Gli impulsi elettrici alleati contro i tumori cutanei

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Una nuova metodica che coniuga l’uso di chemioterapici con impulsi elettrici ad alta intensità: il primo caso trattato al Sacro Cuore

Si parlerà di Elettrochemioterapia mercoledì 17 giugno, a partire dalle 14.45, al Centro di formazione dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria in un incontro organizzato dal Dipartimento di Oncologia, diretto dalla dottoressa Stefania Gori. Specialisti dell’ospedale di Negrar, ma anche provenienti da Pavia, Bologna e Milano, faranno il punto sull’attuale applicazione di questa metodica nell’ambito oncologico.

L’Elettrochemioterapia è una modalità di trattamento delle lesioni tumorali che si è sviluppata negli ultimi anni e si basa sull’applicazione locale di impulsi elettrici ad alta intensità e di breve durata, tali da rendere le cellule più permeabili alla chemioterapia. L’impiego attuale dell’Elettrochemioterapia è per tutte le lesioni cutanee o sottocutanee di qualsiasi tipo di tumore, per le quali è indicato un trattamento palliativo. In alcuni casi l’Elettrochemioterapia può essere effettuata allo scopo di ridurre le dimensioni del nodulo tumorale per consentire ulteriori cure, come ad esempio l’esportazione chirurgica.

All’ospedale di Negrar è stato trattato poche settimane fa il primo paziente affetto da carcinoma cutaneo del volto, precedentemente sottoposto a numerosi interventi chirurgici.

I farmaci utilizzati per l’Elettrochemioterapia sono la bleomicina ed il cisplatino, chemioterapici ad alta azione citotossica, cioè capaci di uccidere con grande efficacia le cellule cancerose, ma con scarsa capacità di entrare nel citoplasma della cellula: arrivano così in aiuto gli impulsi elettrici ad alto voltaggio, applicati localmente con una particolare macchina. I farmaci vengono somministrati per via endovenosa e l’intero trattamento avviene in anestesia.
Negli ultimi 15 anni sono stati condotti numerosi studi con l’Elettrochemioterapia, nell’ambito dei quali sono stati complessivamente trattati oltre 1000 noduli in 247 pazienti. Sono state trattate metastasi cutanee di diversi tumori, come i carcinomi squamosi della testa e del collo, il melanoma, il carcinoma basocellulare, il carcinoma mammario, il sarcoma di Kaposi e il carcinoma vescicale. In questi studi, l’elettrochemioterapia si è dimostrata un trattamento attivo, con un tasso di risposte compreso tra il 48 e il 100% dei noduli trattati. L’efficacia maggiore si ottiene nelle lesioni di dimensioni limitate, dove l’intera massa tumorale può essere adeguatamente sottoposta all’impulso elettrico. In alcuni casi il trattamento deve essere ripetuto.


Il top della diagnostica contro il tumore al seno

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Benedizione inaugurale della rinnovata Radiosenologia: ambiente confortevole e mammografi di ultima generazione

In occasione della patronale del Sacro Cuore, il superiore generale dell’Opera Don Calabria ha impartito la benedizione inaugurale alla rinnovata Sezione di Senologia del Dipartimento di Diagnostica per immagini, diretto dal dottor Giovanni Carbognin.

Già attiva da alcuni mesi, la nuova Radiosenologia presenta un ambiente esteticamente piacevole con i colori del rosa antico. La ristrutturazione, che ha riguardato anche l’intera Radiologia collocata al primo piano del Sacro Cuore, ha postoparticolare attenzione alla privacy e al comfort delle pazienti. Sono stati infatti realizzati sei ampi spogliatoi, una stanza per i colloqui riservati e una sala di attesa dedicata. “La cura per l’estetica dell’ambiente – ha detto il dottor Carbognin – non è fine a se stessa. Questo è un reparto in cui entrano persone sane ed escono pazienti che scoprono di essere malati. Credo che sia importante che queste persone siano accolte in un ambiente confortevole e da personale che lavora con dedizione.

Ma è la dotazione tecnologica il vero fiore all’occhiello della nuova Sezione che comprende due apparecchiature per mammografia digitale di ultimissima generazione (una terza si trova al Centro diagnostico terapeutico ospedale Sacro Cuore di via San Marco, a Verona) dotati di Tomosintesi. Si tratta di un sistema che consente una particolare acquisizione tridimensionale delle immagini. Agendo come una TC, la Tomosintesi permette di ottenere un pacchetto di dati tale da analizzare strato per strato la mammella. Questo comporta notevoli vantaggi soprattutto per le donne più giovani che presentano un seno cosiddetto “denso”, in rapporto alla maggior rappresentazione di ghiandola e di tessuto fibroso di sostegno. “Perché è vero che l’incidenza del tumore al seno nella popolazione femminile aumenta con l’età – spiega il dottor Carbognin -. Ma è altrettanto vero che nelle donne giovani la neoplasia si presenta in forma più aggressiva e difficile da diagnosticare precocemente con i mammografi tradizionali”. Le nuove apparecchiature sono in grado di esaltare il contrasto tra i diversi tessuti che compongono la mammella e riconoscere lesioni ancora più piccole rispetto ai mammografi digitali precedenti, fino alla misura di pochi millimetri.

Attualmente la Tomosintesi viene applicata solo nei casi in cui è necessario un approfondimento diagnostico dopo una mammografia “tradizionale”. A breve tutte le pazienti potranno usufruire della sola Tomosintesi, evitando così che la doppia esposizione a radiazioni ionizzanti. Radiazioni tuttavia ininfluenti sulla salute della paziente: infatti procedendo con la mammografia standard e poi con la Tomosintesi, viene erogata una dose di radiazioni paragonabile a quella emessa dai precedenti mammografi digitali.

Nella Sezione di Radiosenologia vengono eseguite oltre agli esami senologici, ago-biopsie con guida ecografica; biopsie con tecnica “vuoto assistita” che permette di ottenere un campione istologico adeguato senza procedere chirurgicamente; e prelievi bioptici RM guidati. È uno dei primi Centri in Italia a proporre la crioablazione, procedura che utilizza le basse temperature per il trattamento di patologia mammaria in casi ben selezionati. La Sezione di senologia copre un arco di attività di 12 ore per cinque giorni alla settimana. Ogni giorno si sottopongono a esame senologico circa 75 donne.

La Sezione senologica del Dipartimento di diagnostica per immagini è parte del Centro di senologia dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria, un nucleo di diagnosi, cura e riabilitazione in cui gli specialisti lavorano in équipe per assicurare la migliore assistenza alle donne che devono affrontare il tumore al seno. Fanno parte del Centro, oltre ai radiologi, oncologi, chirurghi senologici, chirurghi plastici, medici di Medicina nucleare, radioterapisti, psicologi e medici riabilitativi. Nel 2014 sono stati 260 i nuovi tumori operati.


Da Negrar radiofarmaci per il Veneto

L’approvazione definitiva per Malattie tropicali e Medicina delle migrazioni ora spetta al Ministero della Salute

Con la delibera del 31 marzo, si è concluso l’iter regionale per il riconoscimento della qualifica di I.R.C.C.S. (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) per l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar relativamente all’ambito delle Malattie tropicali e della Medicina delle migrazioni.
Dopo l’accoglimento della richiesta da parte della Giunta veneta, tutta la documentazione dell’attività scientifica e assistenziale del Centro per le malattie tropicali è stata sottoposta alla quinta Commissione. Quest’ultima ha dato parere favorevole alla modifica della scheda di dotazione ospedaliera del nosocomio calabriano in vista del riconoscimento di I.R.C.C.S non solo per Malattie tropicali ma anche per la Medicina delle migrazioni, come è stato richiesto dalla direzione del “Sacro Cuore Don Calabria”.

Il 31 marzo la Giunta ha dato la sua definitiva approvazione. Il riconoscimento per la qualifica di Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico spetta in ultima istanza al Ministero della Salute a cui la Regione ha inoltrato richiesta evidenziando, come si legge nella delibera, la coerenza del riconoscimento con la programmazione sanitaria veneta.

Il procedimento richiede da sette mesi a un anno e prevede, oltre all’esame della documentazione, anche una visita accurata degli ispettori del Ministero all’ospedale per verificare i requisiti.

«Per la nostra struttura significa il riconoscimento dell’eccellenza del lavoro svolto da 25 anni nell’ambito delle Malattie tropicali, con una produzione scientifica e un’attività assistenziale che ha portato il Centro di Negrar ad avere una rilevanza non solo nazionale, ma anche europea – spiega il direttore amministrativo dell’ospedale dell’Opera Don Calabria, Mario Piccinini -. Significa inoltre la possibilità di accedere ai fondi specifici per la ricerca previsti dallo Stato e dall’Unione Europea che ci daranno l’opportunità di evolvere ulteriormente nell’ambito scientifico”.

Il Centro per le Malattie Tropicali, con il Servizio autonomo di Epidemiologia e il Laboratorio per le Malattie Tropicali, è attivo dal 1989; sotto l’attuale direzione del dottor Zeno Bisoffi è diventato Centro di riferimento regionale per le Malattie tropicali e dal 2014 collabora con l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Comprende oltre alla degenza per malattie tropicali e infettive, un Ambulatorio clinico per i pazienti che hanno soggiornato in Paesi tropicali e per altri casi di sospette malattie infettive-parassitarie; un Ambulatorio per le vaccinazioni internazionali e le consulenze pre-viaggio; un Laboratorio di Parassitologia, uno di Biologia Molecolare e un Laboratorio didattico. Ha un indice di attrazione extraregionale del 45,7%.


IRCCS: concluso l'iter regionale

L’approvazione definitiva per Malattie tropicali e Medicina delle migrazioni ora spetta al Ministero della Salute

Con la delibera del 31 marzo, si è concluso l’iter regionale per il riconoscimento della qualifica di I.R.C.C.S. (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) per l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar relativamente all’ambito delle Malattie tropicali e della Medicina delle migrazioni.
Dopo l’accoglimento della richiesta da parte della Giunta veneta, tutta la documentazione dell’attività scientifica e assistenziale del Centro per le malattie tropicali è stata sottoposta alla quinta Commissione. Quest’ultima ha dato parere favorevole alla modifica della scheda di dotazione ospedaliera del nosocomio calabriano in vista del riconoscimento di I.R.C.C.S non solo per Malattie tropicali ma anche per la Medicina delle migrazioni, come è stato richiesto dalla direzione del “Sacro Cuore Don Calabria”.

Il 31 marzo la Giunta ha dato la sua definitiva approvazione. Il riconoscimento per la qualifica di Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico spetta in ultima istanza al Ministero della Salute a cui la Regione ha inoltrato richiesta evidenziando, come si legge nella delibera, la coerenza del riconoscimento con la programmazione sanitaria veneta.

Il procedimento richiede da sette mesi a un anno e prevede, oltre all’esame della documentazione, anche una visita accurata degli ispettori del Ministero all’ospedale per verificare i requisiti.

«Per la nostra struttura significa il riconoscimento dell’eccellenza del lavoro svolto da 25 anni nell’ambito delle Malattie tropicali, con una produzione scientifica e un’attività assistenziale che ha portato il Centro di Negrar ad avere una rilevanza non solo nazionale, ma anche europea – spiega il direttore amministrativo dell’ospedale dell’Opera Don Calabria, Mario Piccinini -. Significa inoltre la possibilità di accedere ai fondi specifici per la ricerca previsti dallo Stato e dall’Unione Europea che ci daranno l’opportunità di evolvere ulteriormente nell’ambito scientifico”.

Il Centro per le Malattie Tropicali, con il Servizio autonomo di Epidemiologia e il Laboratorio per le Malattie Tropicali, è attivo dal 1989; sotto l’attuale direzione del dottor Zeno Bisoffi è diventato Centro di riferimento regionale per le Malattie tropicali e dal 2014 collabora con l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Comprende oltre alla degenza per malattie tropicali e infettive, un Ambulatorio clinico per i pazienti che hanno soggiornato in Paesi tropicali e per altri casi di sospette malattie infettive-parassitarie; un Ambulatorio per le vaccinazioni internazionali e le consulenze pre-viaggio; un Laboratorio di Parassitologia, uno di Biologia Molecolare e un Laboratorio didattico. Ha un indice di attrazione extraregionale del 45,7%.


Cancro: aumenta la sopravvivenza

Dati confortanti dal report 2014 dell’Aiom. Intervista al segretario nazionale, Stefania Gori, direttore dell’Oncologia medica di Negrar

“Il cancro deve fare meno paura, perché le armi per combatterlo ci sono e stanno dando buoni risultati”. È il messaggio che emerge da I numeri del cancro in Italia 2014 (scaricabile dal sito www.aiom.it) la pubblicazione annuale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) che riunisce oltre 2.600 soci e di cui è segretario nazionale la dottoressa Stefania Gori, direttore dell’Oncologia medica dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Il report è stato presentato lo scorso 28 aprile a Palazzo Madama: nel corso dell’incontro la dottoressa Gori ha tenuto una relazione su “Organizzazione, diritto alla migliore cura e appropriatezza: Libro Bianco dell’Oncologia e Linee Guida AIOM”, che può essere scaricabile dal sito di AIOM (cliccando qui) e anche di AIFA (cliccando qui).

Dottoressa Gori, quali dati positivi emergono dalla pubblicazione I Numeri del cancro in Italia?

«Innanzitutto a fronte di un incremento di nuovi casi di tumore all’anno (nel 2014 sono stati circa 366mila) si registra un aumento della sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi del 18% per gli uomini e del 10% per le donne. Su questo dato complessivo ha influito il rilevante miglioramento della sopravvivenza per alcuni dei tumori più frequenti: colon, mammella e prostata. Si stima, inoltre, che 2.250.000 persone in Italia vivano dopo una diagnosi di tumore».

A cosa sono dovuti questi numeri confortanti?

«Senza dubbio alla diagnosi precoce e a trattamenti più adeguati. Sulla diagnosi precoce, tuttavia, abbiamo delle notevoli differenze di adesione ai programmi di screening. Per quanto riguarda il tumore al seno nel 2013 al Nord hanno aderito più di 9 donne su 10, al Centro più di 8 donne su 10 e al Sud solo 4 donne su 10. Per questo l’AIOM ha avviato un progetto pilota in tre regioni meridionali (Campania, Sicilia, Sardegna) per sensibilizzare le donne ad aderire a questa fondamentale forma di prevenzione».

E per quanto riguarda le terapie?

«Un decisivo passo in avanti è dovuto all’introduzione delle terapie mirate: grazie ai test molecolari possiamo selezionare i pazienti per i quali i “farmaci a bersaglio” possono essere efficaci e agire solo sulle cellule malate preservando quelle sane. Per questi farmaci registriamo buoni risultati su alcuni sottogruppi del carcinoma della mammella, del polmone e del colon. A queste terapie personalizzate su bersagli cellulari si aggiunge un’altra arma importante per curare la malattia neoplastica, che è l’immunoterapia».

In cosa consiste?

«Si tratta sostanzialmente di farmaci che inducono l’organismo a riconoscere le cellule tumorali e ad aggredirle come un corpo estraneo. Abbiamo i primi dati per il melanoma maligno e il carcinoma metastatico del polmone».

La patologia neoplastica tende a diventare sempre di più una malattia cronica. Quali sono le conseguenze sul piano dell’assistenza di questi pazienti?

«È un tema rilevante per il sistema sanitario. Coloro che nella vita sono stati colpiti dalla patologia neoplastica sono persone che spesso manifestano particolari bisogni legati agli effetti collaterali a lungo termine dei trattamenti precedenti a cui si sommano le patologie proprie dell’invecchiamento. È necessario identificare all’interno dell’organizzazione ospedaliera le modalità più adatte di assistenza».

AIOM ha censito le strutture oncologiche in Italia. Qual è la situazione?

“Nel Paese sono state censite, al 31 marzo 2015, 319 strutture di Oncologia medica (28 nel Veneto, ndr), con una distribuzione proporzionale al numero degli abitanti. Per il 69% sono strutture complesse (cioè con un primariato), e nel 60% dei casi sono dotate di letti di degenza. Nel 90% possono usufruire in loco dell’Anatomia patologia, e nel circa il 60% della Radioterapia e del Laboratorio di Biologia molecolare. Tutti indicatori per individuare (assieme al Servizio di Psiconcologia) quali centri sono in grado di offrire un’assistenza completa al paziente. Tutto sommato la situazione italiana è buona, sebbene siano ancora in via di programmazione in molte regioni le Reti oncologiche con gli obiettivi di garantire la tempestività nella presa in carico dei pazienti, fornire adeguati livelli di cura e di continuità dell’assistenza, oltre all’equità nelle condizioni di accesso e di fruizione dei servizi sanitari (la Regione Veneto, con Deliberazione della Giunta regionale n. 2067 del 19.11.2013, ha istituito la Rete Oncologiaca-ROV- ndr). Le Reti oncologiche, assieme a una capillare diffusione delle Linee Guida diagnostico-terapeutiche e alla condivisione dei Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA), favorirebbero inoltre una maggiore appropriatezza delle cure e di conseguenza un controllo sulla spesa, derivante anche da una diminuzione degli esami non necessari».

Per quanto riguarda la ricerca oncologica, qual è la situazione in Italia?

«Meno della metà delle Strutture oncologiche censite sono impegnate in sperimentazioni cliniche. È una dato che fa riflettere. La ricerca clinica all’interno dell’Oncologia Medica non può essere considerata una spesa. Essa influisce positivamente sulla qualità della pratica clinica: le strutture che svolgono studi clinici migliorano la loro pratica clinica e possono impiegare farmaci non ancora in commercio, a beneficio dei pazienti. Inoltre, fare ricerca comporta un rientro economico, grazie anche alla collaborazione con le aziende farmaceutiche. Per questi motivi, la ricerca clinica in Oncologia deve essere supportata (cosa che gli oncologi hanno sempre sostenuto) a livello nazionale, regionale e di strutture sanitarie. Non a caso AIOM nei convegni nazionali ha già iniziato a coinvolgere il ministero della Salute, AIFA, Farmindustria, le Direzioni Generali delle Aziende Sanitarie, SIFO, SIF, COMU, CIPOMO, e tutte le realtà coinvolte sul fronte della ricerca. AIOM il 16 aprile ha fondato la Federazione dei gruppi italiani di ricerca oncologica al fine di incidere in maniera ancora più determinata nel raggiungimento di questi obiettivi. Ed inoltre ha istituito lo scorso marzo, il Gruppo di Lavoro dei Coordinatori della Ricerca Clinica, dopo quello, alcuni anni fa, degli Infermieri che operano in ambito oncologico”.

L’ospedale Sacro Cuore Don Calabria può essere considerato unComprehensive Cancer Center essendo dotato di: Oncologia medica, Anatomia patologica, Laboratorio di Biologia molecolare, Dipartimento di Diagnostica per immagini, Chirurgia oncologica, Medicina nucleare e Terapia radiometabolica, Radioterapia oncologica, Chirurgia plastica, Radiofarmacia con Ciclotrone, Counseling genetico, Farmacia, Nucleo di ricerca clinica, Psiconcologia, Cure palliative e Terapia Antalgica, Riabilitazione oncologica. Nel 2014 sono stati autorizzate dal Comitato etico provinciale 27 sperimentazioni cliniche dell’ospedale Sacro Cuore: 17 hanno interessato l’Oncologia.


Scambio formativo con la Bielorussia

Si rafforza la collaborazione tra la Neurologia e il Centro neurologico di Minsk con la presenza a Negrar di medici bielorussi

 

Prosegue e si rafforza la collaborazione nel campo della formazione neurologica tra l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria e il Centro di riferimento scientifico nazionale neurologico e neurochirurgico di Minsk, in Bielorussia. Nell’ambito di tale progetto, tra la fine di marzo e l’inizio di aprile, due medici bielorussi sono stati ospiti a Negrar, dove hanno potuto seguire da vicino l’attività svolta nell’Unità operativa di Neurologia e Neurofisiologia clinica, diretta dal dottor Claudio Bianconi.
Nel corso di questo primo scambio formativo si è realizzato un vivace e interessante confronto sulla diagnosi e il caring dei malati di Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), malattia neurodegenerativa con un’incidenza molto simile in Italia e in Bielorussia. «La presa in carico di questi pazienti è un tema molto delicato ed è fondamentale la possibilità di confrontarsi a livello internazionale sulle terapie più appropriate e sulle prospettive di ricerca», spiega il dottor Bianconi.

Con i medici bielorussi si è parlato anche dei protocolli e degli standard da seguire nella gestione di alcune delle patologie neurologiche più frequenti. «In Bielorussia ci sono molti medici preparati, ma dopo tanti anni di isolamento internazionale hanno la necessità di conoscere e condividere le linee guida applicate in Europa riguardo ad alcune malattie», dice il dottor Gianluca Rossato, il neurologo che ha seguito i medici Yuliya Rushkevich e Caleb Zabrodzets nella loro permanenza a Negrar. Proprio il dottor Rossato, specialista dei disturbi respiratori del sonno e responsabile del Centro a essi dedicato, ha illustrato ai due medici il metodo diagnostico della polisonnografia e il funzionamento di altri strumenti come l’elettromiografia.

La collaborazione tra il Sacro Cuore Don Calabria e il Centro neurologico di Minsk, suggellata lo scorso settembre a Negrar, è un progetto di ampio respiro fortemente voluto dal nunzio apostolico in Bielorussia, il veronese mons. Claudio Gugerotti, in accordo con il Ministero della Salute dell’ex Repubblica Sovietica. Si tratta di una collaborazione che va ad ampliare l’attività all’estero del Sacro Cuore, già presente da molti anni con programmi di cooperazione negli ospedali dell’Opera Don Calabria a Marituba, in Brasile, e a Luanda, in Angola.

Ora il progetto formativo rivolto ai medici bielorussi proseguirà con altri scambi e in prospettiva si aprirà a nuovi settori. «Nei prossimi mesi è prevista la visita di altri colleghi provenienti da Minsk per effettuare percorsi formativi specifici sull’epilessia e sulle malattie cerebrovascolari. L’obiettivo è quello di formare dei medici che poi possano a loro volta fare formazione nel loro Paese, dal momento che lavorano nel Centro di riferimento nazionale per la Neurologia e la Neurochirurgia», conclude il dottor Bianconi. Inoltre si sta valutando per il 2016 la possibilità che i neurologi del “Sacro Cuore” si rechino a Minsk per organizzare con i due colleghi bielorussi un corso di elettromiografia e polisonnografia da proporre ai medici locali.


Una nuova Madre per le suore di don Calabria

Si conclude domenica 14 giugno il Capitolo delle Povere Serve della Divina Provvidenza

Volge ormai alle battute finali l’XI Capitolo generale delle Sorelle Povere Serve della Divina Provvidenza, congregazione femminile fondata da san Giovanni Calabria nel 1910. Tutta la Famiglia calabriana è invitata alla Messa di conclusione che sarà celebrata a San Zeno in Monte (Vr), presso la Casa Madre dell’Opera, domenica 14 giugno alle 10,30. A celebrare sarà il Casante, padre Miguel Tofful.

Il Capitolo delle Povere Serve, iniziato lo scorso 24 maggio, si sta svolgendo nell’abbazia di Maguzzano e vede la partecipazione di rappresentanti delle Sorelle provenienti dalle varie parti del mondo dove la Congregazione è presente (Italia, Romania, Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay, India, Filippine, Angola e Kenya).

Durante il Capitolo c’è stata l’elezione della nuova Madre generale che guiderà le Povere Serve nei prossimi sei anni. Si tratta di sor. Lucia Bressan, italiana di Treviso, eletta dalle consorelle il 4 giugno. Madre Lucia sarà affiancata da un nuovo Consiglio generale che risulta così composto: sor. Maria Rosa Girlanda (italiana, vicaria generale), sor. Marcia Faé (brasiliana), sor. Graciela Ramseyer (argentina) e sor. Jonà M. Santos da Silva (brasiliana). La nuova Madre, che ha 52 anni e nello scorso sessennio era economa generale, va a sostituire sor. Maria Chiara Grigolini, Madre generale negli ultimi dodici anni.

Le Povere Serve sono il ramo femminile dell’Opera fondata da san Giovanni Calabria, dove il ramo maschile è rappresentato dai Poveri Servi della Divina Provvidenza. Attualmente le Sorelle sono oltre 100, con comunità sparse in 10 Paesi. Le attività svolte sono prevalentemente in campo educativo.