Cos’è una variante di un virus? Perché si impone? Cosa è dovuta l’alta contagiosit? Gli attuali vaccini ci proteggono ancora? La virologa Concetta Castilletti fa il punto sulla nuova ondata di contagi che caratterizza questa estate.
Facciamo il punto sulla nuova ondata di contagi Covid -19 con la dottoressa Concetta Castilletti, responsabile dell’Unità Operativa di Virologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria
Questa ondata estiva è caratterizzata dalla sottovariante Omicron BA.5. Che cos’è una variante e una sottovariante del virus?
Tutti i virus, così come tutti gli esseri viventi, si moltiplicano per sopravvivere. Ma la natura non è perfetta e così, in questo processo di replicazione all’interno delle cellule, il virus può “mutare”; possono cioè verificarsi errori casuali nel processo di “copiatura” del genoma virale, e le nuove copie di RNA possono contenere variazione rispetto al genoma originario. La maggior parte delle mutazioni non ha un impatto significativo sulla diffusione del virus, ma alcune mutazioni o combinazioni di mutazioni possono fornire al virus un vantaggio evolutivo, come una maggiore trasmissibilità o la capacità di eludere la risposta immunitaria dell’ospite, che nel caso del Sars Cov2 è l’uomo. Darwin ci ha insegnato che il più forte, quello che si adatta meglio all’ambiente, sopravvive. Se quindi una mutazione del genoma, generatasi casualmente, permette a questo “nuovo” virus (variante) di riprodursi con maggiore efficienza e rapidità e/o di adattarsi meglio all’ambiente nel quale si trova, può diventare dominante e soppiantare il ceppo originario o altre varianti meno efficienti dal punto di vista evolutivo. Sempre per quanto il SARS-CoV-2 le variazioni avvengono a livello di mutazioni della proteina Spike, presente sull’involucro esterno. Una sottovariante è un virus che rispetto alla variante originaria ha subito qualche altra mutazione non tale da differire completamente.
Perché le varianti sono sempre più contagiose delle precedenti? Avviene per ogni virus o il SARS-Cov-2 fa eccezione? E perché sempre per il SARS-CoV-2 la maggiore contagiosità corrisponde a una minore pericolosità?
Le varianti che “vincono” sono quelle le cui nuove mutazioni sono più convenienti per il virus soprattutto in termini di capacità di diffusione e quindi di maggiore contagiosità. Tuttavia maggiore contagiosità non sempre si associa a minore pericolosità, per questo motivo bisogna mantenere elevato il livello di attenzione e monitorare l’andamento dell’evoluzione del virus.
Eravamo convinti che il caldo fosse una condizione climatica sfavorevole per il virus, invece…
Non è soltanto il caldo a sfavorire la diffusione di un virus che si propaga per via aerea, ma anche il fatto che con l’estate stiamo molto meno in ambienti chiusi e poco arieggiati. Purtroppo la vita all’aperto fa ben poco di fronte a una variante che ha un RT parti a 15-17 (maggiore anche rispetto a quello del morbillo) contro l’RT 2 del virus di Wuhan o il 7 del Delta. Significa che ogni persona contagiata ne contagia 15-17.
Sentiamo spesso la frase: ho fatto tre dosi, ho preso il Covid e sono stato/a pure male. I vaccini hanno fallito?
Le sperimentazioni che hanno portato all’immissione in commercio dei vaccini, avevano dimostrato la loro efficacia nel proteggere dalla malattia grave, non dall’infezione. Questo accade normalmente anche con i virus influenzali per i quali la maggior parte di noi non è vaccinata ma ha acquisito negli anni un’immunità naturale che ci protegge dalle forme influenzali gravi. Non per questo l’influenza stagionale non causa una sintomatologia che ti costringe a stare a casa con sintomi non lievi come raffreddore, mal di gola, cefalea, febbre anche alta, spesso accompagnata da dolori alle ossa e alle articolazioni. Il vaccino ci ha protetto e ci protegge dalle complicanze gravi del COVID-19, come le polmoniti bilaterali interstiziale, quelle che riempivano le terapie ed erano causa di decessi. Oggi non sono scomparse, ma sicuramente rare. Un dato è indiscutibile: in questi giorni il tasso di positività va oltre il 20%, ma gli ospedali non sono più in affanno come lo erano prima dei vaccini
Se il virus è così mutato rispetto al ceppo originario di Wuhan, i test diagnostici sono ancora efficaci?
Per evitare che i kit perdano efficacia si scelgono tratti del genoma del virus non soggetti a mutazione proprio perché mantengano affidabilità. Questo vale sia per i tamponi antigenici sia per i molecolari il cui livello di precisione è decisamente migliorato rispetto all’inizio della pandemia. Inoltre, di solito i test molecolari non si basano sulla ricerca di un solo gene, ma due o tre ed è molto difficile che in tutti i geni oggetto della ricerca siano presenti mutazioni che possono inficiare il risultato del test.
Infine, la sorveglianza sull’ è molto attiva e tutta la comunità scientifica internazionale è in contatto proprio per monitorare questo aspetto.
Se i vaccini sono stati realizzati su il ceppo originario di Wuhan perché è consigliabile ai fragili ed agli anziani effettuare già ora la quarta dose?
Il vaccino attuale, pur se basato sul ceppo originario, ci protegge dalle forme gravi perché la vaccinazione stimola una risposta specifica di tutto il nostro sistema immunitario. Il soggetto vaccinato produce, quindi, sia anticorpi specifici che cellule che riconoscono il virus e le cellule infette e contrastano la malattia. I soggetti fragili e gli anziani hanno spesso una capacità ridotta di rispondere alla vaccinazione, per tale motivo è consigliato effettuare un richiamo già da ora, soprattutto vista la velocità di diffusione di queste nuove sottovarianti cosi contagiose.
In autunno avremo i vaccini che proteggono anche dalle varianti o tale protezione arriverà solo dai vaccini universali?
Probabilmente i vaccini “bivalenti” che saranno disponibili in autunno saranno ancora più efficaci nel difenderci dalle varianti che conosciamo. È auspicabile lo sviluppo di un vaccino cosiddetto anti pancoronavirus che ci possa proteggere dalle forme gravi causate anche da “nuovi” betacoronavirus.
Servono ancora le mascherine?
Purtroppo non siamo ancora arrivati alla tanto desiderata fase di endemia, quindi in situazioni al chiuso e di assembramento indossare la mascherina è ancora un’abitudine da mantenere. Come il distanziamento e il lavaggio frequente delle mani.