Il dottor Diego Gavezzoli, nuovo direttore della Chirurgia Toracica
Il dottor Diego Gavezzoli è il nuovo direttore della Chirurgia Toracica. Formato anche nell’ambito della Cardiochirurgia, è esperto di tecniche chirurgiche mini-invasive per il tumore del polmone, ma anche di chirurgia delle malformazioni della parete toracica e funzionale. “Oggi la gran parte degli interventi vengono eseguiti in toracoscopia, ma il futuro della chirurgia toracica è la robotica perché permette l’accuratezza del gesto anche quando gli accessi sono particolarmente ristretti”.
Il suo amore per le due ruote avrebbe potuto indurlo a fare il ciclista o il pilota su pista (oggi fa parte del Motoclub Brixia Special di Brescia). Quello per il calcio a calpestare per professione i campi italiani (è stato arbitro per 10 anni: “Sono arrivato fino alla categoria interregionale… Avevo i calzoni corti in tutti i sensi, ho smesso l’ultimo anno di università…). Ma a prevalere su tutto, per il dottor Diego Gavezzoli, è stata la passione per la chirurgia. In particolare per la Chirurgia Toracica, specialità dell’Unità Operativa che guida da gennaio al “Sacro Cuore Don Calabria” prendendo il testimone dal dottor Alberto Terzi.
Nato a Brescia 50 anni fa, si è laureato in Medicina e Chirurgia a Pavia nel 1996, con specializzazione in Chirurgia Toracica nel 2002 all’Università Statale di Milano. Prima di approdare in Valpolicella prestava la sua opera agli Spedali Civili di Brescia; dal 2003 al 2006 nell’Unità Operativa di Cardiochirurgia e dal 2008 al 2021 in quella di Chirurgia Toracica, con una breve parentesi, dal 2007 al 2008, presso la Chirurgia Generale dell’Azienda Ospedaliera Bolognini di Seriate, dove gestiva l’Ambulatorio specialistico di Chirurgia Toracica ed Endoscopia respiratoria.
“La mia formazione è cardiochirurgica, anche se ho acquisito la specialità in chirurgia toracica – spiega il dottor Gavezzoli -. In Europa la specialità è unica e contempla la formazione cardiochirurgica e toracica”. Non a caso durante le due esperienze all’estero, il dottor Gavezzoli ha lavorato presso l’Ospedale Cardio-Toracico “L. Pradel” di Lione, dove ha svolto attività di sala operatoria e di ricerca (sviluppo di modelli sperimentali per lo studio della conservazione d’organo nel trapianto cardiaco), e all’Istitute Mutualiste de Montsouris Parigi dove si è occupato di cardiochirurgia, ma anche di chirurgia toracica e vascolare.
Se è vero che la chirurgia toracica ha molte affinità con quella del cuore, è altrettanto vero che la prima racchiude un mondo che, contrariamente a quanto si è soliti pensare, va oltre la chirurgia oncologica del polmone. “Il trattamento chirurgico della neoplasia maligna polmonare e degli altri organi toracici è solo una parte della specialità di cui mi occupo – conferma il neo primario –. L’altra comprende, per esempio, la chirurgia delle patologie malformative della parete toracica (petto escavato e carenato) con tecniche classiche e mini-invasive. Oppure la chirurgia funzionale per la terapia della iperidrosi severa degli arti superiori o del fenomeno di Raynaud”. Per quanto riguarda l’eccessiva sudorazione di ascelle o mani, il dottor Gavezzoli ha accumulato una vasta esperienza presso il centro da cui proviene; la tecnica chirurgica innovativa e i risultati ottenuti sono stati presentati nel 2018 al Congresso internazionale ISSS (International Society Simpatetic Surgery) società di cui è membro. “La tecnica della simpaticectomia toracica bilaterale sincrona con mini-accessi ascellari, intubazione monolume e senza esclusione polmonare né utilizzo di Co2 è il frutto del lavoro e del lungo percorso dell’equipe di Brescia da quando all’inizio degli anni 2000 il dott. Pietro Bovolato, il primario che mi riportò nella mia città natale, decise di intervenire su questa patologia ”, spiega il chirurgo.
La tecniche chirurgiche mini-invasive prevalgono ormai anche per la chirurgia del tumore al polmone. “Il gesto chirurgico negli anni si è notevolmente raffinato nella cosiddetta chirurgia open. A parte alcuni interventi, come quello per mesotelioma pleurico, che sono particolarmente demolitivi, quando è necessaria un’apertura toracica, gli accessi consistono sempre in pochi centimetri di incisione. Detto questo la gran parte degli interventi vengono eseguiti in toracoscopia, con l’introduzione della videocamera e degli strumenti accessori attraverso gli spazi intercostali, e con il robot. La robotica è il futuro della chirurgia toracica: permette l’accuratezza del gesto anche quando gli accessi sono particolarmente ristretti”.
Purtroppo la percentuale dei casi di tumore che trovano nella chirurgia la soluzione curativa è ancora molto bassa (20%). “La gran parte delle diagnosi avviene quando la neoplasia è allo stadio avanzato, per cui non sempre la chirurgia è possibile o se possibile prevede l’intervento delle cure farmacologiche e della radioterapia. Lo screening che permetterebbe, come nel caso del cancro al seno o del colon, una diagnosi precoce, e quindi la migliore prognosi, per il tumore al polmone, non è stato ancora introdotto. Solo recentemente si inizia a parlarne grazie all’avvento di TAC a basse radiazioni, per cui l’esecuzione frequente dell’esame non comporta eccessivi rischi. Tuttavia è necessario sottolineare che nella cura del tumore al polmone negli ultimi anni si sono fatti notevoli progressi con un conseguente aumento della sopravvivenza, impensabile fino a pochi decenni fa. Questo grazie all’approccio multidisciplinare alla patologia e all’introduzione di nuovi farmaci”, conclude il dottor Gavezzoli.
I tumori neuroendocrini: un webinar con gli specialisti del "Sacro Cuore"
Venerdì 18 marzo NET-Italy (Associazione Italiana Pazienti con Tumori Neuroendocrini) organizza con gli specialisti dell’ambulatorio NET dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria un webinar rivolto ai pazienti sul percorso diagnostico-terapeutico della nostra struttura dedicato a queste neoplasie. Nell’articolo la modalità di collegamento, che è gratuita.
Fa tappa (anche se in modo virtuale) all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria il ciclo di incontri organizzati dall’Associazione Italiana Pazienti con tumori neuroendocrini (NET-Italy) per informare le persone colpite da queste neoplasie sulla realtà dei Centri specializzati nella diagnosi e nella cura di queste forme tumorali. Il webinar si tiene questo venerdì 18 marzo a partire dalle 9 e vede come relatori gli specialisti del gruppo multidisciplinare sui tumori neuroendocrini dell’Ospedale di Negrar (clicca per per vedere il programma.)
La partecipazione è gratuita. Per collegarsi: https://us06web.zoom.us/j/88209678922?pwd=eUtLbU1Nc1RGbnBsMW9CL2dHc3FyUT09; ID riunione: 882 0967 8922; Passcode: 395988.
La registrazione poi sarà pubblicata sul canale Youtube dell’associazione.
I Tumori Neuroendocrini (NET-Neuroendocrine Tumours) del pancreas, del tratto gastroenterico e del polmone sono un gruppo eterogeneo di patologie sia per localizzazione sia per aggressività (benigni o maligni), che hanno origine dalle cellule del sistema neuroendocrino. L’incidenza di 2-5 casi all’anno ogni 100mila abitanti, fa dei NET una forma oncologica relativamente rara, quindi poco conosciuta, la cui diagnosi viene effettuata spesso tardivamente in quanto queste neoplasie richiedono un approccio multidisciplinare e metodiche diagnostico-terapeutiche all’avanguardia
All’IRCCS di Negrar opera dal 2003 un ambulatorio, coordinato dal chirurgo del pancreas, Letizia Boninsegna (clicca qui per vedere una sua intervista) che segue il paziente in ogni fase della diagnosi e della cura, avvalendosi di un gruppo di specialisti: anatomopatologi, chirurghi generali e toracici, endocrinologi, diabetologi, gastroenterologi, medici nucleari, oncologi, pneumologi, radiologi e radiologi interventisti e psicologi (per ulteriori informazioni: dip.onc@sacrocuore.it oppure 045.6013548)
“NET-Italy è un’associazione di pazienti per i pazienti – sottolinea la presidente Maria Luisa Draghetti -. Pertanto i nostri incontri hanno carattere divulgativo pur avvalendosi di medici specialisti. Il nostro obiettivo è quello di informare chi soffre di questa patologia tumorale delle opportunità terapeutiche offerte dai centri italiani e delle novità scientifiche in questo campo. Molti infatti ci contattano per sapere dove curarsi e se già in cura dove rivolgersi per ricevere terapie avanzate come quella radio-recettoriale. Una prima informazione si può ricevere dal nostro sito (www.netitaly.net) dove abbiamo completato l’elenco dei centri specializzati”. Tra le richieste non mancano quelle relative alla gestione quotidiana, come l’alimentazione. Non a caso una sezione del webinar s’intitola “Una dieta corretta… cuciniamo insieme” e vedrà la collaborazione di alcuni cuochi.
All’incontro parteciperà anche Andrea Pamparana, noto giornalista televisivo e già vicedirettore del Tg5, ma anche paziente di NET-Italy. La sua è una delle 28 testimonianze di vita con la malattia raccolte nel libro A dorso di Zebra. In viaggio con il Net (tab edizioni, 2021). Il libro è in vendita in libreria e sul web e una parte del ricavato sarà devoluto all’associazione e alla ricerca sui tumori neuroendocrini.
Prevenzione tumore al seno: un ambulatorio per le forme ereditarie
La Chirurgia senologica, diretta dal dottor Alberto Massocco, apre un ambulatorio dedicato alle donne sane portatrici di mutazioni di geni associati ad ad un aumentato rischio di tumore alla mammella. L’obiettivo è la presa in carico preventiva di queste donne, e dei loro familiari più stretti, per una diagnosi precoce di un’eventuale neoplasia mammaria. Prenotazione con impegnativa.
Le forme tumorali ereditarie o genetiche del carcinoma del seno rappresentano, in termini di percentuale, una piccola fetta (5-10%) delle diagnosi totali di tumore che in Italia nel 2020 sono state 55mila. Percentuale che tuttavia in numeri assoluti significa dalle 3mila alle 6mila donne che, se individuate, possono abbattere il rischio di neoplasia mammaria, non solo per loro ma anche per i familiari più stretti.
Tali forme tumorali sono associate infatti alla mutazione di una coppia di geni, che viene trasmessa alle generazioni successive. La più conosciuta è quella a carico dei geni BRCA1 e BRCA2, noti al grande pubblico come i “geni Jolie”, dal nome dell’attrice americana Angelina, che si è sottoposta a chirurgia profilattica in quanto portatrice sana della mutazione come la mamma, la nonna e la zia scomparse precocemente a causa del tumore al seno.
Proprio alle donne sane portatrici di mutazioni di geni associati ad un aumentato rischio di tumore alla mammella è dedicato il nuovo ambulatorio divisionale della Chirurgia senologica dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, diretto dal dottor Alberto Massocco. Vi si può accedere con impegnativa del proprio medico curante o del medico genetista, telefonando al numero 045.6013257. “L’obiettivo è la presa in carico preventiva di queste donne, e dei loro familiari più stretti, che possono essere indirizzati alla sorveglianza per un’eventuale diagnosi precoce di tumore al seno o all’intervento chirurgico profilattico. E’ bene sottolineare che anche in presenza di mutazioni genetiche, si parla di rischio e non di certezza di sviluppare la malattia”, spiega il dottor Massocco.
L’accesso all’ambulatorio è riservato solo alle donne sane, mai trattate chirurgicamente per carcinoma mammario con tuttavia una storia familiare che presenta una o più diagnosi di cancro al seno, soprattutto in età precoce, cioè prima dei 50 anni, e indipendentemente dal sesso del familiare. “Infatti i casi di cancro mammario nei maschi sono molto rari (0,5-1% di tutte le diagnosi della stessa patologia) – riprende il chirurgo – ma in una percentuale del 10% la persona presenta una mutazione dei geni BRCA1 o BRCA2 che può aver trasmesso alla figlia o al figlio”.
L’aumentato rischio di sviluppare la neoplasia non è tuttavia determinato solo dalla genetica. “Sono predisposte anche le donne che hanno effettuato, soprattutto in passato, trattamenti di radioterapia localizzati sul torace, non per tumore alla mammella – continua –. E anche le donne che hanno una pregressa diagnosi di carcinoma lobulare in situ, di atipia epiteliale piatta e iperplasia duttale atipica. Queste sono tutte condizioni non cancerose o precancerose, che di solito non vengono trattate chirurgicamente, ma rappresentano fattori predisponenti all’insorgenza di tumore maligno”.
Una volta determinato il livello di rischio da parte del medico genetista ed effettuato l’eventuale esame genetico (sempre all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria), la paziente può essere avviata a un programma di sorveglianza che prevede l’esecuzione dell’esame senologico completo (esame clinico, mammografia e ecografia mammaria) e della risonanza magnetica delle mammelle, alternati ogni sei mesi. Dal punto di vista preventivo, la chirurgia profilattica mammaria (mastectomia bilaterale) viene discussa come opzione per le donne ad alto rischio, in base alle linee guida internazionali.
La Chirurgia senologica di Negrar ha effettuato nel 2021, 337 interventi di cui 240 per patologia tumorale. L’Unità Operativa Complessa fa parte del gruppo multidisciplinare sul tumore mammario che vede la presenza oltre che del chirurgo, anche del radiologo, dell’anatomo-patologo, dell’oncologo, del medico genetista, del medico nucleare, del radioterapista oncologo, dello psicologo clinico, del fisioterapista e del chirurgo plastico.
Emergenza Ucraina: l'impegno dell'Opera Don Calabria per i bambini e le famiglie in fuga
La Famiglia Calabriana è impegnata negli aiuti alla popolazione locale a Kharkiv, sul confine tra Russia e Ucraina dove è presente un’attività sostenuta dai Poveri Servi della Divina Provvidenza, e nell’accoglienza dei profughi a Bacau, città rumena vicina al confine dove transitano decine di migliaia di civili in fuga dalla guerra.
Anche l’Opera Don Calabria si è attivata in questi giorni per sostenere il popolo ucraino martoriato dalla guerra. In particolare sono due le situazioni critiche alle quali la Congregazione sta cercando di far fronte attraverso l’associazione “Don Calabria Missioni”. La prima è a Kharkiv, città ucraina devastata dai bombardamenti, dove da alcuni anni è presente un’attività sociale sostenuta dalla Delegazione Europea dell’Opera. La seconda è a Bacau, in Romania, dove c’è una comunità calabriana impegnata nell’accoglienza dell’enorme flusso di profughi provenienti dal vicino confine.
IL CENTRO DIURNO DI KHARKIV
“Don Calabria Ucraina” è una fondazione caritatevole istituita nel 2018 e fa parte dell’area sociale della Delegazione Europea dell’Opera calabriana. Essa opera nella città di Kharkiv e svolge attività rivolte a bambini, ragazzi e famiglie vittime della guerra nel vicino Donbass. I ragazzi seguiti sono un centinaio di età compresa fra i 7 e i 18 anni con laboratori e accompagnamento sia sul piano oscio-educativo sia su quello psicologico.
A seguito dell’invasione russa le attività del Centro sono state interrotte a causa dei feroci bombardamenti che stanno interessando la città. Molti civili se ne sono andati, mentre le famiglie rimaste in città sono costrette a cercare rifugi di fortuna. Pur in questo contesto difficile il personale del Centro ha mantenuto il contatto con alcuni bambini e ragazzi e sta portando avanti per loro un laboratorio di arteterapia in modalità online. Inoltre la Fondazione è impegnata nella distribuzione di beni di prima necessità alla popolazione della città. Ecco alcuni disegni inviati dai bambini nascosti nei bunker al direttore del Centro, lo psicologo Ruslan Lavlinskyi.
L’ACCOGLIENZA DEI PROFUGHI A BACAU
L’Opera calabriana è presente in Romania con due comunità religiose (una di Fratelli e una di Sorelle) e con alcune case a Racaciuni e a Bacau. Le attività svolte sono di sostegno sociale e scolastico a bambini e ragazzi poveri e alle loro famiglie. Ora a causa del conflitto la Romania è diventata un crocevia per centinaia di migliaia di profughi in fuga dall’Ucraina, tra cui numerosissimi bambini e la Famiglia Calabriana è impegnata nell’accoglienza di alcune famiglie nella casa di Bacau. Inoltre si prevede l’arrivo di 80 profughi nel Centro Diurno di Gioseni che l’Opera gestisce insieme alle Suore Misericordiose di San Carlo Borromeo.
PER SAPERNE DI PIU’
Per chi vuole saperne di più e dare un sostegno al progetto di aiuto gestito dall’Opera Don Calabria in Romania e Ucraina consigliamo consultare il sito di Associazione “Don Calabria Missioni”.
Giornata mondiale del sonno: colloqui con gli esperti
In occasione della Giornata Mondiale del Sonno, sabato 19 marzo gli esperti del Centro di Medicina del Sonno di Negrar incontrano i cittadini per colloqui individuali e gratuiti presso il Centro Diagnostico e Terapeutico di via San Marco 121 a Verona. Obbligatoria la prenotazione
Venerdì 18 marzo si celebra in tutto il mondo la Giornata del sonno. In occasione di questo appuntamento, sabato 19 marzo, gli esperti del Centro di Medicina del sonno dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, guidati dal dottor Gianluca Rossato, sono a disposizione della popolazione per colloqui gratuiti sui vari disturbi del sonno. Gli incontri individuali si terranno al Centro Diagnostico Terapeutico di via San Marco 121 (Verona) dalle 9 alle 12.30. E’ obbligatoria la prenotazione scrivendo a: centrodelsonno@sacrocuore.it
I DISTURBI DEL SONNO DEGLI ITALIANI
Si stima che circa 13 milioni d’italiani soffrano disturbi del sonno. A prevalere è l’insonnia che, in forma più o meno grave, colpisce circa il 41% della popolazione. Segue la sindrome delle apnee notturne, la sindrome delle gambe senza riposo e i disturbi del ritmo circadiano. La mancanza di un sonno ristoratore è associata spesso ad altre malattie, soprattutto a carico del sistema nervoso.
SONNOLENZA DIURNA E INCIDENTI SUL LAVORO E SULLA STRADA
Senza contare che la sonnolenza diurna incide sulla vigilanza, i tempi di reazione, le capacità di apprendimento, l’umore, la coordinazione occhio-mano e l’accuratezza della memoria a breve termine. Quel senso di torpore che a volte si trasforma in veri e propri colpi di sonno è stato identificato come causa di un numero crescente di incidenti sul lavoro e sulla strada.
Non a caso la World Association of Sleep Medicine, che indice dal 2007 la Giornata Mondiale del sonno, ha scelto come slogan per il 2022: “Quality sleep/Sound Mind/ Happy World” (Qualità del sonno/ Mente Sana/ Mondo Felice).
SONNO E PANDEMIA DA COVID-19
Un contributo non irrilevante nella diffusione dei disturbi del sonno lo ha dato la pandemia da Covid-19. Secondo lo studio condotto da KJT Group per di Philips dal 17 novembre al 7 dicembre 2020 ha fatto emergere che le donne hanno subito (più degli uomini) un peggioramento della qualità del sonno.
“Sono ritmi diurni a regolare il sonno: quelli dell’alzata per il lavoro o la scuola, gli orari dei pasti e quelli del coricamento della sera – spiega il dottor Rossato, responsabile del Centro di Medicina del sonno –. Durante il lockdown questi ritmi si sono alterati, almeno di un’ora, come riportano alcuni studi, influendo inevitabilmente sulla qualità del sonno, con la comparsa o l’aumento dell’insonnia. A tutto questo si deve aggiungere anche un maggiore uso, per lavoro o studio, dei dispositivi elettronici (computer, smartphone, tablet) la cui luminescenza può comportare un’alterazione della produzione della melatonina, così come passare la gran parte della giornata al chiuso, sotto la luce artificiale”.
Per chi invece ha contratto il virus l’insonnia può essere una complicanza della malattia. “Gli studi effettuati hanno rilevato che si manifesta nel circa il 30% dei guariti – prosegue il neurologo -. Sono in parte soggetti che hanno paura di addormentarsi perché ricordano i disturbi respiratori che si accentuavano durante la notte. Per gli altri la difficoltà di dormire può essere dovuta all’interessamento delle cellule nervose da parte del virus. Ma questo lo potremo stabilire solo nei prossimi anni quando disporremo di dati più ampi”.
COSA FARE O NON FARE QUANDO SI DORME POCO E MALE
Ma chi soffre di disturbi del sonno, indipendentemente dalla pandemia, cosa deve fare? “In primis è necessario modificare il proprio stile di vita – risponde il dottor Rossato -. Andare a letto e alzarsi alla stessa ora, non abusare di alcol o caffeina soprattutto nelle ore serali, fare attività fisica ma non prima di andare a letto, non usare dispositivi elettronici prima di coricarsi. Tuttavia in certi casi questo non può bastare ed è necessario, sia per i disturbi neurologici del sonno (insonnia grave) o per quelli respiratori (apnee notturne), rivolgersi a un medico. In Italia su 13 milioni di soggetti che lamentano un cattivo riposo, solo il 7% si è rivolto a uno specialista del sonno, anche se il 44% dice di volerlo consultare. Nel frattempo è sempre più diffusa l’abitudine del “fai da te”, con l’uso di farmaci (sonniferi, ipnotici…) che se assunti senza controllo medico possono danneggiare anche gravemente la salute”.
Giornata di digiuno e preghiera per la pace in Ucraina
Anche l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria si unisce in comunione con Papa Francesco in questa Giornata di digiuno e preghiera per la pace in Ucraina. Il legame speciale tra l’Ospedale di Negrar, l’Opera Don Calabria e il Paese dell’Europa Centrale nell’inferno della guerra
Anche l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria si unisce in comunione con Papa Francesco in questa Giornata di digiuno e preghiera per la pace in Ucraina. Come ogni anno verrà celebrata la Santa Messa con la liturgia della Ceneri a cui seguirà l’Adorazione Eucaristica secondo le intenzioni del Santo Padre.
Dall’udienza generale del Pontefice del 23 febbraio 2022
“… E ora vorrei appellarmi a tutti, credenti e non credenti. Gesù ci ha insegnato che all’insensatezza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno. Invito tutti a fare del prossimo 2 marzo, mercoledì delle ceneri, una Giornata di digiuno per la pace. Incoraggio in modo speciale i credenti perché in quel giorno si dedichino intensamente alla preghiera e al digiuno. La Regina della pace preservi il mondo dalla follia della guerra”.
Esiste un legame profondo tra l’Ucraina e l’Ospedale di Negrar con l’Opera Don Calabria. Nel 2017 il “Sacro Cuore Don Calabria” ha affiancato la Nunziatura di Kiev, allora guidata dal vescovo veronese mons. Claudio Gugerotti, per la realizzazione di una serie di interventi umanitari a carattere sanitario voluti e finanziati con i fondi messi a disposizione da papa Francesco in favore della popolazione dell’Ucraina orientale drammaticamente provata dalla guerra (per saperne di più)
Dal 2018, invece, l’Opera Don Calabria è presente in Ucraina nella città di Charkiv con un’attività sociale a favore dei bambini traumatizzati a causa della guerra nel Donbass.
Purtroppo la città è attualmente teatro di combattimenti e i bambini con le loro famiglie sono costretti a cercare rifugi di fortuna e non hanno accesso ai beni di prima necessità. Il personale dell’Opera sul luogo si sta adoperando per aiutare la popolazione, ma la situazione è davvero critica.
Anche in Romania, nella zona di Bacau dove c’è una Casa dell’Opera, la Famiglia Calabriana è impegnata nell’accoglienza dei profughi che giungono in modo incessante dalla vicina frontiera (per sapere di più)
Tumori neuroendocrini: ecco cosa sono e come si curano
Sono un genere di neoplasie relativamente poco diffuso e prende il nome dagli organi in cui si sviluppa la neoplasia.
Nel video intervista la dottoressa Letizia Boninsegna, chirurgo del pancreas, illustra tutto il percorso diagnostico terapeutico di un tumore che può avere sintomi specifici ma anche riconducibili a un’altra patologia. Un percorso che prevede la presa in carico del paziente da un gruppo multispecialistico coordinato dall’ambulatorio Net, diedicato proprio a questo tipo di tumori.
COVID-19 due anni dopo: verso la “semi-immunità di gregge”.
21 febbraio 2020-21 febbraio 2022. Due anni di pandemia. Attraverso lo scritto del prof. Zeno Bisoffi, ripercorriamo uno dei periodi più difficili vissuti dall’Italia e dal mondo. Ma con grande speranza: dovremo continuare a convivere con il virus Sars Cov2, ma il peggio sembra alle spalle. Anche se tutto dipende dal nostro comportamento personale e collettivo.
Tutto è iniziato due anni fa, il 21 febbraio, con il primo paziente positivo di Codogno, il focolaio di Vo’ Uganeo e il primo morto a Padova per Covid-19. Oggi è un’altra era: grazie ai vaccini e alle misure di contenimento del virus possiamo pensare con tranquillità al futuro. Ma senza abbassare la guardia. Di seguito l’intervento del professor Zeno Bisoffi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettivee Tropicali dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria pubblicato sul giornale L’Arena.
Il 21 febbraio 2020 è una data che ricorderò a lungo. Per i veronesi era “Venerdì gnocolar” di Carnevale, forse il giorno più spensierato dell’anno. Improvvisamente arrivava la notizia dei primi due casi autoctoni italiani di COVID-19. Ricordo ancora il commento a caldo dell’allora direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani, Giuseppe Ippolito: siamo entrati in una nuova fase, nulla sarà più come prima.
Dopo due anni terribili in cui nulla è stato come prima, che lezioni possiamo dire di avere appreso? E che previsioni possiamo fare per il futuro?
La prima lezione è proprio che questo virus è sempre riuscito a smentire regolarmente le nostre previsioni.
Prediction is very difficult, especially about the future, recita il celebre aforisma attribuito al premio Nobel per la fisica, Niels Bohr.
Ci fu inizialmente una sottovalutazione generalizzata del rischio. Le apparenti analogie con la prima SARS del 2002-2003, pure clinicamente molto più grave, facevano sperare che anche questa nuova epidemia sparisse rapidamente dalla circolazione. Ma il nuovo virus, rispetto al vecchio, ha un fondamentale vantaggio: viene trasmesso efficacemente anche da soggetti infetti privi di sintomi.
Dopo ogni successiva ondata molti proclamavano la fine della pandemia, per poi spiegare a posteriori i motivi dell’ennesima recrudescenza del virus.
Da oltre un anno abbiamo a disposizione i vaccini, una svolta epocale. Immaginiamo solo per un istante quale prezzo avremmo pagato alla variante delta, più contagiosa e anche più aggressiva del virus originale, senza i vaccini.
Poi, è storia recente, è arrivata la variante omicron, e le previsioni sono diventate inizialmente apocalittiche, per la sua contagiosità e per la sua capacità di infettare anche i vaccinati. Assieme alla quarta ondata giungeva un’ondata di pessimismo generalizzato che faceva crollare temporaneamente le borse mondiali. Ma prediction is very difficult…, per fortuna, questa volta, poiché è stato presto chiaro che questa variante contagiosissima è però meno grave clinicamente, soprattutto per i vaccinati. E ora, quando anche il picco dell’omicron ce lo siamo lasciato dietro le spalle, i soliti noti predicano nuovamente la fine della pandemia e il passaggio, molto più rassicurante, alla fase di endemia.
Ma il COVID-19 è già diventato una malattia endemica?
Endemia, applicato a una qualsiasi malattia, significa che è, letteralmente “nel popolo”. Una malattia endemica è presente nella popolazione, di solito con numeri relativamente stabili, spesso con periodiche riacutizzazioni. Da questo punto di vista COVID-19 è già una malattia endemica. È presente stabilmente in Italia e nel mondo, e non se ne andrà più. Questa è una previsione facile. Siamo già in endemia.
Allora il peggio è passato?
Purtroppo le cose che non sappiamo di questo virus sono ancora molte di più di quelle che sappiamo.
Omicron ormai causa praticamente il 100% dei contagi. Anche se per molti è solo una banale influenza, Omicron è responsabile ancora di casi molto gravi, ricoveri, decessi. Senza i vaccini sarebbe devastante e travolgerebbe il nostro sistema sanitario.
Stiamo entrando in una fase di “luna di miele” con COVID, complice l’imminente bella stagione e la stragrande maggioranza della popolazione immunizzata dal vaccino o dall’infezione naturale. Ma questa fase sarà duratura, o addirittura definitiva?
Anche i non immunizzati sono ormai protetti dall’immunità di gregge?
Purtroppo la mia risposta è no. Nel gregge ci sono tante pecore bianche (che non hanno l’infezione) e poche pecore nere (che hanno l’infezione). Se la grande maggioranza delle pecore bianche è protetta, una pecora nera avrà pochissime possibilità di incontrarne una non protetta da infettare. È molto semplice. Ma c’è un problema.
Quanto dura la protezione delle pecore bianche?
Finita la quarta ondata, la grande maggioranza della popolazione italiana (e mondiale) avrà una certa protezione contro il virus, grazie al vaccino, all’infezione naturale, o a entrambe. Tuttavia questa protezione non si può definire “immunità”, perché non è totale e duratura, al contrario di quanto accade, ad esempio, con il morbillo. È una protezione parziale e di durata limitata, che potremmo definire “semi-immunità”, un termine che viene di solito utilizzato per la malaria.
Con il coronavirus, ci stiamo avviando verso quella che definirei una “semi-immunità di gregge”. La “luna di miele” tra la popolazione e il virus probabilmente durerà oltre la prossima stagione invernale, ma con minor intensità, inoltre la maggior parte di noi sarà protetta dalle forme gravi. Quindi non dovremmo avere nel prossimo autunno-inverno un’ulteriore ondata pesante come le precedenti, e la pressione sul sistema sanitario sarà inferiore.
Quello che succederà dopo è imprevedibile. Per passare dalla luna di miele a una convivenza accettabile, la condizione indispensabile è raggiungere e mantenere nel tempo una copertura vaccinale molto elevata. Non sappiamo ancora con che frequenza dovremo vaccinarci, è troppo presto per conoscere la durata della protezione conferita dal richiamo (la terza dose). Quello che è certo è che la protezione, sia quella data dal vaccino che dall’infezione, non è a vita. Se lasciamo fare al virus e abbassiamo la guardia, la luna di miele durerà poco e successive ondate saranno inevitabili. Certamente non sarà tollerabile continuare ad avere nella nostra popolazione milioni di persone non vaccinate, e tantomeno lasciare senza copertura vaccinale i Paesi più poveri.
Se non l’etica, almeno il nostro interesse egoistico ci dovrebbe consigliare di estendere l’accesso al vaccino a tutta la popolazione mondiale, pena la comparsa di ulteriori varianti, magari più aggressive.
Prediction is very difficult, ma una previsione è molto facile: il futuro della pandemia dipenderà in buona parte dal nostro comportamento, individuale e collettivo.
Zeno Bisoffi
Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar
Professore associato all’Università di Verona
La virologa Castilletti: "I virus? Affascinanti sconosciuti"
Dal 1° gennaio la dottoressa Castilletti è in forza al Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar con la responsabilità di gestire il neonato laboratorio di virologia. Proviene dall’Istituto Spallanzani di Roma ed era nella squadra che a fine gennaio del 2020 ha isolato e sequenziato il virus: fino a quel momento i centri al mondo che ci erano riusciti si contavano sulle dita della mano.
Il nome di Concetta Castilletti rimarrà inesorabilmente legato al virus SARS-CoV-2. La biologa siciliana, con specializzazione in microbiologia e virologia e dottorato in immunobiologia dei virus, faceva parte della grande squadra dell’Istituto Spallanzani, che a fine gennaio del 2020 ha isolato e sequenziato il virus: fino a quel momento i centri al mondo che ci erano riusciti si contavano sulle dita della mano.
Dal 1° gennaio la dottoressa Castilletti è in forza al Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar con la responsabilità di gestire il neonato laboratorio di virologia. Insieme a lei, sempre dallo ‘Spallanzani’, sono arrivati, come consulenti, la dottoressa Maria Capobianchi (che a Roma era direttore del Laboratorio di Virologia) e il dottor Antonino Di Caro (già direttore del Laboratorio di Microbiologia dello stesso Istituto).
Tutti e tre (e il resto team artefice dell’isolamento) sono stati insigniti dal presidente Mattarella del Cavalierato al merito della Repubblica, “un grandissimo onore e un’enorme emozione – sottolinea Castilletti –. Gli stessi che ho provato quando mi hanno conferito il premio Carlo Urbani, dedicato al medico italiano che per primo ha identificato e classificato la SARS, prima di rimanerne vittima nel 2003. Una persona eccezionale, oltre che un grande medico”.
DA CATANIA ALLO SPALLANZANI DI ROMA
La storia professionale della dottoressa Castilletti va tuttavia ben oltre al Coronavirus ed è costellata, come lei stessa sottolinea, da ‘grandi maestri’. Originaria di Ragusa, ha frequentato Scienze biologiche all’Università di Catania, dove “ho avuto come docente il professor Angelo Castro, che mi ha trasmesso la sua grande passione per la virologia”. Poi il trasferimento all’Università La Sapienza. “Una decisione dettata dal cuore (a Roma ho ‘messo su famiglia’), ma durante la specializzazione in Virologia e Microbiologia ho incontrato altri due grandi maestri, il professor Ferdinando Dianzani, uno dei maggiori esperti di AIDS, e il mio mentore, Maria Capobianchi. E’ stata lei a volermi allo ‘Spallanzani’, per occuparmi dei virus emergenti”.
SUL CAMPO A STUDIARE IL VIRUS EBOLA
In particolare nel Laboratorio di livello 4 (il più alto per quanto riguarda la biosicurezza), di cui era la responsabile operativa, ha studiato Ebola e le altre febbri emorragiche. E non solo in Laboratorio. “Sono stata in Nigeria nei primi mesi del 2014, per la febbre di Lassa, in Guinea nel 2014 e successivamente in Sierra Leone nel 2015 per l’epidemia di Ebola; in Sudan nel 2018 e in Congo nel 2019 per l’epidemia di Chikungunya.
AL SACRO CUORE RESPONSABILE DEL LABORATORIO DI VIROLOGIA
Dopo 14 anni allo ‘Spallanzani’, con la direzione scientifica del dottor Giuseppe Ippolito, un’altra figura importante della sua vita professionale, l’approdo al ‘Sacro Cuore Don Calabria’. “Ho trovato molto stimolante professionalmente la possibilità di avviare un laboratorio di virologia e di lavorare con un gruppo così giovane e pieno di iniziative”, sottolinea. “L’obbiettivo è quello di mettere a punto e di sviluppare la diagnostica virologica con particolare attenzione ai virus emergenti, di implementare gli isolamenti e i sequenziamenti”.
I VIRUS SONO AFFASCINANTI SCONOSCIUTI
Ma cosa spinge a dedicare la propria vita ai virus? “I virus sono affascinanti sconosciuti – risponde la dottoressa Castilletti -. Non li vedi, ma sono presenti. Sanno interagire con le cellule e si servono dei meccanismi sofisticati di quest’ultime per piegarle al loro volere al fine di sopravvivere, da buoni parassiti. Esiste questa teoria, per cui il virus non avrebbe come obiettivo l’uccisione dell’ospite, perché significherebbe la morte di se stesso. Una teoria che però non è sempre legge. Vi è un virus (il virus della malattia emorragica del coniglio, MEV) che per la trasmissione ha bisogno di un vettore, che punge prevalentemente l’animale morto. Quindi in questo caso il parassita ha interesse ad uccidere il suo ospite favorendo la sopravvivenza del vettore e quindi la trasmissione del virus”.
VERSO UN PAN-VACCINO
I virus non evolvono sempre verso una virulenza inferiore. Sembrerebbe però che la teoria calzi a pennello per il Coronavirus… “Sembrerebbe – sottolinea la virologa -. Ci sono tutti i segnali per una convivenza relativamente pacifica con il virus. La variante Omicron, ma anche la Delta, si sono dimostrate più contagiose, ma meno ‘cattive’ rispetto al virus originario di Wuhan. Tuttavia del SARS-CoV-2 sappiamo ancora poco e le mutazioni sono imprevedibili per definizione. I vaccini stanno dimostrando tutta la loro efficacia – conclude – Ora la ricerca deve spingere verso un vaccino pan-coronavirus, un vaccino cioè che protegga attraverso quella parte dell’RNA dei coronavirus che muta meno frequentemente, affinché possiamo pensare a dei richiami, se necessari, a cadenza non così ravvicinata come i primi due. Non è un’impresa facile, ma anche per gli attuali vaccini sembrava impossibile averli in così breve tempo e che, soprattutto, funzionassero. Invece la scienza ancora una volta ci ha stupito”.
elena.zuppini@sacrocuore.it
L'Apostolato degli Infermi e l'amore di don Calabria per gli ammalati
Un segno concreto dell’amore di don Calabria per gli ammalati è l’Apostolato degli Infermi, movimento voluto dal santo per accompagnare i sofferenti con la preghiera e la vicinanza spirituale. In occasione della trentesima Giornata Mondiale del Malato, che si celebra domani 11 febbraio, parliamo di questa realtà che ancora oggi conta su 6000 iscritti e ha sede presso la Cittadella della Carità
«È una grande famiglia quella dell’Apostolato Infermi, non solo perché numerosa ma anche e soprattutto perché costituisce una forza potente nella Chiesa di Cristo. Infatti il sacrificio, quando è benedetto dal Signore ed è unito con la preghiera e con lo spirito di carità, è l’energia più preziosa che il cristiano possa mettere a disposizione di Dio e della Chiesa». (S.G. Calabria)
L’Apostolato degli Infermi è un movimento fondato in Olanda nel 1925, nella diocesi di Harleem. Don Giovanni Calabria lesse di tale iniziativa sull’Osservatore Romano e decise di aprire una filiale italiana, cosa che avvenne ufficialmente il 24 maggio 1930. In occasione della XXX Giornata Mondiale del Malato, che si celebra domani 11 febbraio in concomitanza con il ricordo della prima apparizione della Madonna a Lourdes, parliamo di questa realtà che era così cara per il santo sacerdote veronese e che tuttora ha la sua sede presso la Cittadella della Carità di Negrar.
Vedi Messaggio del Papa per la XXX Giornata Mondiale del Malato
Obiettivo dell’Apostolato degli Infermi è l’accompagnamento degli ammalati, degli anziani e dei loro cari attraverso la preghiera e la vicinanza spirituale. Ma nelle intenzioni del fondatore c’è anche un altro aspetto essenziale: sono gli infermi stessi ad essere considerati come “apostoli” perchè offrendo la loro sofferenza a Dio attraverso la preghiera possono salvare il mondo proprio come ha fatto Gesù sulla croce.
Ecco come il primo segretario del movimento, don Albano Bussinello, spiegava le tre regole stabilite per coloro che nei primi tempi volevano iscriversi al movimento: “1) Accettare dalla mano di Dio le sofferenze della malattia; 2) Sopportarle con spirito cristiano, in unione alle pene che nostro Signore Gesù Cristo soffrì sulla Croce; 3) Offrirle a Dio per la venuta del suo Regno… questa è un’opera veramente Cristiana perché il fratello malato sente di non essere inutile, comprende che puó fare più lui, immobile in un letto, che non altri nella loro vita attiva e febbrile, e che i suoi dolori, sofferti in unione ai dolori di Gesù Cristo sulla Croce, sono quelli che alla fine salvano il mondo” (Bussinello, 1935).
Tra le attività promosse dal movimento c’era proprio la giornata del malato, che veniva celebrata annualmente fin dagli inizi con una speciale S. Messa dedicata. Inoltre agli appartenenti al movimento veniva consegnato un certificato con una preghiera da recitare ogni giorno e un distintivo benedetto che li aiutava a ricordare l’impegno e l’invito a santificare la propria sofferenza. Infine i malati erano raggiunti con un messaggio mensile di riflessione e incoraggiamento.
Oggi gli iscritti al movimento dell’Apostolato degli Infermi sono circa 6.000 e provengono da varie parti d’Italia. Strumento concreto del loro accompagnamento spirituale è l’omonima rivista bimestrale fondata dallo stesso don Calabria e attualmente diretta da don Tiziano Tosi, cappellano dell’ospedale. “La rivista è un mezzo molto utile per mantenere il collegamento con tante persone sofferenti che in questo modo possono ricevere un messaggio di speranza e coltivare la loro vita spirituale che non deve essere trascurata a causa della malattia”, dice don Tosi.
La rivista viene inviata a chiunque ne faccia richiesta, in forma gratuita perchè l’Apostolato si sostiene confidando nella Provvidenza e nelle eventuali offerte dei benefattori. Alcune centinaia di copie sono distribuite all’interno della Cittadella della Carità, nelle cappelle degli ospedali e nelle sale d’attesa dove c’è maggior passaggio di persone. Inoltre viene portata a chi ne faccia richiesta dai ministri straordinari della comunione quando vanno nei vari reparti. “Nella rivista si trovano i messaggi del Papa, riflessioni sulla spiritualità di don Calabria, esperienze di vita missionaria e intenzioni di preghiera che ogni lettore può fare proprie”, continua don Tosi.
Per iscriversi o per maggiori informazioni si può contattare don Tosi al seguente indirizzo: tiziano.tosi@sacrocuore.it oppure la redazione della rivista all’indirizzo comunicazione@doncalabria.org.