Ai vaccini si deve l’estinzione o il controllo di malattie che solo pochi anni fa mietevano morti e menomazioni. Eppure in Italia è in pericolosa diminuzione la copertura vaccinale. Perché tanta paura? Rispondono il pediatra, l’infettivologo e la geriatra

Hanno cambiato con gli antibiotici i destini dell’umanità, eppure sui vaccini è calata una coltre di diffidenza. Il Veneto (dove dal 2008 è stato sospeso l’obbligo) è passato in pochi anni da una copertura vaccinale del 98% ad appena il 91% (in Italia la media è del 93.4%). Percentuale al di sotto di quel 95% che garantisce la cosiddetta “immunità di gregge”, cioè la situazione che si verifica quando la vaccinazione di una parte significativa della popolazione tutela anche coloro che, a causa di particolari patologie, non possono sottoporsi al vaccino. Se la soglia di copertura dovesse diminuire fino all’85% o meno alcune malattie come la polio, il tetano e la difterite, di cui da anni non si registrano o si registrano solo pochi casi in Italia, ritornerebbero anche nel nostro Paese. La diffidenza non colpisce solo i vaccini che vengono somministrati nei primi anni di vita. Per quanto riguarda la vaccinazione antinfluenzale (avviata in questi giorni sul territorio nazionale) la copertura in Veneto nella passata stagione ha interessato solo il 14,6% della popolazione.

 

Ma perché i vaccini fanno così paura?

 

Il pediatra

“Poiché molte malattie infettive per cui si moriva un tempo non ci sono più, il timore che provocavano si è spostato sulle complicanze da vaccino, dimenticando che a sconfiggere quelle malattie è stata proprio la vaccinazione di massa avviata tra gli anni Cinquanta e Sessanta”, afferma il dottor Antonio Deganello (foto 1), direttore dell’Unità Operativa di Pediatria del “Sacro Cuore Don Calabria”.

Complicanze, sottolinea ancora il medico, che “non si possono negare. Ma se noi andiamo ad analizzare i dati della Regione Veneto negli ultimi 20 anni sono stati somministrati circa 29milioni e 200mila vaccini. Alla luce di questi numeri si sono verificate 400 complicanze, di cui circa 80 locali (cioè ascessi). Le altre consistono in shock anafilattici (che si sono risolti immediatamente in quanto si consiglia di restare in sala d’aspetto per 15-20 minuti dopo la somministrazione del vaccino) e purtroppo in problemi neurologici”.

Sono proprio gli effetti collaterali a danno del sistema neurologico che suscitano i maggiori timori. Come la millantata correlazione tra il vaccino contro il morbillo (patologia infettiva che può provocare anche polmoniti ed encefaliti letali) e l’autismo. “Non vi è nessuna evidenza scientifica che attesti una correlazione tra questo tipo di vaccino e l’autismo – chiarisce il dottor Deganello -. Lo studio di Jeremy Wakefild che voleva provarla si è dimostrato un falso scientifico e il dottore è stato radiato dall’Ordine dei medici britannico. La correlazione è stata negata anche dalla Cassazione italiana nel 2002 nell’ambito di un procedimento di risarcimento”.

 

Molti studi scientifici hanno poi dimostrato l’inesistente legame tra il mercurio, contenuto fino al 2002 in alcuni tipi di vaccino, e l’autismo.

“E’ dimostrato scientificamente che i benefici introdotti dai vaccini sono enormemente più rilevanti delle complicanze legate ad essi – conclude il pediatra -. Come medico sono favorevole a tutti i vaccini in particolare a quelli che proteggono da malattie molto gravi come la polio, il tetano, la difterite, il morbillo, la meningite, di cui solo qualche anno fa vedevamo anche qui a Negrar due casi al mese. Se per mantenere una copertura vaccinale efficace fosse necessario rintrodurre l’obbligatorietà, torniamo ad essa”.

 

L’infettivologo

“Negli ultimi decenni vi è stato un cambiamento epocale in sanità – afferma il dottor Andrea Angheben (foto 2), medico infettivologo del Centro per le Malattie Tropicali di Negrar -. Si è passati da un concetto di salute che privilegiava l’aspetto comunitario a un concetto che invece pone l’accento solo sul singolo, anche se questo può avere ripercussioni sulla comunità. Il sempre più diffuso timore per i vaccini è l’esempio emblematico di questo passaggio”.

Secondo il medico, “il vaccino va considerato come un farmaco, nell’accezione che comunemente diamo a questo termine. Come è assurdo essere contrari ai farmaci in senso generale solo perché possono avere degli effetti collaterali, è altrettanto superficiale dichiararsi contrari a tutti i vaccini. Perché ci sono vaccini e vaccini. Alcuni possono avere degli avventi avversi banali, altri più significativi pur nell’estrema rarità”.

Non dimentichiamo poi che alcuni vaccini hanno cambiato i destini dell’umanità come quello contro il tetano, la polio o la difterite, “per i quali io sono per l’obbligatorietà, come nel caso del vaccino per l’epatite B. La vaccinazione contro quest’ultima malattia è stata introdotta negli anni Ottanta e oggi abbiamo alcune generazioni immuni al virus così come alcune categorie (per esempio gli operatori sanitari) a cui è offerta la vaccinazione per il rischio professionale. Arrivando a una copertura vaccinale elevata – prosegue il dottor Angheben – otterremo la scomparsa di questo virus che è una delle cause del carcinoma epatico. Noi del Centro per la Malattie Tropicali non di rado ci troviamo a curare ragazzi africani colpiti da tumore al fegato dovuto all’epatite B, contratta per contatto sessuale o più frequentemente per trasmissione materno-fetale”.

Quello contro l’epatite B è inserito in Veneto tra i vaccini “raccomandabili” (ex obbligatori) assieme all’antipolio, l’antitetanica e l’antidifterite. Mentre la Regione ha posto tra i consigliati i vaccini contro la pertosse, l’Haemophilus influenzae B, il morbillo, la parotite, la rosolia, la varicella, il meningococco C e lo pneumococco.

“Non obbligherei tout court una mamma a sottoporre il suo bambino ad una vaccinazione come ad esempio quella contro il morbillo – sottolinea l’infettivologo – ma le farei comprendere però che suo figlio avrà meno probabilità di essere infettato dal virus, perché tante altre madri hanno accettato di far vaccinare i loro figli. Dobbiamo capire che oltre alla protezione di noi stessi, qualcosa dobbiamo dare anche alla comunità…”.

E sulla diffidenza contro i vaccini il dottor Angheben aggiunge: “Purtroppo si sta accreditando una visione complottista che vedrebbe un accordo tra gli operatori e i dirigenti del “Sistema salute” e le multinazionali farmaceutiche per l’organizzazione di remunerative campagne vaccinali, a scapito della sicurezza del cittadino. Visione subito smentita – conclude – se si approfondisce l’argomento perché c’è piena conformità tra i programmi vaccinali delle Regioni e le evidenze accumulate da decenni nella letteratura scientifica”.

 

La geriatra

Un vaccino che viene sottovalutato riguardo alla sua efficacia è quello contro l’influenza. In base al Piano sanitario nazionale e al Piano nazionale prevenzione vaccinale 2012-2014, l’obiettivo è il raggiungimento di una copertura vaccinale della popolazione anziana del 75%. In Veneto nella stagione 2015-2016 è stata del 54% , una percentuale simile alla stagione precedente, con un calo progressivo a partire dal 2010-2011 dove il tasso era del 68,9%.

“Non hanno di certo aiutato le notizie nel 2014 di presunti decessi dovuti al vaccino. Morti per le quali non è stata mai provata una correlazione diretta con il vaccino stesso – spiega la dottoressa Emanuela Turcato, responsabile dell’Unità operativa di Geriatriadell’ospedale calabriano (foto 3) -. È inevitabile che nell’ambito di una popolazione anziana si verifichino dei decessi, il vaccino non c’entra”.

Molti non hanno fiducia in questa pratica preventiva, “perché dopo la somministrazione a volte subentra una piccola sindrome influenzale, che può durare anche tre giorni. Ecco allora la classica frase: ‘Prima del vaccino stavo bene’. Ma quella insorta è una condizione ben definita, breve e sopportabile, non paragonabile all’influenza vera e propria che può sfociare in complicanze a volte gravi”.

In Veneto dalla stagione 2009-2010 a quella 2015-2016 si sono verificati complessivamente 87 decessi, 124 casi gravi e 502 ricoveri in ospedale riconducibili all’influenza. A rischio sono soprattutto “gli anziani con comorbilità, importanti malattie cardiache, respiratorie e quelli affetti da diabete, in particolare se vivono a contatto con i bambini o frequentano luoghi affollati. Ma è una vaccinazione necessaria anche per i bambini e gli adulti con qualche patologia e le donne gravide (www.salute.gov.it)”. Il vaccino è anche raccomandato a tutti coloro che lavorano in strutture sanitarie, per evitare di trasmettere il virus ai malati e garantire la presenza sul posto di lavoro in caso di epidemia. Ma resta una raccomandazione poco ascoltata…

“Tutti gli anziani dovrebbero vaccinarsi e farlo al più presto – conclude la dottoressa Turcato – e dovrebbe richiedere al medico di base anche la vaccinazione antipneumococcica contro la polmonite che si deve effettuare ogni cinque anni. Mai vaccinarsi quando è in atto una patologia acuta, anche un banale raffreddore o poche linee di febbre”.

 

elena.zuppini@sacrocuore.it