Dieci minuti per imparare a salvare una vita

Martedì 13 ottobre all’ospedale Sacro Cuore di Negrar saranno allestite due postazioni con medici e infermieri a disposizione per spiegare a tutti le manovre della rianimazione cardiopolmonare

Come comportarsi se una persona ha un arresto cardiaco? Cosa fare se un bambino rischia il soffocamento per l’ingerimento di un corpo estraneo? Saper rispondere a queste domande, spesso, può aiutare a salvare una vita. Per tale motivo, martedì 13 ottobre all’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar gli istruttori dell’IRC (International Resuscitation Council) saranno a disposizione per insegnare a tutti le tecniche di rianimazione cardiopolmonare.

Dalle 9 alle 17 saranno allestite due postazioni, una all’entrata del bar di Casa Nogarè e l’altra nell’androne dell’ingresso F al Sacro Cuore, con medici e infermieri che insegneranno come eseguire correttamente un massaggio cardiaco, usando degli appositi manichini per le prove pratiche. Chi è interessato potrà sperimentare anche altre manovre d’emergenza, come quelle necessarie per salvare un bambino che rischia il soffocamento. L’iniziativa è libera e aperta a tutti.

La giornata del 13 ottobre è organizzata nell’ambito di “Viva! La settimana per la rianimazione cardiopolmonare”, promossa dall’IRC a livello europeo. Le due stazioni di addestramento allestite al Sacro Cuore saranno coordinate dal Pronto Soccorso del nosocomio negrarese, che è Centro di riferimento didattico e formativo per IRC. “Sensibilizzare la gente su queste manovre d’emergenza può aiutare a salvare molte vite, anticipando i tempi della rianimazione cardiopolmonare in attesa che arrivi l’ambulanza”, dice Maurizio Pozzani, direttore del Pronto Soccorso del Sacro Cuore.

Si calcola che ogni anno in Italia circa 60mila persone siano colpite da arresto cardiaco, 400mila in Europa. Solo nel 15% dei casi qualcuno dei presenti è capace di iniziare la procedura di rianimazione, mentre in tutti gli altri bisogna attendere l’arrivo dei medici, perdendo tempo prezioso. Se questa percentuale aumentasse fino al 60%, ogni anno si potrebbero salvare 100mila vite in più a livello europeo.

Il lavoro di sensibilizzazione del Centro IRC del Sacro Cuore proseguirà nelle scuole. Il 17 ottobre i formatori del Pronto Soccorso saranno infatti alle scuole medie Pertini, al Saval, mentre il 24 ottobre andranno alle medie Zorzi di Parona.


Negrar in prima linea con le terapie da... Nobel

Il Centro per le Malattie tropicali coordina uno studio europeo sulla ivermectina, la cura per le malattie parassitarie premiata dal Nobel per la Medicina 2015

«Finalmente si accendono i riflettori dell’Accademia di Stoccolma su malattie che interessano i Paesi in via di sviluppo e provocano ogni anno centinaia di migliaia di vittime. Sono felicemente sorpreso della notizia».

È questo il commento a caldo del dottor Zeno Bisoffi, direttore del Centro per le Malattie tropicali dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, alla notizia del Nobel 2015 per la Medicina assegnato all’irlandese William C. Campbell, al giapponese Satoshi Omura, e alla cinese Youyou Tu per la scoperta di cure contro le patologie parassitarie e la malaria.

«Il Nobel potrebbe dare una significativa svolta alla ricerca sulle Malattie Tropicali Dimenticate, perché a lungo trascurate dalla ricerca e dalla sanità pubblica», prosegue il dottor Bisoffi a capo del Centro di riferimento per le Malattie tropicali della Regione Veneto e di una delle realtà più importanti d’Italia per questo tipo di patologie. Ma ci sono anche altre ragioni per “brindare alla notizia”, poiché le ricerche che hanno avuto il massimo riconoscimento della comunità scientifica internazionale interessano anche il Centro calabraiano.

L’avermectina, l’agente bioattivo frutto del lavoro di Omura e Campbell, è il precursore dell’ivermectina, un antiparassitario che ha avuto un impatto enorme su alcune malattie endemiche nei Paesi in via di sviluppo. Il Centro per le Malattie tropicali di Negrar coordina attualmente uno studio europeo multicentrico per stabilire il dosaggio appropriato di ivermectina per la cura della strongiloidosi, patologia parassitaria riemergente, presente anche in Italia, per la quale il Centro di Negrar è Centro collaboratore dell’Organizzazione mondiale della Sanità. In dieci anni il Centro per le Malattie tropicali ha diagnosticato e curato circa 600 pazienti, la casistica più alta in Italia.

Le persone colpiti da strongiloidosi non sono solo immigrati, ma anche soggetti anziani del nostro territorio, infettatisi, magari in gioventù o da bambini, camminando in campagna a piedi scalzi, o toccando con le mani terriccio infetto. Il sintomo più frequente è un prurito generalizzato e molto intenso, ma possono esserci anche lesioni varie sulla pelle (da grattamento e non), dolori addominali ricorrenti e a volte crisi asmatiche. In caso di immunodepressione (da altre malattie, soprattutto ematologiche, o anche indotta da farmaci) la parassitosi può svilupparsi nella forma nota come disseminata, quasi sempre mortale. Fondamentale quindi la diagnosi precoce, da proporre prima di tutto a soggetti sintomatici o con aumento dei globuli bianchi eosinofili nel sangue.

Lo stesso farmaco, l’ivermectina, ha anche consentito di combattere un’altra gravissima malattia tropicale, l’oncocercosi, diffusa in Africa e in America Latina. In alcuni Paesi, anche grazie a questo farmaco, la malattia (una delle principali cause di cecità nei Paesi tropicali) è stata addirittura eliminata, come nel caso dell’Equador, con il contributo determinante di un altro medico veronese, la dottoressa Mariella Anselmi, altra collaboratrice del Centro per le malattie tropicali di Negrar.

Inoltre, secondo gli studi più recenti, la presenza di questo farmaco nel sangue degli individui trattati “dà fastidio” alle zanzare che possono trasmettere malattie gravi e diffuse come la malaria e la dengue, e sta quindi diventando un’arma essenziale anche per il controllo di queste patologie. Non per caso, da qualcuno è stato battezzato “the wonder drug”. Attualmente l’ivermectina è donata dall’azienda farmaceutica Merck ma solo per il controllo dell’oncocercosi, per cui non è ancora disponibile per le altre malattie, compresa la strongiloidosi, nei Paesi dove ce ne sarebbe più necessità (compresa fra l’altro l’Italia, dove l’unico farmaco registrato, efficace per altre parassitosi, non lo è per questa malattia). Assieme all’Oms e a colleghi di molti centri europei il Centro per le Malattie tropicali del “Sacro Cuore Don Calabria” si sta battendo per renderla disponibile, gratuitamente o a costi contenuti, per le popolazioni che la necessitano ma che per il momento non vi hanno accesso. «Finalmente si accendono i riflettori dell’Accademia di Stoccolma su malattie che interessano i Paesi in via di sviluppo e provocano ogni anno centinaia di migliaia di vittime. Sono felicemente sorpreso della notizia». È questo il commento a caldo del dottor Zeno Bisoffi, direttore del Centro per le Malattie tropicali dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, alla notizia del Nobel 2015 per la Medicina assegnato all’irlandese William C. Campbell, al giapponese Satoshi Omura, e alla cinese Youyou Tu per la scoperta di cure contro le patologie parassitarie e la malaria. «Il Nobel potrebbe dare una significativa svolta alla ricerca sulle Malattie Tropicali Dimenticate, perché a lungo trascurate dalla ricerca e dalla sanità pubblica», prosegue il dottor Bisoffi a capo del Centro di riferimento per le Malattie tropicali della Regione Veneto e di una delle realtà più importanti d’Italia per questo tipo di patologie. Ma ci sono anche altre ragioni per “brindare alla notizia”, poiché le ricerche che hanno avuto il massimo riconoscimento della comunità scientifica internazionale interessano anche il Centro calabraiano. L’avermectina, l’agente bioattivo frutto del lavoro di Omura e Campbell, è il precursore dell’ivermectina, un antiparassitario che ha avuto un impatto enorme su alcune malattie endemiche nei Paesi in via di sviluppo. Il Centro per le Malattie tropicali di Negrar coordina attualmente uno studio europeo multicentrico per stabilire il dosaggio appropriato di ivermectina per la cura della strongiloidosi, patologia parassitaria riemergente, presente anche in Italia, per la quale il Centro di Negrar è Centro collaboratore dell’Organizzazione mondiale della Sanità. In dieci anni il Centro per le Malattie tropicali ha diagnosticato e curato circa 600 pazienti, la casistica più alta in Italia. Le persone colpiti da strongiloidosi non sono solo immigrati, ma anche soggetti anziani del nostro territorio, infettatisi, magari in gioventù o da bambini, camminando in campagna a piedi scalzi, o toccando con le mani terriccio infetto. Il sintomo più frequente è un prurito generalizzato e molto intenso, ma possono esserci anche lesioni varie sulla pelle (da grattamento e non), dolori addominali ricorrenti e a volte crisi asmatiche. In caso di immunodepressione (da altre malattie, soprattutto ematologiche, o anche indotta da farmaci) la parassitosi può svilupparsi nella forma nota come disseminata, quasi sempre mortale. Fondamentale quindi la diagnosi precoce, da proporre prima di tutto a soggetti sintomatici o con aumento dei globuli bianchi eosinofili nel sangue. Lo stesso farmaco, l’ivermectina, ha anche consentito di combattere un’altra gravissima malattia tropicale, l’oncocercosi, diffusa in Africa e in America Latina. In alcuni Paesi, anche grazie a questo farmaco, la malattia (una delle principali cause di cecità nei Paesi tropicali) è stata addirittura eliminata, come nel caso dell’Equador, con il contributo determinante di un altro medico veronese, la dottoressa Mariella Anselmi, altra collaboratrice del Centro per le malattie tropicali di Negrar. Inoltre, secondo gli studi più recenti, la presenza di questo farmaco nel sangue degli individui trattati “dà fastidio” alle zanzare che possono trasmettere malattie gravi e diffuse come la malaria e la dengue, e sta quindi diventando un’arma essenziale anche per il controllo di queste patologie. Non per caso, da qualcuno è stato battezzato “the wonder drug”.

Attualmente l’ivermectina è donata dall’azienda farmaceutica Merck ma solo per il controllo dell’oncocercosi, per cui non è ancora disponibile per le altre malattie, compresa la strongiloidosi, nei Paesi dove ce ne sarebbe più necessità (compresa fra l’altro l’Italia, dove l’unico farmaco registrato, efficace per altre parassitosi, non lo è per questa malattia). Assieme all’Oms e a colleghi di molti centri europei il Centro per le Malattie tropicali del “Sacro Cuore Don Calabria” si sta battendo per renderla disponibile, gratuitamente o a costi contenuti, per le popolazioni che la necessitano ma che per il momento non vi hanno accesso


Fratel Gedovar Nazzari è il nuovo presidente dell'ospedale

Fratel Nazzari ha assunto l’incarico “ad interim”, succedendo a fratel Carlo Toninello. I ringraziamenti del superiore generale dell’Opera Don Calabria, padre Miguel Tofful, al presidente uscente

L’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar ha un nuovo presidente. È fratel Gedovar Nazzari, attualmente economo generale dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, la Congregazione veronese fondata da San Giovanni Calabria.

Fratel Nazzari ha assunto l’incarico di presidente “ad interim”, succedendo a fratel Carlo Toninello, che ha lasciato per motivi di salute.

“Ringrazio fratel Carlo per il lavoro svolto come presidente dell’ospedale e per il suo impegno nel portare avanti i valori del fondatore san Giovanni Calabria all’interno di quella che oggi è chiamata Cittadella della Carità – afferma padre Miguel Tofful, superiore generale dell’Opera Don Calabria -. Si tratta di un avvicendamento all’insegna della continuità, in quanto fratel Gedovar faceva già parte del consiglio di direzione dell’ospedale – aggiunge padre Tofful – e sono convinto che saprà gestire in modo collegiale e condiviso questa fase di transizione fino alla nomina di un nuovo presidente”.

Fratel Gedovar Nazzari, 59 anni, di nazionalità brasiliana, prima di diventare economo generale della Congregazione calabriana ha lavorato per molti anni in ambito sanitario nelle Case dell’Opera Don Calabria in Brasile. In particolare ha trascorso più di 10 anni all’ospedale di Marituba, nel nord-est del Paese, contribuendo alla nascita e allo sviluppo del nosocomio situato nella regione amazzonica, alle porte della città di Belem.

Fratel Gedovar assume anche la carica di presidente della Cittadella della Carità che comprende oltre all’ospedale anche le strutture socio-sanitarie di Casa Nogarè, Casa Clero e Casa Perez.

Il “Sacro Cuore Don Calabria” conta circa duemila collaboratori ed è il quinto del Veneto per numero dei ricoveri (27.985 nel 2014) con un’attrazione extraregionale di oltre 24,6%.

L’Opera Don Calabria è un ente religioso fondato dal grande santo veronese Giovanni Calabria più di 100 anni fa. Attualmente è presente in dieci Paesi sparsi in quattro continenti, con attività educative, assistenziali, sanitarie e pastorali. La Casa Madre e gli uffici generali si trovano a San Zeno in Monte (Verona).


Non solo Everest: quando il turismo è in alta quota

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La salute di chi viaggia in montagna ai tropici sarà al centro del convegno di sabato 3 ottobre al Sacro Cuore, dove interverranno numerosi esperti del settore tra cui il dr. Sundeep Dhillon, specialista in adattamento del fisico umano ai climi estremi

Nella primavera del 1996, mentre sulla parete sud dell’Everest si consumava la tragedia raccontata nel kolossal di Baltasar Kormakur in questi giorni nelle sale cinematografiche, che costò la vita a 12 alpinisti, il giovane medico Sundeep Dhillon si trovava sulla parete nord della grande montagna, costretto a ripiegare quando mancavano poche centinaia di metri alla vetta. Prima e dopo quella terribile esperienza, il dottor Dhillon è stato sulle montagne più alte e nei luoghi più inospitali del pianeta, specializzandosi in medicina degli ambienti estremi. Proprio Dhillon sarà tra i protagonisti del convegno “In alta quota ai tropici”, in programma sabato 3 ottobre all’ospedale Sacro Cuore di Negrar (vedi programma).

L’incontro, organizzato dal Centro per le Malattie Tropicali diretto dal dott. Zeno Bisoffi, in collaborazione con la Società Italiana Medicina di Montagna, sarà l’occasione per fare il punto della situazione sul rapporto tra medicina e turismo d’alta quota. Tutto nasce dal fatto che sempre più viaggiatori scelgono per le proprie vacanze luoghi dal clima estremo, come attesta l’organizzazione mondiale del turismo. Magari non scalano un “ottomila”, ma nel loro viaggio si trovano a superare altitudini ragguardevoli, talvolta superiori ai quattromila metri. In queste situazioni il fisico è sottoposto a un grande stress, specialmente per chi non è abituato a certe altezze e non dedica un tempo adeguato all’acclimatamento. Se a questo aggiungiamo che alcune destinazioni d’alta quota molto gettonate si trovano in zone tropicali, il quadro dei possibili rischi e delle precauzioni da prendere si fa ancora più complesso.

Lo scopo del convegno è far dialogare la medicina dei viaggiatori con la medicina di montagna – dice il dott. Andrea Rossanese, responsabile scientifico dell’iniziativa – Infatti ci capita sempre più spesso di vedere che per alcune destinazioni i turisti non partono sufficientemente preparati, sottovalutando parte dei rischi. Ad esempio c’è chi va a fare trekking sul Kilimangiaro, alto quasi seimila metri, senza considerare che prima di arrivare in quota ci sarà da trascorrere un periodo molto più in basso, in zona equatoriale tra Tanzania e Kenya, con il rischio di contrarre la malaria o altre malattie endemiche. Oppure c’è chi va in Perù preoccupandosi delle malattie di quella zona tropicale, ma con poco riguardo al fatto che in alcuni punti del viaggio si potranno toccare quote davvero ragguardevoli, come i 4,500 metri del Passo del Condor, con gli annessi rischi di mal di montagna o di edema polmonare“.

Il convegno, che si apre alle ore 9.00 ed è aperto a tutti, prevede la partecipazione di numerosi esperti del settore. Nella prima parte della mattinata, un gruppo di medici della Società Italiana Medicina di Montagna, esperti di fisiopatologia, faranno un approfondimento sui problemi dovuti all’alta quota: mal di montagna, edema cerebrale ed edema polmonare. A seguire, saranno i medici del Centro per le Malattie Tropicali del Sacro Cuore a parlare di alcune patologie tipiche dell’ambiente tropicale e dei loro risvolti in contesti di montagna. In particolare si parlerà di malaria, dengue e infezioni gastrointestinali. Nel pomeriggio ci sarà l’intervento del dott. Sundeep Dhillon, dello University College di Londra, che parlerà di adattamento del fisico umano alle temperature estreme.

L’iniziativa del 3 ottobre si pone all’interno di un più ampio contesto di formazione dei professionisti della sanità all’interno della medicina dei viaggi, portato avanti dall’ospedale Sacro Cuore. Infatti se da una parte la medicina dei viaggi tratta ampiamente tutte le pratiche mediche necessarie a garantire il più alto livello di sicurezza per coloro che vogliono intraprendere viaggi in Paesi con rischi sanitari più elevati del nostro, spesso l’ambiente montano presenta delle peculiarità sia fisiologiche (come la scarsità di ossigeno) che ambientali (come le ridotte temperature) che rendono necessarie delle integrazioni teoriche e pratiche al bagaglio scientifico di un operatore sanitario. E tali integrazioni possono arrivare proprio dall’incontro e dal confronto con la medicina di montagna.


Morbo di Crohn e colite ulcerosa: incontro tra medici e pazienti

Sabato 3 ottobre il Centro di Formazione e solidarietà ospita un incontro promosso dal Centro multispecialistico malattie retto-intestinali e l’Associazione nazionale per le malattie croniche dell’intestino

Colpiscono in Italia dalle 150 alle 200mila persone, 2mila solo nel Veronese, con un’incidenza di circa 80 nuovi casi all’anno per milione di abitanti. Sono le malattie infiammatorie croniche – colite ulcerosa e Morbo di Crohn – patologie che si manifestano prevalentemente in età giovanile e creano difficoltà gravi nella vita quotidiana, nel lavoro e anche nelle relazioni affettive. Spesso gli invalidanti sintomi addominali (diarrea persistente) vengono sottovalutati per anni, mentre una diagnosi precoce è fondamentale per iniziare in tempi rapidi il trattamento con i farmaci biologici ed evitare le complicanze chirurgiche.

Sulle malattie infiammatorie croniche intestinali sabato 3 ottobre al Centro di formazione e solidarietà dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar si terrà l’annuale incontro dedicato ai pazienti e promosso dall’Associazione nazionale per le malattie croniche dell’intestino (Amici) e il Centro multispecialistico malattie retto-intestinali del nosocomio calabriano, diretto dal dottor Andrea Geccherle.

L’incontro, che ha inizio alle 9.30, vedrà gli interventi della dottoressa Manuela Fortuna, che parlerà dell’importanza dell’alimentazione in presenza di queste patologie. Sugli aspetti psicologi invece interverrà la dottoressa Eleonora Geccherle, che presenterà un’iniziativa dell’Associazione Amici: alcuni incontri per i soci con una psicologa dedicata per l’apprendimento di tecniche di rilassamento e di superamento dell’ansia provocata da queste malattie. Seguirà l’intervento della gastroenterologa Angela Variola e di Elena Tadiotto del Centro Stomizzati del Sacro Cuore Don Calabria.

Si stima che il 45% dei pazienti ha impiegato un tempo variabile da 1 a 10 anni per avere una diagnosi appropriata e il 22% più di 10 anni. Questo comporta un ritardo del trattamento con i farmaci biologici, in grado di controllare la malattie e in molti casi di portare alla guarigione. Ottenuti da processi biochimici e non da sintesi chimica, questi farmaci sono però molto costosi per il Servizio sanitario nazionale, e ancora poco diffusi in Italia. Sul loro utilizzo pesano i tagli sulle spese della Sanità e anche una nuova organizzazione territoriale delle terapie di questo tipo a livello nazionale.

Il Centro multispecialistico malattie retto-intestinali si avvale di un team di specialisti – dai chirurghi agli oculistici – per il trattamento delle complicanze su più organi e apparati che derivano dalla colite ulcerosa e dal morbo di Crohn. Il Centro ha in cura circa 800 pazienti, con un centinaio di nuovi casi all’anno.


Se le gambe non vogliono dormire

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Martedì 22 settembre il Centro di Medicina del sonno in collaborazione con “InFormaSonno” organizza un incontro aperto al pubblico sulla Sindrome delle gambe senza riposo

“Dottore, non riesco a dormire perché quando vado a letto le gambe mi fanno male, sento un forte fastidio e devo continuare a muoverle nella speranza di trovare sollievo”.

A descrivere così il loro “incubo” notturno sono in particolare le donne, dai 35 ai 50 anni, che il più delle volte aspettano molto tempo prima di rivolgersi a un medico, ignare di essere affette dalla Sindrome delle gambe senza riposo.

Si tratta di un vero e proprio disturbo del sonno che si stima colpisca in Italia circa 3 milioni di persone e sia, dopo l’insonnia, il maggior nemico del buon riposo. Tuttavia è ancora oggi largamente sottovalutato.

Per saperne di più martedì 22 settembre il “Sacro Cuore Don Calabria” ospiterà sul tema un incontro aperto al pubblico, organizzato dal Centro di Medicina del sonno dello stesso ospedale in collaborazione con l’associazione nazionale “InformaSonno” (www.informasonno.it).

L’iniziativa si terrà in contemporanea con la giornata di sensibilizzazione promossa dalla Fondazione americana RSL (Restless Legs Syndrome) e avrà inizio alle 16 nella sala Azzurra, che si trova al secondo piano, lo stesso del reparto di Neurologia.

L’incontro prevede la distribuzione di materiale didattico e la somministrazione dei questionari ai partecipanti, i cui risultati saranno discussi con la proiezione video dei test. Medici del Centro di medicina del sonno procederanno poi alla presentazione della patologia e delle possibili terapie. Per partecipare non è necessaria la prenotazione.

“E’ una malattia che colpisce il più delle volte le donne, in particolare con l’avanzare dell’età e in gravidanza. Tuttavia è molto diffusa anche tra gli uomini, soprattutto anziani” spiega Gianluca Rossato, responsabile del Centro di Medicina del sonno e presidente di “InFormaSonno”.

I sintomi in genere sono formicolio agli arti inferiori, prurito, crampi, scosse e una minoranza di soggetti lamenta anche dolore. “Può essere associata al diabete mellito e all’anemia e può scatenarsi con l’assunzione di alcuni farmaci – prosegue Rossato -. È stato inoltre riscontrato che la sindrome spesso colpisce persone della stessa famiglia. Infatti i ricercatori stanno cercando di identificare il gene o i geni che possono essere responsabili de problema”.

Camminare, fare stretching, procedere con un bagno caldo o freddo, massaggiare l’arto interessato, applicare impacchi caldi o freddi, ricorrere a vibrazione, agopuntura e tecniche di rilassamento sono tutti accorgimenti che possono aiutare a ridurre o ad alleviare, temporaneamente, i sintomi.

“Se il dolore non dovesse attenuarsi – conclude Rossato – è bene rivolgersi al proprio medico o a un specialista di Medicina del sonno. Una volta diagnosticata la RLS si può procedere con un trattamento farmacologico che può consistere nell’assunzione di Dopamino-agonisti (Pramipexolo), Benzodiazepine e Ferro”.


Il movimento fa bene, ma ci vuole programmazione

Il dott. Roberto Filippini, direttore di Medicina e Traumatologia dello Sport al Sacro Cuore, dà alcuni consigli a chi intraprende un’attività sportiva dopo l’estate

A settembre molte persone riprendono a praticare attività sportiva in modo continuativo, dopo la pausa estiva. Tempo di allenamenti, dunque, ma anche tempo di controlli e visite mediche. “La visita è un momento fondamentale per chi comincia o ricomincia a praticare uno sport, sia per valutare eventuali problemi di salute sia per programmare un’attività fisica adeguata alle proprie caratteristiche”, dice il dott. Roberto Filippini, direttore del Centro di Medicina e Traumatologia dello Sport del Sacro Cuore. Il centro, che fa parte integrante dell’ospedale di Negrar, è attivo dal 2005 con sede in via San Marco a Verona, presso il Centro Polifunzionale Don Calabria, e da poche settimane si è trasferito nella nuova e moderna palazzina che ospita anche il Centro Diagnostico Terapeutico Sacro Cuore, sempre in via San Marco. Abbiamo chiesto al dott. Filippini alcuni consigli e accorgimenti utili per aiutare tutti gli sportivi, di tutte le età, a ricominciare l’attività motoria in modo sicuro e funzionale alla propria salute…

Dott. Filippini, quanto è importante fare sport?

L’attività sportiva è importante per tanti motivi. Uno di questi è che il movimento permette di prevenire tutta una serie di patologie, tra cui quelle cronico-degenerative. Mi riferisco ad esempio al diabete e all’ipertensione. Inoltre lo sport permette di tenere sotto controllo fattori di rischio cardiovascolare, quali il colesterolo in eccesso o l’obesità. Un recente studio inglese attesta che se tutti facessero 3,4 km di bici al giorno o 1,6 km a piedi il servizio sanitario nazionale di quel Paese risparmierebbe 17 miliardi di sterline nella cura delle suddette patologie.

Quale consiglio può dare a chi ricomincia l’attività sportiva dopo l’estate?

Per chiunque inizia a praticare uno sport è consigliabile eseguire una visita medica, per valutare eventuali problemi ma anche per farsi consigliare sulle attività più adeguate e per programmare le cose in modo graduale. In tal senso si parla di attività fisica controllata.

Per alcuni sport è richiesta la visita di idoneità…

Dal 1982 la visita medica è obbligatoria per l’attività agonistica, così definita in base ai parametri decisi da ogni federazione per il proprio sport. La visita comprende l’elettrocardiogramma a riposo e dopo sforzo e la spirometria per la valutazione della capacità polmonare. Oltre a questo naturalmente vengono fatte una visita generale e un controllo sulla pressione arteriosa.

E per coloro che non praticano sport agonistico?

Recentemente la normativa ha introdotto l’obbligatorietà della visita medica anche per attività non agonistica. In questo caso i controlli da fare sono: visita medica generale, controllo della pressione arteriosa, elettrocardiogramma. Tale controllo viene fatto ad esempio per i bambini che iniziano a fare sport in qualche società oppure per chi partecipa ad eventi organizzati dal CONI e dalle società ad esso affiliate.

Il Centro da lei diretto svolge entrambi i tipi di visita?

Certamente. Il nostro centro è aperto sia a chi fa attività agonistica, anche a livello professionistico, sia agli sportivi che fanno attività a livello amatoriale, singolarmente o all’interno di società. Basti pensare che lo scorso anno abbiamo effettuato circa 12mila visite di idoneità.

Cosa succede se la visita evidenzia qualche problema?

In questo caso si procede con accertamenti suppletivi. Da questo punto di vista la nostra struttura è particolarmente qualificata, in quanto siamo attrezzati per svolgere autonomamente tutti gli esami di approfondimento necessari. Questo garantisce che i controlli vengano fatti in tempi brevi e in modo efficiente, permettendo agli atleti di chiarire quanto prima la propria situazione e, se possibile, tornare al più presto a svolgere gli allenamenti.

Di quali accertamenti si tratta?

Alcuni esami vengono fatti direttamente qui presso la nostra sede. Mi riferisco a: test da sforzo al cicloergometro, ecodoppler cardiaco, holter cardiaco, holter pressorio, eco-stress fisico. Altri vengono fatti a Negrar, quali ad esempio la risonanza magnetica cardiaca, la scintigrafia miocardica e molti altri. In tal senso il fatto di essere parte dell’ospedale Sacro Cuore rappresenta indubbiamente un valore aggiunto.

Quali altri servizi vengono proposti qui al centro?

Al di là delle visite di idoneità, forniamo a molti atleti le cosiddette valutazioni funzionali. Si tratta di particolari esami, quali ad esempio test cardio-polmonari e valutazione della soglia aerobica, con i quali si analizzano le caratteristiche specifiche di un atleta, in modo da impostare in modo personalizzato l’allenamento e l’alimentazione da seguire per ottenere miglioramenti. Un altro servizio integrato nel centro è quello di riabilitazione ortopedica, per cui spesso ci occupiamo del recupero di atleti infortunati. Abbiamo fisioterapisti specializzati anche nel recupero degli atleti e degli sportivi. Anche in questo caso è fondamentale la collaborazione con altri reparti dell’ospedale, quali la radiologia, l’ortopedia, la neurologia, la cardiologia…

Cosa succede se a voler praticare sport è una persona su con l’età, magari con fattori di rischio legati a patologie croniche?

Anche gli anziani e chi ha patologie croniche o altri fattori di rischio può praticare sport. L’importante è che ci sia un maggior controllo e una maggior programmazione. In tal senso qui facciamo anche le valutazioni per l’attività fisica assistita (AFA). Tali valutazioni si rivolgono a soggetti che vogliono iniziare a fare un’attività motoria, anche con patologie croniche o fattori di rischio cardiovascolari. Per loro impostiamo un programma di lavoro che sia allenante, ma nello stesso tempo che tenga conto dei fattori di rischio specifici della malattia. Una volta impostato il lavoro, il soggetto può fare il programma di esercizi assistito dal nostro personale, oppure autonomamente.

Il centro di Medicina dello sport è attivo da oltre 10 anni. Ha notato cambiamenti nella sensibilità della gente verso il tema della salute nello sport?

Sono stati fatti molti passi avanti in questo senso. Ad esempio c’è un interessante studio del prof. Domenico Corrado dell’Università di Padova, in cui si dimostra che da quando è stata introdotta l’obbligatorietà della visita medica agonistica sono calate le morti improvvise durante attività sportiva. Allo stesso tempo mi pare che non ci sia ancora ben chiara, nemmeno negli utenti, la percezione di quanto possa essere utile la visita medica per prevenire problemi fisici. Spesso la visita è vista solo come un obbligo e non come un’opportunità. E quando sorge qualche problema per cui dobbiamo bloccare qualche atleta, vediamo che la cosa non sempre viene presa nel modo giusto.


La mia vita con il cancro: concorso letterario

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Il direttore dell’Oncologica medica, Stefania Gori, è l’ideatrice di un concorso letterario riservato a tutti coloro che vivono o hanno vissuto l’esperienza del cancro

Malati di cancro, familiari dei pazienti e operatori sanitari del settore raccontano per la prima volta in un concorso letterario nazionale la propria esperienza di vita con la malattia. L’iniziativa Federica Le Parole della Vita èdedicata a una giovane donna veronese che ha combattuto contro la sua malattia con determinazione e ottimismo continuando a scrivere, sognare, lavorare e progettare

Ad ideare il concorso la dottoressa Stefania Gori, direttore dell’Oncologia medica dell’ospedale Don Calabria Sacro Cuore di Negrar e segretario nazionale dell’Associazione italiana di Oncologia medica-Aiom, e resa possibile grazie alla Fondazione Aiom.

Da oggi fino al 31 gennaio 2016 sarà possibile inviare i propri scritti a premioletterariofederica@fondazioneaiom.it. Secondo il regolamento allegato.

Il concorso è stato presentato questa mattina a Palazzo Barbieri del Comune di Verona in un incontro con la stampa. «Solo qui in Veneto il cancro colpisce ogni anno oltre 31.500 persone – ha sottolineato la dottoressa Gori -. In tutta Italia nel 2014 i nuovi casi sono stati 365.500, circa mille al giorno. Ogni singola diagnosi di tumore rappresenta per tutti una sfida. Il paziente deve vincere la sua battaglia contro la malattia e un familiare affronta e partecipa anche lui alle difficoltà e sofferenze del proprio caro. E infine i medici, infermieri e tecnici del sistema sanitario nazionale devono assicurare le cure e l’assistenza migliori. Ognuno ha quindi una sua storia da poter raccontare».

«La scrittura può essere uno “strumento terapeutico” – ha affermato il dottor Fabrizio Nicolis direttore sanitario dell’ospedale Don Calabria-Sacro Cuore di Negrar e vicepresidente della Fondazione Aiom -. In Italia più del 50% dei pazienti riesce a sconfiggere la neoplasia. Eppure il tumore rappresenta ancora qualcosa che fa troppa paura e del quale è meglio non parlare. Con il concorso Federica Le Parole della Vitavogliamo rompere il muro del silenzio e incoraggiare tutti coloro che vivono, o hanno vissuto, direttamente o indirettamente la malattia a raccontarsi. Condividere emozioni, stati d’animo, consigli e speranze può far sentire meno soli. Inoltre scrivere e dar voce alla propria dimensione intima aiuta affrontare meglio le difficoltà quotidiane legate al cancro».

«La nostra Fondazione è da anni impegnata nell’avvicinare i medici ai pazienti – ha detto il dottor Carmelo Iacono direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Caltanissetta e presidente nazionale della Fondazione Aiom-. È con questo spirito che abbiamo dato il via al concorso Federica. Nei prossimi giorni istituiremo una giuria che avrà il compito di valutare le produzioni letterarie e premierà le migliori. Sarà composta da medici ed esponenti del mondo culturale e dei media».

La cerimonia di premiazione avverrà il 21 maggio 2016 a Verona durante un evento speciale interamente dedicato alla lotta al cancro.

«Nel corso della vita un’italiana su tre si ammalerà di tumore – sottolinea Gori -. Gli ultimi dati in nostro possesso indicano come la sopravvivenza alle neoplasie sia leggermente superiore tra le donne rispetto agli uomini: rispettivamente il 63% e il 55%. Una tra le più diffuse diffusa è quella al seno dove ormai il 90% delle pazienti riesce a guarire. Se consideriamo invece l’intera mortalità legata a tutti i tumori in entrambi i sessi questa è in calo del 20% dal 1996 ad oggi. Sono numeri confortanti che però non ci devono far abbassare la guardia. Con il nostro premio letterario vogliamo dare anche un messaggio di fiducia all’intera popolazione. E testimoniare come il cancro sia sempre una malattia curabile».


Il paziente colpito da BPCO: corso di formazione

Dal 1 al 17 settembre si terrà un corso di formazione sui percorsi diagnostici terapeutici assistenziali al fine di ottimizzare la presa in carico dei pazienti colpiti da Brocopneumopatia cronico ostruttiva

Sono ancora aperte le iscrizioni per il corso “Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali: metodologia progettuale, definizione e formazione” per la gestione de pazienti colpiti da Broncopneumopatia cronica ostruttiva. Il corso si terrà dal 1 al 17 settembre nell’aula 1 del Centro di formazione del Sacro Cuore-Don Calabria ed è rivolto a medici, infermieri e assistenti sanitari non solo dell’ospedale di Negrar

Il corso si propone di fornire al personale conoscenze e competenze utili per la progettazione, definizione e implementazione di percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA) quali strumenti di gestione clinica per definire una migliore e ottimale sequenza di azione degli interventi rivolti a pazienti colpiti da BPCO. Gli obiettivi specifici sono quelli di: centrare l’assistenza sui bisogni complessi di salute dei pazienti; promuovere la continuità assistenziale; favorire l’integrazione tra gli operatori come équipe multidisciplinari; ridurre la variabilità clinica; diffondere la medicina basata sulle prove (EBM) ed utilizzare in modo congruo le risorse. Le lezioni affronteranno i temi dell’utilizzo delle informazioni collegate alla gestione per processi e alla progettazione di un sistema di monitoraggio e reporting,identificazione di specifici indicatori.

Ulteriori infornmazioni e iscrizioni: http://formazione.sacrocuore.it/Index.aspx


Visita all'Expo di Milano con il Cron

Il Circolo ricreativo ospedale di Negrar il 15 settembre organizza una visita per tutti i collaboratori del “Sacro Cuore-Don Calabria” all’esposizione mondiale di Milano. E per l’Expo di sera l’appuntamento è il 6 ottobre.

 

Il prossimo 15 settembre un folto gruppo di collaboratori dell’ospedale Sacro Cuore-Don Calabria sarà in visita all’Expo di Milano. L’iniziativa è promossa dal Cron (Circolo ricreativo ospedale di Negrar), con partenza in pullman prevista alle 6.30 dal capoluogo della Valpolicella. La quota di partecipazione è di 50 euro. Si tratta della seconda visita all’Expo riservata al personale dell’ospedale, dopo quella effettuata lo scorso 1 luglio.

Coloro che invece volessero vivere l’atmosfera dell’Expo di sera, il Cron organizza un’ulteriore visita il 6 ottobre con partenza alle 16 da piazzale di via del Combattente a Negrar. La quota di 20 euro comprende il viaggio di andata e ritorno in pullman e il biglietto d’ingresso. Per le iscrizioni rivolgersi al personale del bar Nogarè.

Il Cron è un circolo ricreativo al quale sono associati tutti i dipendenti della Cittadella della Carità, nonché i pensionati e i familiari. Inoltre dallo scorso anno sono soci del Cron anche i dipendenti del Centro polifunzionale Don Calabria di via San Marco, a Verona. Il Circolo, fondato nel 1980, ha come scopo principale l’aggregazione del personale ospedaliero, da promuovere attraverso iniziative ricreative. Lo scorso anno, ad esempio, sono state organizzate alcune gite tra le quali una in Salento che ha visto la partecipazione di 80 persone tra collaboratori e familiari. Inoltre sono stati fatti corsi di inglese, computer, yoga, ballo…

All’interno del Cron ci sono alcuni gruppi organizzati, divisi per area di interesse, quali calcio, ciclismo, pesca e motociclismo. Inoltre il Circolo promuove una serie di convenzioni con negozi e attività commerciali di Verona e non solo. Per maggiori informazioni sul Cron e sulla visita all’Expo organizzata per il 15 settembre è possibile consultare il sito del Circolo all’indirizzo http://www.circolocron.com/.