Le relazioni umane in un contesto sanitario

Scarica l'allegato PDF

Inizia giovedì 26 novembre un ciclo di incontri formativi aperti a tutti, organizzati dal Consiglio Pastorale Ospedaliero su temi spirituali attinenti alla vita quotidiana in ospedale

Quattro incontri di formazione su temi spirituali che hanno una forte attinenza con la vita quotidiana in ospedale e in particolare con le relazioni umane che si sperimentano all’interno di strutture sanitarie e socio-sanitarie. La proposta arriva dal Consiglio Pastorale Ospedaliero della Cittadella della Carità di Negrar ed è rivolta a tutti coloro che hanno a che fare con situazioni di malattia, sia a livello personale sia a livello professionale. Gli incontri si svolgeranno per quattro giovedì consecutivi (26 novembre, 3-10-17 dicembre) in sala Perez dalle 17.00 alle 19.00, sotto la guida di padre Angelo Brusco, psicologo e direttore del Centro Camilliano di Formazione (vedi programma completo).

Tra i temi affrontati: le attese dei malati, dei loro familiari e degli operatori sanitari e socio-sanitari; il significato della misericordia in un contesto sanitario; la felicità possibile per chi è malato e per chi lavora con i malati; un’ecologia umana solidale come messaggio di Natale ai malati e agli operatori.

Il Consiglio Pastorale Ospedaliero, organizzatore dell’iniziativa, è un organismo creato nel 1998 con l’obiettivo di coordinare e promuovere l’attività pastorale all’interno dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria e delle strutture socio-sanitarie della Cittadella della Carità, ossia Casa Perez, Casa Nogarè e Casa Clero. Attualmente è composto da 29 membri che sono rappresentativi delle varie strutture e del personale presente all’ospedale: medici, infermieri, operatori, volontari, cappellani, suore e ministri dell’eucarestia. Il CPO si incontra con cadenza mensile ed è particolarmente attivo nei momenti forti dell’anno liturgico, quali l’avvento e la quaresima.

Il Consiglio Pastorale promuove l’evangelizzazione all’interno dell’ospedale e delle strutture socio-sanitarie, con un’attenzione speciale ai rapporti tra le persone e allo spirito di famiglia che cerchiamo di coltivare nella Cittadella della Carità, come voleva il nostro fondatore San Giovanni Calabria“, dice don Gaetano Gecchele, presidente del CPO. “Già da tempo stiamo portando avanti un percorso di formazione con un taglio psicologico insieme agli esperti Camilliani – aggiunge don Gecchele – ora in vista del Natale abbiamo voluto collegare questo percorso ad alcuni temi proposti da papa Francesco, come la misericordia e l’ecologia, che ci sembra possano avere delle ricadute molto importanti anche nell’ambito della pastorale sanitaria“.

matteo.cavejari@sacrocuore.it


Retinopatia del pretermine: Negrar centro chirurgico d'eccellenza

La retinopatia del pretermine è una grave patologia oculare che può colpire il bambino prematuro: Negrar è uno dei pochi centri in Italia per il trattamento chirurgico della patologia

Il 17 novembre è la Giornata dedicata ad almeno 15 milioni di bambini in tutti il mondo: sono i neonati prematuri, nati dopo meno di 37 settimane di gestazione. In Italia sono 50mila, il 7% delle nascite totali. Dati che hanno visto un incremento negli ultimi 25 anni, a cui è corrisposto, però, un aumento della sopravvivenza grazie allo sviluppo delle cure nelle Terapie intensive neonatali. Se il 98% dei prematuri (dati della Società italiana di neonatologia) viene dimesso in buona salute, per una piccola percentuale le complicanze sono di varia natura, alcune molto gravi.

Una di queste è la retinopatia del pretermine (Retinopathy Of Prematury, ROP), una grave patologia oculare la cui evoluzione può portare alla cecità in seguito al distacco della retina. L’Oculistica del “Sacro Cuore Don Calabria”, diretta dalla dottoressa Grazia Pertile, è uno dei pochi centri in Italia per il trattamento chirurgico della malattia.

Ma quali sono le cause della retinopatia del pretermine? Già al quarto mese di gravidanza si sviluppa nel feto la vascolarizzazione della retina. Tale formazione dei vasi sanguigni risulta molto sensibile all’ossigeno, che necessariamente viene somministrato in culla termica al bambino prematuro. “L’ossigeno sulla retina immatura – spiega il dottor Giuliano Stramare, responsabile del Servizio di Oftalmologia pediatrica – può provocare nella parte non ancora matura della retina la creazione di nuovi vasi che, contraendosi, sanguinano portando al distacco della retina stessa”.

La ROP colpisce dal 10 al 50% dei neonati sotto i 1.500 grammi, con percentuali vicine al 90% per i bimbi con un peso inferiore ai mille grammi e nati prima delle 28 settimane di gestazione. Infatti minori sono l’età gestionale e il peso corporeo, maggiore è il rischio di sviluppare la retinopatia.

“Lo screening è raccomandato per i neonati nati prima delle 32 settimane di gestione e con un peso minore ai 1.500 grammi – prosegue il medico oftalmologo – ma è significativa per il rischio anche la storia clinica del bambino: se siamo in presenza di altre patologie o infezioni e il neonato ha avuto bisogno di un apporto di ossigeno maggiore, aumentano le probabilità del presentarsi della patologia. Paradossalmente più è precoce la nascita, più è ampio l’arco di tempo in cui la retinopatia può svilupparsi. Per questo è importante che i bimbi pretermine siano sottoposti a visite frequenti del fondo dell’occhio, anche una volta usciti dalle terapia intensive e paraintensive fino al completamento dell’età gestionale e alla completa maturazione retinica. Solo così si possono diagnosticare il prima possibile i segni della malattia”.

Per la diagnosi e il monitoraggio dell’andamento della retinopatia, l’Oculistica del “Sacro Cuore Don Calabria” è uno dei pochi centri che dispone della Retcam. “Si tratta di un dispositivo molto sofisticato – afferma il dottor Stramare – che consente l’acquisizione e la registrazione fotografica e video dell’anatomia retinica, rilevando dettagli molto particolareggiati e permettendo un confronto con i quadri precedenti. Con la Retcam possiamo eseguire anche l’esame fluoroangiografico, che fotografa l’andamento del contrasto (iniettato in vena) sulla vascolarizzazione retinica”. La Retcam può essere utilizzate anche per altre patologie che possono colpire i bambini e sugli adulti non collaborativi, come i disabili.

La retinopatia del pretermine viene classificata in cinque stadi, a seconda della gravità. Nei primi stadi, di cui rientra la maggioranza dei casi, la malattia regredisce spontaneamente. “Negli altri casi invece – sottolinea – è necessario intervenire con il laser per bloccare l’andamento della patologia e in quelli più gravi si procede con la vitrectomia”.

La vitrectomia è un intervento di micro-chirurgia oftalmica tra i più avanzati, che ha lo scopo di rimuovere quanto più possibile le membrane fibrovascolari e riattaccare la retina. Al “Sacro Cuore Don Calabria”, dove giungono i casi più complessi, viene eseguito dalla dottoressa Grazia Pertile, chirurgo oftalmologico di riferimento internazionale per la chirurgia della retina. Il dottor Giulio Stramare è affiancato nel Servizio di Oftalmologia pediatrica dalla dottoressa Erica Parolini.

elena.zuppini@sacrocuore.it


Disponibili on line i referti degli esami di Cardiologia

Per consultare e scaricare le risposte basta una semplice registrazione sul sito www.sacrocuore.it nella sezione “Servizi on-line”

Dopo i referti degli esami del Laboratorio di analisi e quelli del Servizio di Radiologia, a partire dallo scorso 12 ottobre sono disponibili on line anche i referti degli esami effettuati presso il Servizio di Cardiologia dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria (visite, ECG, ecocardiogramma). Quindi anche per questi esami non è più necessario recarsi allo sportello nella data stabilita per ritirare la risposta cartacea, ma è possibile visualizzare il tutto dal computer di casa. Nella consultazione online si potranno scaricare i referti, mentre non saranno disponibili le eventuali immagini relative agli esami.

Per accedere al Servizio il procedimento è molto semplice: basta andare sul sito www.sacrocuore.it, cliccare sul link servizi on-line. Solo per la prima consultazione è necessaria la registrazione compilando i campi richiesti: tra cui il Codice individuale di accesso, che si trova sul foglio di ritiro del referto, il Codice fiscale e l’indirizzo di posta elettronica. Nelle consultazioni successive è sufficiente il numero di Codice fiscale e la password. In qualsiasi momento è possibile revocare il consenso alla consultazione telematica dei dati. Nel Dossier è presente tutta la documentazione sanitaria abilitata alla consultazione via internet a decorrere dai 45 giorni precedenti la documentazione.


Visione d'insieme sul nodulo polmonare solitario

Scarica l'allegato PDF

Nel convegno in programma sabato 21 novembre si farà il punto della situazione su un problema la cui gestione coinvolge molti specialisti di diverse discipline

I noduli polmonari sono opacità radiografiche di dimensione inferiore a 3 cm, che nella pratica clinica hanno un riscontro sempre più frequente ed occasionale. La piccola dimensione di questi noduli, spesso piccolissima, rende impegnativo il loro iter diagnostico e gestionale, richiedendo molto spesso il coinvolgimento di numerosi specialisti di diverse discipline, specialmente quando il nodulo è fortemente sospetto.

Alla luce di questa complessità, il convegno “Le nuove tecnologie e l’approccio multidisciplinare al nodulo polmonare solitario“, in programma al Sacro Cuore sabato 21 novembre, si propone di fornire una visione d’insieme in merito alla gestione clinica di questa problematica (vedi programma completo). Nell’occasione, specialisti di diverse discipline si confronteranno con l’obiettivo primario di ottimizzare l’intervento terapeutico, facendo il punto sulle più moderne tecnologie e offrendo una panoramica delle varie modalità operative e gestionali di ogni singolo indirizzo specialistico nei confronti del paziente affetto da nodulo polmonare solitario (NPS). La segreteria scientifica dell’evento è a cura del dott. Carlo Pomari, responsabile della Struttura Semplice di Pneumologia, e del dott. Alberto Terzi, responsabile della Sezione di Chirurgia Toracica del Sacro Cuore.


Più attività fisica e meno cereali per prevenire il diabete

Intervista al dott. Luciano Zenari, responsabile dell’Unità Operativa di Diabetologia del Sacro Cuore, in occasione della giornata mondiale dedicata a questa malattia che si celebra il 14 novembre

Attività fisica regolare e dieta attenta al consumo di carboidrati. Sono queste le due regole d’oro per ridurre il rischio di ammalarsi di diabete secondo il dottor Luciano Zenari, responsabile dell’Unità operativa di Diabetologia del Sacro Cuore Don Calabria, dove ogni anno sono seguiti circa 5mila pazienti. In occasione della Giornata mondiale del diabete, che si celebra il 14 novembre, abbiamo chiesto al dott. Zenari di presentare il Servizio di diabetologia e di approfondire i temi legati alla prevenzione e alla cura di una malattia che risulta in continua crescita sia a livello nazionale sia mondiale (4 milioni di malati in Italia e oltre 300mila in Veneto secondo i dati della rete di associazioni “Diabete Italia”).

Dott. Zenari, cosa intendiamo esattamente per diabete?
Il diabete mellito è un disordine metabolico cronico caratterizzato da elevati livelli di glucosio nel sangue dovuti ad una insufficiente produzione di insulina da parte del pancreas e/o ad alterazioni nell’azione dell’insulina. Questa condizione cronica di iperglicemia determina, in associazione con altri fattori di rischio, severi danni e di conseguenza complicazioni a carico di molti organi. I diabetici presentano un eccesso di mortalità pari al 30-40% rispetto ai non diabetici e le complicanze cardiovascolari riducono di 5-10 anni l’aspettativa di vita. La malattia è la prima causa di cecità non traumatica, di accesso alla dialisi e di amputazione degli arti inferiori.

Quanti tipi di diabete ci sono?
Il più diffuso è quello di tipo 2, che si sviluppa soprattutto negli anziani. Il diabete di tipo 1, molto meno diffuso, insorge spesso in età pediatrica ed avviene in conseguenza ad una reazione autoimmunitaria. Poi c’è il diabete gestazionale che viene sviluppato durante la gravidanza.

I dati mostrano che il diabete è in continua crescita in Italia e nel mondo. Si può parlare di pandemia?
L’incidenza in Italia si attesta sul 6% della popolazione ed è in crescita soprattutto il diabete tipo 2, perché la prevalenza aumenta con l’aumentare dell’età media. Basti pensare che tra gli over 70 la prevalenza arriva al 20%. Il discorso è diverso per i Paesi in via di sviluppo, dove effettivamente il numero di malati sta aumentando molto più rapidamente rispetto ai Paesi industrializzati, con un raddoppio stimato della popolazione colpita nei prossimi 15-20 anni. E questo aumento di incidenza del diabete lo riscontriamo anche tra gli immigrati.

Quali sono le categorie più a rischio?
I soggetti che hanno il maggiore rischio di diventare diabetici sono quelli che hanno più di 45 anni, figli o fratelli di diabetici, in sovrappeso, sedentari, con ipertensione o alterazioni del metabolismo dei grassi. Certamente il fattore età aumenta il rischio, come già detto. In particolare l’eccessivo aumento della circonferenza addominale, legato ad un aumento della massa adiposa, è un campanello d’allarme da non sottovalutare. In tal senso per gli uomini la circonferenza non dovrebbe superare i 102 cm, per le donne gli 88 cm.

Cosa si può fare per prevenire?
Numerosi studi clinici svolti in vari gruppi etnici nel mondo, dalla Finlandia alla Cina, hanno dimostrato una riduzione di incidenza della malattia fino al 50% attraverso la modifica dello stile di vita.

Cosa si intende per “modifica dello stile di vita”?
La modifica dello stile di vita passa attraverso una restrizione calorica, se presente sovrappeso, e soprattutto la limitazione del consumo di carboidrati. In particolare è raccomandato di ridurre il consumo di cereali, in quanto hanno un contenuto di carboidrati del 70-80% e favoriscono un aumento della massa adiposa addominale. E l’aumento di tale massa rende più difficile il lavoro dell’insulina, cioè crea resistenza a questo ormone che controlla il metabolismo del glucosio. Viceversa nella dieta vanno privilegiate frutta e verdura in quanto hanno un contenuto decisamente inferiore di carboidrati. Un’altra forma di prevenzione è un’attività fisica regolare. Non a caso il rischio di diabete aumenta con l’età anche perché gli anziani si muovono meno.

Quando è consigliabile eseguire un controllo per verificare l’esistenza o meno della malattia?
La strada più semplice è fare un controllo annuale presso il proprio Medico di medicina generale, durante la visita saranno valutati in modo preciso i fattori di rischio della malattia e programmati gli esami laboratorio per arrivare ad una diagnosi il più precoce possibile.

E in caso di diagnosi positiva?
In questo caso si parte con la dieta, la promozione dell’attività motoria e con la terapia farmacologica. A tal proposito va sottolineato che i farmaci oggi sono particolarmente efficaci e permettono una buona qualità della vita per i malati, con un’azione quasi sartoriale cucita su misura in base ai vari casi specifici.

Quali servizi per i diabetici sono presenti al “Sacro Cuore Don Calabria”?
Ogni anno seguiamo circa 5mila pazienti. In prevalenza si tratta di persone con il diabete di tipo 2, ma assistiamo anche pazienti affetti da diabete tipo 1 e casi di diabete gestazionale. I servizi forniti ai malati comprendono una parte ambulatoriale per gli esterni, una in day hospital/day surgery e poi le consulenze interne all’ospedale. Infine ci sono sei posti letto dedicati al trattamento del piede diabetico.

I pazienti sono seguiti anche per quanto riguarda le complicanze della malattia?
Nella parte ambulatoriale ci occupiamo della gestione del paziente diabetico nei vari step necessari per il trattamento della malattia, compreso il follow-up delle complicanze. Vengono quindi fatti i prelievi di sangue e tutti gli esami necessari per la diagnosi e cura delle severe complicanze della malattia. Abbiamo sviluppato un percorso assistenziale molto articolato che consente di eseguire gli esami necessari in una mattinata. Tutto il percorso assistenziale è informatizzato e il paziente può scaricare i risultati degli esami direttamente dal pc di casa. Stiamo implementando un sistema di telemedicina che consenta un flusso di dati per un contatto costante con il paziente.
La gestione del piede diabetico si articola invece attraverso le prestazioni ambulatoriali, in day surgery e in ricovero ordinario. Il percorso assistenziale per il piede diabetico è multidisciplinare e coinvolge tutte le attività specialistiche del nostro ospedale.

I malati sono accompagnati nella terapia domiciliare?
Nel nostro servizio viene riservata particolare attenzione al percorso educazionale del paziente diabetico. Per 5 giorni alla settimana il nostro team infermieristico e la dietista sono a disposizione dei pazienti per fornire le necessarie informazioni per quanto riguarda le gestione dietetica e il calcolo dei carboidrati, la gestione del glucometro e dei devices per la somministrazione della terapia. Particolare attenzione riserviamo al percorso educazionale per gli immigrati fornendo loro materiale nella lingua di provenienza. Abbiamo inoltre una collaborazione con il centro medico per immigrati Cesaim di Verona.

Quale messaggio di sintesi possiamo trasmettere?
In conclusione una dieta equilibrata volta ad ottenere una riduzione del peso di almeno il 5-7% (4- 5.5 kg per una persona di 80 kg) unita ad un esercizio fisico moderato, come una passeggiata di buon passo di almeno 20- 30′ al giorno, è in grado di ridurre di oltre la metà la probabilità di diventare diabetici di tipo 2 per le persone che hanno diversi fattori che predispongono alla malattia.
Per i diabetici di tipo 1 una speranza arriva dallo sviluppo delle cellule staminali che già permette di intravvedere uno scenario di sostituzione della funzione pancreatica.

matteo.cavejari@sacrocuore.it


Giornata mondiale contro l'ictus: attenti al cuore

Scarica l'allegato PDF

Il 29 ottobre si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale contro l’ictus: prevenirlo è possibile anche riconoscendo le alterazioni anomale del ritmo del cuore. Il 13 e il 14 novembre un convegno a Villa Quaranta

Ogni anno in Italia circa 200mila persone vengono colpite da ictus cerebrale (9mila nel solo Veneto), patologia che rappresenta la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, la seconda dopo i 65 anni. Rimane anche la maggiore causa di disabilità e i casi sono destinati ad aumentare per il progressivo invecchiamento della popolazione.

Per sottolineare l’importanza di un’adeguata prevenzione (il 20% dei casi sono delle recidive), oggi si celebra la Giornata mondiale contro l’ictus cerebrale giunta all’ottava edizione.

Ma che cos’è l’ictus? “Si tratta dell’arresto improvviso della circolazione cerebrale: il mancato apporto di ossigeno e nutrienti comporta la morte delle cellule neuronali della zona interessata del cervello e quindi la perdita delle funzioni da essa sostenute”, risponde il dottor Alessandro Adami, responsabile dello Stroke Center dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria, centro di primo livello nella Rete dell’ictus della Regione Veneto.

Le conseguenze sono devastanti: su circa 1 milione di sopravvissuti all’evento acuto, in Italia il 30% presenta una pesante disabilità che compromette la qualità di vita delle persone e grava anche dal punto di vista economico sulla comunità e le famiglie

“Prevenire l’ictus è possibile – sottolinea di dottor Adami – individuando i fattori di rischio che determinano la nascita di lesioni vascolari a loro volta responsabili di trombi o emboli che possono occludere la circolazione cerebrale”.

È importante quindi tenere sotto controllo la pressione arteriosa, il colesterolo, i trigliceridi, l’aumento del peso corporeo e il diabete. Ma anche il cuore, perché il trombo potrebbe formarsi proprio a livello del muscolo cardiaco ed embolizzare nel cervello. In questo caso al fine della prevenzione dell’evento patologico è molto importante riconoscere quelle alterazioni “anomale” del ritmo cardiaco che possono portare alla formazione di trombi e curarle farmacologicamente in maniera corretta, grazie alla collaborazione tra neurologi e cardiologi.

Proprio alla prevenzione del cardioembolismo cerebrale è dedicato il primo convegno neurovascolare del Garda, che si terrà il 13 e 14 novembre a Villa Quaranta Park Hotel di Ospedaletto di Pescantina. La due giorni è organizzata dallo Stroke Center di Negrar e dalla Stroke Unit dell’Azienda ospedaliera Carlo Poma di Mantova, diretta dal dottor Giorgio Silvestrelli, con l’obiettivo di mettere a confronto gli specialisti delle tre regioni che insistono sul lago di Garda: Veneto, Lombardia e Trentino Alto Adige.

“Offrendo un evento formativo che si differenzia da tutti gli altri – prosegue il neurologo – vogliamo mettere in luce come ciascuna realtà,in base alle proprie risorse organizzative e territoriali, abbia implementato le linee guida sulla prevenzione dell’ictus, traendo dalle differenze un’occasione di crescita per tutti”.

Ma il convegno non sarà un evento fine a se stesso. “È il punto di partenza di un progetto che mira a creare un network di specialisti territoriali. Neurologi e cardiologi che, sfruttando le nuove possibilità informatiche, possano consultarsi in tempo reale per offrire al cittadino, ovunque egli risieda, le migliori terapie per la prevenzione e la cura dell’ictus”, sottolinea Adami.

Ad oggi la terapia di elezione per ridurre i danni dell’ischemia resta la trombolisi sistemica, un intervento farmacologico che ha lo scopo di “sciogliere” l’embolo responsabile dell’arresto della circolazione cerebrale. In Veneto viene praticata solo nei Centri di primo e secondo livello attivi 24 ore su 24, tra cui Negrar, che ogni anno cura circa 200 nuovi casi di ictus.

Affinché sia efficace la somministrazione deve avvenire entro le quattro ore e mezza dall’insorgere della sintomatologie ed è indicata per i pazienti privi di significative disabilità precedenti. È stato dimostrato che la trombolisi effettuata in Centri specializzati riduce significatamente la disabilità con un maggior numero di pazienti che a distanza di un anno dal trattamento si trovano a casa propria con sintomi assenti o comunque minimi.


Messa in memoria dei collaboratori defunti

Venerdì 13 novembre nella cappella del Sacro Cuore sarà celebrata una Messa in memoria dei collaboratori defunti della Cittadella della Carità

Venerdì 13 novembre alle 17.30 nella cappella Sacro Cuore sarà celebrata la Santa Messa in memoria di tutti i collaboratori defunti della Cittadella della Carità. L’Eucaristia è la celebrazione della comunione dei Santi che sono ancora in cammino (cioè dei battezzati) e dei Santi che sono già arrivati nel Regno di Dio. Sono inviati tutti gli operatori che hanno la possibilità di farsi presenti per questo momento di preghiera e comunione ecclesiale.


Malattie tropicali in zone d'alta quota: quali sfide?

Gli esperti del settore fanno il punto della situazione nelle video-interviste raccolte a margine di un convegno organizzato lo scorso 3 ottobre a Negrar

Patologie d’alta quota e malattie tropicali
E’ possibile rischiare di prendere la malaria e a distanza di poche ore trovarsi a combattere con il mal di montagna? Si possono temere contemporaneamente l’edema polmonare e la dengue? La concomitanza di questi rischi non è frequente e si presenta solo laddove ci sono montagne molto alte che si trovano nella fascia tropicale. Tuttavia si tratta di zone che negli ultimi anni sono frequentate sempre più spesso non solo da esperti scalatori o escursionisti, ma anche da turisti che amano i viaggi esotici e l’avventura. Basti pensare al Kilimangiaro, oppure al Perù e alla Bolivia. Proprio per confrontarsi sulle sfide sanitarie poste dall’incontro tra alta quota e ambienti tropicali, lo scorso 3 ottobre si è tenuto all’ospedale Sacro Cuore un convegno organizzato dal Centro per le Malattie Tropicali diretto dal dott. Zeno Bisoffi in collaborazione con la Società Italiana Medicina di Montagna.

Le video-interviste
Nella videogallery qui sotto gli esperti presenti al convegno parlano dei principali problemi legati a questo tema, dando utili consigli per i viaggiatori e per il personale sanitario che li assiste. Tra gli intervistati:
– Dr. Sundeep Dhillon (University College – London) parla degli ambienti estremi e delle sfide che essi pongono al corpo umano. Il dr. Dhillon, che ha scalato tutte le vette più alte dei vari continenti (seven summits), si trovava sull’Everest nella primavera del 1996, nel periodo in cui è ambientato il colossal cinematografico “Everest” di Baltasar Kormakur.

– Dott. Andrea Rossanese (Centro Malattie Tropicali – Negrar) presenta il convegno e le motivazioni di questo incontro tra medicina tropicale e medicina di montagna.

– Dott. Giancelso Agazzidott. Adriano Rinaldi e dott.ssa Annalisa Cogo (esperti di medicina di montagna) descrivono le principali patologie legate all’alta quota: mal di montagna, edema cerebrale ed edema polmonare.


Riabilitazione: i tempi dell'uomo al tempo dei robot

Scarica l'allegato PDF

“Fare riabilitazione oggi”, tra i robot e la necessità di mantenere e, per qualche aspetto, recuperare una storia da cui non si può prescindere. Convegno alla Gran Guardia il 5 e il 6 novembre.

“Ritorno al futuro”. E’ un titolo emblematico quello del convegno organizzato dal Dipartimento di Medicina fisica e Riabilitazione dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria e dal Dipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia dell’Università di Verona che si terrà alla Gran Guardia il 5 e il 6 novembre. Al centro della due giorni scientifica il “fare riabilitazione oggi”, tra le spinte in avanti della tecnologia e la necessità di mantenere e, per qualche aspetto, recuperare una storia da cui non si può prescindere. (vedi programma completo)

“La tecnologia e l’innovazione robotica sono strumenti utili e formidabili, ma il cervello ha i suoi tempi per riprendersi da un trauma o dalle conseguenze di una malattia e la riabilitazione, per essere efficace, non può prescindere dal lavoro necessario e quotidiano dei terapisti sul paziente. La riabilitazione è e sarà sempre fatta da uomini, nonostante i robot”, spiega il dottor Renato Avesani, direttore del Dipartimento dell’ospedale di Negrar. Dipartimento che da pochi mesi ha acquisito l’Ekso, l’esoscheletro robotico, l’ultima frontiera della riabilitazione per coloro che hanno perso totalmente o parzialmente la capacità di deambulare.(https://www.sacrocuore.it/lesoscheletro-robotico-lultima-frontiera-della-riabilitazione/)

L’esoscheletro sarà “protagonista” dell’ultima parte del simposio (il pomeriggio di venerdì 6 novembre) con le relazioni di Antonio Frisoli (professore associato di ingegneria meccanica e di robotica presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa) e del dottor Franco Molteni (direttore dell’Unità di Medicina riabilitativa dell’ospedale Valduce “Villa Beretta” di Costa Masnaga). Ci sarà anche la testimonianza come utente del primo maresciallo della Folgore, Simone Careddu, che ha perso l’uso delle gambe nel 2009 a causa di un attentato subito in Afghanistan.

La prima giornata del convegno, che si aprirà alle 9, si concentrerà in mattinata sulle più recenti tecniche di neuro immagine che utilizzano la Risonanza magnetica e la Pet per comprendere come si presenta il cervello dopo una lesione.

Ad aprire le relazioni sarà Martin Monti, docente all’ University of California Los Angeles, studioso della coscienza e del rapporto tra linguaggio e pensiero. A lui sarà dato il delicato compito di rispondere alla domanda: “Misurare la coscienza: si può?”, un interrogativo di particolare interesse soprattutto in presenza di stati vegetativi.

Nel pomeriggio invece, con la presentazione di pubblicazioni scientifiche, sarà trattato il tema della riabilitazione neuropsicologica e degli effetti positivi su persone con lesioni cerebrali, che comportano disturbi della memoria o difficoltà di riconoscimento di visi o oggetti.

La prima parte di venerdì 6 novembre sarà dedicata a “Il tempo della riabilitazione” con un’incursione nel rapporto tra riabilitazione e neuroscienze grazie alla relazione del dottor Adriano Ferrari, dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Mentre Luigi Perdon, fisiatra dell’ospedale di Vicenza, parlerà di “slow rehabilitation” accostandola alla “slow medicine”, il movimento che ha come principio: fare di più non significa fare meglio.

Nel pomeriggio sarà quindi la volta della robotica, sempre più presente nella riabilitazione non solo delle persone con lesione midollare ma di tutti coloro che presentano un disordine del cammino di origine neurologica (da stroke, esiti di trauma cranico, ecc.). “In questa sessione ci occuperemo delle grandi potenzialità e dei limiti dell’utilizzo di questa tecnologia, ascoltando anche le impressioni e le attese che nutre chi ha perso l’uso della deambulazione e magari vede nella robotica la possibilità di tornare a camminare nella quotidianità – prosegue il dottor Avesani -. Ma abbiamo voluto riservare uno spazio anche a una riflessione sulle implicazioni antropologiche ed etiche dell’avvento dei robot in riabilitazione. Se in un futuro non molto lontano si potrà muovere un braccio o camminare grazie a un dispositivo bionico, cambierà l’attuale definizione di uomo?”. Le relazioni su questo tema saranno tenute da Leonardo Piasere e Gianluca Solla entrambi docenti dell’Università di Verona.


Una rete per aiutare i malati di Alzheimer e le loro famiglie

Una sintesi filmata racconta la prima tappa del progetto promosso dal Centro Decadimento Cognitivo del Sacro Cuore per coinvolgere le realtà del territorio

Il progetto
Percorsi di stimolazione cognitiva per i pazienti con diagnosi di demenza, iniziative di sostegno alle loro famiglie e creazione di un’alleanza con le realtà economiche e sociali del territorio. Sono questi i tre pilastri del nuovo progetto promosso dal Centro Decadimento Cognitivo dell’ospedale Sacro Cuore di Negrar, afferente all’Uoc di Neurologia diretta dal dott. Claudio Bianconi.

Il filmato
La prima tappa del progetto si è svolta lo scorso 3 ottobre al Museo Nicolis di Villafranca, con un convegno dal titolo “Officina della memoria”. Nella videogallery qui sotto c’è la sintesi filmata del convegno, con le interviste ai relatori che presentano il neonato progetto di alleanza tra ospedale, pazienti, familiari e territorio.

Gli obiettivi
Già da alcuni anni il Centro porta avanti un percorso specifico per i pazienti ai quali è diagnosticata una qualche forma di demenza, in particolare il morbo di Alzheimer. Si tratta di cicli di incontri per piccoli gruppi di malati, dove vengono proposte attività per favorire in loro il maggior mantenimento possibile delle funzioni cognitive, quali il linguaggio, la memoria e l’attenzione. Parallelamente è partita una proposta rivolta ai familiari dei malati, per aiutarli a trovare le strategie più appropriate nell’assistenza ad una persona affetta da demenza.

Ora però il Centro ha deciso di fare un passo in più. Attraverso il nuovo progetto c’è infatti la volontà di aprirsi alle realtà del territorio, con l’obiettivo di far uscire i malati e le famiglie dall’isolamento e dalla solitudine che spesso risultano più gravosi della malattia stessa. Proprio la collaborazione del Museo Nicolis rappresenta una prima significativa risposta del territorio all’iniziativa che proseguirà con altre proposte e incontri nel corso del 2016.

Il convegno
Il convegno “Officina della memoria”, che è stato introdotto dal presidente dell’ospedale Sacro Cuore, fratel Gedovar Nazzari, e dai saluti dell’assessore ai Servizi Sociali del Comune di Verona, Anna Leso, è stato aperto da un intervento della dott.ssa Zaira Esposito, responsabile del Centro Decadimento cognitivo del Sacro Cuore, che ha parlato della differenza fra decadimento cognitivo fisiologico e patologico. Molto toccante è stata la testimonianza del dott. Alberto Cester, direttore del Centro Decadimento cognitivo dell’ospedale di Mirano (Ve), che ha raccontato la sua esperienza di figlio di una madre affetta da Alzheimer. In chiusura è intervenuta la dott.ssa Paola Poiese, psicologa e psicoterapeuta del Sacro Cuore, con alcune considerazioni sull’impatto emotivo della demenza sui pazienti e sulle famiglie.