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La diagnosi precoce è un fattore determinante per l’efficacia delle terapie che rallentano il decorso di questa malattia: il ruolo della Radiologia e della Medicina Nucleare in un convegno al “Sacro Cuore” venerdì 12 maggio

Oggi circa 50milioni di persone nel mondo soffrono di demenza (un milione in Italia, 600mila sono colpiti da Alzheimer), un numero che è destinato a salire con l’invecchiamento della popolazione. Si stima che nel 2015 le persone ammalate saranno 131 milioni, con un aggravio sulla qualità di vita delle famiglie, della spesa sanitaria e sociale.

Nonostante l’importante impegno della ricerca internazionale, ad oggi non esistono terapie farmacologiche che possano guarire la malattia di Alzheimer, la forma più diffusa di demenza.

I pochi farmaci disponibili – in particolare gli inibitori dell’acetilcolinesterasi che hanno lo scopo di mantenere la disponibilità di acetilcolina, un neurotrasmettitore che invia messaggi da una cellula all’altra – rallentano solamente la progressione della malattia. Come del resto la terapia comportamentale che ha l’obiettivo di conservare le abilità residue del paziente. Entrambe le “cure” sono efficaci nella misura in cui vengano intraprese all’esordio della patologia.

Da qui l’importanza di una diagnosi precoce a cui contribuiscono le nuove tecniche radiologiche e la Medicina Nucleare.

Di “Decadimento cognitivo: aspetti clinici e radiologici” si parlerà venerdì 12 maggio nella sala “Fr. Perez” del “Sacro Cuore Don Calabria” in un convegno (in allegato il programmapromosso dal dottori Giovanni Carbognin e Alberto Beltramello, rispettivamente direttore del Servizio di Radiologia e consulente scientifico di Neuroradiologia dell’ospedale di Negrar (nella foto)

L’incontro, che ha inizio alle 14.30, vedrà una prima parte sull’aspetto clinico della malattia che sarà trattato da geriatri, neurologi e psicologi. Mentre la seconda parte sarà dedicata alle metodiche di diagnosi strumentale e conclusa dal professor Giovanni Frisoni, dell’Università di Ginevra, uno dei maggiori esperti mondiali sulla malattia di Alzheimer.

“Il compito della diagnostica per immagini è innanzitutto quello di escludere patologie trattabili – spiega il dottor Carbognin -. Gli stessi sintomi dell’Alzheimer (perdita di memoria, disorientamento spazio-temporale, difficoltà di linguaggio…) possono essere causati per esempio da neoplasie cerebrali o da ematomi subdurali dovuti anche a piccoli traumi. Ma anche da carenza di vitamina B12 o di acido folico, segnalata dagli esami di laboratorio che vengono prescritti in genere dalle Unità di Valutazione Alzheimer quando si presentano pazienti con sintomi che potrebbero essere ricondotti alla malattia”.

La diagnosi radiologica dell’Alzheimer – prosegue il dottor Beltramello – viene effettuata con la Tac e soprattutto con la Risonanza Magnetica per indagare tutto l’encefalo, ma in particolare per verificare l’esistenza di atrofia dell’Ippocampo, quella parte del cervello situata nel lobo temporale che ha un ruolo importante nella memoria a lungo termine e nelle funzioni cognitive. Atrofia causata dalla deposizione sui neuroni della proteina beta-amiloide, considerata ad oggi la responsabile della morte dei neuroni e quindi della demenza“.

Un apporto importante per la diagnosi precoce viene dato dalla Medicina Nucleare, come spiegherà il dottor Matteo Salgarello, direttore del Servizio a Negrar. “Con la Pet si può studiare non solo il metabolismo neuronale nell’area temporo-parietale, ma grazie a nuovi radiofarmaci oggi siamo in grado di rilevare i depositi di beta-amiloide al loro esordio e di conseguenza di intervenire con le terapie disponibili per rallentare la malattia”, conclude il dottor Beltramello.