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Accogliere il dolore altrui destabilizza anche coloro che svolgono una professione di aiuto. Una risorsa arriva dalla “fusione” di due modelli della psicologia cognitivo-comportamentale come spiegherà l’esperto Martin Brock al “Sacro Cuore”

La perdita e il lutto sono esperienze destabilizzanti non solo per coloro che le vivono, ma anche per chi svolge una professione di aiuto, come gli psicologi e gli psicoterapeuti.

Immergersi in un’esperienza di dolore risveglia paure comuni a tutti gli esseri umani, che possono essere sottoposti alla tentazione di allontanarle, ergendo barriere emotive, quando invece è fondamentale per accogliere la sofferenza altrui accettare i propri “demoni”.

Di perdita e lutto dalla prospettiva degli psicologi e psicoterapeuti si parlerà venerdì 12 maggio in un workshop esperenziale promosso all’ospedale di Negrar dal Servizio di Psicologia clinicadel “Sacro Cuore Don Calabria”, diretto dal dottor Giuseppe Deledda (in allegato il programma).

Per la prima volta in Italia vengono proposti come complementari due modelli terapeutici della Psicologia cognitivo-comportamentale: l’ACT (Acceptance and Commitment Therapy) e e l’CFT (Compassion Focused Therapy) grazie alla presenza come relatore del dottor Martin Brock, dell’Università di Derby (Inghilterra).

Con più di 40 anni di esperienza clinica, Broke è docente del Post-Laurea Compassion Focused Therapy e del Master in psicoterapia cognitivo comportamentale. La giornata formativa alternerà momenti teorici ad esercizi esperienziali. Interverrà oltre al dottor Deledda, presidente del Gruppo di interesse speciale “ACT for Health”per ACT Italia e Association for Contextual Behavioral Science (ACBS), anche la dottoressa Lisa Rabitti, che si occupa di cure palliative presso l’Auls Reggio Emilia e di ricerca presso l’Unità di Psico-oncologia dell’IRCCS Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia.

“L’approccio cognitivo-comportamentale ACT – spiega il dottor Deledda, coordinatore veneto della Società italiana di Psico-Oncologia – è basato sull’incremento della flessibilità psicologica, partendo da un atteggiamento di accettazione e sulla messa in atto di comportamenti coerenti con i propri (e del paziente) obiettivi e valori. Tale metodo – sottolinea lo psicologo – si è mostrato efficace per la gestione della relazione con il paziente e per fornire risposte coerenti con la domanda del paziente e in sintonia con gli obiettivi di cura. Inoltre l’approccio ACT è applicato con buoni risultati per la prevenzione del burn-out degli operatori che lavorano in ambito sanitario”.

All’interno del modello della Terapia Focalizzata sulla Compassione CFT, le condizioni per il cambiamento non possono prescindere da una sensibilità verso la propria sofferenza e quella degli altri, accettandola senza averne paura e senza respingerla. “All’interno dei modelli dell’ACT e del CFT – conclude Deledda – il dolore viene visto come esperienza umana universale che, se da un lato rappresenta una sfida emotiva, dall’altro offre l’opportunità di familiarizzare con le proprie emozioni difficili, a servizio di ciò che si considera importante nella propria vita”.