L'Italia è polio-free dal 1982, grazie alla vaccinazione che deve continuare

Il 24 ottobre è la Giornata mondiale della poliomielite per ricordare un obiettivo preciso: l’eradicazione dalla faccia della terra di una delle malattie infettive più gravi conosciute dall’uomo

L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che oltre 16 milioni di casi di paralisi provocati dalla poliomielite siano stati evitati dall’introduzione del vaccino orale, inventato dal medico polacco naturalizzato statunitense Albert Bruce Sabin e approvato nel 1962. La maggior parte dei medici europei non ha mai visto un caso di infezione, ma curano i pazienti che ne recano le stigmate. L’Italia è polio-free dal 1982.

Ci sono quindi tanti motivi per celebrare il 24 ottobre la World Polio Day, dedicata a un obbiettivo preciso: quello di eradicare definitivamente una delle più gravi malattie infettive conosciute dall’uomo. Purtroppo la poliomielite è ancora presente nel mondo. E’ infatti endemica in Afghanistan, Nigeria e Pakistan. E teoricamente i Paesi dove la copertura vaccinale nella popolazione pediatrica in particolare non fosse adeguata potrebbero essere terreno fertile per la reintroduzione della patologia.

In Italia il vaccino anti-polio è obbligatorio per i nati nel 2001 con tre dosi nel primo anno di vita e richiamo a sei anni. Sempre nel nostro Paese, in adempimento alle raccomandazione dell’OMS riguardo alla sorveglianza mondiale della polio, è attivo un piano di sorveglianza delle paralisi flaccide acute, che mira a cogliere con prontezza i casi di virus neurotropi, come il poliovirus, per porre in atto misure di contenimento/vaccinazione. Anche l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria è parte attiva di questo piano.

L’obiettivo di eradicazione della polio dalla faccia della terra, è possibile, come è accaduto per il vaiolo. Infatti, dei tre ceppi di poliovirus selvaggio (cioè presente in natura) l’uomo costituisce l’unico serbatoio ed i soggetti vaccinati non possono trasmettere la malattia. Inoltre il virus non riesce a sopravvivere a lungo nell’ambiente. Il poliovirus selvaggio tipo 2 è stato eradicato dal 1999 e il ceppo 3 non è stato più descritto dal 2012. Circola ancora il tipo 1 ed alcuni virus vaccinali, eliminati da alcuni soggetti vaccinati.

Cos’è la poliomielite

La poliomielite è una grave malattia infettiva dell’età pediatrica che colpisce soprattutto i bambini sotto i 5 anni. Interessa il sistema nervoso centrale, in particolare i neuroni motori del midollo spinale, fondamentali per la regolazione della contrazione muscolare. All’inizio si manifesta con febbre e sintomatologia intestinale (diarrea…), ma dopo alcuni giorni evolve a forma neurologica provocando danni in genere severi al midollo. In un caso su 200 si manifesta la paralisi caratterizzata da atrofia muscolare di uno dei due arti inferiori con conseguente disabilità cronica. Il 5-10% delle forme con paralisi possono essere mortali, laddove ci sia un coinvolgimento delle strutture respiratorie.

Come viene trasmessa

La poliomielite viene trasmessa da uomo a uomo attraverso la via oro-fecale ovvero per ingestione del virus che contamina cibi/bevande. Più difficilmente per contatto con la saliva o feci di una persona infetta. I soggetti vaccinati con il vaccino iniettabile (Salk) non sviluppano i sintomi della malattia, ma diversamente da quelli immunizzati con il ceppo orale (vaccino Sabin) possono acquisire il virus selvaggio ed eliminarlo nell’ambiente costituendo comunque un serbatoio di trasmissione della malattia.

Il vaccino

Esistono due vaccini per la polio: uno a virus vivi attenuati (Sabin) e l’altro a virus uccisi (Salk), che prendono il nome dai ricercatori che li hanno inventati. Quello di Sabin viene somministrato oralmente e in tutta sicurezza anche da volontari, non necessariamente sanitari. Per il suo costo contenuto (meno di 20 centesimi a dose) e per le sue caratteristiche (oltre a evitare la malattie impedisce che il soggetto vaccinato possa trasmettere il virus selvaggio), è stato scelto dall’OMS come elemento fondamentale per l’eradicazione della malattia.

In Italia viene utilizzato il vaccino inattivato di Salk dal 2002, dopo che l’Europa è stata dichiarata polio-free. Tale vaccino non provoca la poliomielite vaccinale che può verificarsi rarissimamente (in una su 2,2 milioni di dosi) del vaccino orale. Presso il Ministero della Salute viene mantenuta una scorta di vaccino orale attivo come misura precauzionale, in caso di emergenza e di importazione del virus.

 


Ha collaborato il dottor Andrea Angheben, infettivologo dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria


Sabato incontro con i malati reumatici

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Sabato 27 ottobre al Centro Polifunzionale Don Calabria si terrà l’incontro annuale dei malati reumatici, promosso dal Servizio di Reumatologia dell’IRCCS di Negrar e dall’Associazione Malati Reumatici

Si terrà sabato 27 ottobre al Centro polifunzionale Don Calabria (via San Marco 121, Verona), il consueto incontro con i malati reumatici, organizzato dal Servizio di Reumatologia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria e dall’Associazione Malati Reumatici del Veneto (AMARV-Onlus) (in allegato il programma).

L’appuntamento autunnale anche quest’anno non avrà come tema centrale una determinata patologia, “ma verterà su argomenti di interesse comune a tutti i pazienti e ai loro familiari”, spiega il dottor Marchetta, responsabile del Servizio.Il pomeriggio, con inizio alle 15, sarà aperto con i saluti del presidente dell’IRCCS di Negrar, fratel Gedovar Nazzari, dell’assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto, e del vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, che da anni convive con una patologia reumatica.

“Sei malati su dieci perdono il lavoro. Solo questo dato dovrebbe far riflettere: in Italia non si fa abbastanza per i pazienti reumatici”, afferma la presidente nazionale e veneta dell’AMAR, Silvia Tonolo, che con il suo intervento darà il via ai lavori. “Si liquidano le patologie reumatiche come le malattie degli anziani, ma a soffrirne nel Veneto è il 19% della popolazione. Molti sono giovani in piena età lavorativa, senza parlare dei bambini. Serve un’alleanza tra associazioni dei malati, medici e istituzioni per sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica su cosa comporta vivere con una malattia reumatica”.

Sono circa 150 le malattie reumatiche. Colpiscono prevalentemente le articolazioni, le ossa e i tendini, ma possono coinvolgere altri tessuti e organi. Sono malattie croniche e altamente invalidanti, “che spesso vengono sottovalutate. Un malato reumatico raggiunge al massimo il 60% di invalidità, un punteggio che non gli permette di accedere a determinati aiuti e agevolazioni anche sul lavoro. Per questo chiediamo da tempo che nelle Commissioni di invalidità sia presente un reumatologo”, sottolinea Tonolo.

 

 

La sessione – moderata dalla dottoressa Teresa Zuppini, direttore della Farmacia ospedaliera del “Sacro Cuore Don Calabria” e dalla reumatologa dell’Ulss 9, Claudia Cimino – proseguirà con la relazione della dottoressa Giovanna Scroccaro, responsabile della Direzione farmaceutica della Regione, su “Farmaci biotecnologi: accesso e sostenibilità nella Regione Veneto”. Al centro del dibattito le molecole create dall’ingegneria genetica, che determinano per alcune patologie (l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica e la spondilite anchilosante) una remissione prolungata nel tempo. Tuttavia l’alto costo di questi farmaci solleva un problema di sostenibilità per il Servizio Sanitario Nazionale e quindi di accessibilità alle cure per un numero limitato di pazienti. La dottoressa Giovanna Scroccaro farà il quadro della situazione in Veneto, anche alla luce dell’avvento dei biosimilari, farmaci sovrapponibili per efficacia e sicurezza agli originali biotecnologici, ma disponibili a un prezzo decisamente inferiore dopo la scadenza del brevetto del farmaco di riferimento.

 

 

Nella sessione successiva – moderata dalla professoressa Lisa Bambara, già ordinario di Reumatologia, e dalla dottoressa Sara Lombardi, reumatologa dell’ospedale di San Bonifacio – il professor Maurizio Rossini, ordinario di Reumatologia all’Università di Verona, parlerà della vitamina D, che ha un ruolo importante nella prevenzione delle patologie reumatiche, mentre la sua carenza ne può determinare lo sviluppo.

 

Altrettanto importante è la dieta, che influisce soprattutto sulle patologie di origine autoimmune, come sottolineerà la dottoressa Federica Scali, dietista dell’ospedale di Negrar. Ci sono infatti alimenti che aumentano l’infiammazione, altri che la riducono come gli antiossidanti, gli Omega 3 e 6, la vitamina E e C. Quindi spazio alla dieta mediterranea che compre molta acqua, carboidrati semplici e porzioni abbondanti di frutta e verdura. Poi il pesce e poca carne. Senza dimenticare l’attività fisica costante (bastano delle brevi passeggiate ogni giorno per mantenere in forma ossa e articolazioni). La fisiatra Elena Rossato, del Servizio di Riabilitazione e Medicina fisica del “Sacro Cuore Don Calabria”,parlerà dei benefici della terapia termale sia per le patologie che interessano anche la pelle (artrite psoriasica) sia per le articolazioni.


Così lontani, così vicini: festa delle Missioni di don Calabria

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Domenica 21 ottobre l’associazione Don Calabria Missioni Sostegno Sanità Onlus, con cui collabora anche l’ospedale Sacro Cuore, incontra amici e benefattori presso la Casa Madre dell’Opera Don Calabria a San Zeno in Monte

“Così lontani, così vicini. Testimoni di un amore che cambia il mondo”. Prende spunto dal titolo di un celebre film di Wim Wenders (1993) il tema della Festa delle Missioni dell’Opera Don Calabria, in programma domenica 21 ottobre presso la Casa Madre di San Zeno in Monte. Si tratta di un evento organizzato dall’Associazione Don Calabria Missioni Sostegno Sanità Onlus, per rendere conto delle attività svolte e per ringraziare i tanti amici e benefattori che aiutano le missioni calabriane nel mondo.

 

L’Opera Don Calabria è presente attualmente in 12 Paesi del mondo con attività formative, sociali, pastorali e sanitarie (vedi mappa). L’Associazione Don Calabria Missioni è l’ente costituito dalle due Congregazioni dei Poveri Servi e delle Povere Serve della Divina Provvidenza per supportare tali attività missionarie e vede una significativa partecipazione da parte dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria per quanto riguarda i progetti sanitari.

 

Durante la festa, che inizia alle 9.00, ci saranno le testimonianze dei missionari e degli operatori impegnati nelle attività di accoglienza dei minori in Italia e in Brasile. Un particolare approfondimento sarà dedicato al tema delle comunità educative e delle case famiglia gestite dall’Opera (ingresso su invito al mattino). Dopo la S. Messa alle ore 12,00 e il pranzo, al pomeriggio è previsto uno spettacolo realizzato da Marco Zanchi, intitolato “Così lontani, così vicini. O del come e perché la Provvidenza ci viene a cercare”, con ingresso libero e aperto a tutti (Vedi locandina della festa e manifesto dello spettacolo).

 

Nel corso del 2017 l’associazione Don Calabria Missioni, grazie all’aiuto di circa 1.800 donatori, ha sostenuto 44 progetti socio-educativi e socio-assistenziali, 35 progetti di miglioramento delle attività dei missionari calabriani, 6 progetti sanitari e socio-sanitari, 15 micro-progetti/casi speciali (dati ricavati dal bilancio di missione dell’associazione). I beneficiari diretti delle donazioni raccolte dall’associazione sono stati 15.118 ragazzi e ragazze, di cui 2.627 sostenuti con la formula delle adozioni a distanza. Maggiori informazioni sulle attività si possono trovare sul sito www.missionidoncalabria.it/.

 

Per quanto riguarda gli interventi sanitari, nel corso del 2017 l’associazione ha contribuito ai seguenti progetti: acquisto delle attrezzature per il nuovo Centro Chirurgico dell’ospedale “Divina Provvidenza” di Marituba (Brasile), acquisto di medicinali e sostegno alle attività dell’ospedale “Divina Provvidenza” di Luanda (Angola), sostegno ad un progetto di prevenzione della malnutrizione infantile sempre a Luanda, un programma di educazione alla salute presso la clinica “Francesco Perez” di Manila (Filippine) e un programma di visite di check up periodici presso la medesima struttura.


Per la settimana "Viva!", nelle scuole s'impara a salvare vite

Due gli appuntamenti promossi dagli istruttori dell’IRC del Centro di Formazione di Negrar; nel primo ad insegnare le manovre di rianimazione cardio-polmonare saranno 24 studenti di un liceo cittadino

Inizia oggi, 15 ottobre, “Viva!“, la settimana che ha lo scopo di diffondere in Italia la conoscenza delle manovre di rianimazione cardiopolmonare. Una pratica semplice, che può essere imparata e messa in atto da tutti, ma che può salvare una vita se si è testimoni di un arresto cardiaco.

A questa settimana – nata nel 2013 grazie ad Italian Resuscitation Council (IRC) che ha raccolto l’invito dell’Unione Europea e di European Resuscitation Council (ERC) – aderisce anche l’IRC del Centro di Formazione dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, con due appuntamenti.

Il primo si terrà il 17 ottobre all’IPSIA Giorgi di Verona, dove circa 150 studenti di prima superiore verranno istruiti da 24 ragazzi della quarta del Liceo Scientifico Fracastoro, sotto la supervisione degli istruttori del Centro IRC di Nagrar. L’appuntamento rientra in un progetto di alternanza scuola-lavoro (vedi articolo), grazie al quale i liceali hanno ottenuto il brevetto di istruttori non sanitari di BLSD (Basic Life Support and Defibrillation), dopo un corso di formazione tenuto dal Centro IRC del “Sacro Cuore Don Calabria”.

Grazie a questo progetto, i 24 giovani istruttori hanno insegnato le tecniche della rianimazione cardio-polmonare ai ragazzi della scuola media di Parona e dell’Istituto comprensivo Pertini del Saval. E agli animatori dei Grest della parrocchia Santa Maria Regina e di quella di San Zeno. In totale 250 persone in grado di salvare delle vite. Perché ricordiamo che in Europa sono circa mille le persone che al giorno muoiono di arresto cardiaco: quando chi è testimone di un arresto cardiaco inizia la rianimazione cardio-polmonare prima dell’arrivo dell’ambulanza (che va sempre chiamata) le possibilità di sopravvivenza per la persona colpita raddoppiano o triplicano. Portando la rianimazione immediata nel 50-60% dei casi ogni anno in Europa si potrebbero salvare 100mila persone.

Il secondo appuntamento invece avrà luogo il 19 ottobre alle scuole medie di Negrar. Qui ad insegnare le manovre a circa 100 ragazzi della classe III saranno direttamente gli istruttori del Centro IRC di Negrar. Si tratta di una ventina di medici ed infermieri impegnati durante l’anno nei corsi dedicati al personale del “Sacro Cuore Don Calabria”, organizzati in collaborazione con l’Ufficio di Formazione. Gli istruttori si occupano anche della formazione dei dipendenti di altre strutture sanitarie, di aziende, di asili nido, scuole dell’infanzia e società sportive (vedi articolo).


Tumore al seno: la ricostruzione è una tappa della guarigione

In occasione del Bra Day 2018, martedì 16 ottobre i chirurghi plastici e fisiatri del “Sacro Cuore” saranno a disposizione per colloqui gratuiti dedicati alle donne operate al seno ma che non si sono sottoposte a ricostruzione

La ricostruzione mammaria dopo un intervento chirurgico per cancro al seno non è una scelta estetica, ma una componente importante del processo di guarigione, soprattutto psicologica, in quanto la mastectomia ha risvolti pesanti sull’io femminile.

 

E’ questo il messaggio che vuole veicolare il Bra Day, la Giornata internazionale per la consapevolezza della ricostruzione mammaria promosso in Italia dalla Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica (SICPRE) a cui aderisce anche l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar.

 

Martedì 16 ottobre al Centro Diagnostico Terapeutico di via San Marco 121 (Verona), l’équipe della Chirurgia plastica e i medici fisiatri incontreranno le donne che hanno subito un intervento oncologico demolitivo della mammella e non si sono sottoposte alla ricostruzione. I colloqui gratuiti a scopo informativo si terranno dalla 9 alle 16; non è necessaria l’impegnativa del medico di medicina generale ma solo la prenotazione al numero 045.6013944 (lunedì-mercoledì-venerdì dalle 9 alle 12) oppure chirurgia.plastica@sacrocuore.it.

 

“Sono ancora troppe le donne che non si sottopongono a ricostruzione dopo una mastectomia ma anche dopo un intervento conservativo (quadrantectomia) che può comportare un’asimmetria mammaria”, afferma la dottoressa Francesca Cicala della Chirurgia plastica di Negrar, diretta dal dottore Cesare Cristofoli. “Purtroppo molte pazienti hanno paura della ricostruzione – sottolinea – perché hanno sentito dire o letto che le protesi in silicone potrebbero compromettere la guarigione o addirittura aumentare il rischio di malattie autoimmuni o di recidiva del cancro. Tutti questi temi sono stati oggetto di discussione all’interno della comunità scientifica, ma studi retroattivi su centinaio di migliaia di pazienti hanno dimostrato che si tratta di opinioni prive di fondamento”.

 

Al Bra Day in via San Marco, le signore interessate potranno incontrare anche i fisiatri del Servizio di Medicina Fisica e Riabilitativa, diretto dal dottor Renato Avesani, che daranno informazioni sui trattamenti da effettuare in caso di problematiche legate alla ricostruzione come le aderenze cicatriziali, il linfedema o difficoltà di movimentazione della spalla.

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Mastectomia e ricostruzione nello stesso intervento


È stato inaugurato l'IRCCS Sacro Cuore Don Calabria

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L’evento si è tenuto oggi in occasione della Festa di S. Giovanni Calabria e durante la celebrazione è stato presentato il Comitato tecnico-scientifico dell’IRCSS diretto dal professor Pier Carlo Muzzio. Le immagini e le interviste di questa giornata

Questa mattina in occasione della Festa di San Giovanni Calabria, è stato inaugurato ufficialmente l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Ospedale Sacro Cuore Don Calabria per le Malattie infettive e tropicali riconosciuto con decreto dal ministero della Salute lo scorso 23 maggio (vedi articolo)

Alla cerimonia sono intervenuti, oltre ai vertici dell’ospedale, l’assessore alla Sanità Luca Coletto e la dirigente della Direzione generale della ricerca e dell’innovazione in Sanità, Maria Novella Luciani (vedi video con le interviste e le immagini della giornata).

Non potendo partecipare all’evento per precedenti impegni istituzionali, il ministro della Salute, Giulia Grillo, e il presidente della Regione Veneto Luca Zaia hanno inviato due lettere di congratulazioni che sono state lette dal dottor Mario Piccinini, amministratore delegato dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria.

Il direttore scientifico del nuovo IRCCS è il professor Pier Carlo Muzzio, già ordinario dell’Università di Padova e direttore generale dell’Istituto Oncologico Veneto. Il professor Muzzio guiderà un Comitato tecnico scientifico composto da ricercatori e clinici di fama internazionale (in allegato i nomi).

La benedizione è stata impartita dal superiore generale dell’Opera Don Calabria, padre Miguel Tofful, mentre il vescovo di Verona, mons. Giuseppe Zenti, ha presieduto la celebrazione eucaristica nella cappella dell’ospedale Don Calabria.


L'attesa in oncologia: la testimonianza dei pazienti

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Venerdì 5 ottobre Verona celebra la III Giornata nazionale di Psico-oncologia con un convegno, aperto alla cittadinanza, dal titolo “I tempi delle attese in oncologia” durante il quale pazienti e psico-oncologi confronteranno il loro vissuto

L’attesa in oncologia: l’attesa di una diagnosi, l’attesa della comunicazione ai familiari, l’attesa della terapia, l’attesa del medico, dello psicologo con cui confrontarsi. Si parlerà di questo venerdì 5 ottobre presso la Società Letteraria di Verona (Piazzetta Scalette Rubiani 1) ad iniziare dalle 13. (in allegato il programma)

 

L’incontro rientra negli eventi della III Giornata nazionale della Psico-oncologia ed è organizzato dalla Sipo (Società italiana di Psico-oncologia) del Veneto e del Trentino Alto Adige in collaborazione con l’Ordine degli psicologi del Veneto e con Fondazione Aiom (Associazione italiana oncologia medica).

 

Il convegno, aperto alla cittadinanza, nasce anche da un progetto comune dell’Unità S.Dipartimentale di Psicologia clinica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, diretta da Luisa Nadalini, e il Servizio di Psicologia Clinica dell’Irccs Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, guidato da Giuseppe Deledda che è anche coordinatore della SIPO Veneto-Trentino Alto Adige.

 

L’evento è rivolto in particolare ai pazienti, alle associazioni di volontariato attive sul territorio ed ai professionisti. “Il tempo delle attese in oncologia”, questo il titolo del convegno, vuole essere un momento di confronto tra gli operatori e gli psiconcologi, ma anche di testimonianza per chi si trova a vivere una fase particolarmente delicata della vita. L’attesa, e il disagio se non l’ansia che comporta, sarà raccontata in una tavola rotonda dai pazienti attraverso la voce delle associazioni che li rappresentano. Da un’altra tavola rotonda emergerà il vissuto dei psico-oncologi, che indicheranno anche quali strategie psicologiche assumere per vivere il momento dell’attesa in oncologia nel modo più sereno possibile.


La benedizione dell'IRCCS per la festa di don Calabria

Lunedì 8 ottobre, in occasione della festa liturgica del fondatore, il Casante dell’Opera padre Miguel Tofful impartirà la benedizione inaugurale dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico per le malattie infettive e tropicali

Lunedì 8 ottobre l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria celebrerà la festa liturgica del suo fondatore, San Giovanni Calabria, con la benedizione inaugurale dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Sacro Cuore Don Calabria per le malattie infettive e tropicali, impartita dal Casante dell’Opera calabriana, padre Miguel Tofful.

 

Alla cerimonia, che si terrà alle 11 presso il reparto di Malattie infettive e tropicali, diretto dal professor Zeno Bisoffi, interverranno l’assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto, la dirigente della Direzione Generale della ricerca e dell’innovazione in Sanità del Ministero della Salute, Maria Novella Luciani, e il direttore generale della Sanità del Veneto, Domenico Mantoan.

 

Sarà presente anche il direttore scientifico dell’IRCCS, Pier Carlo Muzzio, già professore ordinario all’Università di Padova. Il professor Muzzio è alla guida del Comitato tecnico-scientifico composto da esperti di fama internazionale che saranno presentati durante la mattinata.

 

Alle 12 il vescovo di Verona, mons. Giuseppe Zenti, presiederà la celebrazione eucaristica nella cappella del Don Calabria.

 

Il riconoscimento di IRCCS da parte del Ministero della Salute porta la data del 23 maggio scorso, a poco più di trent’anni dalla storica giornata del 18 aprile del 1988 quando Papa Giovanni Paolo II posava la prima pietra della Fondazione Don Calabria per le malattie tropicali. Nella stessa visita alla diocesi scaligera, il Pontefice polacco beatificava il sacerdote veronese che dedicò la sua vita ai “dimenticati”, così come sono “dimenticate” dalla ricerca la gran parte delle patologie di cui si occupa il nuovo IRCCS. Nella festa liturgica dell’8 ottobre si ricorda la sua nascita avvenuta nel 1873.

 

 

In tre decenni di storia il Dipartimento di malattie infettive e tropicali, già Centro per le malattie infettive e tropicali, ha raccolto la più alta casistica nazionale nell’ambito delle malattie tropicali e parassitarie. Un’eccellenza che ha portato il Ministero della Salute ad includere quella di Negrar nelle 50 strutture nazionali con finalità di ricerca che deve trovare necessariamente sbocco in applicazioni terapeutiche. L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria è il terzo IRCCS del Veneto, dopo l’Istituto Oncologico Veneto di Padova e il San Camillo di Venezia, specializzato nella neuroriabilitazione.


Un'alleanza internazionale per eliminare la rabbia

Oggi si celebra la Giornata mondiale della rabbia, una malattia antica e terribile che ancora oggi miete molte vittime nei Paesi poveri, soprattutto bambini. Una campagna dell’OMS si propone di eliminarla entro il 2030

Ogni giorno nel mondo circa 100 persone si ammalano di rabbia, poco meno di 40 mila in un anno di cui il 40% bambini (dati OMS).La quasi totalità di queste persone muore fra atroci sofferenze a distanza di pochi giorni dai primi sintomi. Infatti la rabbia, di cui oggi si celebra la giornata mondiale, è una malattia per la quale non esiste terapia dopo che si è manifestata. Esiste invece un vaccino, efficace e sicuro, che può essere somministrato in via preventiva ma è efficace anche se viene dato dopo un possibile contagio, purchè la somministrazione sia tempestiva. Il vaccino viene fatto anche al Sacro Cuore, dove nel corso del 2017 sono state somministrate una trentina di profilassi pre-esposizione per viaggiatori che si recavano in luoghi a rischio.

 

“La rabbia è un’infezione causata da un virus che attacca il sistema nervoso centrale, provocando un’infiammazione dell’encefalo. Il virus può colpire praticamente tutti i mammiferi e si trasmette attraverso il contatto con saliva infetta di animali malati”, dice il dottor Andrea Rossanese, responsabile dell’ambulatorio di Medicina dei Viaggiatori presso l’IRCCS ospedale Sacro Cuore Don Calabria, servizio che fa parte del Centro per le Malattie Tropicali diretto dal professor Zeno Bisoffi. Nella quasi totalità dei casi la trasmissione all’uomo avviene a causa del morso di un cane. Molto più raramente il contagio può avvenire a causa di pipistrelli e altri animali selvatici o domestici.

 

In Italia la rabbia non è più presente da alcuni anni, nè tra gli uomini nè tra gli animali. Qualche raro caso di animale selvatico malato, volpi in particolare, si è verificato al confine con la Slovenia, ma si è trattato di episodi sporadici e contenuti rapidamente attraverso i sistemi di sorveglianza e prevenzione zooprofilattica. In genere il contagio viene eradicato vaccinando la popolazione animale attraverso apposite esche.

 

In tutta l’Europa occidentale la rabbia è quasi scomparsa, mentre la stragrande maggioranza dei contagi umani avviene nelle aree rurali dei Paesi poveri, motivo per cui la rabbia è considerata malattia tropicale negletta. In particolare le zone dove si verificano più casi sono la Cina e l’India, ma in generale tutta l’Africa sub-sahariana, l’Asia Centrale e il Sud-est asiatico sono aree a rischio.

 

I SINTOMI

L’incubazione della rabbia nell’uomo, dopo l’esposizione al virus, può variare da una settimana a un anno, ma mediamente i sintomi compaiono dopo 1-2 mesi. In una prima fase si presentano sintomi aspecifici, come febbre, cefalea e nausea. Segue la fase di encefalite vera e propria, con momenti di iperattività, aggressività, spasmi, allucinazioni e febbre anche molto alta. Con il passare dei giorni l’encefalite si aggrava sempre di più, provocando neurite, difficoltà nella deglutizione, paralisi fino alla morte. In un quarto dei casi il decorso è meno violento, manifestandosi con una paralisi progressiva.

 

IN CASO DI MORSO

Nonostante la rabbia sia praticamente scomparsa nel nostro Paese, ciò non toglie che qualche caso sporadico tra gli animali sia possibile. Per questo se una persona viene morsa da un cane o altro animale è sempre opportuno rivolgersi ad un medico o a un presidio ospedaliero. L’ideale sarebbe tenere sotto osservazione l’animale per 10-14 giorni, così da accertarsi che non sviluppi la malattia. In ogni caso gli ospedali di riferimento in ogni provincia tengono alcuni cicli completi di vaccino anti-rabbico, in modo da poterlo somministrare anche dopo l’esposizione al rischio se il medico valuta che sia opportuno. Il vaccino, sia preventivo che post-esposizione, viene somministrato con cicli di iniezioni intramuscolari o intradermiche. Nel caso di quello post-esposizione le dosi sono più numerose e nelle situazioni di maggior rischio possono essere integrate con iniezioni di immunoglobuline (secondo le linee guida dell’OMS). Un’altra profilassi di grande importanza, dopo il morso, è una pulizia accurata della ferita perché questo riduce le probabilità di trasmissione del virus. Nel mondo annualmente vengono somministrati 15 milioni di vaccini post-esposizione, salvando presumibilmente centinaia di migliaia di persone dal contagio.

 

IN CASO DI VIAGGIO IN ZONE A RISCHIO

Per qualsiasi viaggio in zone a rischio non è da escludere l’opportunità di un vaccino preventivo contro la rabbia. Infatti un morso di cane è sempre possibile, specie laddove ci siano tanti cani randagi. Tuttavia la scelta è spesso soggettiva. “Molto dipende dal tipo di viaggio – prosegue il dottor Rossanese – ovviamente maggiore è la durata maggiore può essere l’utilità di una vaccinazione, specie se si prevede di stare molto all’aperto. Ma anche se uno fa diversi viaggi di breve durata in zone a rischio si può valutare la profilassi anti-rabbica. Inoltre il vaccino è indicato per chi viaggia in zone rurali e per lavoro si trova a contatto con gli animali. In ogni caso, quando si prevede di fare un viaggio in zone esotiche, è sempre opportuno consultare un ambulatorio di medicina dei viaggi per fare insieme al medico le opportune valutazioni“.

 

“ZERO MORTI DI RABBIA ENTRO IL 2030”

La presenza di un vaccino efficace per gli uomini e per gli animali ha portato gli organismi internazionali a porsi l’obiettivo di eradicare la rabbia. Nel 2015 l’OMS ha lanciato la campagna “Zero morti di rabbia entro il 2030”, in collaborazione con l’Organizzazione per la Salute Animale (Oie), la FAO e l’Alleanza globale per il controllo della rabbia (GARC). Tra gli obiettivi della campagna, nella quale rientra anche la giornata mondiale che si celebra oggi, c’è proprio lo sviluppo di un’azione congiunta sugli animali, con una progressiva immunizzazione soprattutto dei cani, e sugli uomini, promuovendo la vaccinazione pre e post-esposizione che in molti luoghi rappresenta un problema a causa dei costi del vaccino.

 

matteo.cavejari@sacrocuore.it


E' solo un'ernia addominale, ma è necessario operare

L’ernia addominale è una patologia benigna, ma l’unico trattamento è quello chirurgico, che oggi si avvale di tecniche tradizionali e mini-invasive come illustra la dottoressa Elisa Bertocchi della Chirurgia generale

All’occhio inesperto si presenta come una tumefazione, un rigonfiamento a livello dell’inguine, del femore o dell’ombelico – quasi sempre fastidioso e spesso doloroso – che all’inizio rientra con una lieve pressione o semplicemente quando ci si distende. Stiamo parlando dell’ernia, la situazione in cui un viscere fuoriesce dalla parete del muscolo o del tessuto che normalmente lo contiene. Nella maggioranza dei casi le ernie riguardano la parete addominale e si sviluppano attraverso un canale naturale, come l’ernia inguinale e l’ernia crurale, oppure attraverso un’area di debolezza della parete addominale. L’ernia è una patologia benigna che richiede tuttavia, per essere risolta, un trattamento chirurgico.

Quella inguinale è l’ernia più frequente, con un’incidenza di circa il 3% nelle donne e del 27% negli uomini. L’ernia femorale (o curale) è invece meno comune di quella inguinale ed interessa soprattutto il sesso femminile. Sia l’ernia inguinale che l’ernia femorale sono causate da una debolezza muscolare che può essere presente fin dalla nascita (ernie congenite, non necessariamente diagnosticate in età pediatrica) oppure può essere dovuta a ripetuti sforzi fisici ed all’indebolimento della parete addominale dovuto all’età (ernia acquisite). Altre cause includono l’obesità e la gravidanza.

Tra le ernie addominali ci sono anche quelle ombelicali (localizzate nella zona dell’ombelico), le ernie epigastriche (situate nell’area addominale tra il margine inferiore dello sterno e l’ombelico) ed i laparoceli ovvero ernie che si manifestano in corrispondenza di una cicatrice chirurgica.

La diagnosi delle ernie della parete addominale è clinica, avviene mediante visita medica. Lo studio pre-operatorio dei laparoceli può prevedere l’esecuzione di un’ecografia della parete addominale o di una TC addome senza mezzo di contrasto per definire il contenuto erniario e in modo preciso le dimensioni del difetto erniario stesso, elementi essenziali per la successiva scelta di approccio chirurgico.

Per l’ernia addominale è sempre indicato l’intervento chirurgico?

“L’ernia addominale è una patologia benigna trattabile però solamente con l’intervento chirurgico. Si può decidere di non intervenire e di tenerla sotto controllo solo quando è molto piccola e completamente asintomatica e riducibile. In presenza di fastidio e soprattutto di dolore è necessario ripararla per non incorrere in complicanze”, risponde la dottoressa Elisa Bertocchi, medico chirurgo della Chirurgia generale dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, diretta dal dottor Giacomo Ruffo.

Quali sono queste complicanze?

Le complicanze più rilevanti sono l’incarceramento e lo strozzamento. In entrambe queste situazioni il contenuto erniario, generalmente rappresentato dall’intestino, viene intrappolato nell’ernia e non è più riducibile in addome. Ciò provoca dapprima un quadro di occlusione intestinale fino al vero e proprio strozzamento, quando l’intestino bloccato nell’orifizio erniario dal quale è fuoriuscito, non riceve più apporto di sangue andando incontro ad una sofferenza ischemica a volte non reversibile. Queste situazioni richiedono un intervento chirurgico in urgenza. Maggiormente soggette alla complicanza dello strozzamento sono le ernie crurali.

Che tipo di intervento chirurgico viene effettuato?

Le ernie della parete addominale posso essere riparate con un approccio tradizionale, per via laparotomica, oppure mediante la chirurgia laparoscopica. L’ernia inguinale monolaterale viene generalmente riparata mediante procedura tradizionale. L’intervento prevede una piccola incisione nella regione inguinale interessata dall’ernia, la ricollocazione del viscere erniato nella sua sede naturale, ovvero l’addome, e la riparazione del difetto erniario mediante l’apposizione di una rete in materiale sintetico (non riassorbibile o solo parzialmente riassorbibile) che serve a rinforzare la parete addominale nel punto in cui si era indebolita. L’ernia crurale, a seconda delle dimensioni del difetto erniario, può essere riparata per via diretta con dei punti di sutura oppure mediante l’apposizione di una rete appositamente sagomata “a tappo” che prende il nome di “plug”. Si tratta di un intervento ambulatoriale di day surgery, in anestesia generale o spinale, con esecuzione di blocchi nervosi selettivi nella sede operatoria che permettono un buon controllo del dolore post-chirurgico. L’intervento può essere eseguito anche in anestesia locale. Anche per le ernia ombelicale viene utilizzato un intervento di plastica protesica che prevede l’esecuzione di una piccola incisione peri-ombelicale.

Quando si procede per via laparascopica?

La plastica laparoscopica è indicata per le ernie inguinali bilaterali e le ernie recidive. Nel primo caso perché la chirurgia tradizionale (per via laparotomica) obbligherebbe ad effettuare due incisioni chirurgiche di dimensioni più grandi in entrambe le regioni inguinali con una ripresa post operatoria meno rapida oppure a procedere alla riparazione del difetto bilaterale attraverso due interventi chirurgici. La laparoscopia rappresenta un trattamento mininvasivo di accesso alla cavità addominale mediante tre piccole incisioni chirurgiche (1 cm e 0,5 cm) che permette la riparazione contemporanea del difetto erniario bilaterale con un minimo insulto alla parete addominale ed una più rapida ripresa post-operatoria. Nel caso delle ernie inguinali recidive la laparoscopia è indicata perché permette di procedere alla riparazione del difetto erniario tramite una via chirurgica che non è stata precedentemente percorsa e quindi con il rischio di minori complicanze. La plastica laparoscopica è un intervento in day hospital ed in anestesia generale che prevede il ricovero di una notte. La laparoscopia rappresenta anche l’approccio di scelta per la riparazione dei laparoceli, salvo nei casi in cui questi presentino voluminose dimensioni.

Dopo l’intervento quando il paziente può tornare alle normali attività quotidiane?

Si raccomanda al paziente di non fare sforzi fisici e di sollevare pesi per circa tre settimane dall’intervento chirurgico pur potendo condurre una vita attiva e dinamica.