
Tra i trattamenti loco-regionali, il più innovativo è la TARE (Radioembolizzazione Trans-Arteriosa) che viene effettuata in poche strutture in Italia. Tra queste l’Unità Operativa Semplice di Epatologia Interventistica dell’IRCCS di Negrar, di cui è responsabile la dottoressa Sara Boninsegna. La UOS, che fa parte della Gastroenterologia ed Endoscopia, diretta dal dottor Paolo Bocus, ogni anno tratta con questa procedura una ventina di pazienti. La TARE è una forma di radioterapia interna mirata, in cui le radiazioni vengono rilasciate direttamente nella zona tumorale tramite i vasi sanguigni che la riforniscono.
L’epatocarcinoma, o carcinoma epatocellulare-HCC, è il tumore primitivo più comune del fegato di cui in Italia si registrano 13mila nuovi casi all’anno. La prognosi varia a seconda dello stadio in cui viene diagnosticato e attualmente sono disponibili diverse possibilità terapeutiche: la resezione chirurgica, i trattamenti loco-regionali (termoablazione, TACE e TARE) e infine il trapianto di fegato.
Tra i trattamenti loco-regionali, il più innovativo è la TARE (Radioembolizzazione Trans-Arteriosa) che viene effettuata in poche strutture in Italia. Tra queste l’Unità Operativa Semplice di Epatologia Interventistica dell’IRCCS di Negrar, di cui è responsabile la dottoressa Sara Boninsegna. La UOS, che fa parte della Gastroenterologia ed Endoscopia, diretta dal dottor Paolo Bocus, ogni anno tratta con questa procedura una ventina di pazienti.
Dottoressa Boninsegna, in cosa consiste la TARE?
La Radioembolizzazione Trans-Arteriosa, o TARE, è un trattamento medico per il cancro al fegato che utilizza microsfere radioattive (contenenti ittrio-90) con lo scopo di distruggere le cellule tumorali. Le microsfere, somministrate per via interarteriosa, raggiungono la zona tumorale, dove liberano radiazioni beta, che provocano la necrosi delle cellule tumorali, provocandone la morte. In pratica, si tratta di una forma di radioterapia interna mirata, in cui le radiazioni vengono rilasciate direttamente nella zona tumorale tramite i vasi sanguigni che la riforniscono. La parte sana del fegato viene solo minimamente coinvolta, per consentire di funzionare regolarmente.
Quando è indicato intervenire con la TARE?
La TARE è indicata principalmente per il trattamento di tumori del fegato, sia primari (come l’epatocarcinoma ed il colangiocarcinoma) che secondari (metastasi di altre neoplasie, come quella al colon-retto), quando la resezione chirurgica o altre metodiche loco-regionali sono controindicate. Oppure quando la chemioterapia non è attuabile.
Può essere usata in concomitanza con altre terapie?
La TARE non esclude altri tipi di terapie, come per esempio l’immunoterapia. Anzi, portando il tumore alla regressione, può far rientrare il paziente nei criteri per procedere con la resezione chirurgica o addirittura con il trapianto. Pertanto è molto importante definire un percorso di cura multidisciplinare in cui i diversi specialisti possano offrire differenti opzioni terapeutiche, a fini curativi o palliativi, per ottenere la migliore risposta sul tumore. In proposito all’IRCCS di Negrar opera un gruppo oncologico multidisciplinare – formato da gastroenterologi, oncologi, anatomopatologi, radiologi interventisti, medici nucleari, fisici nucleari e chirurghi – con l’obiettivo di offrire al paziente il migliore trattamento possibile in quella determinata fase della malattia.
Come avviene il trattamento?
La TARE prevede due fasi. La prima è preparatoria con lo scopo di individuare il punto esatto dove devono essere collocate le sfere radioattive. Dopo due settimane, il paziente ritorna in ospedale per l’infusione delle microsfere tramite catetere per via intrarteriosa. Poiché le microsfere addizionate con Ittrio 90 giungono a Negrar dal Canada, dove il radioisotopo viene prodotto da una centrale atomica, la dose importata deve tener conto del decadimento delle radiazioni emesse dal radiofarmaco che intercorre dal momento della produzione fino a quello della somministrazione. Il ricovero dopo il trattamento (due-tre giorni) non richiede isolamento, perché il radiofarmaco emana radiazioni che hanno una penetrazione tessutale di 2,5 millimetri, quindi non escono dal corpo del paziente stesso.
Comporta effetti collaterali?
In genere può presentarsi la febbre nei giorni successivi al trattamento, sintomo gestibile con farmaci. In casi rari, possono verificarsi complicanze più gravi, come l’infiammazione del fegato, ma sono generalmente rare.