L’emicrania è al primo posto tra le patologie invalidanti prima dei 50 anni. Gli attuali farmaci per prevenire gli attacchi e la novità sul mercato di un farmaco biotecnologico

Non chiamatelo solo mal di testa. Sono 7 milioni, circa il 12% della popolazione, gli italiani che soffrono di emicrania. Si tratta di una forma di cefalea primaria – legata cioè alla natura dell’individuo e non un sintomo di altre malattie – che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha collocato al primo posto tra le patologie invalidanti, in termini di frequenza, prima dei 50 anni di età. Coloro che ne soffrono, infatti, sono afflitti da un numero variabile di attacchi al mese – quando superano i 15 per almeno tre mesi l’ emicrania viene definita cronica – che li costringono ad assentarsi dal lavoro e da tutte le altre attività quotidiane e cercare conforto nel proprio letto, al buio e nel silenzio assoluti.

 

 

“E’ una della patologie ‘anti-sociali’ per eccellenza: l’emicranico non solo è costretto ad una qualità di vita pessima, ma spesso non viene creduto o è considerato come un peso dai colleghi di lavoro, dagli amici e tavolta anche dai propri familiari. La cura del paziente cefalgico comporta quindi una presa in carico globale, anche psicologica, della persona”, spiega il dottor Fabio Marchioretto (nella foto), direttore della Neurologia e responsabile dell’Ambulatorio cefalee, dal quale all’anno passano circa 500 persone, tra prime visite e controlli.

 

 

Sono soprattutto donne (in un rapporto di 3 a 1 rispetto agli uomini) e il picco di prevalenza della patologia è tra i 30 e i 50 anni, l’arco temporale di massima progettualità individuale, familiare e lavorativa, che richiede impegno e non è certo priva di stress. Dopo i 50 anni l’emicrania come intensità di dolore e frequenza tende a diminuire sia per i cambiamenti ormonali nella donna (menopausa) sia, in entrambi i sessi, per la stabilità che solitamente subentra in tutti gli ambiti della vita.

 

 

Quindi lo stile di vita è un fattore di rischio?

“Data la costituzionalità emicranica, qualunque condizione di squilibrio psico-fisico più che un fattore di rischio è un un fattore scatenante”, risponde il dottor Marchioretto. “Tra i fattori scatenanti ci sono quindi il periodo premestruale nella donna; per entrambi i sessi l’insonnia ma anche il sonno prolungato; lo stress ma pure l’eccessivo rilassamento (la famosa ’emicrania del fine settimana’); i pasti abbondanti ma nello stesso modo anche il digiuno incide moltissimo. Pertanto la prima forma di profilassi dell’emicrania, per ridurne gli attacchi, è uno stile di vita sano ed equilibrato.

 

 

Quanto la familiarità è un fattore di rischio?

Per l’emicrania si riconosce una connotazione familiare. Più specificatamente l’emicrania è una patologia poligenica, cioè a determinarla vi concorrono più geni. Di conseguenza ogni emicranico possiede la ‘sua’ emicrania e a questo sottende la necessità di un differente e personalizzato trattamento farmacologico.

 

Come viene diagnosticata l’emicrania?

Anche la diagnosi non è semplice, in quanto non possiamo avere riscontri oggettivi né attraverso esami specifici né tramite elementi di tipo semeiologico o indagini strumentali (a differenza dei polmoni, per esempio, il cervello non si può auscultare). Per questo motivo negli anni Settanta, la International Headache Society (IHS), massimo riferimento a livello mondiale per quanto riguarda lo studio delle cefalee, ha diramato le prime linee guida diagnostiche della malattia. Ora siamo alla terza edizione.

 

Cosa contengono queste linee guida?

Innanzitutto la classificazione di tutte le forme di cefalea conosciute con i relativi criteri diagnostici che offrono la massima sensibilità e specificità per la diagnosi. Per esempio secondo l’IHS, la diagnosi di emicrania viene effettuata rispettando i seguenti criteri:

1) Intensità forte del dolore.

2) Durata dell’episodio doloroso tra le 4 e le 72 ore.

3) Almeno un criterio tra carattere pulsante del dolore e localizzazione unilaterale.

4) Almeno un criterio tra fotofobia, fonofobia, nausea e vomito.

5) Nella fase di stato, il dolore è accentuato dal movimento e dai cambi posturali.

 

 

In cosa consiste la terapia?

Come è stato detto, ogni emicranico possiede la ‘sua’ emicrania. Pertanto la terapia – sia quella preventiva sia quella al bisogno per controllare gli attacchi – è una sorta di ‘abito su misura’, realizzato adeguando e adattando il trattamento e la posologia in base alla risposta individuale. Attualmente per la profilassi abbiamo a disposizione quattro tipi di farmaci di prima linea: un betabloccante (cioè un vaso dilatatore); l’amitriptilina, un antidepressivo triciclico che alza la soglia del dolore; la flunarizina, un calcioantagonista; il topiramato, un antiepilettico. Tutti e quattro, con modalità diverse, intercettano il meccanismo eziologico dell’emicrania. Fondamentale è l’alleanza terapeutica medico-paziente: la cura dipende da un’ interazione positiva tra paziente e medico, ognuno deve fare la sua parte nell’intento comune di contrastare l’emicrania; il paziente è invitato a tenere un diario dove annotare la durata degli attacchi, il farmaco analgesico assunto durante l’attacco, l’efficacia di questo farmaco ed eventuali effetti collaterali, possibili fattori scatenanti, come cibi assunti o periodo mestruale… Se con questi farmaci di prima linea non si ottengono risultati soddisfacenti si passa al trattamento di seconda linea con la tossina botulinica riservata alle forme ad alta frequenza.

 

 


Come viene somministrata?

La tossina botulinica viene iniettata con delle piccole iniezioni sottocute a livello della fronte, dei muscoli delle tempie, dei muscoli posteriori e del collo. La tossina botulinica viene ripetuta ogni 12 settimane e il trattamento non ha importanti effetti collaterali, a fronte di una sensibile diminuzione degli episodi dolorosi. E’ indicata per l’emicrania cronica ed è messa a disposizione dal Servizio sanitario nazionale solo nel caso che i farmaci di prima linea non siano efficaci e il paziente non tragga beneficio nemmeno dagli antidolorifici, rischiando di cadere nell’abuso.L’azione antinocicettiva della Tossina botulinica e quindi l’effetto nel trattamento dell’ emicrania rimane ancora in grande parte sconosciuta: diversi dati ne suggeriscono una genesi multifattoriale con effetti sulle fibre muscolari per il blocco della giunzione neuro muscolare ma anche sulle fibre nervose autonomiche e dolorifiche

 

 

 

Ci sono delle novità dal punto di vista farmacologico?

Da poco abbiamo a disposizione sul mercato, ma non ancora convenzionato con il Ssn, anche un farmaco di terza linea. E’ un anticorpo monoclonale anti CGRP (Calcitonin Gene Related Peptide), un peptide che è implicato nel meccanismo fisio-patogenetico dell’emicrania. Si tratta di un passo avanti decisivo nella profilassi dell’emicrania, ma essendo biologico, è un farmaco ad alto costo e il suo impiego, all’interno del Ssn, sarà regolato da una serie di restrizioni