La dottoressa Natalia Tiberti, ricercatrice dell’IRCCS di Negrar, è una dei tre vincitori della borsa di ricerca sostenuta dalla Fondazione INF-ACT, in collaborazione con la Fondazione Armenise-Harvard Il suo progetto, finanzianto con 150mila euro,  ha l’obiettivo di ricercare nuovi bio-marcatori per contribuire alla diagnosi precoce di febbri acute causate da arbovirus, quali ad esempio il virus West Nile e il virus Dengue. Tali bio-marcatori consentirebbero di migliorare la gestione dei pazienti febbrili, di contribuire al controllo di eventuali epidemie. 

 

La dottoressa Natalia Tiberti, ricercatrice dell’IRCCS di Negrar, è una dei tre vincitori della borsa di ricerca sostenuta dalla Fondazione INF-ACT, in collaborazione con la Fondazione Armenise-Harvard. Gli altri due ricercatori premiati con un finanziamento di 150mila euro ciascuno sono Roberto Rusconi dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas e Paolo Gabrieli dell’Università degli Studi di Milano.

I tre progetti sono stati selezionati tra i lavori presentati dai 25 partner del Consorzio INF-ACT, il network di Centri di ricerca, Università e Irccs impegnati nel progetto sulle malattie infettive emergenti, finanziato nell’ambito del PNRR con 114,5 milioni di euro.  La selezione è avvenuta attraverso le rigorose procedure della Fondazione Giovanni Armenise-Harvard, che nasce con l’obiettivo di sostenere la ricerca di base in campo biomedico, e sono stati scelti perché accomunati da un approccio innovativo alla ricerca sulle malattie infettive, finalizzata alla gestione di possibili nuove epidemie.

Il progetto della dottoressa Tiberti ha l’obiettivo di ricercare nuovi bio-marcatori per contribuire alla diagnosi precoce di febbri acute causate da arbovirus, quali ad esempio il virus West Nile e il virus Dengue. Tali bio-marcatori consentirebbero di migliorare la gestione dei pazienti febbrili, di contribuire al controllo di eventuali epidemie causate da arbovirosi di importazione, di monitorare in modo più accurato l’epidemiologia di queste infezioni nel nostro territorio e di evitare l’utilizzo inappropriato di antibiotici.

“Siamo molto soddisfatti perché abbiamo ricevuto candidature da ricercatori impegnati nei diversi aspetti che le malattie infettive emergenti richiedono di fronteggiare, con approcci innovativi, trasversali e multidisciplinari. Questi fondi costituiscono un’ulteriore assegnazione di risorse destinate alle attività ricerca all’interno del progetto PNRR gestito dalla Fondazione INF-ACT. Le tre borse assegnate garantiranno a questi validi scienziati di proseguire i loro studi e di esplorare le potenzialità della moderna ricerca scientifica, in cui la salute umana è interconnessa alla salute animale e ambientale (One Health)” ha dichiarato Federico Forneris, presidente della Fondazione INF-ACT.

La particolarità del bando di assegnazione delle borse è stata quella di essere rivolto solo ai ricercatori in attività da almeno 5 anni ma meno di 12. “La scarsità, tra i finanziamenti, di fondi dedicati a chi è a metà del proprio percorso professionale, spesso mette a rischio carriere avviate, compromettendo la possibilità di portare a fruizione gli investimenti fatti in fase di avvio di un laboratorio e, soprattutto, rischia di vanificare il raggiungimento delle scoperte scientifiche. L’esperienza di oltre 20 anni della Fondazione Armenise Harvard è emblematica: col programma Career Development Award (CDA) abbiamo sostenuto le ricerche in Italia di oltre 30 scienziati che, a loro volta, hanno raccolto fondi per quasi 100 milioni di euro, pubblicando più di 1000 peer-reviewed paper con un H-index medio di 26 e più di 4300 citazioni medie. Nonostante ciò, però, anche i nostri ricercatori soffrono di questa situazione inaccettabile“, ha affermato Elisabetta Vitali, direttore dei programmi italiani alla Fondazione Armenise Harvard

“L’Armenise Harvard INF-ACT Mid-Career award rappresenta un importante supporto per la mia carriera scientifica – ha sottolineato dal dottoressa Tiberti – Grazie a questo finanziamento avrò la possibilità di ampliare il mio gruppo di ricerca e di impiegare nei miei studi approcci innovativi quali l’analisi di vescicole extracellulari, ossia nanoparticelle, rilasciate dalle cellule umane in risposta a diversi patogeni, che possono contenere informazioni biologiche specifiche del tipo di infezione in atto”.

Tiberti, originaria di Parma, dopo la laurea triennale in Biotecnologie e la laurea specialistica in Biotecnologie Mediche, ha iniziato il percorso da ricercatrice nell’ambito delle malattie infettive e tropicali conseguendo il dottorato di ricerca presso l’Università di Ginevra (Svizzera) sotto la supervisione del prof. Jean-Charles Sanchez. Successivamente ha perfezionato le competenze come post-doc presso l’Università di Sydney e la University of Technology Sydney (Australia) nel gruppo della Prof.ssa Valery Combes. Dal 2018 è ricercatrice indipendente presso il Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, dove si occupa di ricerca biomedica traslazionale con particolare interesse allo studio di bio-marcatori per le malattie infettive e tropicali, e dei meccanismi di interazione tra l’ospite umano e diversi tipi di agenti infettivi.

Gli altri progetti vincitori

Il progetto proposto dal professor Roberto Rusconi – responsabile del Laboratorio di fisica applicata, biofisica e microfluidica di Humanitas e associato in Humanitas University – si concentra sui biofilm, comunità batteriche protette da una matrice extracellulare prodotta dai batteri stessi.  I biofilm rappresentano una delle principali cause di infezioni persistenti negli ospedali e si presentano in particolare in associazione all’uso di dispositivi biomedici. Concentrandosi sulle strutture particolari che i biofilm formano in condizioni di flusso, come nei cateteri o negli stent, il progetto mira a comprendere come questi biofilm si formano e resistono agli antibiotici, indagando specificamente il ruolo svolto dal DNA batterico rilasciato nella matrice extracellulare.  L’obiettivo è scoprire nuove strategie per combattere queste colonie batteriche resilienti, portando potenzialmente a nuovi metodi di controllo delle infezioni.

Il progetto vincitore del professor Paolo Gabrieli – docente di Zoologia presso il dipartimento di Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano –  ha lo scopo di sviluppare una nuova tecnica eco-compatibile di controllo delle zanzare tramite la modificazione della loro riproduzione. Ad oggi, le zanzare vengono controllate per lo più utilizzando insetticidi, che sono dannosi per l’ambiente e l’uomo e stanno perdendo la loro efficacia. È necessario, quindi, sviluppare metodi che rispettino l’ambiente, ma che abbiano un’efficacia e una velocità di azione paragonabile agli insetticidi.  Una delle caratteristiche fondamentali di questi insetti, che li rende importanti vettori di malattie umane, è quella di poter generare tantissima prole in poco tempo: limitando la possibilità di questi insetti di riprodursi si può dunque limitare il loro numero e controllare le loro popolazioni.