Oltre mille "invisibili" curati al Sacro Cuore

Ci sono molti profughi, ma anche minori stranieri e semplici immigrati tra le persone che ogni anno vengono accompagnate nel loro percorso di cura dall’Ufficio aiuti umanitari sanitari dell’ospedale di Negrar

C’è Khalid, un giovane di 30 anni proveniente dal Gambia, con lo status di rifugiato, che quando è arrivato all’ospedale Sacro Cuore Don Calabria aveva letteralmente i capelli bianchi per la fame. Poi c’è Marius, piccolo ragazzino residente nell’Est europeo, alla disperata ricerca di una terapia per l’osteosarcoma che gli è stato da poco diagnosticato. E Lia, la bambina giunta a Negrar dall’Africa per delle cure ortopediche, alla quale dopo gli esami di routine è stato identificato il virus dell’Aids. Oppure Costantin, l’operaio rumeno che a Ferragosto ha attraversato la Valpolicella in bici con la figlioletta appena nata adagiata in una scatola di cartone sul portapacchi, perché la piccola stava male e aveva bisogno di un aiuto.

I nomi sono tutti di fantasia, ma le storie sono vere. E l’elenco potrebbe continuare a lungo. È l’elenco delle oltre mille persone che ogni anno vengono assistite al Sacro Cuore Don Calabria anche se non sono coperte dal Sistema sanitario nazionale. Sono soprattutto immigrati che vivono in condizioni di estrema povertà. In genere si trovano al di fuori del sistema perché sono in attesa dello status di rifugiati, oppure perché non hanno seguito l’iter burocratico in modo corretto o in alcuni casi hanno bisogno di cure prima che il percorso di regolarizzazione sia completato.

Per assistere queste persone, nel 2005 l’ospedale negrarese ha attivato l’Ufficio aiuti umanitari sanitari, raccogliendo l’eredità del lavoro di accoglienza avviato da fratel Matteo Ponteggia, religioso calabriano all’epoca vicepresidente del nosocomio e scomparso prematuramente.

Da quando l’ufficio si è strutturato, le richieste di aiuto sono andate sempre aumentando, con una vera e propria impennata a partire dalla primavera 2014 in concomitanza con l’emergenza profughi. Lo scorso anno le persone assistite sono state 1.058, mentre nei primi otto mesi del 2015 il numero è salito a 1.100, con una grande prevalenza di rifugiati e richiedenti asilo. Spesso queste persone sono indirizzate verso il Sacro Cuore Don Calabraia per la presenza del Centro di Malattie tropicali che può dare una consulenza qualificata anche su eventuali patologie specifiche della loro terra d’origine.

Le prime richieste di aiuto sanitario relative ai profughi sono arrivate nell’aprile 2014, con la mediazione del Cesaim (Centro per la Salute degli immigrati, ndr) – spiega Alessandra Bisin, responsabile operativa dell’Ufficio aiuti umanitari del Sacro Cuore Don Calabria -. Abbiamo iniziato con il far fronte alle cure delle persone apparentemente più bisognose, per poi impostare nel tempo un percorso di screening sanitario completo, comprendente le analisi del sangue, quelle delle feci e delle urine e la radiografia al torace. In questo modo ci siamo resi conto di chi aveva bisogno di ulteriori cure e ci siamo dati da fare per accompagnare queste persone nel loro percorso sanitario“.

Compito dell’ufficio è dunque di favorire un lavoro di rete all’interno dell’ospedale, coinvolgendo i vari reparti e organizzando le cose in modo che non siano penalizzati gli altri cittadini che hanno diritto a ricevere le prestazioni. Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia, ovvero il dialogo con le istituzioni chiamate a farsi carico dei profughi: dalle comunità di accoglienza alla Questura, dal Comune alla Prefettura, dai distretti sanitari alle organizzazioni caritative.

Un altro campo di intervento riguarda i minori stranieri non accompagnati. Nel corso del 2014 sono state fornite 469 prestazioni sanitarie rivolte a questi ragazzi che in genere sono ospiti delle comunità di accoglienza dell’Opera Don Calabria. In altri casi l’Ufficio aiuti umanitari porta avanti progetti specifici rivolti a bambini stranieri che hanno bisogno di cure particolari, ma non possono permettersele perché poveri o perché nel loro Paese non sono disponibili trattamenti adeguati. Una parte degli aiuti, infine, riguarda persone italiane costrette a venire a Negrar da altre regioni d’Italia per ricevere cure non disponibili nel loro luogo d’origine. Come nel caso di Rosa, una ragazza proveniente dal Sud Italia affetta da una malattia rara e costretta ogni anno a lunga permanenza al Sacro Cuore Don Calabria.

In tutte le richieste di aiuto che arrivano c’è una sofferenza di fondo e c’è una domanda di sostegno anche spirituale – dice don Waldemar Longo, vicepresidente dell’ospedale e responsabile degli “aiuti umanitari”, che lo scorso anno ha raccolto il testimone dal suo confratello don Ivo Pasa che aveva seguito l’ufficio per quasi dieci anni -. Sono convinto che questa attività sia una delle più belle espressioni della nostra missione di aiuto ai più bisognosi. Una missione che, in linea con quanto voleva il nostro fondatore, mette al centro la persona nella sua globalità“.

La persona al centro, dunque. Come Khalid, che dopo un mese di ricovero ha di nuovo i capelli neri. O come Marius, che sta ancora combattendo contro l’osteosarcoma, ma è meno solo di prima. Anche perché Rosa, la ragazza italiana affetta da una malattia rara, un giorno ha chiesto che le procurassero un rosario ed ora continua a pregare per lui.

matteo.cavejari@sacrocuore.it


Un filo diretto tra Negrar e Bruxelles

Il Sacro Cuore è la prima struttura sanitaria ad aver stipulato una convenzione con la sede della Regione Veneto aperta nella capitale belga per dare consulenza alle aziende nei rapporti con l’Europa

Il Sacro Cuore è la prima struttura sanitaria veneta ad aver stipulato una convenzione con la sede di Bruxelles della Regione Veneto. Grazie a questo accordo, siglato nel giugno 2014, il nosocomio della Valpolicella può contare, unico nel Veneto, sulla consulenza dell’ufficio regionale per la partecipazione ai bandi della Commissione Europea relativi ai nuovi programmi continentali di finanziamento in campo sanitario, come Horizon 2020 (l’8° programma quadro europeo sulla ricerca e innovazione) e molti altri.

La collaborazione dell’Ufficio regionale di Bruxelles riguarda anche la ricerca dei partners europei, favorendo un lavoro di rete che spesso risulta requisito necessario per accedere ai bandi, non solo nel settore “salute”, ma anche nelle “chiamate” riguardanti l’ambito farmaceutico e le nuove tecnologie.

I principali settori di attività in cui la Sede regionale di Bruxelles attualmente opera, oltre alle politiche socio-sanitarie, sono quelli dell’agricoltura, dell’energia e ambiente, della cultura, dell’immigrazione, della ricerca e innovazione e dei trasporti. La Direzione segue inoltre i lavori del Comitato delle Regioni e garantisce il collegamento con le altre principali istituzioni europee.


Mario Piccinini è amministratore delegato della Cittadella della carità

Il Consiglio di amministrazione della Cittadella della carità ha nominato Mario Piccinini amministratore delegato. Direttore amministrativo Claudio Cracco. Confermato direttore sanitario Fabrizio Nicolis

Nuovo assetto direzionale per la Cittadella della carità di Negrar, che comprende anche l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Il Consiglio di amministrazione ha nominato amministratore delegato il dottor Mario Piccinini, già direttore amministrativo, incarico, quest’ultimo, che sarà assunto dal dottor Claudio Cracco. Confermato come direttore sanitario il dottor Fabrizio Nicolis.

Gli incarichi avranno la durata di cinque anni a partire dal prossimo 1° gennaio 2016. A comunicarlo ai quasi 2mila dipendenti il presidente fratel Gedovar Nazzari, economo generale dei Poveri servi della Divina Provvidenza, Congregazione fondata da san Giovanni Calabria di cui la Cittadella della carità è una delle opere.

Il nuovo assetto direzionale si è reso necessario per la complessità raggiunta dal Sacro Cuore Don Calabria, ospedale classificato equiparato e presidio ospedaliero accreditato della Regione Veneto, quindi ospedale pubblico a tutti gli effetti benché a gestione privata. Quinto nosocomio nel Veneto per numero di ricoveri (nel 2015 i ricoveri sono stati circa 29mila, con un’attrazione extraregionale del 24,6%), è dotato di 508 posti letto e di eccellenze diagnostiche e terapeutiche, in particolare nell’ambito oncologico. Inoltre è in corso presso il ministero della Salute l’iter di riconoscimento di Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) per quanto riguarda le malattie tropicali e la medicina delle migrazioni.

Oltre all’ospedale Sacro Cuore Don Calabria, la Cittadella della carità comprende Casa Perez che accoglie persone non autosufficienti soprattutto pazienti con disagi psichici; Casa Clero per i sacerdoti e i religiosi anziani e Casa Nogarè, che si configura come RSA, casa di riposo e speciale unità permanente di accoglienza per gli stati vegetativi. Complessivamente sono 365 posti letto che si aggiungono ai 508 dell’ospedale per acuti. Questo fa della Cittadella della carità l’unico esempio in Italia di Comprehensive Health Center, dove sulla stessa area gravitano strutture sanitarie e sociali che si fanno carico delle cure globali della persona.

Gemmazione dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria sul territorio del comune di Verona sono il Centro diagnostico terapeutico Sacro Cuore e il Centro odontostomatologico Sacro Cuore che si trovano in via San Marco 121, nell’area del Centro polifunzionale Don Calabria.

Il dottor Mario Piccinini, 64 anni, si è laureato in Giurisprudenza all’Università di Modena e ha conseguito un Master in Economia Sanitaria all’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Ha lavorato sempre all’ospedale Sacro Cuore Don Calabria, diventando direttore amministrativo nel 1991 fino alla nomina di amministratore delegato. All’interno dell’Aris (Associazione religiosa istituti socio sanitari) è presidente triveneto, consigliere nazionale, membro della Commissione nazionale per i rinnovi contrattuali di medici e non medici. E’ vicepresidente della Fondazione Don Calabria per le Malattie tropicali. E’ stato per sei anni vicepresidente della Fondazione Poliambulanza- Istituto ospedaliero di Brescia.


Smog e malattie respiratorie: i sintomi da non sottovalutare

In che misura l’inquinamento da polveri sottili favorisce l’insorgere di asma, tosse e bronchite? Ne abbiamo parlato con il dott. Carlo Pomari, responsabile dell’Unità di Pneumologia al Sacro Cuore

Il clima di queste settimane ha riportato alla ribalta il problema dell’inquinamento in molte città italiane oltre che padane, dove da molti giorni consecutivi si superano i limiti di polveri sottili nell’aria, le famigerate pm10. Ma cosa comporta esattamente questa situazione per il nostro fisico? E quali sono gli effettivi rischi per la salute? Ne abbiamo parlato con il dottor Carlo Pomari, responsabile dell’Unità semplice di Pneumologia del Sacro Cuore Don Calabria (5mila pazienti, per un totale di 14mila prestazioni all’anno).

Dott. Pomari, c’è un legame diretto tra l’inquinamento da polveri sottili e le patologie delle vie respiratorie?
Sicuramente un alto livello di inquinamento da pm10 favorisce l’insorgere di patologie quali asma, tosse, bronchiti e infezioni delle vie respiratorie in genere. Tuttavia, mentre questo fatto è evidente nell’aumento delle patologie acute, ci sono molti meno riscontri sulla natura di tale legame per quanto riguarda le patologie croniche.

Significa che l’inquinamento non incide sulle patologie respiratorie croniche?
No, significa che su questo tema ci sono pochi studi scientifici. Uno di questi studi, tra l’altro, si inserisce nel progetto “Scopri il tuo respiro” portato avanti da dieci anni ad opera del servizio di Fisiopatologia respiratoria del Sacro Cuore, in collaborazione con l’epidemiologo e biostatistico Massimo Guerriero, docente di statistica applicata all’Università di Verona.

Cosa avete scoperto?
Il progetto ha coinvolto 25mila veronesi in una serie di iniziative volte a prevenire lo sviluppo di malattie respiratorie croniche ostruttive. In particolare è emerso che il 9,1% della popolazione esaminata soffre di patologie ostruttive croniche – BPCO, ovvero broncopneumopatia cronico ostruttiva. Si tratta di un dato in linea con il resto d’Europa; vivere quindi in una zona dove in inverno si sforano spesso i limiti di pm10 potrebbe contribuire allo sviluppo di tali patologie. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Respiratory Medicine (vedi sommario dell’articolo).

Allora possiamo fare a meno della mascherina quando camminiamo per strada?
Diciamo che il superamento del limiti di inquinamento non fa bene, tuttavia ci sono tanti fattori che possono incidere di più sulla nostra salute: il fumo, lo stile di vita, l’alimentazione… Certamente molto dipende da quanta aria inquinata si respira e per quanto tempo. Direi che la mascherina non serve se uno va due ore in centro a far compere. Diverso il discorso se uno abita su una via molto trafficata o se per lavoro sta sulla strada tutto il giorno.

Però più del 9% della popolazione soffre di una patologia ostruttiva ai polmoni, non è un dato insignificante…
Pensi che molti manifestano i sintomi eppure non sanno nemmeno di avere questa patologia. Il fatto è che spesso si sottovalutano i problemi alle vie respiratorie, attribuendoli a malanni passeggeri. Invece a volte c’è dietro una patologia cronica.

Quali sono i campanelli d’allarme?
I campanelli d’allarme, spesso amplificati dall’inquinamento, sono: persistenza della tosse, catarro al risveglio, difficoltà respiratoria sotto sforzo. Il presentarsi ricorrente di uno di questi sintomi, specialmente in persone con più di 45 anni e con un passato o un presente da fumatori, deve suggerire un approfondimento.

Con quali esami?
Si deve fare una visita pneumologica e una spirometria, che è un esame non invasivo per valutare la corretta funzionalità del polmone.

E la prevenzione?
La prevenzione va fatta sensibilizzando la popolazione fin dall’adolescenza a seguire uno stile di vita sano, senza fumo, e a riconoscere eventuali sintomi di sofferenza alle vie respiratorie. Per questo siamo da poco partiti con un progetto che coinvolge 1400 studenti delle scuole superiori veronesi, che verranno sottoposti a spirometria e adeguatamente informati su tutto ciò che riguarda le patologie respiratorie croniche (vedi articolo di approfondimento).

matteo.cavejari@sacrocuore.it


Gli auguri di buon Natale con le parole di san Giovanni Calabria

“Dal fondo del cuore invio i miei fervidi auguri: Buon Natale e Buon Anno Santo, nella pace, nell’amore sempre più ardente al Signore, che ci ha chiamato ad essere suoi collaboratori nel ministero delle anime…” (prosegue all’interno)

Affidiamo alle parole di san Giovanni Calabria, fondatore nel 1907 dell’Opera di cui fa parte anche il nostro ospedale, il compito di porgere a tutti i migliori auguri di un buono e santo Natale 2015:

“Dal fondo del cuore invio i miei fervidi auguri: Buon Natale e Buon Anno Santo, nella pace, nell’amore sempre più ardente al Signore, che ci ha chiamato ad essere suoi collaboratori nel ministero delle anime” (SAN GIOVANNI CALABRIA, 17-12-1949). “L’Anno Santo, che si sta celebrando, è un nuovo potente stimolo a farci santi, a rinnovarci nello spirito puro e genuino del Vangelo … Perché sia un anno del gran perdono, santifichiamo noi stessi, rivestiamoci dello spirito di Cristo, così da essere ministri di perdono e di pace presso i nostri fratelli” (SAN GIOVANNI CALABRIA, 29-1-1950).

“Accetti il mio personale augurio di Buon e Santo Natale per Lei e tutti i di Lei cari. La Provvidenza ci ha uniti con un mirabile vincolo, sempre la ricordo nelle mie povere preghiere e la tengo unito a quest’Opera di Dio”. (SAN G. CALABRIA, Lettera a un collaboratore, 1952)


Reflusso gastrico e obesità: ora c'è il chirurgo-robot

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Interventi mininvasivi per lo stomaco “in fiamme” e l’obesità grazie al robot chirurgico “Da Vinci Xi”: se ne parla in sala Perez sabato 12 dicembre

Sono le cattive abitudini alimentari, il filo rosso del terzo aggiornamento in Gastroenterologia che si terrà sabato 12 dicembre a partire dalle 8.30 nella sala convegni Perez dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Temi della giornata di formazione il reflusso gastroesofageo e l’obesità: una patologia, la prima, molto diffusa, mentre la seconda è in rapido incremento anche nella patria della “dieta mediterranea”. Entrambe sono legate a stili di vita sbagliati, senza contare che chi soffre di sovrappeso molto spesso è tormentato da “uno stomaco in fiamme”. Inoltre quando un’alimentazione più sana, una vita meno sedentaria e i farmaci non bastano, sia per il reflusso gastroesofageo che per l’obesità può intervenire la terapia chirurgica. Non a caso la giornata di aggiornamento è organizzata dall’Unità operativa complessa di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva, diretta dal dottor Paolo Bocus, dalla Chirurgia generale, diretta dal dottor Giacomo Ruffo, e dal Centro per le malattie colon-rettali, guidato dal dottor Andrea Geccherle.

Ma cos’è il reflusso gastroesofageo, di cui, secondo le stime, soffre il 20% della popolazione dei Paesi occidentali? “La patologia si verifica quando i succhi gastrici dello stomaco, risalendo, vengo a contatto con la parete dell’esofago provocando bruciore dietro lo sterno e rigurgito acido, i sintomi più comunemente riferiti dai pazienti”, spiega il dottor Bocus. Il reflusso è provocato dal rilassamento dello sfintere esofageo inferiore, cioè la “valvola” che si apre per far passare il cibo dall’esofago allo stomaco e, in condizioni normali, si chiude una volta ingerito il bolo. A volte alla base del reflusso vi è l’ernia iatale, cioè lo scivolamento dello stomaco in torace attraverso il diaframma.

Il reflusso può essere favorito innanzitutto dal sovrappeso e dall’obesità (in particolare dall’ampiezza del girovita), e in genere dalla cattiva alimentazione con una dieta ricca di grassi animali che rallentano lo svuotamento gastrico, pasti abbondanti prima di coricarsi, abuso di alcol, caffè, tè, cioccolato, menta, bevande fortemente acide. Il fumo è un altro fattore, insieme ai farmaci che “infiammano” l’esofago, come gli antinfiammatori non steroidei (FANS). “E’ una patologia molto diffusa che impegna notevolmente sia i medici di medicina generale sia gli specialisti – prosegue Bocus – in quanto il reflusso esofageo ha una sintomatologia atipica come mal di gola ricorrente, tosse, bronchiti croniche e asma bronchiale, fino alle tachiaritmie, con dolori così forti al petto da far pensare a un sospetto infarto”. L’importante è non sottovalutare i sintomi, perché un reflusso cronico può causare l’esofagite che può svilupparsi in cancro all’esofago.

La terapia è soprattutto farmacologica per ridurre la secrezione acida dello stomaco, ma quando i farmaci non bastano, in pazienti selezionati, è possibile procedere chirurgicamente. Al Sacro Cuore Don Calabria l’intervento viene eseguito tramite il Robot “Da Vinci Xi” (foto 1). La fundoplicatio gastrica (questo è il nome dell’intervento, foto 2) consisteste nel creare attorno alla valvola che separa l’esofago dallo stomaco una sorta di manicotto, ricavato dallo stomaco stesso, che rinforza la continenza della valvola e impedisce la risalita dei succhi gastrici dallo stomaco. “L’intervento veniva prima praticato in laparoscopia ora possiamo avvalerci del robot, che permette un approccio ancora meno invasivo – spiega il dottor Ruffo -. L’intervento ha la durata di circa un’ora e mezza e dopo circa tre giorni il paziente viene dimesso. In un anno sono stati trattati chirurgicamente una trentina di pazienti”.

Sono sempre i bracci del robot, guidati dalla consolle del chirurgo, ad intervenire nei pazienti obesi, quando un regime alimentare ipocalorico e l’attività fisica non danno i risultati sperati e il peso compromette la salute della persona stessa. “Il bypass gastrico (foto 3) consiste nella creazione di una piccola sacca gastrica collegata direttamente al piccolo intestino – spiega il dottor Roberto Rossini, chirurgo bariatrico -. Riducendosi drasticamente l’ampiezza dello stomaco, il paziente avverte subito una sensazione di sazietà e contemporaneamente viene ridotto anche l’assorbimento del cibo”. In laparoscopia viene invece eseguito l’altro intervento di chirurgia bariatrica, la sleeve gastrectomy (foto 4). “Si procede all’asportazione di gran parte dello stomaco, che assume la forma di un tubo collegato al duodeno. Anche la sleeve gastrectomy ha come risultato maggior senso di sazietà, non solo per la riduzione dello spazio di contenimento del cibo, ma anche perché viene esportata quella parte dello stomaco che produce un ormone che favorisce l’appetito”, conclude il chirurgo. Entrambi gli interventi sono indicati per pazienti con Indice di Massa Corporea (BMI, il rapporto tra peso e altezza) superiore a 40, ma anche per le persone con BMI superiore a 35 in presenza di altre patologie.

“Tuttavia non è solo il peso a determinare la candidatura – sottolinea Rossini -. L’intervento non è la soluzione all’obesità, ma l’inizio di un percorso per curarla. Coloro che si sottopongono all’intervento devono essere quindi persone preparate a un cambiamento drastico del loro stile di vita e dell’immagine che loro (e gli altri) hanno di se stessi”. Per questo i pazienti sono valutati precedentemente da un team multidisciplinare, coordinato dal dottor Andrea Geccherle, e composto dal dottor Rossini, dalla dottoressa Eleonora Geccherle, psicologa, e dalla dietista Federica Scali, con cui collaborano gli specialisti inerenti alle varie patologie che il possibile candidato all’intervento può presentare. “Il team nasce per la valutazione dei pazienti obesi – precisa il dottor Geccherle – ma la sua vocazione futura sarà quella di occuparsi di salute alimentare in generale, dai problemi legati all’alimentazione (bulimia e anoressia) all’educazione alimentare, cioè al cibo come salute”.

elena.zuppini@sacrocuore.i


"Scopri il tuo respiro" inizia dal Medi di Villafranca

Al via il progetto “Scopri il tuo respiro” sulla salute respiratoria dei ragazzi: 200 studenti del liceo Medi di Villafranca saranno sottoposti a spirometria il 4 e il 5 dicembre

Parte dal liceo Enrico Medi di Villafranca, il progetto “Scopri il tuo respiro“, l’indagine sulla salute respiratoria degli studenti promossa dal Servizio di Fisiopatologia respiratoria dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, diretto dal dottor Carlo Pomari, che coinvolgerà 1.400 studenti di Verona e provincia. Allo studio collabora anche l’Unità di Epidemiologia ambientale polmonare dell’Istituto di Fisiologia clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Pisa.

Il 4 e il 5 dicembre più di 200 ragazzi delle classi quinte dell’Istituto villafranchese saranno sottoposti a spirometria, un esame non invasivo per valutare la corretta funzionalità del polmone.

Nella giornata del 26 novembre scorso gli studenti sono stati invitati a compilare un questionario relativo ai sintomi respiratori e al loro stile di vita. Uno pneumologo dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria comunicherà in tempo reale ai ragazzi il risultato della spirometria, indicando eventuali esami di approfondimento.

Il Servizio di Fisiopatologia respiratoria in collaborazione con l’epidemiologo e biostatistico Massimo Guerriero, docente di Statistica applicata all’Università di Verona, è impegnato dal 2005 in iniziative scientifiche mirate a prevenire lo sviluppo delle malattie respiratorie croniche ostruttive nella popolazione generale. Patologie in fortissimo incremento con un conseguente elevato onore socio-sanitario ed economico. L’Organizzazione mondiale della sanità ha stimato che nel 2020 le malattie respiratorie croniche ostruttive saranno la terza causa di morte.

Il progetto “Scopri il tuo respiro” in dieci anni ha coinvolto circa 25mila veronesi, ma iniziative analoghe sono state “esportate” anche nelle città di Modena, Reggio Emilia e Venezia, interessando complessivamente 8mila persone. I risultati dell’ultima ricerca effettuata nel capoluogo scaligero nel 2010-2011 sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista internazionale Respiratory Medicine. I dati emersi hanno rilevato che un veronese su dieci soffre di malattie respiratorie croniche, valore, seppure alto, in linea, se paragonato, con analoghe città europee.

Lo studio sulla popolazione giovanile si rende necessario sulla base delle evidenze scientifiche che indicano nell’età adolescenziale il momento dell’insorgere asintomatico delle patologie respiratorie. L’obiettivo è quindi quello di studiare i campanelli di allarme in grado di predire patologie come l’asma o la broncopneumopatia cronico ostruttiva (BPCO). Ma anche di sensibilizzare gli studenti circa i sintomi premonitori delle patologie respiratorie tramite la distribuzione di opuscoli informativi da portare in famiglia.

L’indagine coinvolge anche altri Enti: il Comune di Verona, le Pneumologie ospedaliere e del territorio, l’Università scaligera, l’Ufficio scolastico provinciale, AGSM, VeronaFiere e Banco Popolare.


Radioterapisti oncologi da tutta italia "a scuola" al Sacro Cuore

La Radioterapia oncologica ospita il primo corso residenziale in Italia di Radioterapia stereotassica ablativa: le radiazioni come bisturi

Si tratta del primo corso residenziale teorico-pratico di Radioterapia stereotassica ablativa che si tiene in Italia. Dal 2 al 4 dicembre una “classe” di 30 radioterapisti oncologi frequenteranno tre giorni di formazione presso l’Unità operativa complessa di Radioterapia oncologica, diretta dal dottor Filippo Alongi.

Il corso è suddiviso in due parti. Durante le mattinate docenti provenienti dai maggiori centri italiani e non (Humanitas e Istituto oncologico europeo di Milano, Università di Torino, Centro di riferimento oncologico di Aviano, San Camillo Forlanini di Roma, Centre hospitalier universitarie vaudois di Losanna e il Sacro Cuore Don Calabria) terranno delle lezioni frontali, mentre una seconda parte vedrà la presenza di un tutor che seguirà lo “studente” dalla preparazione del piano terapeutico di un paziente all’esecuzione del trattamento. Una formula che ha portato all’esaurimento delle iscrizioni in pochi giorni, con la prospettiva che l’iniziativa sarà ripetuta nei prossimi mesi.

“La radioterapia stereotassica è un’innovativa tecnica radioterapica non invasiva che consiste nel colpire in poche sedute lesioni tumorali, primitive o metastatiche, con alte dosi di radiazioni. Viene definita ablativa, perché comporta un risultato simile a quello del bisturi nel rimuovere e distruggere il tumore, con ottimi risultati in termini di sopravvivenza. Tutto avviene ambulatorialmente e senza anestesia”, spiega il dottor Alongi. L’alta precisione della somministrazione consente di minimizzare i danni ai tessuti e agli organi circostanti, mentre la drastica riduzione del numero delle sedute di trattamento garantisce al paziente una migliore qualità di vita.

Nata per i tumori cerebrali non operabili, la radioterapia stereotassica ablativa oggi viene applicata per altri distretti del corpo. “Siamo in grado per esempio – prosegue il medico – di colpire con precisione noduli polmonari non metastatici di pochi centimetri in quattro-sei sedute con dosi tali da ottenere risposte durature se non la guarigione completa. Secondo gli ultimi studi, mentre con i trattamenti tradizionali la percentuale di recidiva per il tumore al polmone in stadio iniziale era intorno al 30-50%, con la nuova tecnica siamo al 5-10%”.

La radioterapia stereotassica è resa possibile grazie ad acceleratori lineari di ultima generazione, come il TrueBeam, acquisito dall’ospedale di Negrar da circa due anni, con cui sono state trattate alcune centinaia di persone. Il TrueBeam dallo scorso luglio è stato integrato con il “Calypso“, un vero e proprio “navigatore satellitare” per la radioterapia di precisione. “Il Calypso è un dispositivo fondamentale per le neoplasie della prostata, che così possono essere trattate in cinque sedute, contro le 35-40 del trattamento tradizionale – prosegue il dottor Alongi – . Ma può essere utilizzato anche per le lesioni addominali. In particolare per i tumori pancreatici, non curabili chirurgicamente”. Il Calypso infatti utilizza dei “semi” (beacons) di pochi millimetri che riflettono le radiazioni elettromagnetiche permettendo così al “navigatore satellitare” di bloccare le stesse radiazioni quando la lesione non è nella posizione corretta. Mentre nel caso dei tumori alla prostata i semi vengono inseriti chirurgicamente all’interno del tumore, per le neoplasie pancreatiche ed epatiche sono collocati sulla superficie limitrofa delle lesioni.

L’Unità operativa complessa di Radioterapia oncologica dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria tratta ogni anno un migliaio di pazienti, con un media di 80 ogni giorno. Accoglie pazienti da diverse province del Veneto ed è attiva una convenzione stipulata con l’Istituto oncologico veneto di Padova. Circa il 20% proviene da fuori regione. L’accesso al trattamento, quando indicato dagli specialisti radioterapisti oncologi, è solitamente immediato: la lista di attesa dalla prima visita al primo trattamento è di sette-dieci giorni.

elena.zuppini@sacrocuore.it


108° anniversario dell'Opera Don Calabria

Il 26 novembre 1907 il giovane prete veronese Giovanni Calabria accoglieva in casa i primi orfanelli, aiutato da un gruppo di laici e religiosi tra cui il conte Francesco Perez

La sera del 26 novembre 1907 il giovane sacerdote Giovanni Calabria accogileva in una piccola casa di Verona, in Vicolo Case Rotte, i primi sette bambini poveri e abbandonati. Iniziava così l’Opera Don Calabria, di cui oggi ricorre il 108° anniversario di fondazione.

Nel giro di poco tempo il numero di bambini e ragazzi aumentò considerevolmente, tanto che già l’anno dopo si dovette cercare una nuova sistemazione. Fu così che nel novembre 1908 don Calabria e i suoi Buoni Fanciulli si trasferirono sul colle di San Zeno in Monte, dove c’era un grande caseggiato che fu acquistato grazie all’aiuto economico del conte Francesco Perez. La Casa di San Zeno in Monte è ancora oggi la Casa Madre dell’Opera.

Negli anni successivi l’Opera cominciò a crescere rapidamente, raccogliendo intorno al fondatore un gruppo di sacerdoti e laici, molti dei quali erano persone di spicco della società veronese e non solo: oltre al conte Perez, c’erano Luigi Pedrollo, Massimo Besozzi, Luigi Adami, Diodato Desenzani e molti altri.

Ben presto furono aperte delle filiali nel vicentino e nel padovano. Nel 1933 anche il ricovero del Sacro Cuore di Negrar, fondato alcuni anni prima dal parroco negrarese don Angelo Sempreboni, diventò una “filiale” dell’Opera di don Calabria. Si diede così inizio a quella che oggi è la Cittadella della Carità.

In occasione dell’anniversario di fondazione, il Superiore generale dell’Opera, don Miguel Tofful, ha rivolto un messaggio di saluto e augurio a tutti coloro che sono vicini all’istituzione calabriana (vedi messaggio completo).

matteo.cavejari@sacrocuore.it


L'Associazione stomizzati ha una nuova sede al Sacro Cuore

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l taglio del nastro si terrà il 28 novembre nell’ambito del convegno promosso dal Centro multispecialistico per le malattie retto-intestinali

Nasce all’ospedale Sacro Cuore Don Calabria una nuova sede veronese della Federazione associazioni incontinenti e stomizzati (Fais), dopo le due presenti nell’Azienda ospedaliera universitaria integrata.

Il “taglio del nastro” si terrà nell’ambito del convegno “Gastroenterologo e chirurgo: patologie a confronto in una visione ‘en bloc’ nell’era dei biologi” previsto per sabato 28 novembre, a partire dalle 8.30, nella sala convegni dell’ospedale negrarese. L’incontro, promosso dal Centro multispecialistico per le malattie retto-intestinali, diretto dal dottor Andrea Geccherle, sarà aperto dall’assessore regionale alle Politiche sanitarie, Luca Coletto, e vedrà le scuole di Gastroenterologia e di Chirurgia di Verona, Bolzano e Padova confrontarsi sul trattamento della patologia diverticolare, sul morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa. “Il convegno – spiega il dottor Geccherle – sarà un’occasione di verifica riguardo le ultime terapie mediche, come i farmaci biologici, e chirurgiche in una visione multidisciplinare che da anni caratterizza il centro dell’ospedale di Negrar”.

Le malattie infiammatorie croniche intestinali (morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa) interessano in Italia circa 200mila persone, 2mila solo nel Veronese, con un’incidenza di circa 80 nuovi casi all’anno per milione di abitanti. I casi più gravi spesso richiedono una resezione importante dell’intestino, con la conseguente stomia, intervento che viene praticato anche per altre patologie, come quelle oncologiche.

Proprio per l’elevata attività del Centro multispecialistico per le malattie retto-intestinali (a Negrar vengono seguiti circa 1.500 pazienti, con un centinaio di nuovi casi all’anno) e l’alto volume di chirurgia colon-rettale (400 interventi all’anno, compresa la chirurgia oncologica e quella legata all’endometriosi) nasce con sede al Sacro Cuore Don Calabria una nuova sezione del Fais.

Si tratta di un’associazione di volontariato che accanto ai medici e agli enterostomisti (infermieri specializzati nella gestione delle stomie) si pone come obiettivo di sostenere i pazienti nelle delicate fasi che precedono l’intervento e soprattutto nel periodo post operatorio.

A presiederla è il dottor Giacomo Ruffo, direttore della Chirurgia generale dell’ospedale di Negrar. “Grazie a una chirurgia conservativa e alla terapia neoadiuvante (chemioterapia e radioterapia ablativa) eseguita nel periodo preparatorio – spiega Ruffo – le stomie riguardano solo il 7-8% dei nostri interventi e sono quasi tutte stomie temporanee, quelle permanenti sono meno dell’1%. Si tratta di un intervento che ha un forte impatto sulla qualità di vita del paziente, sia dal punto di vista fisico che psicologico”.

Le stomie sono infatti deviazioni forzate delle espulsioni, solide e liquide, della digestione con una conseguente incontinenza ingenerata da parte di queste nuove aperture all’estero, prive di muscolatura incontinente. Il paziente interessato manifesta un forte bisogno di formazione per la gestione della stomia e di sostegno affettivo e psicologico, indispensabile, quest’ultimo, per affrontare la nuova realtà.

Da tempo a Negrar opera un Centro stomizzati, con un ambulatorio settimanale (il giovedì mattina) dove operano due infermieri enterostomisti affiancati dai chirurghi colon-rettali. Centro con il quale ora collaboreranno anche ii volontari del Fais.

Al convegno saranno anche presenti Cristina Verdolin, vicepresidente regionale della Federazione associazioni incontinenti e stomizzati, e Nadia Lippa, delegata provinciale dell’Associazione nazionale per le malattie croniche dell’intestino (Amici), che da dieci anni è a fianco del Centro multispecialistico per le Malattie retto-intestinali per dare supporto e aiuto ai pazienti affetti da tali patologie. Anche la delegazione veronese di Amici ha sede all’ospedale Sacro Cuore Don Calabria.

elena.zuppini@sacrocuore.it