Il 30 gennaio è la Giornata mondiale delle malattie tropicali neglette e l’IRCCS di Negrar, dal 2014 Centro collaboratore dell’OMS proprio per queste patologie, sarà protagonista di un incontro di due giorni (30-31 gennaio) del Gruppo Tecnico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla malattia di Chagas. Sono oltre miliardo le persone colpite nel mondo da queste malattie, concentrate soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Ma nemmeno l’Italia ne è immune: sono 4mila le diagnosi all’anno, con un sommerso 10 volte superiore

 

Colpiscono nel mondo oltre un miliardo di persone e causano più di mezzo milione di morti l’anno, senza contare le invalidità permanenti. Hanno nomi a volte impronunciabili: strongiloidosi, echinococcosi, dengue, chikungunya, lebbra, schistosomiasi… Sono le malattie tropicali neglette, un gruppo eterogeneo di 20 patologie, molte delle quali a carattere infettivo, causate da virus, batteri, funghi e tossine. Neglette, perché sono malattie “dimenticate” dall’agenda politica e anche dalla ricerca scientifica, “invisibili” all’opinione pubblica e diffuse soprattutto tra le popolazioni povere e marginalizzate, che vivono in Paesi in via di sviluppo. Ma anche l’Italia non è immune con oltre 4000 casi l’anno, sottostimati rispetto alla reale incidenza, che è almeno 10 volte di più, collocando il nostro Paese al 4° posto per diffusione dopo Inghilterra, Francia e Germania.

Per migliorare la conoscenza, il monitoraggio e la gestione di queste patologie, in particolare la malattia di Chagas, di cui l’Italia è il 2° Paese in Europa per numero di casi, in occasione della Giornata Mondiale del 30 gennaio, all’IRCCS Negrar si terrà un incontro internazionale del Gruppo Tecnico Informazione-Educazione-Comunicazione dell’OMS sulla patologia endemica nell’America Latina continentale. La mancata attenzione nei confronti delle patologie infettive ‘dimenticate’ infatti aumenta il rischio che anche i Paesi non endemici ne siano interessati: in Italia si è già verificata un’epidemia autoctona di dengue e due di chikungunya. Inoltre nel periodo della pandemia sono ricomparsi tra gli anziani casi gravi di strongiloidosi, una parassitosi a cui è positivo poco meno dell’ l’1% degli over 65 italiani.

Dr.ssa Dora Buonfrate

Questa patologia è stata inserita nell’elenco delle malattie tropicali neglette grazie al contributo dell’IRCCS di Negrar che negli ultimi dieci anni ha diagnosticato varie centinaia di casi, registrando la più alta casistica in Italia e una delle maggiori in Europa”, spiega Dora Buonfrate, medico del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali e direttrice del Centro collaboratore OMS per la strongiloidosi e altre malattie tropicali neglette. Le persone positive al parassita responsabile di strongiloidosi sono in maggioranza anziani che vi sono venuti in contatto nei decenni scorsi, camminando a piedi scalzi in campagna o toccando terriccio contaminato da feci umane, due evenienze oggi molto meno probabili. I sintomi possono essere banali, come un semplice prurito, ma se il paziente è immunodepresso la malattia può peggiorare fino a diventare fatale: è il rischio che è stato corso da alcuni durante la pandemia, quando in molti anziani le terapie cortisoniche per Covid-19 hanno abbassato le difese immunitarie e ‘slatentizzato’ la strongiloidosi. Un’adeguata sorveglianza e la diagnosi precoce sono le armi per combattere questa, ma anche le altre malattie tropicali neglette”.

Federico Gobbi, infettivologo IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dr. Federico Gobbi

La Giornata mondiale e l’incontro all’IRCCS di Negrar hanno proprio lo scopo di aumentare le conoscenze sulle malattie ‘dimenticate’, che sono provocate da agenti differenti (virus, batteri, parassiti) ma sono accomunate dall’essere più diffuse in zone povere, specialmente tropicali, con scarse risorse. “Tuttavia proprio la pandemia ci ha insegnato che la salute e la malattia oggi sono da considerare fenomeni globali: una patologia presente in una parte del mondo può rapidamente ‘viaggiare’ e raggiungere qualsiasi altro luogo grazie alla mobilità di persone, alimenti, animali e con l’aiuto del cambiamento climatico”, aggiunge Federico Gobbi, direttore dello stesso Dipartimento e professore associato di Malattie Infettive all’Università di Brescia. “Anche per questo l’OMS nella sua roadmap 2021-2030 prevede la riduzione del 90% del numero di persone che necessitano di interventi per le malattie tropicali neglette e del 75% della disabilità indotta da tali malattie, che è spesso grave, oltre che l’eliminazione di almeno due delle 20 patologie dimenticate, dracunculiasi e framboesia. Diminuire le infezioni e la circolazione delle malattie con un adeguato monitoraggio è infatti necessario per ridurre il pericolo a livello globale”.

Dr. Andrea Angheben

L’incontro sarà poi l’occasione per fare il punto soprattutto sulla malattia di Chagas, il ‘killer silenzioso’ che uccide ogni anno 12.000 persone nel mondo contagiandone dai 6 ai 7 milioni. “Questa infezione viene trasmessa da una cimice presente nei Paesi dell’America Latina continentale, ma anche per via materno-infantile e attraverso trasfusioni di sangue o trapianti di organi”, spiega Andrea Angheben, responsabile clinico del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali. La malattia di Chagas in Centro America uccide più della malaria, ma non può essere considerata un pericolo lontano perché può arrivare ovunque con i viaggi internazionali: per questo uno screening per le malattie tropicali neglette in categorie a rischio come viaggiatori internazionali o migranti è considerato fondamentale ed è anche meno costoso di quanto sarebbe necessario spendere, poi, per curare un paziente che manifestasse una patologia. Il Centro di Negrar prevede metodi diagnostici specifici e percorsi clinici assistenziali dedicati che sono frutto di anni di gestione di queste malattie, ma percorsi altrettanto adeguati non sono facilmente reperibili altrove in Italia”.

“Per questo sarebbe opportuno anche aumentare le conoscenze nel settore, creando nella università di medicina una specialità della salute globale, i cui esperti possano misurarsi con le sfide di un mondo sempre più globalizzato, trovando anche le risposte più adeguate per limitare le future epidemie e pandemieconclude Gobbi.