Calcoli renali: come curarli senza chirurgia

Dalla litotrissia extracorporea a quella percutanea: tutte le procedure non e mini-invasive impiegate dall’Urologia di Negrar per il trattamento della calcolosi renale: la chirurgia viene adottata solo in rari casi

La calcolosi renale – nefrolitiasi o litiasi renale – è una delle malattie più diffuse delle vie urinarie ed è caratterizzata dalla presenza di sassolini, calcoli appunto, nel rene, nell’uretere e nella vescica.

 

Si stima che in Italia si verifichino circa 100mila nuovi casi all’anno, con un tasso di recidiva dal 25% al 50% dopo cinque anni. Numeri rilevanti confermati anche dall’attività dell’Urologia del “Sacro Cuore Don Calabria”, diretta dal dottor Stefano Cavalleri (nella Photo Gallery), che registra circa tre interventi alla settimana per calcolosi, condotti quasi esclusivamente con metodologie non invasive e mininvasive.

 

Ma cosa sono i calcoli renali? “Sono formati dall’aggregazioni di cristalli presenti nella matrice organica dell’urina che si verifica, per esempio, in soggetti che per predisposizione genetica hanno ridotti meccanismi di difesa contro questo fenomeno”, risponde il dottor Cavalleri. “Influiscono anche una dieta povera di liquidi e il verificarsi di infezioni”.

 

I sintomi della calcolosi renale sono noti e chi ne ha sofferto non li dimentica facilmente. La colica renale è caratterizzata da un dolore acuto localizzato nella zona addominale che si irradia fino all’inguine e coinvolge anche la parte bassa della schiena e i fianchi. Esso è dovuto agli spasmi dell’uretere per espellere il calcolo.

 

“E’ diffusa l’idea che durante la colica si debba bere per facilitare l’espulsione – riprende il dottor Cavalleri -. Nulla di più sbagliato. Se si sovraccarica la via urinaria di liquidi, gli spasmi invece di diminuire aumentano, con effetti ancora più dolorosi. E’ invece necessario assumere farmaci antispastici e antinfiammatori. Molto utile è il calore (borsa dell’acqua calda o anche un bagno caldo), che ha effetto miorilassante”.

 

Ma se il dolore è un sintomo della calcolosi, lo è anche il non dolore. “Passata la colica si pensa che il problema sia superato – sottolinea il medico -. Invece può capitare che il calcolo si blocchi lungo il percorso che lo porta alla vescica mettendo in sofferenza il rene che, dilatandosi, può perdere nel tempo la sua funzionalità. Per questo dopo una colica è bene rivolgersi sempre all’urologo”.

 

Non molti anni fa le uniche terapie per la calcolosi renale erano l’espulsione spontanea del calcolo o la chirurgia open a cui invece oggi si ricorre in rari casi e in associazione ad un intervento per altre patologie, come le malformazioni renali. L’Urologia attuale infatti dispone di metodologie non invasive o mini-invasive, che consentono al paziente di ritornare alla vita di tutti i giorni in breve tempo. Ecco quelle utilizzate dall’Urologia di Negrar “in base alle dimensioni del calcolo, alla sua posizione e alla configurazione anatomica delle vie urinarie del paziente”, spiega ancora il dottor Cavalleri.

 

La litotrissia extracorporea a onde d’urto è la procedura non invasiva per eccellenza ed è indicata quando il calcolo è posizionato nel rene e ha piccole dimensioni (inferiore a 1,5 – 2 centimetri). Il paziente viene fatto sdraiare sulla macchina (litotritore) appoggiando il fianco su un cuscino riempito d’acqua. Il calcolo viene frantumato grazie alle onde d’urto generate dalla macchina e veicolate tutte sul calcolo. Il trattamento non prevede anestesia, non necessita di ricovero e ha la durata è di 45-60 minuti. I frammenti del calcolo vengono poi espulsi attraverso le urine nei giorni successivi.

 

La litotrissia endoscopica endorenale per via retrograda (RIRS-Retrograde Intrarenal Surgey) è indicata per calcoli inferiori a 2 centimetri ed è la metodica più innovativa per la terapia della calcolosi renale. Grazie ad un endoscopio molto flessibile è possibile arrivare al rene per vie naturali e una volta individuato il calcolo polverizzarlo con un laser ad olmio. I frammenti più piccoli vengono espulsi spontaneamente mentre i più grossi vengono asportati con appositi cestelli che intrappolano il calcolo e ne permettono l’estrazione. Il trattamento è effettuato in anestesia generale e prevede il ricovero di una notte.

 

La litrotrissia percutanea (PCNL- Percutaneous nephrolithotomy) è il gold standard per i calcoli superiori a 2 centimetri di diametro in quanto permette una totale bonifica del calcolo, senza lasciare frammenti. La procedura consiste nella creazione sul fianco di un accesso percutaneo al rene di circa 1 centimetro. Dall’accesso è introdotto un nefroscopio (strumento ottico) all’interno delle quale viene posizionata una sonda ad ultrasuoni in grado di frantumare il calcolo. I frammenti vengono aspirati o rimossi con la pinza. E’ un intervento che si effettua in anestesia generale e richiede un ricovero 1-3 notti

elena.zuppini@sacrocuore.it


Una Pasqua di speranza per tutti coloro che soffrono

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Padre Miguel Tofful, Superiore Generale dell’Opera Don Calabria, nel messaggio augurale per la Santa Pasqua ha ringraziato tutti gli operatori della Cittadella della Carità per il loro servizio agli ammalati

“La nostra grande missione oggi nella Cittadella della Carità, attraverso la professionalità e la vicinanza agli ammalati, è quella di donare speranza”.

 

Con queste parole padre Miguel Tofful, Casante dell’Opera Don Calabria, si è rivolto a tutti gli operatori dell’ospedale “Sacro Cuore-Don Calabria” nel messaggio per la Santa Pasqua 2018 (vedi discorso completo). Proprio la speranza è stata il tema centrale della riflessione del Casante, una speranza che nasce dalla sofferenza della croce e trova compimento nella risurrezione.

 

Facciamo nostre le parole di padre Tofful e le rivolgiamo come augurio pasquale a tutti coloro che frequentano la Cittadella della Carità: ammalati, operatori e familiari.

 

Ecco come il Casante conclude il suo messaggio: “Carissimi fratelli e sorelle, la speranza non può morire. Cristo risorto è la nostra speranza, Lui non muore. Pensate quanto bene e quanta speranza possiamo diffondere nel nostro quotidiano, nel vostro lavoro e servizio alle persone più bisognose. Il Signore risorto ci riempia della sua speranza per portarla al cuore dell’umanità con gesti semplici e concreti, come seppe fare san Giovanni Calabria. Questo messaggio pasquale vuole essere un invito a tutti di vivere la speranza cristiana, che nasce dalla croce di Gesù e dona alla vita il vero senso.

Grazie della vostra presenza, grazie del vostro servizio nella Cittadella della Carità. Il Cristo risorto ci faccia tutti messaggeri di speranza. Auguro a tutti voi e alle vostre famiglie una buona e santa Pasqua”.

* Nelle foto: il Casante incontra gli operatori della Cittadella della Carità (28 marzo 2018)


Obesità: da fattore di rischio a malattia

In un convegno al “Sacro Cuore Don Calabria” il confronto tra gli specialisti sul trattamento dell’obesità, per cui può essere indicata una terapia medica o chirurgica. L’attività del team di Chirurgia bariatrica di Negrar

A lanciare l’allarme è l’Organizzazione Mondiale della Sanitàoltre 1,9 miliardi di adulti sono in sovrappeso (dati 2016) di cui oltre 650 milioni obesi. Il 39% degli uomini e il 40% delle donne in tutto il mondo deve fare i conti con l’obesità, sebbene con percentuali variabili da Paese a Paese: in Italia più di un terzo della popolazione adulta (35,3%) è in sovrappeso, mentre il 13% è obeso, percentuale quest’ultima che nel Veneto scende al 10%.

 

Un quadro preoccupante, aggravato dall’aumento progressivo delle persone coinvolte nel problema, soprattutto i più giovani: sempre l’Oms stima che la prevalenza di sovrappeso e obesità nel mondo tra i bambini e gli adolescenti di età compresa tra i 5 e i 19 anni è aumentata dal 4% nel 1975 al 18% nel 2016.

 

Da più parti si parla di vera e propria epidemia, per quella che veniva considerata un fattore di rischio e che invece oggi è definita dalla comunità scientifica una malattia. L’obesità ha infatti a sua volta dei fattori di rischio e una terapia medica o chirurgica. Si parlerà infatti dell’evoluzione del trattamento dell’obesità mercoledì 4 aprile al “Sacro Cuore Don Calabria” in un convegno (rispervato a medici, infermieri, psicologi e dietisti dell’ospedale) organizzato dal dottor Roberto Rossini, chirurgo bariatrico della Chirurgia generale, diretta dal dottor Giacomo Ruffo. Il tema sarà affrontato con un approccio multidisciplinare attraverso gli interventi di neurologi, ortopedici, internisti, diabetologici, psicologici, psichiatrici, dietologi, anestesisti, chirurghi generali e plastici.

 

E’ la malattia a richiedere una presa in carico multispecialistica –sottolinea il dottor Rossini -. L’alimentazione ipercalorica e la sedentarietà rappresentano le cause principali dell’obesità, stili di vita influenzati anche dall’ambiente. Capita spesso che bambini in sovrappeso siano figli di genitori obesi e che l’obesità abbia un’incidenza maggiore nella popolazione economicamente svantaggiata, per l’assunzione di ‘cibo spazzatura’, notoriamente meno costoso”.

 

Ma a questi fattori di rischio si affiancano altri più strettamente medici. “L’assetto ormonale è un fattore di rischio – prosegue -. Per esempio la grelina, definito l’ormone dell’appetito, aumenta prima dei pasti per stimolare la fame, e diminuisce rapidamente dopo il consumo di cibo. Nel paziente obeso si osserva una ridotta soppressione della grelina una volta mangiato. Non solo. Anche l’artrosi può essere un fattore di rischio dell’obesità. E le apnee notturne sono una conseguenza dell’obesità, ma nello stesso tempo fattore di rischio in quanto è ormai provato scientificamente che chi dorme male poi cerca come compensazione cibi dall’elevato indice calorico”.

 

Presso l’ospedale di Negrar da tre anni opera un gruppo multispecialistico per la terapia chirurgica del paziente obeso, che comprende il dottor Rossini e la collega chirurgo, Irene Gentile, e le dottoresse Federica Scali (dietista), Eleonora Geccherle (psicologa), Maria Paola Brunori ed Emanuela Fortuna (gastroenterologhe). Ai quali si affiancano altri specialisti, in caso di particolari problemi da parte del paziente. L’équipe collabora anche con l’Unità funzionale di Riabilitazione Nutrizionale della Casa di Cura Villa Garda dove il paziente può svolgere un percorso psicologico e di educazione alimentare (in regime di ricovero o in day hospital) di tre settimane prima di accedere all’intervento. Il dottor Riccardo Dalle Grave, responsabile dell’Unità, interverrà al convegno.

Il tipo di intervento bariatrico effettuato a Negrar è la sleeve gastrectomy che consiste nell’asportazione di gran parte dello stomaco, che assume la forma di un tubo collegato al duodeno. Questo comporta maggior senso di sazietà, non solo per la riduzione dello spazio di contenimento del cibo, ma anche perché viene asportata quella parte dello stomaco deputata alla produzione della grelina.

I pazienti bariatici richiedono particolari cure – sottolinea il chirurgo – sia nella fase di preparazione dell’intervento, sia dal punto di vista anestesiologico e tecnico, a causa del dell’elevato indice di massa corporea (superiore a 30) e della ingente quantità di grasso viscerale. Sia, infine, durante il follow up”. La chirurgia, infatti, è una terapia definitiva dell’obesità solo se accompagnata da un radicale cambiamento degli stili di vita. “Da qui l’importanza della presenza dello psicologo nel team la cui diagnosi è fondamentale per l’indicazione all’intervento – conclude Rossini – Come è fondamentale seguire questi pazienti nel tempo per evitare che riprendano peso o al contrario non si alimentino in modo adeguato, andando incontro all’anoressia”.


Tute mimetiche in Pediatria, ma donano uova di cioccolato

Il reparto ha ricevuto la gradita visita degli allievi dell’85° Reggimento Addestramento Volontari “Verona” che hanno portato in dono le uova pasquali con grande gioia dei piccoli pazienti

Con le loro tute mimetiche avrebbero potuto incutere un po’ di timore ai bambini ricoverati in PediatriaMa sono stati sufficienti i loro sorrisi e le uova di cioccolato portate in dono a trasformare gli allievi dell’85° Reggimento Addestramento Volontari “Verona” in tanti “Babbi Pasquali”.

 

E’ stata infatti una mattinata di festa per i bimbi in cura presso il reparto al quarto piano del “Sacro Cuore”, diretto dal dottor Antonio Deganello, che hanno ricevuto la visita di quindici “aspiranti militari”, tra cui una ragazza, e dei loro superiori. Con loro tante uova di Pasqua colorate che gli allievi hanno distribuito sia in reparto sia presso l’ambulatorio pediatrico, rendendo felici i giovani pazienti e anche i loro genitori. Tra i militari anche Simone Careddu, il primo maresciallo della Folgore che è stato testimonial della presentazione dell’esoscheletro acquisito dal Dipartimento di Riabilitazione dell’ospedale di Negrar nel 2015.

La presenza dei militari al “Sacro Cuore Don Calabria” – accolta con entusiasmo e gratitudine dalla direzione dell’ospedale, rappresentata dal vicepresidente don Waldemar Longo – ha origine dalla campagna “Cerco un uovo amico” promossa dell’Associazione Italiana per la lotta al Neuroblastoma Onlus, a cui l’Esercito ha concesso il patrocinio. L’85° Reggimento Addestramento Volontari “Verona”, di stanza alla Caserma Duca, ha voluto così contribuire alla raccolti fondi per la ricerca su uno dei più frequenti tumori pediatrici, acquistando le uova di cioccolato da regalare poi ai bambini ricoverati a Negrar e presso l’ospedale di Borgo Trento.

 

L’85° Reggimento Addestramento Volontari (RAV) “Verona”, guidato dal Colonnello Alessio Gabriele Degortes, è uno dei tre reggimenti, l’unico nel Nord Italia, dedicati alla formazione e alla preparazione dei giovani che decidono di intraprendere la vita militare come volontari di ferma prefissata di un anno.

 

“La formazione e l’addestramento – spiega il Colonnello Degortes – non possono prescindere da tutte quelle iniziative di accrescimento del senso civico e del capitale umano della nostra comunità. Per far questo, durante la permanenza di 10 settimane presso l’85° Reggimento, allo studio delle materie militari e all’addestramento al combattimento, gli allievi affiancano la partecipazione a diversi incontri e conferenze formativi ed informativi. Da quelli tenuti dalle associazioni per la donazione del sangue e degli organi, a quelli sulla sicurezza stradale e la tutela della legalità. La distribuzione in ospedale delle uova pasquali è uno di questi importanti momenti di formazione umana”.

 

“Nel nostro reparto accogliamo con favore qualsiasi iniziativa che possa alleggerire la permanenza dei bambini in ospedale, un momento non facile per loro e per le loro famiglie – afferma il dottor Deganello -. Quindi ringraziamo di cuore i responsabili del Reggimento e questi ragazzi per i loro doni e per la loro gentile presenza a pochi giorni dalle festività pasquali”.

 

Da parte loro anche i piccoli pazienti hanno voluto ringraziare gli insoliti ospiti, donando in cambio sorrisi e affettuosi abbracci.

Nella Photo Gallery alcuni momenti della mattinata


Se il sistema dell'equilibrio va in tilt: la vertigine

Il dottor Sergio Albanese, direttore dell’ORL, spiega perché all’improvviso il mondo sembra girare attorno a noi, facendoci perdere il controllo del nostro corpo: dalla labirintite alla sindrome di Menière

E’ un’esperienza che chi prova non augura nemmeno al suo peggior nemico: all’improvviso il mondo gira attorno al malcapitato, costringendolo a fare i conti con la perdita di controllo del proprio corpo e a cercare disperatamente un qualsiasi appiglio per non cadere rovinosamente a terra. E’ la vertigine causata da una brusca alterazione di quel sistema complesso chiamato equilibrio, grazie al quale l’uomo può rimanere eretto nonostante il baricentro molto stretto.

 

“Soprattutto per coloro che non hanno mai provato una sensazione simile, la vertigine è un evento traumatico – spiega il dottor Sergio Albanese, direttore dell’Otorinolaringoiatria del “Sacro Cuore Don Calabria” -. Infatti molto spesso alla terapia per la patologia vertiginosa, dobbiamo affiancare anche farmaci che compensino l’aspetto psicologico, molto provato da questa fulminea sensazione di insicurezza”.

 

Ma da cosa è provocata la vertigine? “Quello dell’equilibrio è uno dei sistemi del nostro corpo più complessi e affascinanti – risponde il medico – garantito essenzialmente da dei sensori periferici, situati in gran parte nell’orecchio, e da un sistema centrale di elaborazione delle informazioni, che è il cervello, in dialogo fra loro. Quando accade un evento anomalo a uno o all’altro degli elementi si verifica la vertigine”.

 

Le vertigini più comuni, che colpiscono almeno una volta nella vita una grande fetta della popolazione, sono chiamate genericamente labirintiti e fanno parte della famiglia delle vertigini sporadiche a cui appartiene anche la vertigine posizionale parossistica benigna.

 

La labirintite è causata di solito da un attacco virale tale da infiammare l’organo dell’equilibrio dentro l’orecchio (labirinto) – spiega ancora il direttore dell’Orl – Si manifesta all’improvviso con una forte vertigine che persevera ore fino, nei casi più gravi, a intere settimane. Di solito si impiega una terapia per controllare la nausea e il vomito provocata dalla vertigine, accompagnata da farmaci per attenuare il senso di sbandamento”.

 

La fase di guarigione ha un andamento non lineare che induce il paziente, per il fatto di sentirsi meglio, ad adottare comportamenti a rischio come guidare l’auto, la moto, salire su una scala a pioli o andare in bicicletta. “E’ necessario invece essere molto cauti – raccomanda il medico – perché la vertigine può ripresentarsi all’improvviso. Soprattutto per coloro che svolgono determinate professioni come gli autisti di pullman o di camion è consigliabile sottoporsi presso l’otorino ad un test di verifica dell’avvenuta guarigione prima di riprendere il lavoro”.

 

Rispetto alla labirintite, di diversa natura, e causa, è la vertigine posizionale parossistica benigna. Anche questa compare all’improvvisoma solo nel passaggio dalla posizione eretta a quella supina e viceversa. Oppure quando ci si gira nel sonno in direzione dell’orecchio coinvolto. A differenza delle vertigini da labirintite, quelle posizionali, pur provocando una rotazione intensa, durano pochi secondi e sono causate da un un problema ‘meccanico’. I ‘colpevoli’ sono gli otoliti, minuscoli cristalli di ossalato di calcio contenuti in alcuni sensori dell’apparato vestibolare, cioè la porzione dell’orecchio che contiene i recettori dell’equilibrio. Non si conosce esattamente il motivo che porta al distacco degli otoliti che, viaggiando nei canali semicircolari dell’orecchio, interferiscono con le terminazioni nervose, causando disturbo.

 

“In questi casi non esiste terapia farmaceutica – prosegue – in quanto è necessario risolvere il problema ‘meccanicamente’, cioè tentare di riportare i cristalli nella loro posizione originale. E questo lo possiamo fare solo con le manovra di Epley o di Dix Hallpike “. Si tratta di una procedura effettuata dal medico, in cui il paziente viene, in tutta sicurezza, fatto bruscamente passare dalla posizione seduta a quella supina, con la testa girata verso il lato sintomatico. “Questo movimento provoca una fuoriuscita dell’otolita dal canale semicircolare- sottolinea l’otorino – che nella maggioranza dei casi è risolutiva. Il paziente, per così dire, guarisce”.

 

Oltre alle vertigini sporadiche, esiste anche la famiglia delle vertigini recidivantiNe fanno parte quelle legate a disturbi del microcircolo cerebrale, tipiche dell’anziano, o a malattie neurologiche primitive come la sclerosi multipla. Ma anche la Sindrome di Menière, che però merita un capitolo a parte.

 

Le prime due hanno un esordio sfumato, sono incostanti, mai accompagnate da nausea e vomito. La sensazione avvertita è di un’oscillazione laterale e di un’incertezza nel camminare, come se si fosse sotto l’effetto dell’alcool. Sintomo attenuato con la somministrazione di farmaci che agiscono sulla vascolarizzazione del sistema nervoso centrale.

 

“La Sindrome di Menière invece si manifesta all’improvviso e con violenza – descrive Albanese – Si tratta di una malattia cronica con episodi che si ripetono nel tempo e per questo altamente invalidante. Relativamente diffusa, la sindrome è provocata da un aumento della pressione dei fluidi contenuti nel labirinto auricolare dell’orecchio interno. La vertigine è accompagnata da perdita dell’udito, da nausea, senso di vomito e da un fischio intenso all’orecchio, che si risolve con la cessazione della rotazione. Non essendo ancora note le cause, non esistono farmaci specifici, ma solo terapie sintomatiche”.

elena.zuppini@sacrocuore.it


Un incontro dedicato ai nuovi medici del "Sacro Cuore"

Un gruppo di trentacinque medici “neo-assunti” della Cittadella della Carità si è incontrato a San Zeno in Monte per condividere un’occasione di formazione su radici, valori e obiettivi dell’ospedale e dell’Opera calabriana

Sono trentacinque i giovani medici del Sacro Cuore Don Calabria che sabato 17 marzo hanno partecipato ad una giornata di formazione a San Zeno in Monte, presso la Casa Madre dell’Opera Don Calabria (vedi foto di gruppo). Un appuntamento utile per conoscersi e per sperimentare quello spirito di “famiglia calabriana” che tanto caro stava a San Giovanni Calabria, fondatore dell’omonima Opera e dell’ospedale di Negrar.

 

L’incontro era rivolto ad un primo gruppo di medici “neo-assunti” che hanno iniziato a collaborare con il Sacro Cuore dal 2014. Si tratta di un’iniziativa fortemente voluta dalla direzione per promuovere la condivisione dei valori e degli obiettivi dell’ospedale, guardandoli anche alla luce delle sue radici e della “mission” dell’Opera calabriana.

 

“Competenza, umanità e spiritualità sono le tre caratteristiche fondamentali per un medico che lavora alla Cittadella della Carità di Negrar – ha detto il Casante dell’Opera padre Miguel Tofful, intervenuto durante la mattinata – quando trattiamo con i pazienti dobbiamo essere consapevoli che siamo chiamati a prenderci cura degli ultimi, dei sofferenti, dei poveri, proprio come don Calabria al suo tempo. L’umanità non toglie nulla alla competenza, anzi è un valore aggiunto”.

 

L’incontro, moderato dal direttore sanitario dottor Fabrizio Nicolis, ha visto il saluto dell’Amministratore Delegato Mario Piccinini, che ha illustrato le principali attività dell’ospedale sottolineando come la filosofia aziendale sia quella di dare grande importanza alla formazione professionale e umana. Nel suo intervento, il presidente fratel Gedovar Nazzari ha sottolineato come don Calabria avesse una grande considerazione per la professione medica. Tra gli altri testi, ha citato questa lettera del fondatore: «Quello del medico è ufficio non di semplice professione, ma di vera e propria missione. Il medico è chiamato da Dio a collaborare sia per il sorgere e l’affermarsi della vita, sia per il suo progresso e rinvigorimento come per curarne le infermità o almeno lenirne i dolori».

 

Nella parte finale della mattinata hanno portato una testimonianza alcuni primari dell’ospedale: la dottoressa Stefania Gori, il dottor Giacomo Ruffo e il dottor Matteo Salgarello hanno dato il quadro di un ospedale che guarda ai giovani e vuole lasciar loro ampio spazio per crescere, imparare e contribuire con le loro idee e la loro preparazione.

 

L’incontro si è chiuso con la visita alla tomba di san Giovanni Calabria e poi con un pranzo che ha permesso un momento di convivialità e fraternizzazione tra “colleghi”, un momento prezioso per conoscersi e sentirsi parte di una grande istituzione al servizio dei poveri e dei sofferenti.

matteo.cavejari@sacrocuore.it


I numeri del cancro nel Veneto: ogni giorno 87 nuove diagnosi

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Presentata al “Sacro Cuore” la situazione oncologica nel Veneto: la sopravvivenza ha tassi elevati, il 60,7% degli uomini e il 66,3% delle donne sono vivi a 5 anni dalla diagnosi. Preoccupa l’aumento dei casi di cancro al polmone nelle donne

Il Veneto è una regione virtuosa nell’adesione agli esami di screening anticancro. Nel 2016, il 79% dei cittadini ha eseguito il test per individuare in fase precoce il tumore del colon-retto (esame del sangue occulto nelle feci), più del doppio rispetto alla media nazionale (36%). Il 63% delle donne venete si è sottoposto allo screening cervicale (fondamentale per la diagnosi precoce del tumore della cervice uterina), anche in questo caso più che raddoppiando il dato nazionale (30%), e il 64% delle cittadine ha eseguito la mammografia (44% Italia). Un’attenzione ai programmi di prevenzione secondaria che si traduce in percentuali di sopravvivenza particolarmente elevate: in Veneto il 60,7% degli uomini e il 66,3% delle donne sono vivi a 5 anni dalla diagnosi.

 

La fotografia dell’universo cancro in tempo reale nella regione è raccolta nel volume “I numeri del cancro in Italia 2017″ realizzato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dall’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) e dalla Fondazione AIOM, e presentato oggi all”ospedale Sacro Cuore Don Calabria. In Veneto nel 2017 sono stati stimati 31.750 nuovi casi di tumore (16.550 uomini e 15.200 donne), con una tendenza che rispecchia quella nazionale: un andamento stabile delle nuove diagnosi fra gli uomini e un incremento fra le donne. Nella popolazione generale le cinque neoplasie più frequenti sono quelle del colon-retto (4.500), seno (4.450), polmone (3.400), prostata (2.950) e melanoma (1.500).

 

Facendo gli onori di casa, ha aperto la conferenza stampa il dottor Mario Piccinini, amministratore delegato del “Sacro Cuore Don Calabria: “Questo Ospedale dal 2016 è un Cancer Care Center dotato di un numero verde (800 143 143) per la cura del tumore – ha affermato – Per noi è stato un approdo naturale, perché da tempo seguiamo con attenzione il percorso del paziente oncologico investendo sia in professionalità dedicate, nell’ambito di un approccio integrato e multidisciplinare, sia mettendo a disposizione le migliori tecnologie con importanti investimenti. Ricordiamo, ad esempio, la Radioterapia con 3 Acceleratori Lineari e un sistema di Radiochirugia per le metastasi cerebrali, utilizzato proprio dal “Sacro Cuore Don Calabria” per la prima volta nel mondo; una Medicina Nucleare con due PET-TAC (l’unica nel Veneto) e un Servizio di Terapia Radiometabolica; una Radiologia dotata di apparecchiature di ultima generazione; un Laboratorio di Biologia Molecolare, una chirurgia oncologica all’avanguardia che utilizza il Robot Da Vinci Xi. Il paziente oncologico trova all’interno del perimetro dell’ospedale tutte le specialità per la diagnosi e la cura delle neoplasie fino alla riabilitazione oncologica e alle cure palliative. Agli investimenti tecnologici si sta aggiungendo lo sviluppo nella ricerca testimoniato dal numero crescente di pubblicazioni scientifiche su importanti riviste internazionali. Come ci ha trasmesso il nostro fondatore, la nostra mission è servire il paziente. Oggi possiamo farlo grazie alla ricerca e alla tecnologia. Ma il nostro fine di cura resta la persona ammalata, con le sue fragilità che la mancanza di salute comporta“.

 

Ogni giorno nel nostro territorio sono stimate circa 87 nuove diagnosi di cancro – è intervenuta Stefania Gori, presidente nazionale AIOM e Direttore del Dipartimento Oncologico dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria -. Da un lato, il progressivo invecchiamento della popolazione determina un inevitabile aumento dei nuovi casi. Dall’altro, il cancro rappresenta la patologia cronica su cui le campagne di prevenzione mostrano i maggiori benefici. Ma serve più impegno in questa direzione. Preoccupa in particolare in Veneto il notevole aumento, pari al 43%, delle diagnosi di tumore del polmone fra le donne, passate da 871 casi ogni anno nel periodo 2008-2010 a 1.250 nel 2017. Il vizio del fumo è sempre più femminilee le conseguenze negative sono evidenti, come dimostrano i numeri”. E’ fondamentale pertanto la prevenzione primaria e secondaria (ambito in cui la spesa sanitaria in Italia è ancora bassa) “per ridurre il numero di nuovi casi di tumore e avere così più risorse disponibili per curare, che potrebbero essere utilizzate per migliorare l’accesso di tutti i pazienti alle terapie innovative – continua la presidente AIOM -. Oggi infatti ad armi efficaci come la chemioterapia, la radioterapia e la chirurgia si sono aggiunte le terapie mirate e l’immunoterapia, permettendo di migliorare la sopravvivenza e garantendo una buona qualità di vita”.

 

“Un tumore cambia la vita delle persone, ma è fondamentale sapere che oggi, grazie alla diagnosi precoce e ad armi sempre più efficaci, circa il 60% dei pazienti italiani sconfigge la malattia – ha affermato Fabrizio Nicolis, presidente di Fondazione AIOM –L’Italia, infatti, si colloca nei primi posti in Europa come percentuali di persone sopravviventi a 5 anni dalla diagnosi nelle varie patologie neoplastiche”. La prima forma di prevenzione è uno stile di vita sano, perché non dimentichiamo infatti “che il 40% dei tumori potrebbe essere evitato abolendo il fumo, l’alcol, l’obesità e la sedentarietà. Queste semplici regole possono essere riassunte in un numero: 30.5.0.1, ad indicare 30 minuti di attività fisica quotidiana, 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, 0 fumo, 1 bicchiere di vino a pasto. Il Veneto – ha concluso il dottor Nicolis – si colloca tra le migliori Regioni italiane per gli stili di vita, con uno spazio di miglioramento comunque per il consumo di alcol: risulta infatti che in Veneto il consumo sia superiore alla media nazionale (63,8% vs 55,1%, dati PASSI-Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia)”.

 

 

Si stima che nella Regione vivano più di 277.000 cittadini dopo la diagnosi di tumore, una cifra in costante crescita. Oltre alle nuove terapie, anche gli screening svolgono un ruolo fondamentale nel miglioramento dei tassi di guarigione. “Rispetto ai Registri Tumori Regionali, quello del Veneto è il primo con 4 milioni 700 mila persone di copertura, seguito da Friuli Venezia Giulia (1 milione 219 mila), Umbria (890 mila), Basilicata (580 mila) e Valle d’Aosta (131 mila) – ha afferma Lucia Mangone, presidente AIRTUM (Associazione italiana dei registri tumori) – Due fra le neoplasie più frequenti, quelle del colon-retto e della mammella, risentono fortemente dell’efficacia dei programmi di screening. L’andamento dell’incidenza del tumore del colon-retto dipende dell’introduzione dello screening nella popolazione di età 50-69 anni (avviato nelle ASL in anni diversi, tra il 2002 e il 2009), che comporta in una prima fase un aumento del numero dei casi, dovuto all’anticipo diagnostico di neoplasie che altrimenti sarebbero comparse successivamente. L’incidenza del cancro della mammella, dopo la crescita registrata negli anni ’90, si è stabilizzata a partire dal 2002, momento in cui si è esaurito l’incremento diagnostico associato all’introduzione dei programmi di screening mammografico, che in Veneto sono stati avviati a partire dal 1998“.

 

Ha chiuso l’incontro l’assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto“In Veneto non esiste un tetto alla spesa oncologica – ha spiegato Luca Coletto, assessore alla Sanità della Regione Veneto e Presidente Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) -. È una scelta che rivendichiamo con orgoglio e che ci permette di rendere disponibili i farmaci anticancro innovativi a tutti i pazienti. La lotta ai tumori nel nostro territorio raggiunge i livelli più alti a livello nazionale. Da molti anni si parla di Reti Oncologiche Regionali, ma solo poche Regioni, tra cui il Veneto, hanno intrapreso un reale percorso di attivazione. La Rete Oncologica Veneta (ROV) permette a tutte le Oncologie della Regione di lavorare insieme in un unico team che assicura a tutte le persone colpite da tumore la stessa qualità di prestazioni, diagnosi e cura. In caso di necessità, il paziente viene indirizzato al centro più adatto in base alla specifica neoplasia. Nella Regione inoltre sono attive le Breast Unit per le donne colpite da cancro al seno. E, dei 47 Registri Tumori operativi in Italia, quello del Veneto è il più grande: ad oggi, è riuscito a censire e studiare il 96% dell’intera popolazione del territorio (la media nazionale si ferma al 62%)”.

In Veneto nel 2014 (ISTAT, ultimo anno disponibile) sono stati 13.974 i decessi attribuibili a tumore. Nella Regione la neoplasia che ha fatto registrare il maggior numero di decessi è quella del polmone (2.512), seguita da colon retto (1.352), pancreas (1.089), seno (991) e fegato (801).

In allegato alcune schede con i dati principali

I numeri del cancro nel Veneto


Glaucoma: dall'oculista una volta all'anno può salvare la vista

Viene chiamato il ladro silente della vista, perché, nella maggior parte dei casi, quando si manifestano i primi sintomi, ormai il danno è fatto. Si tratta del glaucoma, una patologia dell’occhio che danneggia il nervo  ottico e si ripercuote quindi sulla capacità visiva del paziente. Secondo i dati della Società Oftalmologica Italiana, si stima che il 2% della popolazione italiana sopra i 40 anni abbia la malattia e che l’incidenza aumenti con l’età interessando il 10% dei soggetti over 70. I soggetti glaucomatosi in Italia sarebbero circa 1 milione, e di questi una buona parte non sa di avere la malattia, mentre sarebbero circa 200 mila gli italiani non vedenti a causa del glaucoma.

La parola d’ordine è quindi prevenzione, che consiste nel sottoporsi ad una visita oculistica circa una volta all’anno a partire dai 40 anni –  a meno che non vi siano particolari fattori di rischio che richiedono di anticiparla – completa della misurazione della pressione dell’occhio, causa principale, quando supera determinati parametri, della patologia. Un messaggio che viene ribadito particolarmente nella settimana dall’11 al 17 marzo, dedicata in tutto il mondo alla prevenzione del glaucoma.

Andrea Palamara, oculistca IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dr. Andrea Palamara

“La pressione alta è il principale fattore di rischio per sviluppare la malattia e anche l’unico fattore su cui noi possiamo intervenire”, spiega il dottor Andrea Palamara, responsabile del Servizio Glaucoma dell’Oculistica del “Sacro Cuore Don Calabria”, diretta dalla dottoressa Grazia Pertile. “Quindi per terapia del glaucoma si intende essenzialmente un farmaco o una procedura (laser o chirurgica) per abbassare la pressione dell’occhio al fine di fermare l’evolversi del danno al nervo ottico”. Il Servizio di Glaucoma, in cui opera per la parte diagnostica la dottoressa Silvia Quinternetto, segue  2.500 pazienti all’anno di cui circa 300 nuovi casi.

Dottor Palamara, da cosa è determinata la pressione oculare?

“E’ determinata dalla circolazione all’interno dell’occhio di un liquido (umore acqueo) prodotto da alcune strutture del bulbo oculare e drenato attraverso delle vie di deflusso nel circolo venoso. Se aumenta la produzione del liquido o se è meno efficiente il drenaggio, si verifica un innalzamento della pressione dell’occhio che va a comprimere le fibre nervose retiniche e la testa del nervo ottico, a livello del fondo oculare.  Il danno che ne consegue può restare del tutto asintomatico per lungo tempo e il paziente si accorge di avere un problema alla vista quando ormai la malattia è arrivata a uno stadio avanzato. Per questo è importante la prevenzione.

La pressione alta dell’occhio è la sola causa del glaucoma?

No, ma è la più comune per le forme di glaucoma più diffuse: il glaucoma cronico ad ad angolo aperto e quello ad angolo stretto. Tuttavia è bene precisare che non sempre la pressione oculare elevata è sinonimo di glaucoma. Ci sono persone che sono ipertese oculari, ma non sviluppano mai la malattia e persone che hanno una pressione relativamente regolare ma sia ammalano.

Altre cause e fattori di rischio?

Ci sono forme congenite di glaucoma, per fortuna rare, con delle peculiarità specifiche. I fattori di rischio sono l’età,  la miopia, per il glaucoma ad angolo aperto, e la ipermetropia, per il glaucoma ad angolo stretto; il diabete, a causa di un’alterazione della circolazione, e fattori neurodegenerativi. Infine la familiarità, quindi la predisposizione genetica.

La pressione alta del sangue è un fattore di rischio?

Non è stata provata nessuna correlazione tra l’ipertensione sanguigna e quella oculare. Al contrario, è la pressione bassa ad essere un fattore di rischio. In particolare se la pressione diastolica durante la notte è troppo bassa rispetto a quella oculare, la testa del nervo ottico può avere problemi di flusso ematico ed essere danneggiata in modo grave.

Per accertarci della salute del nostro occhio è sufficiente una visita oculistica all’anno?

Se una persona non ha mai avuto riscontro di patologie oculari nel corso delle visite oculistiche di routine effettuate dall’infanzia in avanti, intorno ai 40 anni dovrà cominciare a sottoporsi a controlli a cadenza circa annuale, proprio per cogliere in tempo i primi segni di una eventuale malattia, prima che si manifesti un danno. In caso di familiarità per glaucoma o di presenza di altri fatttori di rischio, i controlli  dovranno iniziare anche prima, Sarà poi il medico a stabilire, in base al quadro clinico, se è bene fissare delle scadenze più ravvicinate. In caso di sospetto, lo step successivo sarà la diagnostica strumentale ed in primo luogo l’esame del campo visivo.

Di cosa si tratta?

E’ una tecnica computerizzata che testa la soglia di sensibilità visiva dell’occhio, sia centrale che periferica, attraverso la presentazione di più stimoli di diversa intensità luminosa. E’ un esame impegnativo, soprattutto per gli anziani, una sorta di videogioco che richiede attenzione e collaborazione. Vi sono inoltre altre metodiche strumentali che aiutano nella formulazione della diagnosi, tra cui l’OCT, strumento che permette di studiare la conformazione della testa del nervo ottico e di misurare lo spessore delle fibre nervose retiniche.

Una volta accertato il danno, quali sono le terapie?

Come abbiamo detto, l’unica possibilità terapeutica è quella di abbassare la pressione dell’occhio al fine di contenere le conseguenze sul nervo ottico. E lo possiamo fare attraverso la terapia medica oppure tramite procedure laser o chirurgiche. Il percorso terapeutico è dettato dall’entità del danno e del tono oculare riscontrati. Nei casi più semplici si inizia una terapia medica tramite la somministrazione di gocce oculari. Da qualche anno la nostra attenzione si sta concentrando anche sulla “neuroprotezione”, attraverso la somministrazione di sostanze che riducano la vulnerabilità delle fibre nervose.

Quando si ricorre al laser?

Quando la terapia medica, di solito efficace, non risponde. Abbiamo a disposizione diversi trattamenti laser indicati a seconda del tipo di glaucoma. Per esempio, per il glaucoma ad angolo aperto si ricorre alla trabeculoplastica, una procedura che ha come scopo quello di “allargare” le maglie di deflusso dell’umore acqueo. Per il glaucoma ad angolo stretto, invece, procediamo con  l’iridectomia, un intervento che consiste nel forare l’iride con il laser per creare una via di deflusso alternativa nella circolazione dell’umor acqueo all’interno dell’occhio.

Quando interviene la chirurgia?

La terapia chirurgica è di solito la terza opzione, anche se ci sono situazioni per cui la chirurgia è già in partenza la soluzione migliore. Esistono numerose tipologie di interventi, più o meno invasive, di cui il più diffuso è la trabeculectomia.  In caso di glaucomi refrattari o di glaucomi secondari a traumi o ad interventi vitreo-retinici, la chirurgia convenzionale spesso non è sufficiente ed è necessario ricorrere a chirurgie sofisticate, come impianti di valvole drenanti.


Giornata mondiale del sonno: adolescenti deprivati di sonno a rischio di patologie

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Domenica 18 marzo gli specialisti del Centro di Medicina del Sonno incontreranno i cittadini in piazza Bra. Il dottor Rossato: “Troppi adolescenti sono ‘deprivati’ del sonno con conseguenze serie sulla salute e sul rendimento scolastico”

E’ dedicata al ritmo circadiano sonno-veglia la Giornata del sonno che si celebra in tutto il mondo venerdì 16 marzo, su iniziativa della World Sleep Society. Un omaggio ai vincitori del Nobel per la Medicina 2017 – Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young – premiati con il massimo riconoscimento per le loro scoperte sui meccanismi molecolari che controllano il ritmo circadiano.

 

Ritmo sonno-veglia particolarmente bistrattato dai più giovani, come testimonia il dottor Gianluca Rossato, responsabile del Centro di Medicina del Sonno del “Sacro Cuore Don Calabria” e presidente di InFormaSonno. Il dottor Rossato, con alcuni suoi collaboratori, incontrerà i veronesi domenica 18 marzo (dalle 9 alle 14) in piazza Bra (lato monumento Vittorio Emanuele II) per sensibilizzarli sull’importanza di un buon risposo e sulle patologie legate al sonno, spesso concausa di altre malattie come quelle cardiovascolari (poster allegato e in Photo Gallery una foto del team in una delle precedenti edizioni).

 

 

Nei nostri ambulatori incontriamo sempre più spesso ragazzi ‘deprivati’ del sonno – spiega il dottor Rossato -. Si addormentano alle quattro del mattino se non alle sei, dopo ore e ore trascorse al computer o al cellulare, per alzarsi poco dopo e andare in classe. Presentano gravi problemi di apprendimento scolastico (alcuni lasciano la scuola) e disturbi dell’umore: sono irritabili, scontrosi, in alcuni casi apatici e in altri a grave rischio di depressione“.

 

 

Dottor Rossato, come si interviene con questi pazienti?

Non sono pazienti facili da gestire, in quanto non abbiamo dalla nostra parte nemmeno la farmacologia. Si può prescrivere un ipnotico a chi desidera e vuole dormire. Ma questi sono soggetti che vogliano stare svegli e hanno un bioritmo completamente alterato. Pertanto nessun farmaco può essere efficace. L’assunzione di melatonina prima dell’ora consueta in cui si addormentano può aiutarli, ma non risolve il problema se non si impone a loro determinate norme comportamentali. Una strada impervia quando di fronte ci sono adolescenti che hanno impostato il loro ciclo sonno-veglia addormentandosi alle quattro del mattino e svegliandosi a mezzogiorno, salvo non poterlo fare perché hanno degli obblighi. Per questo in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Provinciale avvieremo nelle prossime settimane un progetto pilota in alcune scuole con una serie di incontri dedicati alle ultime classi delle superiori. Il nostro scopo è sensibilizzare i ragazzi sull’importanza del sonno per la loro salute ma anche per la loro vita in generale. E’ pure l’occasione per testare la dimensione del problema attraverso la somministrazione di questionari”.

 

 

Il progetto sarà presentato venerdì 16 marzo in occasione della Giornata mondiale del sonno sull’emittente veronese Telenuovo, alle 18.10. In studio sarà presente il dottor Gianluca Rossato e il professor Stefano Quaglia, dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale.

 

 

Riassumiamo queste regole di igiene del sonno che valgono per tutti?

“Andare a letto possibilmente sempre alla stessa ora e dormire le ore di sonno necessarie che variano con l’età. Non esagerare alla sera con cibi pensati, con l’alcol e con il fumo di sigaretta. E’ fondamentale inoltre interrompere dopo le 21 qualsiasi attività che impegni il fisico e la mente. Stop ai telefonini e tablet: la loro luce è simile a quella del sole, blocca la produzione di melatonina”.

 

La fototerapia è efficace per modificare comportamenti sbagliati?

E’ sicuramente un aiuto. Noi consigliamo ai pazienti che tenderebbero a svegliarsi tardi di dotarsi di lampade medicali che emano luce blu (quella del sole) e di sottoporsi alla terapia tutte le mattine almeno per 30 minuti. In commercio ci sono anche dei pratici occhiali che illuminano esclusivamente la retina e permettono, a differenza delle lampade, di muoversi liberamente durante la terapia”.

elena.zuppini@sacrocuore.it


Innovativo percorso riabilitativo per chi ha perso l'uso delle braccia

Il Dipartimento di Riabilitazione si è dotato di macchinari di ultima generazione per la riabilitazione degli arti superiori dedicato a pazienti che hanno subito danni neurologici

Il Dipartimento di Riabilitazione dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, diretto dal dottor Renato Avesani, dopo l’esoscheletro amplia la sua dotazione tecnologica. Questa mattina (nella Photo Gallery le foto) è stato presentato un innovativo percorso riabilitativo per il recupero funzionale degli arti superiori in pazienti con lesioni di carattere neurologico, dovute a patologie o a traumi (vedi interviste e video dell’inaugurazione).

 

Testimonial dell’evento, Federico Falco, veronese, campione di tennis tavolo paralimpico. Nel 2009, a causa di un tragico tuffo in piscina, Federico ha perso l’uso delle gambe e della braccia, ma nonostante la sua grave disabilità nel 2017 si è laureato medaglia d’oro ai campionati del mondo a squadre e medaglia di bronzo in singolo ai campionati europei (vedi intervista a Federico Falco).

 

Il nuovo percorso riabilitativo è composto da sei postazioni con altrettante macchine di ultima generazione, che hanno il duplice scopo, come ha spiegato il dottor Renato Avesani, direttore del Dipartimento, “di facilitare i movimenti residui e di riabilitare la componente cerebrale interessata al danno”.

 

Infatti il paziente si rapporta con uno schermo svolgendo dei compiti. Come nel caso del “sistema Diego”, questo il nome di una delle macchine, che consente a chi ha avuto danni importanti di sollevare e muovere le braccia in maniera tale da guidare sullo schermo un’automobile impedendole, seppur a velocità sostenuta e con sorpassi azzardati, di entrare in collisione con le altre auto.

 

Grazie a queste dotazioni, il Dipartimento di Riabilitazione del “Sacro Cuore Don Calabria” è l’unico centro nel Veneto, e uno dei pochi in Italia, ad offrire un percorso completo per la riabilitazione dell’arto superiore.

 

“La riabilitazione, seppur parziale, dell’arto superiore dopo eventi di natura neurologica (ictus, traumi cerebrali e midollari) ha sempre rappresentato una sfida enorme per i terapisti – ha proseguito il dottor Avesani – e ad oggi non c’è nulla che risolva interamente il problema. Tale difficoltà risiede nella complessità dell’organizzazione cerebrale che presiede alla programmazione dei movimenti del braccio e in particolare della mano, area che solo per estensione è il doppio di quella preposta al piede. Inoltre, solitamente viene dedicato all’esercizio riabilitativo dell’arto superiore un tempo relativamente scarso ed è molto limitata la varietà di proposte che la riabilitazione manuale può offrire. Questo percorso innovativo inserito nella riabilitazione tradizionale, il paziente usufruisce di un’ampia gamma di proposte terapeutiche calibrate sulle difficoltà personali e può beneficiare di un numero importante di ripetizioni dei movimenti. La variabilità degli esercizi e la loro ripetitività rappresentano elementi fondamentali nella teoria degli apprendimenti motori dopo i danni cerebrali”.

 

Oggi non presentiamo solo delle macchine – ha sottolineato il dottor Mario Piccinini, amministratore delegato dell’ospedale di Negrar – ma ribadiamo la mission del “Sacro Cuore Don Calabria”: il paziente al primo posto in un ospedale sempre all’altezza dei tempi, attento alla formazione degli operatori e alle innovazioni tecnologiche, come lo voleva il nostro fondatore. Solo così si posso offrire al paziente le migliori terapie”.

 

Gli apparecchi riabilitativi hanno avuto un costo complessivo di 480.308 euro sostenuto dall’ospedale di Negrar con contributo di 270mila euro da parte della Fondazione Cariverona. “Ringrazio la Fondazione Cariverona (era prevista la presenza del presidente, Alessandro Mazzucco, che non è potuto intervenire a causa di un impegno improvviso, ndr) per l’attenzione dedicata questo progetto e la per la sensibilità che da sempre dimostra riguardo ad iniziative come queste”.

“Ricerca scientifica sulle nuove tecnologie riabilitative ed applicazione clinica devono andare a pari passo per consentire il miglioramento delle cure – ha sottolineato il professor Nicola Smania, associato di Medicina Fisica e Riabilitazione all’Università di Verona -. E’ questo il senso delle importati collaborazioni che da tempo sono in atto tra l’Ateneo scaligero e la Riabilitazione di Negrar. La combinazione di varie strategie riabilitative sul paziente migliorano sia l’approccio clinico ma danno anche importanti informazioni per il progresso della ricerca scientifica e tecnologica in campo riabilitativo, nata solo pochi anni fa”.

 

Ha concluso gli interventi il presidente del “Sacro Cuore Don Calabria”, fratel Gedovar Nazzari, che ha voluto ringraziare tutti gli operatori del Dipartimento di Riabilitazione che con la loro quotidiana dedizione incarnano lo spirito dell’Opera.

 

L’evento si è chiuso con una breve dimostrazione della grande abilità di Federico Falco nel tennis tavolo. A cimentarsi con lui anche l’amministratore delegato dell’ospedale, il dottor Piccinini