Gli ospiti della Cittadella della Carità festeggiano il Natale con l'Ordine di Malta
L’Ordine di Malta ha consegnato agli ospiti delle strutture socio-sanitarie della Cittadella della Carità 300 “Scatole di Natale”, un progetto realizzato con tanti volontari singoli o appartenenti ad associazioni di Verona, Vicenza e Trento. All’interno una sorpresa “calda”, “dolce”, “giocosa” e “di bellezza”…
Natale per gli ospiti della Cittadella della Carità di Negrar è arrivato con una settimana di anticipo. A portare i doni, non un generico Babbo Natale bensì i cavalieri dell’Ordine di Malta, della delegazione di Verona, Vicenza e Trento.
Domenica pomeriggio 19 dicembre in un clima di festa gli ospiti di Casa Perez, Casa Clero e Casa Nogarè – le strutture socio-sanitarie che affiancano l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria – hanno ricevuto 300 scatole di Natale, frutto di un progetto nato in Francia (Boîtes de Noël) ed esportato in Italia l’anno scorso dalla milanese Marion Pizzato.
Come spesso accade, il bene si moltiplica e l’iniziativa, con un passa parola sui social, si è diramata in altre province, compresa quella veronese, coinvolgendo tantissimi volontari singoli e appartenenti a varie associazioni. Ad essi il compito di improvvisarsi aiutanti di Babbo Natale, usando una semplice scatola da scarpe, adeguatamente adornata, dove collocare qualcosa di “caldo” (guanti, sciarpe, maglioni…), qualcosa di “goloso” (biscotti, cioccolatini, dolci…), un passatempo e un prodotto di igiene/bellezza. Il tutto completato da un bigliettino di auguri. Per quanto riguarda le strutture di Negrar, la consegna è stata affidata, appunto, agli aderenti dell’Ordine di Malta da sempre impegnati in opera umanitarie e progetti sociali.
In rappresentanza di una delle istituzioni più antiche della cristianità, domenica era presente il delegato Saverio Adilardi e l’ambasciatore Paolo Borin accolti dal presidente della Cittadella della Carità, fratel Gedovar Nazzari, dal direttore sanitario dell’area socio-sanitaria, Davide Brunelli, dal responsabile amministrativo Paolo Ferrari e dalla coordinatrice infermieristica Rosalba Dall’Olio. Gli operatori hanno allietato il pomeriggio con musica e cori natalizi.
“Il progetto ‘Scatole di Natale’ è perfettamente coerente con la mission del nostro Ordine che da mille anni resta fedele al proprio carisma: difesa della fede e servizio ai poveri e ai sofferenti – ha detto il dottor Adilardi -. Carisma che si concretizza attraverso il lavoro di volontariato dei nostri aderenti in strutture socio-sanitarie residenziali, come le Case della Cittadella della Carità, dove gli operatori si prendono cura amorevolmente non solo degli anziani ma anche di persone con disabilità mentale”.
“Ringrazio di cuore le persone che hanno reso possibile il progetto e in particolare gli aderenti all’Ordine di Malta – ha sottolineato il presidente Nazzari –. A Natale accogliamo il Dio Bambino, che ha scelto la fragilità dei piccoli per mostrare la sua Potenza. Ogni volta che ci prendiamo cura dei nostri fratelli più fragili ci prendiamo cura di quel Bambino. Ringrazio anche tutti gli operatori della delle nostre strutture socio-sanitarie che hanno reso possibile un pomeriggio di calore familiare e per la dedizione con cui ogni giorno svolgono il loro lavoro”.
"Il Sacro Cuore" entra nella rete di Onda: ospedale a misura di donna
Il riconoscimento dei “Bollini Rosa” viene dato dalla Fondazione Onda – l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere – agli ospedali italiani particolarmente attenti alla salute “in rosa” con percorsi di prevenzione, di diagnosi e di cura dedicati alle malattie femminili più diffuse e a quelle più complesse.
L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria è un ospedale “vicino alle donne”. A stabilirlo con l’assegnazione dei Bollini Rosa, la Fondazione Onda – l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere – che dal 2007 conferisce il riconoscimento agli ospedali particolarmente attenti alla salute “in rosa” con percorsi di prevenzione, di diagnosi e di cura dedicati alle malattie femminili più diffuse e a quelle più complesse. E anche alle patologie che riguardano trasversalmente uomini e donne, ma in un’ottica di genere.
Con il “Sacro Cuore Don Calabria” sono stati premiati altri 353 ospedali italiani, 19 in più rispetto al biennio precedente. “La 10a edizione dei Bollini Rosa ha visto la partecipazione di 363 ospedali italiani e il patrocinio di 27 enti e società scientifiche” afferma Francesca Merzagora, presidente Fondazione Onda. “I 354 ospedali premiati costituiscono una rete di scambio di esperienze e di prassi virtuose, un canale di divulgazione scientifica per promuovere l’aggiornamento dei medici e degli operatori sanitari e per la popolazione l’opportunità di poter scegliere il luogo di cura più idoneo alle proprie necessità, nonché di fruire di servizi gratuiti in occasione di giornate dedicate a specifiche patologie, con l’obbiettivo di sensibilizzare e avvicinare a diagnosi e cure appropriate”.
“Si tratta dell’ulteriore riconoscimento dell’attenzione che la nostra struttura dedica alla salute femminile”, afferma il direttore sanitario, Fabrizio Nicolis, “Le ultime schede ospedaliere regionali hanno indicato il “Sacro Cuore Don Calabria” centro di riferimento per la cura dell’endometriosi (con il 68% dei pazienti provenienti da fuori Veneto). Inoltre la nostra senologia è riconosciuta, sempre dalla Regione, come Breast Unit, disponendo di tutte le specialità per la diagnosi e la cura del tumore mammario, tra le quali il Servizio di oncopsicologia con sedute di gruppo per le donne con neoplasia al seno e la riabilitazione post intervento”.
La valutazione delle strutture ospedaliere e l’assegnazione dei Bollini Rosa – che ha validità dal 1 gennaio 2022 al 31 gennaio 2023 – è avvenuta tramite un questionario di candidatura composto da oltre 400 domande, ciascuna con un valore prestabilito, suddivise in 15 aree specialistiche più una sezione dedicata alla gestione dei casi di violenza sulle donne e sugli operatori sanitari. Un apposito Advisory Board, presieduto da Walter Ricciardi, docente di Igiene e Sanità Pubblica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, ha validato i bollini conseguiti dagli ospedali a seguito del calcolo del punteggio totale ottenuto nella candidatura, tenendo in considerazione anche gli elementi qualitativi di particolare rilevanza non valutati tramite il questionario (servizi e percorsi speciali, iniziative e progetti particolari…).
I ricercatori del Sacro Cuore: ivermectina inefficace contro il Covid anche ad alte dosi
L’IRCCS di Negrar ha coordinato il primo studio italiano che ha visto la somministrazione dell’antiparassitario con il più alto dosaggio mai usato finora su pazienti positivi al SARS COV2. Ma il risultato ha evidenziato la sua inefficacia, pertanto è ingiustificato l’uso dell’ivermectina come terapia nella fase iniziale del Covid o in alternativa al vaccino
L’ivermectina non è un’opzione per il trattamento del Covid 19, anche se utilizzata in fase precoce e con il più alto dosaggio mai usato finora sui pazienti positivi al SARS-CoV-2. Arriva dall’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) un contributo importante al dibattito sull’efficacia dell’antiparassitario, spesso elencato, senza evidenza scientifica, tra i farmaci da impiegare nella cura del nuovo Coronavirus o, addirittura, come alternativa al vaccino, tanto da alimentare teorie complottiste per il suo mancato impiego e intossicazioni per uso improprio denunciate dalla FDA negli Stati Uniti.
E’ stato infatti pubblicato su Preprints with the Lancet lo studio clinico di fase II “Treatment of COVID-19. COVER (COVid iVERmectin)”, coordinato dall’IRCCS di Negrar in collaborazione con l’Istituto Mario Negri e a cui hanno partecipato l’Ospedale Sacco di Milano, l’Ospedale Sant’Orsola di Bologna e l’Ospedale Covid di Rovereto (vedi studio)
Si tratta di un trial clinico randomizzato, no profit, in doppio cieco che ha coinvolto 93 pazienti positivi al SARS-CoV-2 asintomatici o con sintomi lievi. L’obiettivo dei ricercatori era quello di verificare se l’impiego del farmaco ad alto dosaggio somministrato precocemente portasse alla riduzione della carica virale rispetto ai pazienti che ricevevano il placebo e quindi potenzialmente alla diminuzione delle ospedalizzazioni, delle complicanze gravi e della mortalità.
La ricerca ha preso le mosse dallo studio “in vitro” di ricercatori australiani, che dimostrava una grande efficacia dell’ivermectina nell’eliminare rapidamente il virus da colture cellulari in laboratorio, ma solo con concentrazioni elevate di farmaco.
“Gli studi relativi a Covid 19 e ivermectina sono tantissimi nel mondo, ma tutti hanno impiegato dosaggi relativamente bassi, incompatibili con quanto rilevato dai ricercatori australiani”, afferma il professor Zeno Bisoffi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar.
“Come tropicalisti abbiamo una grande conoscenza su questo farmaco che è efficace per molte malattie parassitarie come la strongiloidosi o la oncocercosi (la cosiddetta “cecità fluviale”). Ma è soprattutto un farmaco generalmente ben tollerato, caratteristica che ci ha permesso di somministrare con sicurezza a due gruppi distinti (il terzo ha avuto il placebo) un dosaggio rispettivamente di 600 e di 1200 microgrammi per chilo per cinque giorni contro i 200/400 microgrammi utilizzati per altre patologie in una dose unica”.
“Il primo risultato di rilievo è che lo studio non ha registrato eventi avversi gravi nemmeno nel gruppo con dosaggio più alto; si tratta di un dato importante anche per l’eventuale impiego dell’ivermectina in altre patologie qualora fosse necessario”, prosegue. “Tuttavia circa un terzo dei pazienti ha interrotto il trattamento prima della quinta dose a causa di disturbi lievi o moderati – sottolinea l’infettivologo -. Defezioni prevedibili perché si trattava di pazienti che seppur positivi erano in discreta salute e anche il più piccolo malessere poteva rappresentare causa di fastidio”.
Per quanto riguarda la carica virale media al settimo giorno, “è innegabile un valore più basso nei soggetti trattati con ivermectina ad alte dosi rispetto a quelli che hanno assunto il placebo. Ma poiché la differenza non è risultata statisticamente significativa, non possiamo escludere che il trend negativo possa essere dovuto più al caso che non al farmaco”.
Pertanto, conclude il professor Bisoffi, “i nostri risultati non incoraggiano l’esecuzione di trial clinici con questo dosaggio su campioni più numerosi. I dati peraltro confermano quanto emerso dalle metanalisi, per esempio della Cochrane Review, condotte sulle sperimentazioni cliniche realizzate con metodologie rigorose e su campioni sufficientemente ampi, che nei mesi scorsi hanno portato sia FDA sia EMA a pronunciarsi contro l’uso di questo antiparassitario come terapia contro il Covid-19 in mancanza di dati solidi sulla sua efficacia”
Suor Mantovani presto santa: il suo Istuituto contribuì alla storia centenaria del "Sacro Cuore"
Il prossimo 15 maggio, suor Domenica Mantovani sarà proclamata santa. La storia del suo Istituto religioso delle Piccole Suore della Sacra Famiglia – fondato con il Beato Giuseppe Nascimbeni – si è intrecciata con quella centenaria dell’ospedale Sacro Cuore, nell’assistenza ai malati. Ancora oggi la piccola comunità di suore è una presenza preziosa per la “Cittadella della Carità”.
Madre Maria Domenica Mantovani sarà proclamata Santa il prossimo 15 maggio. Una grande gioia per l’Istituto delle Piccole Suore della Sacra Famiglia di cui è stata fondatrice (nel 1892) assieme al Beato Giuseppe Nascimbeni e prima Madre Generale. Ma anche per la Cittadella della Carità dove le religiose sono presenti fin dalla nascita del primo nucleo, rappresentato dal Ricovero per anziani, voluto da don Angelo Sempreboni.
Fu lo stesso parroco di Negrar a chiedere a don Nascimbeni, in una lettera del 2 maggio 1918, “quattro delle sue buone suore. Non potendo quattro si potrebbe fare tre…”, per lavorare in parrocchia, nella scuola materna e quella del lavoro femminile. Gli rispose la stessa madre Mantovani, che pochi giorni dopo inviò in paese le consorelle. L’11 novembre di quattro anni dopo le suore iniziarono il loro servizio anche presso il Ricovero, inaugurato pochi giorni prima.
La Madre Generale fu anche protagonista di un rifiuto che aprì la strada all’ingresso della Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza nella Cittadella della Carità. Nonostante già nel 1931 la struttura che, affiancata al Ricovero, doveva diventare ospedale fosse pronta, le autorità civili non concedevano l’autorizzazione. Ben presto fu chiaro che tanto ritardo non era dovuto a questioni tecniche o burocratiche ma all’ostilità dei militanti fascisti del paese nei confronti di don Sempreboni, tacciato di essere un nemico del regime. Pur di aprire l’ospedale per la sua gente, il parroco decise quindi di fare un passo indietro e di cedere la gestione del complesso a un Istituto religioso. Chiese innanzitutto a quello delle Piccole Suore della Sacra Famiglia, ma madre Mantovani declinò l’offerta.
La presenza delle suore di Castelletto di Brenzone (località del Garda dove venne fondato l’Istituto e dove ha sede la Casa Madre) non venne mai meno al Sacro Cuore fornendo negli anni un contributo prezioso nell’ambito dell’assistenza infermieristica ai malati. Nel suo libro “Storia dell’Opera Don Calabria 11/3”, Mario Gecchele riporta che dal 1922 al 13 marzo 2004 hanno svolto servizio a Negrar ben 211 suore.
Oggi la piccola comunità, impegnata soprattutto nella pastorale ospedaliera, è composta dalla superiora Suor Rosa Santina (al secolo Maria Vigolo), suor Bernardetta (al secolo Lucia Brunelli), suor Lucia Raffaello (al secolo Luciana), suor Brandina Brunelli e suor Teresa Ausilia Dalla Pozza.
Qui Texas: il novembre "rock" del dottor Marcello Ceccaroni
Il dottor Marcello Ceccaroni è stato protagonista del 50° Congresso mondiale dell’AAGL (Austin, Texas, dal 14 al 17 novembre): unico italiano nel Comitato scientifico del meeting annuale, è stato insignito del Premio “John F. Steege Mentorship Award 2021”, riconoscimento conferito per la prima volta a un medico del nostro Paese e a un non americano. E per finire la standing ovation dei mille presenti in sala dopo la lezione magistrale dal titolo: “La rivoluzione rock della chirurgia laparoscopica”, dove Bob Dylan diventa l’icona che meglio identifica la laparoscopia. Ma Austin non vale Firenze e le sale settorie di Leonardo da Vinci…
E’ stato un novembre prezioso, da conservare nel libro dei ricordi, quello che si è appena concluso per il dottor Marcello Ceccaroni, Direttore del Dipartimento di Ginecologia ed Ostetricia, uno dei maggiori esperti internazionali di Endometriosi.
Tutto si è svolto negli States, ad Austin (Texas) dove dal 14 al 17 novembre ha avuto luogo il 50° Congresso dell’AAGL (American Association of Gynecologic Laparoscopists), la più importante associazione a livello mondiale di chirurgia laparoscopica ginecologica. Per la seconda volta (la prima è stata nel 2018) il dottor Ceccaroni è stato nominato – unico italiano – componente del Comitato scientifico del meeting annuale.
Ma per il chirurgo di origini cesenati, le emozioni americane a Austin si sono moltiplicate. Nell’ambito del congresso è stato insignito con il Premio “John F. Steege Mentorship Award 2021”, riconoscimento che la Fondazione AAGL ha conferito per la prima volta a un italiano e a un non americano.
“Per la nostra disciplina questo premio è paragonabile al “Pulitzer” – afferma il dottor Ceccaroni -. Perché è sì legato alla persona e alle sue doti chirurgiche, ma soprattutto identifica il mentore, il maestro. Pertanto è una prestigiosa attestazione del valore di ISSA (International School of Surgical Anatomy) che ho fondato e che porto avanti con i miei assistenti. In 12 anni, grazie a questa scuola, abbiamo svolto attività umanitarie, assegnato borse di studio e soprattutto insegnato a oltre un migliaio di chirurghi in tutto il mondo l’anatomia chirurgica e le tecniche laparoscopiche. A maggio, per esempio, saremo a New York, alla Columbia University dove riprenderemo la collaborazione, interrotta a causa della pandemia. La cifra che da sempre ci contraddistingue è l’insegnamento su cadavere, ma da alcuni anni grazie alle nuove tecnologie possiamo effettuare una chirurgia in diretta e trasmetterla in qualsiasi Paese”.
Troppo facile scrivere a questo punto “non c’è due senza tre”. Perché al premio prestigioso si è aggiunta anche la standing ovation dei mille presenti in sala (“cosa rara in un congresso dell’AAGL”) dopo la lezione magistrale tenuta dal dottor Ceccaroni nella sessione plenaria. Già il titolo è tutto un programma per un meeting di medicina: “La rivoluzione rock della chirurgia laparoscopica”, dove rEvolution era scritto con la E maiuscola per sottolineare quanto rivoluzione sia sinonimo di evoluzione. “Il rock è stato un pretesto narrativo per parlare della laparoscopia non solo dal punto di vista tecnico ma anche culturale e filosofico, in quanto tra la chirurgia mininvasiva e il genere musicale ci sono, a mio avviso, analogie importanti”, spiega il dottor Ceccaroni.
Per esempio hanno subito lo stesso trattamento dall’establishment. “Sia la laparoscopia che il rock all’inizio sono stati perseguitati – racconta -. Come la BBC non mandava in onda certi brani, perché era considerata la musica del diavolo, alcuni laparoscopisti sono stati sottoposti a esami radiologici strumentali per verificare che non fossero matti o non avessero malattie degenerative. Perché introdurre uno strumento ottico in cavità addominale (non c’erano le telecamere a fibre ottiche di oggi) era considerato dalla chirurgia tradizionale un gesto eretico nello stesso modo in cui il rock veniva visto dalla cultura musicale dominante. Tuttavia, piaccia o no, il rock ha condizionato i costumi come la laparoscopia, perché oggi chi deve sottoporsi a intervento chirurgico spera di poterlo fare con una tecnica mininvasiva”.
Qual è l’icona del rock secondo lei che rappresenta la laparoscopia? “Senza dubbio Bob Dylan – risponde -. Nella mia lezione magistrale ho riportato l’episodio (avvalendomi anche di filmati d’epoca) del Festival Folk del 1964 a Newport, quando Dylan viene osannato dal pubblico per la sua esecuzione di Mr tambourine man con il solo accompagnamento della chitarra acustica. Esattamente un anno dopo lo stesso pubblico lo fischia, perché ha osato introdurre la chitarra elettrica. Il tutto si ripete pochi mesi dopo a Manchester, dove lo chiamano “giuda”, coprendolo di fischi. Ma nel 2008 per Dylan arriva il Premio Pulitzer e nel 2016 il Nobel per la Letteratura a dimostrazione che era dalla parte della ragione, perché pur cambiando i paradigmi comunicativi, il messaggio non ha perso il suo valore. La laparoscopia è un po’ tutto questo: è stata ostacolata per aver capovolto la visione della chirurgia, ma alla fine si è imposta oggettivamente sulla chirurgia tradizionale”. Questo anche per merito della sua natura ‘generosa’. “Quella telecamera che inseriamo tramite un minuscolo taglio nell’addome consente di far uscire il sapere chirurgico dal chiuso della sala operatoria e condividerlo con il mondo. Oggi anche nei Paesi in via di sviluppo troviamo eccellenti chirurghi laparoscopici, grazie alla condivisione che ci permette la tecnologia”.
Altra analogia, ma questa volta con l’emancipazione della donna. “I pionieri di questa chirurgia sono stati ginecologi e l’uso di tecniche mininvasive sono la cifra un approccio diverso al corpo della donna, più rispettoso. Oggi parliamo per esempio di chirurgia nerve-sparing, che ha come obiettivo l’eradicazione della malattia (endometriosi o tumore) ma preservando le funzioni pelviche della donna, quindi la sua qualità di vita. Questo senza l’emancipazione femminile non sarebbe stato possibile”.
Ma Austin non vale Firenze. Quel giorno del maggio del 2019 quando, sempre in occasione del congresso dell’AAGL e soprattutto dei 500 anni dalla morte di Leonardo Da Vinci, il dottor Ceccaroni ebbe l’onore di effettuare una lezione di anatomia chirurgica nei sale sotterranee dell’ospedale Santa Maria Nuova mai aperte prima, dove il genio fiorentino effettuava la dissezione dei cadaveri. “Quell’emozione non è paragonabile a nulla. Quell’evento ha dato il giusto valore a molti aspetti della mia vita professionale e privata. Dopo 500 anni le sale di Leonardo sono state aperte per la prima volta e io ho potuto effettuare una lezione. Come i primi chirurghi che praticavano la laparoscopia, anche Leonardo era ostacolato per le sue dissezioni dei cadaveri. Le sale erano sotterranee: grazie a un laparoscopio ciò che lui ha iniziato ha varcato la superfice ed è andato in tutto il mondo”.
elena.zuppini@sacrocuore.it
Influenza, nessuna sorpresa: è di tipo A H3N2 il primo caso nel Veneto diagnosticato a Negrar
Tutto come previsto: è di tipo A e sottotipo H3N2 il primo caso di influenza nel Veneto, diagnosticato dal Laboratorio di Microbiologia dell’IRCCS di Negrar. E’ un tipo indicato come particolarmente contagioso, anche alla luce del fatto che nella scorsa stagione il virus influenzale ha avuto una bassa circolazione e potrebbe quest’anno trovare una popolazione maggiormente suscettibile.
E’ di tipo A e sottotipo H3N2 il primo caso in Veneto di influenza stagionale, rilevato dal laboratorio di Microbiologia del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar, di cui è responsabile la dottoressa Francesca Perandin.
La tipizzazione è stata effettuata dall’Unità complessa di Microbiologia e Virologia di Padova, laboratorio di riferimento regionale, sul tampone inviato come da prassi dai biologi di Negrar lo scorso 12 novembre.
Nessuna novità in proposito: il sottotipo H3N2 è quello previsto per la stagione 2021-20221 e indicato come particolarmente contagioso, anche alla luce del fatto che nella scorsa stagione il virus influenzale ha avuto una bassa circolazione e potrebbe quest’anno trovare una popolazione maggiormente suscettibile.
Infatti nell’autunno-inverno dello scorso anno su 18mila tamponi multiplex processati dal Laboratorio del “Sacro Cuore Don Calabria” – per la ricerca in contemporanea del virus SARS CoV2, del virus influenzale e del virus respiratorio sinciziale (RSV) – nessuno è risultato positivo al virus dell’influenza e nemmeno a quello responsabile della bronchiolite e della polmonite nei bambini.
Al contrario su 7.026 tamponi analizzati dal 10 ottobre al 12 novembre di quest’anno, 216 erano positivi al virus che provoca il Covid19, 207 al virus sinciziale (sull’aumento di bronchioliti e polmoniti nei bambini clicca qui) e 1 appunto all’influenza A H3N2. Ad oggi dai tamponi non è stato rilevato nessun caso di influenza.
Le misure per proteggerci dal virus antinfluenzale sono le stesse che abbiamo imparato per non contrarre il Covid19: mascherina, non frequentare luoghi affollati, igiene delle mani e vaccino. Vaccino che è particolarmente raccomandato per gli anziani e le persone fragili e può essere somministrato contemporaneamente a quello contro il virus SARS COV2.
Tumori, in Italia i guariti sono ancora malati: le proposte di ROPI per il diritto all'oblio
Sono oltre 3 milioni e 600mila le persone in Italia che hanno avuto una precedente diagnosi di cancro. Questo numero aumenta del 3% l’anno. Si stima che circa un milione di persone possano essere considerate guarite perché hanno raggiunto, dopo un certo numero di anni dalla diagnosi, la stessa aspettativa di vita delle persone di pari età e sesso che non hanno avuto un cancro. Ma una volta raggiunta la guarigione, queste persone, che vorrebbero e dovrebbero tornare alle loro vite senza incontrare ostacoli, ne trovano invece molti e, per la realizzazione di nuovi progetti, possono avere difficoltà ad accedere a servizi finanziari, come mutui e assicurazioni. Un problema che si somma ad anni di vita difficili, di grande sofferenza, anche economica, e che finisce con mettere in discussione il diritto di riprendersi la propria vita. Questo diritto si chiama diritto all’oblio, e nasce con l’obiettivo di evitare qualsiasi discriminazione nei confronti di pazienti guariti dal tumore. Un diritto garantito, ad oggi, solo in Francia, Lussemburgo, Belgio e Olanda. Il Portogallo, dopo un lungo dibattito, ha appena approvato una legge che entrerà in vigore nel 2022. In Italia al momento tutto tace. Per questo ROPI, la Rete Oncologica Pazienti Italia, ha deciso di iniziare una campagna di sensibilizzazione delle Istituzioni con una serie di iniziative.
Le spiega la dottoressa Stefania Gori, presidente ROPI e direttore del Dipartimento Oncologico dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria a Elisir, la trasmissione di medicina che va in onda su Rai3.
Il cuore che verrà. Cardiologia e tecnologia tra presente e futuro
Pubblichiamo l’intervento del dottor Giulio Molon, direttore della Cardiologia dell’IRCCS Ospedale Don Calabria, al Festival del Futuro che si è svolto a Verona dal 18 al 20 novembre.
Il dottor Giulio Molon protagonista del Festival del Futuro
Si apre domani 18 novembre a Verona il Festival del Futuro, una tre giorni sul mondo che verrà. Più di 100 i relatori che si confronteranno in tavole rotonde e in keynote speech. Tra questi anche il dottor Giulio Molon, direttore della Cardiologia ed esperto in patologie del battito cardiaco. Il suo intervento, venerdì 19 novembre, si può seguire anche in streaming su varie piattaforme
Si apre giovedì 18 novembre nella sala congressi di VeronaFiere la terza edizione del Festival del Futuro, la tre giorni di confronto tra scienziati, imprenditori, innovatori e progettisti del mondo che verrà. A differenza di quella dell’anno scorso, l’edizione 2021 sarà in presenza con posti contingentati per il rispetto delle normative Covid. Ma sarà possibile seguirla anche via streaming (iscrizioni e programma su www. festivaldelfuturo.eu)
Organizzato dal Gruppo editoriale Athesis con Eccellenza d’Impresa e Harvard Business Review, il Festival tratterà, tra i tanti argomenti, di salute, transizione energetica, agricoltura, space economy, mondo del lavoro… grazie alla presenza di oltre 100 esperti, che si confronteranno in oltre 15 tra tavole rotonde e keynote speech.
Tra questi anche il dottor Giulio Molon, direttore della Cardiologia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Venerdì 19 novembre alle 10.30, il cardiologo farà un excursus sulla storia della aritmologia, quella disciplina della cardiologia che studia la fisiologia e la patologia del sistema ‘elettrico’ del cuore, cioè di quel sistema che genera il battito cardiaco e permette a tutte le cellule del cuore di contrarsi in maniera armonica.
Il primo pacemaker? Fu realizzato all’interno di una scatola di lucido da scarpe; oggi è piccolo come un proiettile e sta tutto dentro il cuore. Questo è solo uno dei tanti esempi dello straordinario sviluppo tecnologico dei dispositivi cardiaci. Cosa ci attende per il prossimo futuro e, soprattutto, le grandi potenzialità offerte dalla tecnologia cardiologica sono sostenibili da una sanità universale?
Per seguire da remoto l’intervento del dottor Molon basta collegarsi in streaming su
www.festivaldelfuturo.eu
www.larena.it
www.ilgiornaledivicenza.it
www.bresciaoggi.it
www.ansa.it
E su i rispettivi profili social
Inoltre il Festival del Futuro sarà trasmesso da
Covid19, al via la seconda fase dello studio epidemiologico su Verona condotto dall'Irccs di Negrar
Si tratta dell’unica indagine epidemiologica su campione statisticamente rappresentativo condotta finora in Italia. Obiettivo: una mappatura aggiornata della diffusione dell’infezione da SARS-CoV2 nella città di Verona a 19 mesi dalla prima rilevazione (aprile-maggio 2020). Lo studio è coordinato dall’IRCCS di Negrar, in collaborazione con il Comune, l’Università scaligera, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata e l’Ulss 9
Lunedì 22 novembre al Centro Diagnostico Terapeutico dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria (in via S. Marco 121 – Verona) prende il via la seconda fase dello studio epidemiologico “Comune di Verona 2020”. La prima fase è stata realizzata nell’aprile-maggio dello scorso anno con lo scopo di indagare la prevalenza (cioè la percentuale nella popolazione) dei casi asintomatici di SARS CoV2 nella città di Verona.
Con la seconda fase si vuole stimare la prevalenza e l’incidenza – cioè i nuovi casi da aprile-maggio 2020 a novembre 2021 – di infezione attiva sullo stesso campione statistico iniziale (1.515 cittadini) e a distanza di 19 mesi. Inoltre con il dosaggio degli anticorpi lo studio ha l’obiettivo di quantificare la percentuale di abitanti che hanno sviluppato una risposta anticorpale al nuovo Coronavirus a causa dell’infezione naturale o grazie al vaccino.
Lo studio è condotto dall’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar e vede la collaborazione delle maggiori istituzioni amministrative, scientifiche e sanitarie di Verona: il Comune, l’Università scaligera, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata e l’Ulss 9. Si tratta dell’unica indagine epidemiologica su campione statisticamente rappresentativo condotta finora in Italia relativamente al Covid 19.
I risultati della prima fase sono stati pubblicati dalla rivista scientifica Emerging Infection Diseases, mentre il protocollo dello studio era stato pubblicato sul British Medical Journal Open, come uno dei pochi esempi di indagine epidemiologica sulla diffusione del virus in quel momento realizzati a livello globale.
COME AVVIENE LA RACCOLTA E L’ANALISI DEI DATI
Tramite chiamata telefonica, gli stessi 1.515 cittadini veronesi (con minimo 10 anni) già coinvolti nella prima fase saranno invitati a recarsi, dal 22 al 28 novembre, al Centro Diagnostico Terapeutico di via San Marco.
Qui i sanitari dell’IRCCS di Negrar – guidati dal dottor Carlo Pomari, responsabile della Pneumologia e coordinatore dello studio – sottoporranno i candidati a un prelievo di sangue per il dosaggio degli anticorpi anti-Covid19 e al tampone molecolare naso-faringeo. Inoltre, saranno rilevati i parametri respiratori tramite una spirometria.
I campioni biologici raccolti verranno analizzati dal Laboratorio di Microbiologia del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali del “Sacro Cuore Don Calabria”, diretto dal professor Zeno Bisoffi, e consegnati al professor Massimo Guerriero, biostatistico ed epidemiologo, per un’analisi statistica, che prevede un margine di errore al massimo dell’1,5% nelle stime dei diversi parametri.
IL VALORE DELLO STUDIO
“Lo studio ha una finalità medico-scientifica innanzitutto, ma anche una valenza sociale – spiega il dottor Pomari -. Come è accaduto nella prima fase, possiamo stabilire la percentuale dei positivi asintomatici nella città di Verona e quindi fornire alle autorità amministrative e sanitarie elementi oggettivi per adottare o meno misure di contenimento del virus. Dal punto di vista medico – prosegue – la ricerca ci permette di osservare l’andamento degli anticorpi di coloro che avevano contratto la malattia nella prima fase e/o anche di coloro che si sono vaccinati, rilevando i casi di reinfezione o infezione nonostante il vaccino. Infine i parametri respiratori potranno dirci in generale come respirano i veronesi e se il Covid19, in chi si è ammalato, ha peggiorato la sua salute respiratoria”
PERCHE’ QUESTO STUDIO E’ UNICO NEL SUO GENERE
“L’unicità di questo studio è che il campione di cittadini, estratti dall’elenco dell’anagrafe veronese, è casuale e pertanto i risultati saranno estendibili a tutta la popolazione veronese e, ancor più, a popolazioni con struttura demografica simile – sottolinea il professor Guerriero -. Inoltre possiamo garantire un ridotto margine di errore nelle stime pari al massimo all’1,5%. Oltre alla prevalenza ed incidenza di infezione in soggetti asintomatici sarà possibile stimare la prevalenza di reinfezione e quella di infezione in soggetti vaccinati. Saranno anche raccolte importantissime informazioni cliniche di follow-up relative in particolar modo al Long Lovid e cioè a tutti quei disturbi e manifestazioni cliniche che nascono in conseguenza all’infezione da SARS-Cov-2 e i cui meccanismi alla base del loro sviluppo non sono ancora del tutto chiari. Si stima che a 12/15 settimane dall’infezione circa il 50% degli adulti ed il 15% dei bambini soffra appunto di long covid indipendentemente dalla gravità del Covid-19.”.
LO STUDIO SULLA CITTA’ DI VERONA ENTRA NEL PROGETTO EUROPEO ORCHESTRA
La seconda fase dello studio epidemiologico “Comune di Verona 2020” si arricchisce anche di un’ulteriore indagine: un campione di 80 soggetti (scelti dai 1.515 secondo criteri stabiliti sulla base della data della vaccinazione o di una pregressa infezione da SARS-CoV-2) verranno sottoposti, previo consenso informato, a un ulteriore prelievo ematico per analizzare numerosi aspetti della immunità cellulare, la famosa ‘memoria immunologica’, cioè la risposta che il nostro sistema immunitario mette in atto quando viene in contatto con un agente patogeno già conosciuto, risposta che si attiva sebbene siano venuti meno con il tempo gli anticorpi specifici contro quel virus o quel batterio.
Questa parte dello studio rientra nel progetto di ricerca internazionale ORCHESTRA guidato dalla professoressa Evelina Tacconelli, direttrice della Sezione di Malattie Infettive dell’Università di Verona, che coinvolge 15 Paesi (anche extra UE) e finanziato dall’Unione Europea con lo scopo di trovare soluzioni rapide e innovative per la gestione della pandemia da Covid19. Questi campioni verranno analizzati dal laboratorio dell’Università di Anversa (Belgio).
“Allo stato attuale non possiamo definire con certezza un livello minimo di anticorpi per ottenere una copertura vaccinale ottimale – spiega la professoressa Tacconelli -. Se lo sapessimo, per esempio, potremmo selezionare i soggetti che hanno bisogno urgente di un richiamo vaccinale o di una dose aggiuntiva. Studiare l’immunità cellulo-mediata, altra arma con cui il nostro organismo si difende da agenti patogeni, in questa coorte, integrata nella coorte Europea di ORCHESTRA, permetterà di aumentare le nostre conoscenze a beneficio della popolazione e dei piani strategici vaccinali.”
COMITATO SCIENTIFICO DELLO STUDIO
Coordinatori: Carlo Pomari, responsabile della Pneumologia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, e Massimo Guerriero, biostatistico ed epidemiologo.
Zeno Bisoffi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria e professore associato di Malattie Infettive e Tropicali dell’Università di Verona
Claudio Micheletto, direttore della Pneumologia dell’Azienda ospedaliero universitaria di Verona
Albino Poli, direttore del Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica dell’Università di Verona
Evelina Tacconelli, direttore della Sezione Malattie Infettive dell’Università di Verona