Atleti professionisti colpiti da arresto cardiaco in campo. Sono sempre eventi imprevedibili, oppure esistono segnali che possono sollevare dubbi diagnostici da approfondire? Di elettrocardiogramma spesso si parla come di un esame banale, mentre partendo da una sua corretta lettura si possono salvare vite sottoposte a notevoli e prolungati sforzi cardio-polmonari. Se ne parlerà nel convegno “Da Morosini a Eriksen: le aritmie nello sportivo”, organizzato l’1 ottobre dalla Medicina dello Sport e dalla Cadiologia dell’IRCCS di Negrar
Il titolo fonde cronaca e medicina: “Da Morosini a Eriksen: le aritmie nello sportivo”. Infatti il convegno organizzato dalla Cardiologia e dalla Medicina dello sport dell’IRCCS di Negrar – sabato 1 ottobre a Villa Quaranta Park Hotel (Ospedaletto di Pescantina) – parte da due episodi di cronaca emblematici per accendere i riflettori sull’importanza di saper cogliere, da parte dei medici a tutti i livelli, i primi segnali di anomalie cardiache al fine di prevenire le morti improvvise sul campo, per arrivare all’importanza cruciale di diffondere la cultura della rianimazione cardio-polmonare, ovunque si faccia sport.
Episodi di arresto cardiaco nello sport che hanno fatto notizia
Piermario Morosini, calciatore del Livorno, è deceduto il 14 aprile del 2012 a soli 24 anni per arresto cardiaco durante la gara con il Pescara. Mentre Christian Eriksen, il centrocampista della Nazionale danese e dell’Inter, fu riportato letteralmente in vita grazie al tempestivo uso del defibrillatore, il 12 giugno del 2021 quando nel corso della partita con la Finlandia dei campionato d’Europa, cadde a terra all’improvviso.
Patologie non rilevate dagli esami strumentali
“Si rimane sempre sconvolti da questi gravi episodi. L’eco è tanta perché i protagonisti sono sportivi professionisti sottoposti a controlli medici costanti e non ci si aspetta possa succedere”, afferma il dottor Giulio Molon, direttore della Cardiologia. “Purtroppo, come accade nella popolazione generale, anche fra gli atleti ci sono coloro che possono soffrire di patologie cardiache, spesso di origine genetica, non rilevate da esami strumentali come l’elettrocardiogramma (ECG), ma che si manifestano con aritmie improvvise, causa di arresto cardiaco. Naturalmente negli atleti incide notevolmente l’intenso sforzo cardiopolmonare a cui sono sottoposti, sforzo che, in presenza di una patologia, funziona come una sorta di detonatore, scatenando l’aritmia fatale”.
Ma anche mancate diagnosi: l’importanza dell’interpretazione corretta dell’ECG
Tuttavia la stessa cronaca non è priva di esempi di giovani vite spezzate che potevano essere salvate, se gli esami strumentali, in primis l’elettrocardiogramma, fossero stati interpretati in maniera corretta.
I severi protocolli italiani per l’attività agonistica
“Il convegno è strutturato intorno ai protocolli nazionali che in Italia tutelano l’attività agonistica. Protocolli molto severi, tanto che Eriksen non ha potuto proseguire la carriera in Italia in quanto, dopo l’arresto è stato sottoposto ad impianto di defibrillatore. Ma gioca all’estero, in Paesi dove la normativa lo permette”, afferma il dottor Roberto Filippini, direttore della Medicina dello Sport del Sacro Cuore Don Calabria con sede in via San Marco 121 a Verona.
La normativa nazionale prevede per l’ottenimento della certificazione di idoneità sportiva dei percorsi distinti per gli atleti agonisti e per quelli non agonisti. Alla prima categoria appartengono i professionisti e i dilettanti, che a loro volta sono sottoposti a protocolli differenti imposti dalle normative vigenti. I non agonisti sono la gran parte della popolazioni generale che svolge attività sportiva nelle palestre, per la quale è richiesto il certificato medico con elettrocardiogramma. Oggetto del convegno saranno anche i nuovi protocolli redatti dalla Federazione medico-sportiva italiana in collaborazione con il Ministero della Salute a causa della pandemia da SARS-CoV2.
Il rischio degli atleti della domenica: visita ed ECG raccomandati
“Tuttavia esiste un’altra fetta di popolazione che svolge sport autonomamente (pensiamo ai podisti oppure alle squadre di calcetto tra amici) – sottolineano entrambi i medici -. Questi sono più a rischio dei professionisti in quanto non hanno nessun obbligo medico, oltre a non avere, spesso, l’allenamento e lo stile dii vita adeguato per sottoporre il fisico a uno sforzo prolungato. Anche per questi sportivi è altamente raccomandabile sottoporsi a visita e elettrocardiogramma”.
L’anamnesi e la corretta interpretazioni dell’ECG sono gli elementi fondamentali per un medico di medicina dello sport o di medicina generale (sono quest’ultimi, insieme ai pediatri di libera scelta e ai soci aggregati alla Federazione medico sportiva italiana, a rilasciare il certificato di idoneità sportiva per i non agonisti) per stabilire se un cuore è fondamentalmente sano oppure se ci sono elementi sui quale formulare sospetti diagnostici.
Medicina dello Sport dell’IRCCS di Negrar: centro di terzo livello
“Il Centro di Medicina dello Sport dell’IRCCS di Negrar è riconosciuto dalla Regione Veneto Centro di terzo livello, cioè in grado di svolgere gli accertamenti di secondo livello – spiega il dottor Filippini – Questi l’ecocolordoppler cardiaco sia a riposo che da sforzo, il test cardio-polmonare, il test da sforzo (su cicloergometro o tapis roulant) e l’holter cardiaco. Inoltre grazie alla stretta collaborazione con la Cardiologia e la Radiologia di Negrar abbiamo la possibilità di sottoporre il paziente a test di terzo livello, cioè la Risonanza Magnetica cardiaca, all’Angio Tac fino agli studi elettrofisiologici. In pratica allo sportivo professionista, e non, siamo in grado formulare una diagnosi completa della sua condizione cardiaca”.
Defibrillatori e corsi di rianimazione cardiopolmonare per “laici” investimenti che salvano le vite
Una delle sessioni del convegno è riservata alla cardioprotezione delle palestre e dei luoghi deputati allo sport, tenuta dal dottor Molon che da anni si fa promotore della diffusione sul territorio veronese, e non solo, dei defibrillatori automatici. Nel 2013, a seguito della morte di Morosini, un decreto ha stabilito per tutte le società sportive professionistiche l’obbligo di dotarsi di un defibrillatore. Obbligo che, a partire dal 1° luglio 2017, è stato esteso anche alle società dilettantistiche. In pratica ogni impianto sportivo dove si svolgono delle competizioni deve essere dotato di un defibrillatore semiautomatico. “Si tratta di un dispositivo semplice da utilizzare e poco costosoma in grado, se usato tempestivamente, di salvare la vita in caso di arresto – sottolinea il dottor Molon -. Naturalmente la dotazione dell’apparecchio da parte degli impianti dovrebbe essere accompagnata dalla presenza di persone formate al suo utilizzo quindi capaci di effettuare anche la rianimazione cardiopolmonare (BLS-D). Ma in Italia, purtroppo, la cultura della rianimazione è ancora poco diffusa, non solo in ambito sportivo. Nel nostro Paese ogni anno 60 mila persone sono colpite da arresto cardiaco, ma solo il 15% viene salvato perché sottoposto a rianimazione a pochi minuti dall’arresto. Diffondere i corsi di rianimazione cardiovascolare ad iniziare dalle scuole significa investire sulla vita delle persone”.