Nel 2023 sono state 138 le persone che si sono rivolte all’ospedale di Negrar per sottoporsi alla chirurgia di riduzione del peso, 45 in più rispetto al 2022. Da gennaio a marzo 2024 gli interventi sono stati già 46. Il 20% proviene da fuori regione e rilevante è anche la percentuale dei cosiddetti Re-Do Surgery (10%), cioè di coloro che si rivolgono a Negrar per un secondo intervento, a causa di complicazioni dovute alla prima procedura chirurgica effettuata in un altro ospedale o per fallimento nella perdita di peso.
L’obesità è una patologia in costante aumento. In base a un’analisi globale pubblicata dalla prestigiosa rivista scientifica Lancet, nel 2022 i bambini e gli adolescenti obesi nel mondo erano 159 milioni e 879 milioni gli adulti. In Italia 4 adulti su 10 sono in eccesso ponderale: 3 in sovrappeso e 1 obeso, numeri che crescono anno dopo anno. Si tratta di una vera e propria emergenza sanitaria, perché l’obesità è un grave fattore di rischio di importanti patologie come il diabete, le malattie cardiovascolari e anche i tumori.
Le regole d’oro per dimagrire restano l’alimentazione bilanciata e movimento fisico, ma quando i chili di troppo sono davvero tanti, la strada obbligata è spesso quella chirurgica e sempre più persone la percorrono. Lo confermano i dati della Chirurgia bariatrica dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria a cui è stata affidata l’organizzazione del convegno veneto della SICOB (Società italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle malattie metaboliche) che si è tenuto venerdì 5 aprile a Villa Quaranta Tommasi di Ospedaletto di Pescantina.
Nel 2023 sono state 138 le persone che si sono rivolte all’ospedale di Negrar per sottoporsi alla chirurgia di riduzione del peso, 45 in più rispetto al 2022. Da gennaio a marzo 2024 gli interventi sono stati già 46. Il 20% proviene da fuori regione e rilevante è anche la percentuale dei cosiddetti Re-Do Surgery (10%), cioè di coloro che si rivolgono a Negrar per un secondo intervento, a causa di complicazioni dovute alla prima procedura chirurgica effettuata in un altro ospedale o per fallimento nella perdita di peso.
Numeri anche grazie ai quali all’inizio dell’anno la Chirurgia bariatrica, che afferisce alla Chirurgia generale diretta dal dottor Giacomo Ruffo, ha ricevuto la certificazione Sicob di centro di eccellenza e poche settimane prima il riconoscimento di Centro formatore ERAS, il primo in Italia, unitamente alla chirurgia colo-rettale
Proprio il protocollo ERAS sarà il tema conduttore del convegno, durante il quale si sono avvicendati gli interventi dei maggiori specialisti italiani tra cui il presidente eletto della Sicob e tra gli autori delle linee guida nazionali sulla chirurgia bariatrica, il dottor Maurizio De Luca, e un ospite internazionale, il professor Didier Mutter da Strasburgo, rappresentante di una della maggiori scuole europee di chirurgia laparoscopica.
“Eras è una modalità di presa in carico del paziente chirurgico che ha come obiettivo il miglior recupero dopo l’intervento – spiega il dottor Roberto Rossini, responsabile della Chirurgia bariatrica di Negrar e organizzatore del convegno -. Grazie alla preparazione pre-intervento, all’adozione di specifiche tecniche chirurgiche e anestesiologiche, al controllo di nausea e dolore, che consentono la mobilità precoce del paziente già nelle ore successive alla sala operatoria, sono diminuite significativamente le complicanze post chirurgiche e i giorni di ricovero sono scesi da 4 a 1. La certificazione di centro formatore da parte della società scientifica internazionale Eras Society – prosegue – è il risultato di un lavoro complesso di più specialisti, non solo chirurghi, che ha portato ad un’adesione al protocollo superiore al 95%. Grazie al riconoscimento possiamo formare altri centri italiani per l’applicazione di Eras”.
“Sia la certificazione SICOB di centro di eccellenza sia quella di ERAS di Centro formatore sono basate sul rispetto di criteri condivisi dalla comunità scientifica internazionale e quindi sono prima di tutto un certificato di garanzia per i pazienti che si recano da noi”, sottolinea il chirurgo. Tra questi criteri anche l’adesione ad un Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) formalizzato, come quello Veneto, che prevede la presenza di un’équipe multidisciplinare formata, oltre che da chirurghi, anche da gastroenterologi, psicologi e dietisti.
“Con diverse tecniche di chirurgia mini-invasiva (laparoscopica e robotica) viene asportata buona parte dello stomaco, che assume la forma di un tubo collegato al duodeno. Il risultato è un maggior senso di sazietà, non solo per la riduzione dello spazio di contenimento del cibo, ma anche perché viene recisa quella parte dello stomaco che produce la grelina, il cosiddetto ormone della fame – spiega ancora Rossini -. Tuttavia l’intervento fine a se stesso, rischia di fallire, se non è accompagnato da un percorso di vero cambiamento di stili di vita. Per questo è importante l’apporto di diversi specialisti sia prima della chirurgia sia durante il follow up. Il 70% dei nostri pazienti effettuano nel primo anno tutti i controlli periodici contro il 50% stabilito dalla Sicob. Poi nel tempo la percentuale si abbassa fisiologicamente sebbene rimanga soddisfacente”,