Lo scorso martedì 7 novembre a Nashville-Tennessee, l’équipe del dottor Marcello Ceccaroni è stata insignita del “Golden Laparoscope Award”, una sorta di Oscar, per gli addetti ai lavori, della chirurgia laparoscopica ginecologica. Ad essere premiato il video con il dottor Ceccaroni che illustra il Negrar Method, la tecnica che ha rivoluzionato la chirurgia dell’endometriosi severa, perché, pur estirpando la malattia, preserva gran parte delle terminazioni nervose deputate alla funzione vescicale, intestinale e sessuale.

Da sinistra: Marcello Ceccaroni, Giovanni Roviglione , Linda Michels e Chuck Miller rispettivamente Medical Director della AAGL e Presidente della AAGL FOUNDATION,

Per gli addetti ai lavori è come salire sul palcoscenico dell’Academy Award, ma al posto della sospirata statuetta d’oro, un tempo veniva consegnato un laparoscopio sempre nel metallo prezioso, ora sostituito con una targa. Il palcoscenico infatti è quello del congresso della AAGL (American Association of Gynecologic Laparoscopists-Elevating Gynecologic Surgery Worldwide), la società mondiale di chirurgia laparoscopica ginecologica, e quest’anno ad essere insignita dell’ambito premio il “Golden Laparoscope Award” (il 7 novembre a Nashville-Tennessee) è stata l’equipe del dottor Marcello Ceccaroni, direttore della Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria. Le motivazioni del riconoscimento stanno tutte in quel “Negrar Method”, la tecnica chirurgica, ideata da Ceccaroni, che ha rivoluzionato il trattamento dell’endometriosi, essendo in grado di eradicare la malattia, risparmiando il più possibile le terminazioni nervose (viene infatti definita nerve-sparing) dedicate alle funzioni vescicali, dell’intestino e sessuali. Tanto che uno studio ha dimostrato che grazie a questa metodica chirurgica le conseguenze post-operatorie sono ridotte dal 36% al 5%.

Il dottor Ceccaroni nel ricevere la targa era rappresentato da un suo assistente, il dottor Giovanni Roviglione, che ha presentato il video premiato in cui è illustrato un intervento dello stesso Ceccaroni. “E’ inutile sottolineare quanto sia per me un onore aver ricevuto un simile riconoscimento: un traguardo emozionante, reso possibile grazie alla collaborazione con tutta la mia équipe di chirurghi e di figure professionali, compresi i consulenti di altre specialità, che lavorano presso la mia Unità Operativa”, afferma.

Dottor Ceccaroni, ripercorriamo un po’ la storia del “Negrar Method”.

E’ stato presentato ufficialmente alla comunità scientifica nel 2012 quando la rivista  Surgical Endoscopy ha pubblicato, codificata, l’intera procedura chirurgica che da quel momento è stata applicata in molti centri del mondo. Ma le origini del “Negrar Method” risalgono ai primi anni 2000 quando sono partito per Parigi dove all’Université Renè Descartes ho effettuato studi su dissezione su cadavere che hanno dato vita nel 2006 all’ancora unico testo-atlante di anatomia chirurgica sull’innervazione viscerale e somatica della pelvi femminile. In quegli anni mi sono occupato inoltre di anatomia comparata su maiali, conigli, topi e mi sono immerso in modo maniacale negli studi, anche sui testi antichi, che riguardano le scoperte anatomiche, a cominciare dai trattati di Leonardo che per primo ha disegnato il nervo sciatico.

Perché è così importante conoscere l’innervazione pelvica nel trattamento chirurgico dell’endometriosi?

E’ fondamentale. Nel 10-20% dei casi in generale e in circa l’80% delle pazienti trattate in Centri di riferimento come il nostro, l’endometriosi si presenta nella sua forma severa, cioè infiltrante. In questi casi, il tessuto endometriosico, (un tessuto patologico simile all’endometrio, la cui sede naturale è nell’utero e si sfalda ad ogni mestruazione,) infiltra non solo le ovaie o le tube, ma anche organi come ad esempio l’intestino, la vescica, gli ureteri, tutti avvolti a loro volta da terminazioni nervose che ne regolano la funzionalità. Se con l’obiettivo di eradicare la malattia, si procede chirurgicamente senza “mettere in salvo” la maggior parte dei nervi, si rischiano importanti conseguenze post-chirurgiche che hanno un impatto pesante sulla qualità di vita della donna, come la mancanza di controllo degli sfinteri o disfunzioni sessuali. La chirurgia nerve-sparing come il “Negrar Method”, invece, utilizzando “vie anatomiche strategiche” identifica e isola i nervi preservandone il maggior numero possibile, pur agendo radicalmente sulla malattia. Abbiamo dimostrato che con il nostro metodo la percentuale delle conseguenza post-operatorie è diminuita dal 36% al 5%.

A quale studio si riferisce?

A vari, ma in particolare al nostro ultimo studio, “Space Odyssey” pubblicato alcuni mesi fa sulla rivista Journal of Minimally Invasive Gynecology. Lo studio ha riguardato 3.050 casi di eradicazione chirurgica dell’endometriosi con resezione intestinale, trattati dal 2004 al 2020 dalla Ginecologia di Negrar. Si tratta della più grande casistica a livello mondiale, dalla quale emerge che la nostra tecnica riduce drasticamente le disfunzioni post-operatorie. Dal 36%, appunto, a meno del 5%. Prossimamente sarà pubblicato un secondo articolo, con la casistica “depurata” degli interventi effettuati prima dell’introduzione della tecnica, che potrebbero influire negativamente sulla percentuale di conseguenze post-operatorie e aggiunta la casistica degli interventi fino al 2022. Sicuramente non si potrà mai arrivare alla percentuale dello zero di disfunzioni post-operatorie, se non con la diagnosi precoce della malattia, perché l’endometriosi sempre infiltra in qualche modo i nervi. Ma la percentuale del 5% è straordinaria; vuol dire, considerando la nostra casistica, che abbiamo evitato che più di mille donne vedessero stravolgere ulteriormente la loro vita.

La chirurgia è l’unica terapia per l’endometriosi?

Assolutamente no. In un mondo ideale la chirurgia per l’endometriosi non dovrebbe esistere, e la sola terapia dovrebbe essere quella farmacologica che nei primi stadi di malattia garantisce una buona qualità di vita. Ma una identificazione precoce della malattia non sarà possibile fin tanto che ci vorranno dai 7 ai 10 anni in media per una diagnosi. Il ritardo diagnostico è dovuto a molti fattori a cominciare da quello culturale, che vede ancora nel dolore mestruale, uno dei sintomi principali della malattia, qualcosa di fisiologico ed inevitabile. Inoltre i medici, a cominciare dai pediatri di libera scelta o dai medici di medicina generale, punti di riferimento diretti della paziente, non hanno spesso sufficienti strumenti o requisiti per individuare la malattia. Infine se ne parla ancora troppo poco nonostante in Italia le donne che soffrono di endometriosi siano 3milioni e 150 milioni in tutto il mondo con costi umani, sociali (pensiamo ai giorni di scuola e lavorativi persi) e sanitari. Per questo anche la mia équipe ed io siamo stati impegnati, con la collaborazione di associazioni di pazienti, come APE (Associazione Progetto Endometriosi) all’interno di un progetto di Agenas, non solo in corsi di formazione con medici di base e ginecologi del territorio, ma anche in momenti informativi e divulgativi per esempio nelle scuole. Perché come spesso sono solito dire: “L’unica cura, è la cultura”.