E’ un compleanno importante, quello che il Centro per le Malattie infiammatorie croniche dell’intestino dell’IRCCS di Negrar festeggerà, il prossimo 4-5 ottobre alla Camera di Commercio di Verona, con l’annuale appuntamento scientifico dal titolo emblematico: “Transforming IBD care: lessons from last 20 years” (clicca qui per il programma). Infatti i due decenni di vita del Centro – che oggi segue 4mila pazienti di cui 850 in terapia avanzata – coincidono con lo straordinario progresso nella cura delle IBD- Inflammatory Bowel Disease (MICI in italiano), malattia di Crohn e colite ulcerosa.
Nella foto dell’équipe del Centro per le Malattie infiammatorie croniche e IBD Unit: da sinistra, la dottoressa Angela Variola, il dottor Andrea Geccherle, la dottoressa Alessia Todeschini e il dottor Giuliano Barugola
E’ un compleanno importante, quello che il Centro per le Malattie infiammatorie croniche dell’intestino dell’IRCCS di Negrar festeggerà, il prossimo 4-5 ottobre alla Camera di Commercio di Verona, con l’annuale appuntamento scientifico dal titolo emblematico: “Transforming IBD care: lessons from last 20 years” (clicca qui per il programma). Infatti i due decenni di vita del Centro – che oggi segue 4mila pazienti di cui 850 in terapia avanzata – coincidono con lo straordinario progresso nella cura delle IBD- Inflammatory Bowel Disease (MICI in italiano), malattia di Crohn e colite ulcerosa. Grazie ai farmaci innovativi per molti dei 250mila malati in Italia (il 60% sotto i 40 anni) la vita è radicalmente cambiata, passando da una condizione spesso gravemente invalidante alla remissione della malattia.
“Erano gli ultimi mesi del 2003 quando sono stati aperti a Negrar i primi ambulatori che vedevano la collaborazione di internisti e gastroenterologi con i chirurgi proctologi per la presa in carico dei pazienti colpiti da patologia colo-rettale benigna”, racconta il dottor Andrea Geccherle, responsabile del Centro malattie retto-intestinali e dell’IBD Unit e presidente del Congresso insieme al dottor Remo Andreoli. “Ben presto ci accorgemmo che la formula dell’ambulatorio integrato si adattava perfettamente al paziente affetto da patologie infiammatorie croniche dell’intestino – prosegue – Successivamente siamo stati uno dei primi centri a creare una vera e propria rete di specialisti (radiologi, endoscopisti, dermatologi, reumatologi, oculisti, ginecologi, urologi…) per offrire al paziente il percorso di cura migliore e più accessibile, valorizzando il ruolo dell’interdisciplinarietà che fino ad allora era appannaggio solo del mondo oncologico. L’interdisciplinarietà nelle IBD è fondamentale sia per le fasi di diagnosi e stadiazione della malattia, ma anche per la concomitante presenza di altre patologie auto-immuni, che condizionano le scelte terapeutiche”.
Il 2000 è l’anno della svolta per il trattamento delle patologie infiammatorie croniche dell’intestino: viene messo sul mercato il primo farmaco biotecnologico, l’anticorpo monoclonale Infliximab, che pochi anni dopo viene somministrato anche a Negrar, nel neonato centro delle malattie retto-intestinali. Attualmente i farmaci appartenenti alla terapia avanzata (biologici e piccole molecole), destinati ai pazienti con patologia moderata-grave e refrattari o intolleranti alla terapia convenzionale, sono 9 per la colite ulcerosa e 6 per la malattia di Crohn.
“Solo 20 anni fa avevamo come unica arma terapeutica, l’immunosoppressore Aziotoprina e il cortisone, con tutti gli effetti avversi che comportano questi farmaci assunti in via continuativa – spiega la dottoressa Angela Variola, medico gastroenterologo dell’IBD Unit – Oggi disponiamo di terapie che non solo limitano la loro azione esclusivamente alla malattia, e di conseguenza non hanno importanti effetti collaterali, ma anche cambiano la storia naturale della patologia stessa, evitando le complicanze d’organo: come le stenosi, le fistole, la malattia perianale, l’occlusione intestinale, la perforazione, la neoplasia”. In un prossimo futuro sono attese ulteriori novità di trattamento: il Centro del “Sacro Cuore Don Calabria” ha in corso 23 studi clinici, “una finestra sul futuro– sottolinea la dottoressa Variola – perché grazie alle sperimentazioni cliniche si hanno a disposizione alternative terapeutiche prima che vengano messe sul mercato”.
Accanto all’obiettivo di trovare nuove molecole, l’attuale ricerca sulle IBD è impegnata a scoprire il ‘meccanismo’, grazie al quale sarà possibile somministrare a ogni paziente il farmaco più efficace. “Purtroppo quello che ormai è praticabile da anni in oncologia, dove per alcuni tumori viene effettuata una terapia personalizzata sulla base di informazioni di biologia molecolare espresse dalla neoplasia del paziente, non è possibile replicarlo per ora nell’ambito delle IBD – precisa la dottoressa – Questo perché non è univoca la via attraverso la quale si sviluppa l’infiammazione autoimmune. Come sentiremo durante il congresso, la ricerca è molto concentrata in quest’ambito per trovare biomarcatori che possano personalizzare la terapia”.
E sul fronte della prevenzione ci sono novità? “La causa all’origine di queste patologie è ancora sconosciuta, sicuramente concorrono più fattori e la predisposizione genetica gioca un ruolo importante, soprattutto quando la malattia ha un esordio pediatrico – risponde la dottoressa Variola -. Quel che è certo è che gli stili di vita sono la scintilla che fa scoppiare il tutto. Pertanto immagino in un prossimo futuro una strategia preventiva per tutti i parenti di pazienti affetti da IBD che agisca sull’alimentazione, il movimento e sull’abitudine al fumo. E poi chissà se avremo a disposizione degli strumenti davvero validi per individuare queste malattie prima che manifesti i sintomi”