rinnovata fiducia”, afferma il dottor Piccinini. “La mia presidenza porterà avanti le diverse istanze degli istituti Aris, coadiuvata da un Consiglio in cui siederà un rappresentante per ogni differente tipologia di struttura”.

Se in generale la sanità italiana è in affanno per le sempre minori risorse a fronte di cure sempre più costose e di un aumento esponenziale di prestazioni, per quella non profit si sommano le difficoltà di sempre. “Le strutture sanitarie religiose per legge sono equiparate al pubblico, ma di fatto non vengono considerate tali anche se la loro attività rientra nella programmazione delle Regioni – afferma il dottor Piccinini – Questa contraddizione si traduce in una disparità di trattamento economico sia da parte dello Stato che delle Regioni. I fondi straordinari stanziati (un esempio, ma è uno dei tanti, sono quelli per il rinnovo dei contratti del personale) non contemplano mai le strutture private convenzionate.  La nostra sola fonte di finanziamenti rimangono i DRG, i rimborsi che percepiamo per ogni prestazione effettuata. Con la sola tariffa dobbiamo coprire il costo dell’esame o dell’intervento e ricavare un margine per gli investimenti strutturali e tecnologici. Investimenti che invece per le strutture pubbliche vengono finanziati a parte. Il sistema potrebbe essere anche sostenibile, se i DRG venissero adeguati ai costi della sanità attuale aumentati esponenzialmente a causa dell’inflazione. E invece sono fermi da tanto tempo”.

Altro problema scottante sono le liste di attesa. “Da anni le nostre strutture devono fare i conti con i budget regionali che influiscono sulle liste di attesa, diventate oggi gravose per il cittadino anche a causa della pandemia Covid, e non solo. Il governo ha destinato fondi straordinari per il loro abbattimento, ma, nonostante la massima disponibilità, i nostri ospedali sono stati coinvolti solo marginalmente”, conclude il presidente ARIS.


L'IRCCS Sacro Cuore Don Calabria vince il Premio Verona Network 2023

Doppio riconoscimento per l’Ospedale di Negrar: l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria ha ricevuto il Premio assoluto Verona Network 2023 e il Premio Verona Network 2023 Categoria Economia&Impresa.

Doppio riconoscimento per l’Ospedale di Negrar: l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria ha ricevuto il Premio assoluto Verona Network 2023 e il Premio Verona Network 2023 Categoria Economia&Impresa.

La cerimonia di premiazione si è svolta ieri sera al Teatro Vittoria di Bosco Chiesanuova alla presenza di oltre 200 persone, tra cui molte autorità, sindaci del territorio e ospiti istituzionali.

Il giornalista Matteo Scolari, che ha condotto la serata assieme alla cantante Beatrice Pezzini, ha chiamato sul palco l’Amministratore Delegato Mario Piccinini, in rappresentanza dell’Ospedale, per la consegna, da parte di Luca Cenzato di BCC Verona e Vicenza, del Premio Verona Network 2023 Categoria Economia&Impresa.

Il dottor Piccinini ritira il Premio Verona Network 2023 cartegoria Econima&Impresa

Questa la motivazione: “Per aver creato un modello di cura sano, virtuoso, attento ai pazienti, al personale e a tutti i visitatori. Per il management, capace di generare utili per milioni di euro, reinvestiti nelle più avanzate tecnologie presenti sul mercato sanitario. Per l’attività di ricerca sulle principali patologie, sempre all’avanguardia e punto di riferimento a livello internazionale”.

“Essendo un ospedale privato dobbiamo usare bene i soldi dei cittadini: i nostri utili vengono sempre reinvestiti. Negli ultimi anni siamo cresciuti molto, investendo nell’ambito oncologico e delle malattie infettive e tropicali, oltre che nella medicina in generale. Ci fa molto piacere questo riconoscimento, perché non esiste grande ospedale senza grande territorio, e il nostro, quello della Lessinia, è un grande territorio», ha detto l’Amministratore Delegato.

A ritirare la targa del Premio assoluto Verona Network 2023 è stato invece l’intero staff dirigenziale dell’Ospedale: il Presidente fratel Gedovar Nazzari, accompagnato dal dottor Piccinini, dal Direttore Sanitario dottor Fabrizio Nicolis, dal Direttore Amministrativo dottor Claudio Cracco e dal Direttore Sanitario dell’Area socio-sanitaria, dottor Davide Brunelli.

“Il merito del Premio va a tutti i collaboratori di ieri e di oggi – hanno detto -. Solo grazie alla loro competenza e alla particolare cura che ogni giorno riservano alla persona del malato, e non solo alla malattia, l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria è diventata una realtà sanitaria di eccellenza. Cura che è anche ascolto del paziente, tante cose sono state realizzate proprio perché ad indicarci una carenza da colmare sono stati i nostri stessi malati”.

Gli altri riconoscimenti della serata sono stati assegnati al Comune di Peschiera del Garda (Categoria Enti), a Manifattura Italiana Cucirini Spa e Cantina Villa Medici (ex aequo Categoria Obiettivo Sostenibilità), al Montorio FC (Categoria Sport) e a Le Piazze dei Sapori 2023 (Categoria Eventi e Spettacolo).

Il premio, giunto alla 13esima edizione, è stato istituito dall’Associazione Verona Network, che riunisce diverse realtà tra enti, istituzioni e aziende, con lo scopo di farsi promotrice di occasioni di confronto in una logica propositiva per la città. Ad oggi Verona Network raccoglie oltre 60 primari soci istituzionali e altri importanti soggetti scaligeri in rappresentanza di 3000 operatori economici e oltre 50.000 cittadini veronesi.

Nelle passate edizioni il Premio assoluto Verona Network è andato alla  Scaligera Basket (2022), all’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Verona (2021), alla professoressa Evelina Tacconelli (2020), titolare della cattedra di Malattie Infettive all’Università di Verona, agli studenti del iDB Tech-No-Logic Team che hanno partecipato e vinto la 20a edizione del FIRST* LEGO League World Championship di Houston con il progetto “Wemit” (2019), a Gianmarco Mazzi (2018), oggi sottosegretario del Ministero della Cultura,  all’imprenditore Giuseppe Manni (2017). In passato con un altro nome dato al Premio, sono stati consegnati riconoscimenti agli imprenditori Sandro Veronesi, Giordano Veronesi e Mario Moretti Polegato.