La nostra ricerca in pillole: la genetica in infettivologia

LA NOSTRA RICERCA IN PILLOLE. Nella lotta contro il Coronavirus, una parte importante la sta svolgendo la ricerca sul genoma del virus. Ci spiega come la dottoressa Chiara Piubelli, responsabile della Ricerca Biomedica del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali

In questo momento di pandemia la ricerca genetica è fondamentale. Grazie ad essa è possibile conoscere come il virus SARS COV 2 replicandosi muta, dando vita a molte varianti (inglese, sudafricana, brasiliana…). Informazioni preziose per combattere il Covid 19. Nel video la dottoressa Chiara Piubelli, responsabile
Dr.ssa Chiara Piubelli
della Ricerca Biomedica del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
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L’ipertrofia prostatica oggi si cura anche con il vapore acqueo

L’Urologia del professor Stefano Cavalleri è la prima nel Veneto a utilizzare l’innovativa metodica che, a differenza della chirurgia o del laser, riduce il volume della prostata mantenendo intatte le funzioni sessuali. Il trattamento è mininvasivo e richiede solo l’anestesia locale

Non solo farmaci o chirurgia per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna, ma anche l’alta temperatura prodotta dal vapore acqueo. L’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar è il primo ospedale del Veneto ad utilizzare Rezum, la metodica innovativa che in modo mininvasivo dà ottimi risultati nella cura dell’aumento volumetrico della prostata di cui soffre il 50% degli uomini con oltre 60 anni, ma da cui non sono indenni nemmeno i più giovani.

L’Urologia, diretta dal professor Stefano Cavalleri, ha adottato da alcuni mesi questa metodica che attraverso uno strumento introdotto per vie naturali, e in anestesia locale, inietta nella prostata del vapore acqueo a 103 gradi. L’alta temperatura provoca un danno cellulare e, nel tempo, una riduzione del volume della prostata con conseguente miglioramento della difficoltà e della frequenza della minzione, senza conseguenze sulle funzioni sessuali.

L’ipertrofia prostatica è molto diffusa: sono circa 300 i pazienti che all’anno si rivolgono per questo problema all’ospedale di Negrar. Viene spesso trattata con la somministrazione di farmaci (alfa-litici) che a lungo andare possono risultare inefficaci o creare effetti collaterali. “Per questi pazienti Rezum è altamente indicato – sottolinea il prof. Cavalleri – ma anche per coloro che non hanno intenzione di prolungare per molti anni la terapia medica e che desiderano evitare le complicanze di una terapia chirurgica, la cosiddetta TURP o l’enucleazione laser dell’adenoma prostatico”.

“La chirurgia e il laser, infatti, riducono il volume della prostata con l’eliminazione del tessuto adenomatoso, creando così una sorta di cavità – prosegue l’urologo -. Questa è all’origine spesso di retrospermia (lo sperma viene eiaculato nella vescica invece di fuoriuscire dall’uretra) o di disfunzione erettile. Disturbi che hanno ripercussioni non solo sul piano fisico, ma anche su quello psicologico del paziente. Il vapore acqueo ad alta temperatura, invece, non elimina il tessuto ma lo riporta alle dimensioni originarie, mantenendo così intatte le funzioni sessuali e riproduttive”.

L’intervento con Rezum è indicato per pazienti con una prostata ingrossata fino a 80-100 grammi, per dimensioni maggiori la valutazione viene fatta caso per caso dall’urologo.

“Essendo mini-invasiva, la procedura richiede l’anestesia locale o una blanda sedazione e il ricovero di una notte – prosegue il dottor Cavalleri -. Dopo le dimissioni, il paziente deve portare per alcuni giorni il catetere e proseguire per un mese con la terapia farmacologica. Già solo dopo due settimane si registrano dei miglioramenti ed eventuali disturbi post intervento, come la minzione dolorosa o il sangue nelle urine, quando si verificano vanno scemando in pochi giorni”. Il processo di guarigione si completa in tre mesi circa con una riduzione del volume della prostata ed il miglioramento dei disturbi minzionali.


La nostra ricerca in pillole: la ricerca in campo oncologico

LA NOSTRA RICERCA IN PILLOLE. Al “Sacro Cuore vengono portati avanti numerosi progetti di ricerca contro i tumori. Ne parla la dottoressa Stefania Gori, direttore del Dipartimento di Oncologia

Se oggi in Italia 1/3 delle persone che hanno avuto diagnosi di tumore possono essere considerate guarite dal cancro lo dobbiamo alla ricerca. La dottoressa Stefania Gori, direttore del Dipartimento di Oncologia, illustra l’impegno dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria nel campo della ricerca oncologica.

 

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All'IRCCS di Negrar il test per la ricerca delle varianti del virus SARS-COV-2

Contemporaneamente alla diagnosi di positività tramite tampone molecolare, all’Ospedale Sacro Cuore è possibile effettuare il test per la ricerca delle varianti del virus responsabile del Covid. Vista la caratteristica di maggiore trasmissibilità delle varianti, il test assume significato per quanto riguarda la tracciabilità dei contatti

L’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria ha introdotto tra i test Covid 19, anche la ricerca della variante del virus SARS COV 2 responsabile dell’infezione. L’indagine viene effettuata, su richiesta del cittadino, sullo stesso materiale prelevato dal tampone molecolare, effettuato per la diagnosi dell’eventuale positività.

“Come tutti i virus, anche il SarsCov2 nel replicarsi modifica il proprio RNA, dando vita alle cosiddette varianti, ossia nuove forme di virus rispetto all’originale (Wild-type) isolato alla fine del 2019 a Wuhan”, spiega la dottoressa Francesca Perandin, responsabile del Laboratorio di Microbiologia del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali. “Finora sono state identificate in tutto il mondo molte varianti di questo virus – prosegue -. L’Organizzazione Mondiale della Sanità e la sua rete internazionale monitorano costantemente le mutazioni del virus, segnalando ai Paesi interessati quelle più significative perché mettano in atto misure per bloccarne la diffusione”.

Oggi in Italia stanno circolando prevalentemente tre varianti significative: Inglese (Variante VOC 202012/01, nota anche come B.1.1.7) identificata per la prima volta nel Regno Unito; Sudafricana (Variante 501Y.V2, nota anche come B.1.351) identificata in Sud Africa e la Brasiliana con origine in Brasile. A prevalere è di gran lunga quella inglese (87%), ma tutte e tre sono caratterizzate, rispetto al virus originario, da maggiore trasmissibilità che si traduce in un maggior numero assoluto di infezioni. “Il test quindi della ricerca delle varianti assume importanza per quanto riguarda la tracciabilità dei contatti – prosegue la dottoressa Perandin -: chi è colpito da una delle tre varianti deve tener conto di essere stato veicolo di un virus capace di infettare un numero maggiore di persone, che devono per questo essere avvertite al fine di interrompere la catena dei contagi”.

COME PRENOTARE IL TEST

Per usufruire dell’esame per la ricerca delle varianti è necessario prenotare sul sito www.sacrocuore.it (bottone “Prelievo senza coda”) alla voce “Tampone molecolare Covid 19-Servizio Drive in”.

Al momento dell’accettazione (sempre presso il piano terra del parcheggio “Sacro Cuore” in via Salgari) sarà proposta la possibilità di effettuare la ricerca delle varianti. Il referto di positività o meno al virus SARS COV2 sarà disponibile (on line o cartaceo) con la stessa tempistica, cioè dopo 24/48 ore.

Poiché la ricerca delle varianti viene effettuata solo nel caso di tampone positivo, il costo della prestazione (30 euro) viene saldato una volta ottenuto il referto (scaricabile sempre on line), cioè dopo circa una settimana.


Ritornano le visite in presenza nelle RSA e Case di riposo della Cittadella della Carità

A Casa Nogaré, Casa Perez e Casa Clero sono ritornate le visite in presenza dei familiari degli ospiti, senza plexiglass e consentendo l’interazione fisica tra gli ospiti e i familiari. E’ necessario essere in possesso del “certificato verde” e il rispetto delle norme anticontagio

Grazie alla vaccinazione e al miglioramento della situazione epidemiologica, anche le strutture socio-sanitarie residenziali della Cittadella della Carità (Casa Nogarè, Casa Perez e Casa Clero) dal 6 maggio hanno riconquistato un po’ di normalità con la ripresa delle visite in presenza dei familiari degli ospiti. In base all’Ordinanza del Ministero della Salute dello scorso 8 maggio, queste visite avvengono senza barriere (plexiglass), consentendo l’interazione fisica tra i visitatori e i loro cari.

VISITE IN PRESENZA SU PRENOTAZIONE

Per ora è possibile una sola visita alla settimana della durata di 30’ minuti, aperta a un massimo di due persone (familiari o eventuale care-giver). E’ necessario la prenotazione ai seguenti numeri telefonici dal lunedì al venerd’ dalle ore 8.30 alle ore 11.30:

  • Casa Nogarè: 045.6013656
  • Casa Perez: 045.6013066
  • Casa Clero: 045.6013139
IL GREEN PASS O CERTIFICATO VERDE

Al fine di scongiurare qualsiasi rischio di contagio, la normativa fissa alcune misure di prevenzione a partire dal cosiddetto “green pass” o “certificato verde”, termine con il quale s’intende:

  • per i visitatori vaccinati: certificato che attesti il completamento del ciclo vaccinale (prima e seconda dose, dove questa è indicata). Il documento viene rilasciato dal Centro vaccinale dopo la seconda inoculazione.
  • per i visitatori vaccinati con una sola dose: documentazione che attesti l’avvenuta somministrazione della prima dose di vaccino da almeno 14 giorni accompagnato dal referto negativo di un tampone molecolare eseguito non oltre le 48 ore precedenti la visita alla nostra struttura.
  • per i visitatori non vaccinati e che non hanno mai contratto l’infezione COVID 19: referto negativo di un tampone molecolare eseguito non oltre le 48 ore precedenti la data fissata per la visita
  • per i visitatori non vaccinati, ma che hanno contratto l’infezione COVID 19: certificato di avvenuta guarigione da infezione COVID-19 rilasciato dal proprio medico di medicina generale.
DOVE FARE I TAMPONI MOLECOLARI 48 ORE PRIMA

I tamponi molecolari possono essere effettuati presso l’Ospedale di Negrar (per prenotare clicca qui) oppure nei rispettivi punti tampone territoriali mediante autodichiarazione relativa alla visita prefissata. Si ricorda che il referto del tampone è valido per 48 ore, quindi ad ogni visita settimanale deve essere ripetuto.

RIMANGONO LE MISURE ANTICONTAGIO

All’ingresso il famigliare/visitatore è sottoposto al protocollo di sorveglianza già in uso presso la struttura che prevede:

  • compilazione della scheda del triage con la rilevazione della temperatura
  • sanificazione delle mani
  • utilizzo della mascherina FFP2
  • firma del registro degli entrate
  • firma del “Patto di condivisione del rischio”

In presenza di condizioni climatiche favorevoli saranno privilegiati gli incontri in spazi aperti e finalizzati a questo scopo. Le visite al chiuso avvengono stanze dedicate, ampie ed arieggiate. Vengono garantite adeguate procedure di sanificazione dei locali dove è avvenuta la visita con attenzione alle superfici e agli elementi che vengono toccati più frequentemente (maniglie, interruttori, corrimano…).

“Il benessere psicologico dei nostri ospiti ci sta a cuore quanto quello fisico – commenta la Direzione delle strutture socio-sanitarie -. Pertanto chiediamo la massima collaborazione nel rispetto delle misure anticontagio da parte dei familiari affinché, preservando le nostre Case libere dal Covid 19, possiamo continuare a garantire le visite in presenza. Da parte del Direzione e di tutto il personale di Casa Nogarè, Casa Clero e Casa Perez non è mai venuta meno la massima disponibilità”.


19 maggio: Giornata mondiale delle malattie infiammatorie croniche dell'intestino

Il morbo di Crohn e la colite ulcerosa hanno un pesante impatto sulla vita privata delle persone che ne vengono colpite, la gran parte giovani. L’eccellenza del Centro IBD di Negrar che segue circa 3mila pazienti ed è un punto di riferimento anche nell’ambito della ricerca clinica, con la sperimentazione di nuove molecole di farmaci biologici

Il 19 maggio in tutto il mondo è la Giornata dedicata alle Malattie Infiammatorie Croniche dell’intestino (MICI) o, in inglese, Inflammatory Bowel Disease (IBD) al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica su queste patologie autoimmuni – morbo di Crohn e Colite ulcerosa – di cui in Italia soffrono 250mila persone.

Si tratta di uomini e donne prevalentemente giovani – la fascia più colpita va dai 15 ai 40 anni – la cui vita privata e lavorativa è pesantemente condizionata da sintomi – come dolori e frequenti scariche intestinali – che suscitano ansia e imbarazzo. Non a caso le IBD sono associate a numerose comorbilità fisiche e psicologiche, come la depressione e lo stress. Riunioni di lavoro, pianificazione della giornata, stare a tavola con la famiglia possono essere attività incredibilmente difficili per chi ne soffre, che non di rado rischia il posto di lavoro o un demansionamento a causa della malattia. Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino hanno quindi un impatto anche economico sul singolo e non da ultimo sul Sistema Sanitario Nazionale.

L’équipe del Centro IBD con il dottor Andrea Geccherle (il primo sinistra)

Se da un lato la ricerca medica non ha ancora scoperto le cause scatenanti delle IBD – si ritiene che concorrano fattori genetici e ambientali -, dall’altro con i farmaci biologici ha segnato progressi terapeutici che, associati a stili di vita adeguati, consentono a pazienti con colite ulcerosa e malattia di Crohn, moderate o gravi, di raggiungere la remissione completa, cioè clinica, radiologica ed endoscopica della patologia. Un panorama sempre in evoluzione, quello dei farmaci nati  dall’ingegneria biotecnologica, anche al Centro per le malattie retto-intestinali-IBD Unit dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, dove sono attivi 17 studi clinici   di fase 2 e fase 3 che riguardano nuove molecole.

“I farmaci biologici hanno impresso una svolta fondamentale nella cura di questi pazienti. Ma rimane importante sensibilizzare l’opinione pubblica, e anche la classe medica, sull’importanza della diagnosi precoce della malattia, non trascurando determinati sintomi (dolore addominale, diarrea, vomito, sangue nelle feci…) che, se persistenti, devono essere valutati da uno specialista”, afferma il dottor Andrea Geccherle, responsabile del Centro.  “Ben vengano dunque queste Giornate che hanno l’obiettivo di formare e informare il pubblico su queste patologie e sul loro impatto nella vita dei pazienti – prosegue il medico –  Occorre creare una diffusa cultura ‘di gruppo’ della malattia, e questo può essere fatto realizzando una Rete efficiente di attori che coinvolga tutte le forze interessate, dai rappresentanti dei pazienti in primis, alle istituzioni, ai medici fino all’impresa farmaceutica”.

Il Centro di Negrar ha in cura circa 3mila pazienti (provenienti anche da fuori provincia e regione) con un incremento nel solo ultimo anno di oltre il 20%. Ben 480 sono trattati con i farmaci biologici.

“L’aumento del numero degli assistiti e la pandemia da Covid 19 ci hanno imposto l’attivazione di modalità alternative di contatto con i nostri pazienti per non costringerli a recarsi in ospedale – prosegue il dottor Geccherle -. Abbiamo così avviato la telemedicina, con visite a distanza dove è possibile, e consulti on line (clicca qui) per il controllo periodico degli esami e delle condizioni di salute. Si tratta di pazienti molto complessi che richiedono risposte rapide a problematiche che spesso insorgono quotidianamente”.

Proprio la complessità del paziente IBD è all’origine di un modello di presa in carico basato sulla multidisciplinarietà riguardo il quale il Centro di Negrar è stato un precursore. “Il morbo di Crohn e la Colite ulcerosa sono patologie autoimmuni, cioè caratterizzate da una reazione scorretta del sistema immunitario, che attacca cellule sane del nostro organismo come fossero estranee – spiega ancora il dottor Geccherle -. Pertanto i bersagli di questo meccanismo possono essere contemporaneamente più distretti del corpo: per questo è fondamentale per la buona riuscita della cura, che il paziente sia seguito dal gastroenterologo, dall’endoscopista, dal chirurgo generale, dal radiologo e ma anche da altri specialisti come per esempio il reumatologo, l’oculista e l’endocrinologo”.


La nostra ricerca in pillole: la cura delle degenerazioni maculari senili

LA NOSTRA RICERCA IN PILLOLE. Con la dottoressa Grazia Pertile, direttore dell’Oculistica,  scopriamo un progetto di ricerca per la cura della degenerazione maculare senile

Una delle patologie dell’occhio più diffuse tra le persone anziane sono le maculopatie degenerative. Per alcuni tipi di queste patologie non esiste cura.

Dott.ssa Grazia Pertile

L’Oculistica dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, diretta dalla dottoressa Grazia Pertile, è impegnata in un progetto di ricerca che riguarda il trapianto dell’epitelio pigmentato retinico. Scopriamo di cosa in questo video

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l'IRCCS di Negrar Centro Flebologico di eccellenza

La certificazione è stata conferita dalla Società Italiana di Flebologia all’Unità Operativa Semplice di Flebologia per essere in possesso di tutti requisiti richiesti a un centro di eccellenza, sia per la quantità sia per la complessità dei casi trattati. 

L’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria è Centro Flebologico di livello avanzato per la diagnosi e il trattamento delle patologie del sistema venoso

profondo e superficiale degli arti inferiori. La certificazione è stata conferita dalla Società Italiana di Flebologia all’Unità Operativa Semplice di Flebologia per essere in possesso di tutti requisiti richiesti a un centro di eccellenza, sia per la quantità sia per la complessità dei casi trattati. La certificazione ha durata di 5 anni e ne sono in possesso attualmente altri 37 centri italiani.

Palo Tamellini, chirurgo vascolare IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dottor Paolo Tamellini

Il riconoscimento è il risultato del livello di competenza raggiunto in questi anni nel campo delle patologie venose, in particolare nel trattamento delle occlusioni croniche del sistema venoso profondo, i cosiddetti esiti di trombosi”, afferma il dottor Paolo Tamellini, responsabile della Flebologia, che fa parte della Chirurgia Vascolare, diretta dal dottor Antonio Jannello. “Proprio per questo la certificazione SIF rappresenta per il paziente che sceglie il nostro centro un’ulteriore garanzia di sicurezza”

Andrea Recchia, chirurgo vascolare IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dottor Andrea Recchia

Sono un centinaio gli interventi di termoablazione laser dei tronchi safenici e 150 le safenectomie che vengono eseguiti in media all’anno – tutti in regime ambulatoriale – dal dottor Tamellini e dal collega Andrea Recchia. E’ inoltre attivo un ambulatorio per la diagnostica e un ambulatorio per il trattamento con sclerosanti delle vene varicose. Infine il “Sacro Cuore Don Calabria” è uno dei pochi ospedali ad aver aperto un ambulatorio dedicato alla cura delle ulcere venose, una patologia dolorosa, invalidante e difficile da trattare che colpisce anche soggetti giovani.

“La Flebologia di Negrar è anche impegnata sul fronte della ricerca” sottolinea il dottor Tamellini. E’ infatti attivo uno studio clinico retrospettivo che partendo dal 2014 mette a confronto gli interventi sulla safena eseguiti con il laser e quelli effettuati tramite chirurgia open (stripping). Ai pazienti che aderiscono alla ricerca vengono proposti un esame ecocolordoppler e una visita flebologica gratuiti. È in corso inoltre uno studio prospettico randomizzato che prevede l’arruolamento di 200 pazienti, divisi in due bracci: un braccio sarà trattato con i laser e l’altro con lo stripping. Questi pazienti verranno seguiti per un arco di 5 anni. Lo scopo di queste ricerche cliniche – conclude il medico – è quello di confrontare i risultati nel tempo della metodica non invasiva rispetto a quella tradizionale”.


Il "Sacro Cuore" nel progetto europeo per cura radioterapica delle aritmie maligne

L’IRCCS di Negrar entra nel consorzio STOPSTORM, un progetto finanziato dalla Commissione europea per la valutazione di un innovativo trattamento delle artmie ventricolare maligne, per il quale il “Sacro Cuore Don Calabria” detiene la più alta casistica italiana

L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria – in particolare la UOC di Cardiologia diretta dal dottor Giulio Molon e il Dipartimento di Radioterapia Oncologica Avanzata diretto dal professor Filippo Alongi – è uno dei quattro Centri italiani invitati a far parte del consorzio europeo STOPSTORM, finanziato dalla Commissione Europea e nato dall’omonimo progetto “A prospective European validation cohort for stereotactic therapy of re-entrant tachycardia” vincitore del bando “Better Health and care, economic growth and sustainable health” nell’ambito dell’8° Programma europeo per la Ricerca e Innovazione HORIZON 2020 (2014-2020).

Il consorzio, coordinato dall’Universitair Medisch Centrum (UMCU) di Utrecht (Olanda), mira a mettere a punto gli standard di una terapia non invasiva, finalizzata alla cura delle aritmie ventricolari maligne attraverso l’utilizzo della radioterapia.

Il trattamento innovativo prende il nome di radioablazione stereotassica dell’aritmia, detta STAR (Stereotactic Arrhytmia Radioablation), per la quale l’IRCCS di Negrar vanta il più alto numero di interventi effettuati in Italia: cinque dal marzo dello scorso anno. (vedi articolo)

Ogni anno nel mondo la morte improvvisa da aritmie ventricolari minacciose colpisce 900.000 persone ed è più frequente tra i pazienti con pregresso infarto miocardico o cardiomiopatia dilatativa. A causa dell’invecchiamento della popolazione e al diffondersi delle sindromi metaboliche e delle loro complicazioni (come le malattie cardiache ischemiche), la prevalenza della Tachicardia Ventricolare nei Paesi industrializzati ha subìto un sensibile aumento.

Solitamente i pazienti con aritmie maligne vengono trattati con farmaci e con l’impianto di un defibrillatore. In un gruppo di pazienti che riceve il defibrillatore gli episodi aritmici e le conseguenti scariche elettriche del dispositivo sono così frequenti e ricorrenti da ridurre pesantemente la loro aspettativa di vita oltre che la qualità.

Le linee guida prevedono che questi pazienti vadano trattati con ablazione, mediante cateteri posizionati nel cuore che scaricano radiofrequenza nel punto in cui è presente il ‘cortocircuito’ che provoca le aritmie. Si tratta di una procedura che presenta rischi molto elevati in alcune categorie di persone, per l’età o per la presenza di altre patologie rilevanti.

In questo gruppo di pazienti trova spazio la STAR, acronimo coniato in analogia al trattamento radioterapico per le neoplasie, la SAbR, (Stereotactic Ablative Radiotherapy), che trova indicazione nei tumori primitivi o metastatici. Questo sistema consente l’erogazione di alte dosi direttamente sul tumore con estrema precisione e con un ridotto coinvolgimento dei tessuti sani circostanti. Con lo stesso meccanismo possiamo trattare le aree del cuore che scatenano le aritmie, danneggiandone le cellule grazie alle radiazioni, un danneggiamento tale da portarle alla morte. Si viene così a formare una cicatrice omogenea che impedisce il formarsi del ritmo anomalo.

Attualmente questa terapia è però erogata solo in pazienti selezionati ed in modo sperimentale. Il consorzio STOPSTORM si propone – partendo dalla condivisione dei dati, conoscenze ed esperienze dei Centri di eccellenza europei – di convalidare la sicurezza e l’efficacia del trattamento STAR. Attraverso la realizzazione di una comune infrastruttura di archivio europea, dal 1 maggio è stato avviato uno studio multicentrico che valuterà la selezione del paziente, il trattamento radioterapico ed i controlli successivi ad esso. Sarà oggetto di studio in particolare la metodica che porta a determinare nel modo più preciso possibile quale sia la zona del cuore da irradiare, e se la dose che viene erogata sia adeguata a raggiungere il risultato senza creare problemi agli organi circostanti.

Il progetto europeo prevede la partecipazione dei maggiori Centri di eccellenza continentali in materia come – per citarne alcuni – le Università di Berlino, Dresda e Lubecca (Germania), l’Università di Zurigo (Svizzera), l’Ospedale Universitario di Aarhus (Danimarca), l’IMIM di Barcellona e il SERMAS di Madrid (Spagna), la Academisch Ziekenhuis (LUMC) di Leiden (Olanda), mentre per l’Italia vi è anche la presenza della AUSL di Reggio Emilia, l’Università degli Studi di Torino e la Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia.

 

Enrico Andreoli


Nasce la ROPI, la Rete dei pazienti oncologici italiani

Nasce la Rete Oncologica dei Pazienti Italiani (ROPI), la rete di associazioni che riuniscono i malati di tumore. A presiederla la dottoressa Stefania Gori, direttore del Dipartimento Oncologico dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria.  La dottoressa Gori spiega gli obiettivi e le finalità della ROPI alla trasmissione Rai “Uno Mattina”.