Trattamento chirurgico dell'obesità: all’IRCCS di Negrar i primi interventi con il robot Da Vinci Xi

Ad utilizzarlo sono ancora pochi centri in Italia; minori complicanze operatorie, una ripresa più rapida dopo l’intervento e tempi di degenza più brevi sono i vantaggi del sistema robotico che l’Ospedale di Negrar impiega già dal 2015 per la chirurgia urologica, generale e ginecologica

Minori complicanze operatorie, una ripresa più rapida dopo l’intervento e tempi di degenza più brevi. Sono questi i vantaggi dell’impiego del robot chirurgico Da Vinci Xi nella chirurgia bariatrica, rispetto alla laparoscopia, la metodica maggiormente diffusa nel trattamento dell’obesità.

Sono infatti ancora pochi i centri in Italia ad utilizzare la robotica in ambito bariatrico: tra questi l’Irccs Sacro Cuore Don Calabria, che nelle scorse settimane ha effettuato i primi cinque interventi, “inaugurando” l’utilizzo del robot chirurgico Da Vinci Xi, in dotazione all’ospedale dal 2015, oltre l’ambito urologico, ginecologico e di chirurgia generale, dove è ampiamente utilizzato.

“Abbiamo eseguito un bypass gastrico e quattro mini bypass”, spiega il dottor Roberto Rossini, della Chirurgia generale, diretta dal dottor Giacomo Ruffo. “Entrambe le metodiche hanno lo stesso obiettivo: la perdita di circa il 70-75% del peso corporeo in eccesso, attraverso la riduzione dello stomaco in modo che il paziente raggiunga la sensazione di sazietà con l’introduzione di minor quantità di cibo, e l’isolamento di un ampio tratto di intestino – circa dai 150 ai 250 cm circa – al fine di limitare l’assorbimento delle proprietà nutritive. Il risultato viene ottenuto nel caso del bypass con due suture (la prima collega la tasca gastrica all’intestino tenue, mentre l’altra connette l’ansa intestinale a un’altra sezione dell’intestino); il mini bypass, invece, comporta una sola sutura per unire la porzione di stomaco rimasta e l’intestino”.

L’impiego del robot chirurgico in entrambe le metodiche rappresenta un valore aggiunto, perché permette di superare i limiti della tecnica laparoscopica. “L’utilizzo del robot consente di effettuare gli stessi movimenti della chirurgia open, anzi di andare oltre, perché i bracci robotici hanno la capacità di muoversi all’interno dell’addome del paziente a 360°, cosa che non può fare la mano dell’uomo”, sottolinea il chirurgo. “Inoltre la qualità delle anastomosi che devono essere effettuate dipende dalla prestazione della suturatrice automatica in laparoscopia, mentre con il robot a fare la differenza è la manualità del chirurgo. Questo si traduce in una riduzione delle complicanze post operatorie, come fistole e sanguinamenti, e quindi in una più rapida ripresa e in meno giorni di degenza”.

Dal 2015 la Chirurgia bariatrica del Sacro Cuore Don Calabria (centro accreditato SICOB- Società Italiana di Chirurgia dell’obesità e delle malattie metaboliche) ha trattato più di 400 pazienti, tra questi il 20% proviene da fuori regione e una percentuale non irrilevante (il 10%) riguarda i cosiddetti Re-Do Surgery, cioè pazienti, giunti da altri ospedali, che si sono rivolti a Negrar per un secondo intervento, a causa di complicazioni dovute alla prima procedura chirurgica o per fallimento nella perdita di peso. La maggior parte dei pazienti in generale sono donne con un’età media di 39 anni e un indice di massa corporea (divisione del peso in Kg per il quadrato dell’altezza in m.) superiore a 40 oppure compreso tra 35 e 40 ma associato ad altre problematiche di salute relative all’obesità.

L’intervento chirurgico non è fine a se stesso, è solo una tappa di un cambiamento totale di vita, che implica sana alimentazione, attività motoria costante e il superamento delle cause psicologiche per cui il cibo diventa dipendenza e compensazione”, sottolinea il dottor Rossini. “Per questo i nostri pazienti vengono presi in carico da un’équipe formata anche da gastroenterologi, nutrizionisti e psicologi che preparano il paziente all’intervento e lo seguono nel corso del follow up. Il 70% dei nostri pazienti effettua almeno fino al primo anno post intervento tutti i controlli periodici e registra un soddisfacente calo ponderale”.

 

 

 

 

 

 


Da Negrar a S. Zeno in Monte: il secondo turno del corso per i medici neoassunti

Circa trenta giovani medici del “Sacro Cuore” hanno partecipato sabato 10 giugno al secondo turno del corso “Natura e fini istituzionali” a San Zeno in Monte, presso la Casa Madre dell’Opera Don Calabria (il primo turno, con altri trenta medici, si era svolto il 27 maggio – vedi link).

Anche in questo caso si è trattato di un incontro molto intenso che ha permesso di conoscere meglio la figura di san Giovanni Calabria e i valori fondanti dell’Opera da lui fondata, di cui fa parte anche la Cittadella della Carità di Negrar.  Nella foto il gruppo dei partecipanti sulla terrazza di San Zeno in Monte, sopra la città di Verona.

La giornata si è conclusa con la visita alle stanze e alla tomba del fondatore, che ha vissuto per oltre 40 anni a San Zeno in Monte, e con il pranzo conviviale.


Lo studio europeo con IRCCS Negrar capofila: la radioterapia può curare metastasi come la chirurgia

La radioterapia può trattare efficacemente anche le metastasi e non essere impiegata solo a scopo palliativo, con percentuali di cura sovrapponibili a quelle della chirurgia, nei pazienti che pur avendo una malattia estesa ai diversi organi, sviluppano un numero limitato di metastasi. E’ quanto viene confermato dallo studio europeo “Oligocare”, il più ampio mai realizzato sull’impatto della radioterapia nei pazienti con più metastasi, da poco presentato al Congresso della Società Europea di Radioterapia Oncologica (ESTRO), dal professor Filippo Alongi, Direttore della Radioterapia Oncologica Avanzata all’IRCCS di Negrar, capofila del progetto con il numero più alto di pazienti trattati.

Il prof. Alongi durante la sua relazione al congresso ESTRO di Vienna

La radioterapia, in aggiunta alla terapia medica, è una soluzione per curare anche forme di cancro avanzate, con efficacia pari alla chirurgia, ma con minor impatto sul paziente. E’ quanto viene confermato dallo studio “Oligocare, i cui risultati preliminari sono stati presentati al congresso annuale dell’ESTRO, appena concluso a Vienna, dal professor Filippo Alongi, direttore della Radioterapia Oncologica Avanzata dell’IRCSS di Negrar, capofila del progetto per il numero più alto di casi trattati nello studio.

La ricerca – promossa dalla Società Europea di Radioterapia Oncologica (ESTRO) e dall’European Organization for Research and Treatment Cancer (EORTC) – ha valutato l’impatto radicale della radioterapia su 1.600 pazienti, che presentavano da una a cinque metastasi, reclutati da 44 istituti di 12 Paesi europei.

Gli ‘oligometastatici’ sono quei pazienti che pur avendo una malattia estesa in più sedi nell’organismo, presentano un numero limitato di lesioni, fino a 3-5, in uno o più organi – spiega Alongi, che è anche professore ordinario all’Università di Brescia -. In Italia si stima che siano 1 su 5 e solitamente per questi pazienti si ricorre alla radioterapia a scopo palliativo, cioè per alleviare il dolore o prevenire i sintomi, per cui viene prescritta a basse dosi e mirata sulla sede delle lesioni che possono causare grandi sofferenze. Lo studio ‘Oligocare” invece ha valutato l’impatto della radioterapia in pazienti con più metastasi con l’obiettivo della remissione locale”.

I pazienti arruolati sono stati 1.600 di cui più di 200, il numero più alto, provenienti dall’IRCSS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, uno dei centri più all’avanguardia del nostro Paese nella cura radioterapica dei tumori. “La gran parte di essi presentava da 1 a 3 metastasi di tumori primitivi della mammella, del colon, della prostata e del polmone, localizzate prevalentemente su polmoni, linfonodi, ossa e in alcuni casi anche nel cervello”, precisa il radioterapista oncologo. Per il trattamento delle lesioni è stata impiegata la radioterapia stereotassica, cioè ad alte dosi ionizzanti erogate con precisione millimetrica, grazie anche alla possibilità di somministrazione sotto la guida di TAC o risonanza magnetica. I trattamenti prevedevano mediamente 5 sedute della durata variabile da pochi minuti a meno di un’ora e in molti casi sono stati effettuati contemporaneamente alla terapia medica (chemioterapia, immunoterapia e farmaci a bersaglio molecolare). “Dai risultati preliminari emerge che la radioterapia, in aggiunta ai farmaci, e in qualche caso anche da sola, è in grado di distruggere più metastasi spegnendo localmente la malattia, con una sopravvivenza del 97% dopo 6 mesi dal trattamento ed effetti collaterali rilevanti in appena l’1% dei casi – riferisce l’esperto -. Siamo di fronte a dati molto promettenti anche che necessitano di essere confermati con follow up più lungo. Tuttavia anche se preliminari questi dati delineano il ruolo della radioterapia nel percorso terapeutico del paziente metastatico, ruolo che può essere non solo palliativo, ma anche localmente curativo”.

Tuttavia, nonostante la grande efficacia, sulla radioterapia pesa ancora troppa disinformazione, per cui continua a essere attribuito a questo approccio terapeutico un valore inferiore rispetto a quello chirurgico e farmacologico. “Cittadini, media e istituzioni hanno purtroppo una visione non bene bilanciata delle forze in campo per la cura dei tumori – conclude Alongi -. L’idea della radioterapia risente di un retaggio che appartiene al passato e che nella migliore dell’ipotesi le attribuisce uno scopo solo palliativo. Questo è un grave problema per i pazienti che in numerose situazioni cliniche potrebbero trarre beneficio da un’opzione terapeutica non invasiva, alternativa a quella chirurgica e sinergica con i moderni farmaci oncologici”.

 

 

 

 

 

 


Telemedicina a servizio degli anziani in casa di risposo: sinergia tra la Pia Opera Ciccarelli e l'IRCCS di Negrar

La neonata collaborazione consente di effettuare l’elettrocardiogramma senza spostare l’ospite dalla casa di riposo, grazie alla refertazione a distanza da parte della Cardiologia dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Gli anziani non autosufficienti coinvolti sono 600, accolti in otto Centri della Fondazione Pia Opera Ciccarelli.

Fondazione Pia Opera Ciccarelli

Da alcune settimane è attivo il progetto di refertazione cardiologica a distanza a favore dei seicento anziani non autosufficienti accolti negli otto centri di servizio della Fondazione Pia Opera Ciccarelli ONLUS. Grazie a un sistema di telemedicina ora è possibile effettuare l’elettrocardiogramma (ECG) direttamente in casa di riposo e trasmetterlo in tempo reale alla Cardiologia dell’Ospedale di Negrar per la refertazione.

Mons. Cristiano Falchetto

“Far viaggiare i dati e non le persone è una direzione sulla quale stiamo lavorando per garantire servizi di prossimità agli anziani a noi affidati. Per la Fondazione è una preziosa opportunità per dare forma concreta ai valori che ci ha consegnato il nostro Fondatore e dunque tutelare, nel miglior modo possibile, il diritto alla salute e migliorare l’accesso ai percorsi diagnostici e terapeutici, soprattutto per i più fragili che possono effettuare visite e controlli direttamente nelle residenze” riferisce il presidente mons. Cristiano Falchetto. I vantaggi sono tanti anche per il personale che può ottimizzare le proprie attività e dedicare più tempo alla cura e all’assistenza. Infatti “Il nuovo servizio ottimizza il monitoraggio cardiologico in termini di tempi e risorse impiegate e permette di monitorare periodicamente i pazienti a distanza, evitando loro spostamenti faticosi”.

Dr. Giulio Molon

In questo periodo di avvio della collaborazione, la Fondazione Pia Opera Ciccarelli ha acquistato cinque elettrocardiografi, la piattaforma informatica che consente l’invio dei tracciati all’ospedale di Negrar e pacchetti formativi per il personale sanitario. “Il sistema è più che collaudato con altre strutture sanitarie con cui abbiamo una storica collaborazione – spiega il dottor Giulio Molon direttore della Cardiologia del “Sacro Cuore Don Calabria”Gli elettrocardiografi, cioè gli strumenti medici necessari per effettuare l’elettrocardiogramma, sono compatibili per la connessione in rete con la nostra piattaforma di refertazione delle prestazioni. In questo modo il tracciato realizzato dal medico o dall’infermiere in loco, senza spostare il paziente, giunge in tempo reale a noi che possiamo procedere alla lettura. Nei casi urgenti la tempistica della risposta è di 3 minuti, per i controlli non oltre la giornata. Naturalmente tutto questo in totale sicurezza per quanto riguarda la tutela dei dati sensibili del paziente”.

Dr. Mario Piccinini

“Alla richiesta da parte della Fondazione Pia Ciccarelli, abbiamo risposto con la massima disponibilità”, afferma l’amministratore delegato dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, Mario Piccinini. “Si tratta di una prestigiosa e storica istituzione veronese con la quale condividiamo gli stessi valori nei riguardi delle persone più fragili, gli ammalati e gli anziani. Da sempre il nostro ospedale è attento al tema dell’innovazione in medicina in quanto finalizzata ad offrire le migliori cure ai pazienti. La telemedicina è a tutti gli effetti uno degli strumenti innovativi destinati a trovare ampia applicazione nei prossimi anni con lo scopo rendere più accessibili i servizi ai pazienti e anche per contenere liste di attesa, uno dei problemi più urgenti della nostra sanità”.

 

 


Una Madonnina tra le rose del giardino di Casa Perez

A conclusione del mese di maggio, dedicato alla Santa Vergine Maria, mercoledì 31 maggio alle ore 15 è stata celebrata la Santa Messa nei giardini adiacenti a Casa Perez, dove è stata collocata una statua della Madonna di Lourdes, recuperata grazie a un certosino restauro dagli educatori di Casa Perez con l’aiuto degli ospiti.

“Tutto è nato un po’ per caso”, raccontano gli educatori Giovanni Melotto, Florio Guardini e Giulia Dalle Pezze. “Eravamo alle prese con l’organizzazione delle attività per il mese di maggio. Si pensava di fare qualcosa di significativo per la chiusura del mese dedicato alla Mamma di Gesù, ma andare tutti insieme alla Madonnina collocata nei giardini di Casa Nogarè ci sembrava troppo dispersivo e anche impegnativo. Ci siamo quindi chiesti: non abbiamo una Madonnina qui vicino? A dire la verità una statua della Madonna ce l’avevamo proprio in casa, relegata (e impolverata) nel magazzino del laboratorio. Una mano rotta, i piedi rovinati, imbruttita dal tempo e dagli anni che l’hanno dimenticata.

(ecco le varie fasi del restauro della Madonnina)

Era proprio quello che faceva al caso nostro. Con l’aiuto degli ospiti di Casa Perez abbiamo dato nuova vita e nuovo splendore alla statua che è stata poi collocata nel nostro giardino, sul ciocco di un albero circondata da un’aiuola di rose rigogliose.

E’ stato necessario molto impegno, costanza e dedizione. Abbiamo effettuato un grosso lavoro di pulitura, rimuovendo le vernici e le patine. Abbiamo ricostruito le parti mancanti o rovinate, e dipinto l’opera di un colore fresco e brillante.

La statua rappresenta la Madonna di Lourdes, colei che protegge e custodisce gli ammalati. Come noi ci siamo presi cura di Lei, confidiamo e preghiamo perché faccia lo stesso con noi”.

 

 


l’Ad Piccinini eletto coordinatore degli Irccs religiosi e nominato Ambasciatore della Sanità Italiana

L’Amministratore Delegato dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria. Mario Piccinini, terrà i rapporti con le Istituzioni, in primis il ministero della Sanità, per conto dei 14 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico dell’Aris, tra cui la Fondazione Gemelli. La nomina di Ambasciatore della Sanità Italiana gli è stata conferita nel corso dell’open meeting di Grandi Ospedali

Doppio riconoscimento nazionale per l’amministratore delegato dell’Irccs Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, Mario Piccinini, eletto coordinatore degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico aderenti all’Associazione religiosa istituti socio-sanitari e nominato ambasciatore della Sanità italiana nell’ambito dell’open meeting di Grandi Ospedali.

L’elezione è avvenuta a Roma mercoledì 24 maggio durante l’Assemblea Nazionale dell’Aris che ha conferito al dottor Piccinini l’incarico di gestire i rapporti con le istituzioni, in primo luogo il Ministero della Salute, per conto degli Irccs associati. Complessivamente fanno parte dell’Aris 251 strutture socio-sanitarie per un totale di 26mila posti letto. Gli Irccs sono 14 tra cui la Fondazione Policlinico Universitario Gemelli di Roma, l’Istituto San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia, il Centro Don Carlo Gnocchi di Firenze e la Fondazione Piemonte per l’Oncologia di Torino.

“Sono molto onorato per questo incarico – afferma il dottor Piccinini -. L’elezione a coordinatore degli Irccs Aris non solo è l’attestazione del mio operato nell’ambito della sanità italiana, e in particolare in quella religiosa di cui sono presidente Triveneto e consigliere nazionale da circa 20 anni. Ma soprattutto è il riconoscimento del ruolo di prestigio che ha assunto l’Irccs Sacro Cuore Don Calabria nel panorama sanitario, un ruolo raggiunto grazie a un lavoro collettivo sempre a servizio del paziente. Il mio primo obiettivo – riprende l’Ad –  sarà quello di portare presso le istituzioni la legittima istanza degli Irccs a gestione privata e non profit: siamo a tutti gli effetti sanità pubblica in quanto facciamo parte dei 53 ospedali riconosciuti dal ministero della Salute per l’eccellenza nel campo della ricerca applicata alla clinica, ma di fatto veniamo inseriti nel confuso calderone della sanità privata, nonostante la quasi totalità della nostra attività avvenga nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale. Basti pensare che i progetti dei nostri ricercatori possono avvalersi dei fondi PNRR solo all’interno di una ‘cordata’ coordinata da una struttura pubblica. Dobbiamo imprimere un’inversione di rotta”.

Venerdì 26 maggio, sempre a Roma, a margine dell’open meeting di Grandi Ospedali, l’amministratore delegato del “Sacro Cuore Don Calabria” è stato insignito anche della nomina di Ambasciatore della Sanità Italiana, attribuita a 21 manager sanitari, che “si contraddistinguono per il loro impegno nell’innovazione, nella collaborazione e nel creare sinergie all’interno del sistema sanitario con l’obiettivo di migliorare la qualità, l’efficacia dell’assistenza sanitaria e di elevare la capacità della ricerca, rispecchiando così i valori e lo spirito del progetto di Grandi Ospedali”.

L’evento Grandi Ospedali, giunto alla seconda edizione, a cui hanno aderito le più importanti realtà ospedaliere, è un’occasione di confronto sulle questioni più urgenti della sanità italiana e sulle opportunità di sviluppo, come l’intelligenza artificiale e la realtà virtuale di cui si è discusso quest’anno.

Condivido entrambi i riconoscimenti con il personale di oggi e di ieri – conclude il dottor Piccinini – A definire grande un ospedale non è solo il numero dei posti letto o dei dipendenti, l’organizzazione efficiente, le innovative dotazioni tecnologiche. Il valore aggiunto lo fanno ancora le persone che vi lavorano, formate non solo professionalmente, ma anche umanamente per essere a loro volta veicolo di formazione del paziente”.

Nella foto il momento del conferimento della nomina di Ambasciatore della Sanità Italiana: da sinistra Paolo Petralia, vice presidente vicario di Fiaso e Direttore generale Asl 4 S.S.R Genova, il dottor Mario Piccinini e Daniela Donetti, direttrice generale Azienda ospedaliero – universitaria Sant’Andrea, Roma. La conduttrice dell’evento è stata la giornalista Myrta Merlino.

 

 

 


I valori e la storia del "Sacro Cuore" spiegati in un corso ai medici neoassunti

Un’occasione per conoscere la storia dell’ospedale, il contesto e i valori che lo caratterizzano, la vita e le opere del fondatore San Giovanni Calabria. Ma soprattutto un’occasione per incontrare i colleghi e vivere un momento forte di formazione al di fuori dell’impegnativo lavoro quotidiano.

Il riferimento è al corso “Natura e fini istituzionali” che si è svolto sabato 27 maggio presso la Casa Madre dell’Opera Don Calabria a San Zeno in Monte, sulle colline di Verona, coinvolgendo una trentina di medici neoassunti al “Sacro Cuore”. Si tratta del primo evento di questo tipo dopo la pandemia (l’ultimo corso in presenza era stato nel 2018) e per questo alcuni dei medici presenti lavorano già da qualche anno all’ospedale. Un altro gruppo farà l’esperienza il prossimo 10 giugno.

In un clima conviviale e per niente formale, il corso si è aperto con il saluto del presidente fratel Gedovar Nazzari e dell’amministratore delegato Mario Piccinini. A seguire il dottor Fabrizio Nicolis, direttore sanitario, ha guidato la mattinata dialogando con i partecipanti e presentando alcuni numeri e le caratteristiche principali dell’ospedale oggi. Molto significativo l’intervento di don Miguel Tofful, vicepresidente, che insieme a Sorella Maria Rosa Girlanda ha delineato alcuni tratti della vita di don Calabria e della sua spiritualità, in particolare nel rapporto con gli ammalati. Durante l’incontro il dottor Davide Brunelli, vicedirettore sanitario, ha introdotto la proiezione di un video con una breve sintesi del discorso che Papa Francesco ha pronunciato in udienza ai rappresentanti dell’ARIS (Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari), sottolineando il valore del servizio svolto dagli operatori sanitari negli ospedali cattolici. Molto intensa anche la testimonianza del dottor Federico Gobbi, direttore delle Malattie Infettive e Tropicali, che ha raccontato il percorso professionale che lo ha portato a Negrar e le sfide del lavoro in questo campo della medicina.

La giornata si è conclusa con la visita alle stanze e alla tomba del fondatore, che ha vissuto per oltre 40 anni a San Zeno in Monte, e con il pranzo conviviale.


Scarlattina: la diagnosi in soli 6 minuti con un nuovo tampone molecolare

Il test processato nel Laboratorio di biologia molecolare dell’IRCCS di Negrar, non richiede la conferma dell’esame colturale che necessita dalle 48 alle 72 ore. Un enorme vantaggio perché la rapidità di risposta (il referto in circa un’ora) permette al medico curante di intervenire tempestivamente con la terapia antibiotica o, nel caso di risposta negativa, di non effettuare in via preventiva inutili somministrazioni in attesa del risultato del test. Per effettuarlo è necessaria la prenotazione.

Un test molecolare, simile a quello per il Covid, in grado in soli 6 minuti di diagnosticare, con estrema accuratezza, la scarlattina, la patologia infettiva che nei primi quattro mesi del 2023 ha registrato un aumento di casi anche in Veneto, soprattutto tra i bambini sotto i 15 anni.

L’esame viene effettuato dal Laboratorio di Microbiologia dell’IRCCS di Negrar, diretto dalla dottoressa Francesca Perandin, previa prenotazione sul sito web dell’ospedale (clicca qui)

Si tratta di un tampone faringeo che ha l’obiettivo di verificare l’eventuale presenza di infezione a livello della gola causata dallo Streptococco beta emolitico di gruppo A, responsabile della faringite streptococcica e, appunto, della scarlattina.

Dr. Fabio Formenti

A differenza dei test rapidi non molecolari che hanno a disposizione in ambulatorio i pediatri di libera scelta, questo non necessita conferma dall’esame colturale del materiale prelevato sempre a livello della faringe”, sottolinea il dottor Fabio Formenti, biologo molecolare e coordinatore del Laboratorio di Microbiologia. “Un enorme vantaggio perché la rapidità di risposta del test, che è di 6 minuti contro le 48/72 ore dell’esame colturale, consente di ottenere il referto in circa un’ora, il tempo per i necessari passaggi dal Drive in (via Salgari) dove viene effettuato il tampone, al Laboratorio. Questo permette al medico curante di intervenire tempestivamente con la terapia antibiotica o, nel caso di risposta negativa, di evitare di somministrare farmaci anche se in via precauzionale”.

In base ai dati regionali, dal 1 gennaio 2023 i casi di scarlattina sono stati 1.506, un numero significativamente più alto rispetto agli anni precedenti. Per trovare un picco simile di casi è necessario tornare al 2012 e al 2013, quando sono stati registrati rispettivamente 1.943 e 1.933 malati.

“Le cause di questo aumento possono essere molte”, sottolinea il dottor Giorgio Zavarise, pediatra infettivologo dell’IRCCS di Negrar. “Hanno sicuramente un ruolo le misure adottate per limitare la diffusione del COVID19, come il blocco della circolazione delle persone e l’adozione di interventi non farmaceutici come l’igiene delle mani, l’uso della mascherina e altro. Tutto questo ha contribuito a mantenere basso il carico di molte infezioni pediatriche virali e batteriche durante il picco della circolazione del SARS-CoV2. Una volta allentate le restrizioni anche lo streptococco, come tanti altri patogeni, ha ripreso a circolare intensamente. Un’altra ipotesi, tutta da verificare, è che le infezioni da COVID-19 (sia nei casi sintomatici che asintomatici) potrebbero aver portato a una disregolazione immunitaria nei bambini (il cosiddetto ‘furto immunitario’), lasciandoli così suscettibili alle successive infezioni, come è sempre accaduto per i bambini reduci da infezioni virali (varicella o influenza)”.

La scarlattina è comunque una patologia risolvibile nella grande maggioranza dei casi con una terapia antibiotica, “grazie alla quale il paziente non è più infettivo dopo 24-48 ore. E’ importante fare attenzione ai primi sintomi per agire tempestivamente: in presenza di febbre, arrossamento della gola (‘scarlatta’), e, ma non sempre, esantema su tutto il corpo è bene rivolgersi tempestivamente al proprio medico di fiducia”, raccomanda il dottor Zavarise

 

 

 


Partenza da Negrar per il cammino lento che attraversa il Veneto in sedia a rotelle

Otto tappe di “cammino lento” attraverso il Veneto, da Negrar fino a Motta di Livenza con gran finale in Piazza San Marco a Venezia. L’iniziativa, organizzata dall’associazione Free Wheels, coinvolge otto viaggiatori in sedia a rotelle e promuove i valori dell’accessibilità e dell’accoglienza sul territorio. La partenza è stata oggi dal “Sacro Cuore” alla presenza di numerosi operatori e pazienti dell’ospedale

Sono partiti oggi dal “Sacro Cuore” di Negrar i 10 viaggiatori che partecipano alla nuova edizione di Klick’s on ways, la manifestazione dedicata al “cammino lento” che punta a valorizzare i territori, la loro accessibilità e l’accoglienza delle comunità.
Il viaggio, organizzato dall’associazione Free Wheels, attraverserà tutto il Veneto e si concluderà il 26 maggio a Motta di Livenza. Un viaggio davvero speciale, perché 8 dei 10 partecipanti hanno una mobilità ridotta e quindi si muoveranno sulla sedia a rotelle (elettrica per l’occasione). Anche per questo la scelta della partenza è caduta sull’ospedale di Negrar, dove da molti anni c’è l’Unità Spinale che si prende cura di pazienti con lesioni midollari che non possono camminare a seguito di malattie o traumi.

La giornata è iniziata nella sala del Centro di Formazione con un saluto e la presentazione del viaggio. Oltre ai 10 coraggiosi viaggiatori, erano presenti numerosi pazienti e operatori dell’Unità Spinale, con la presenza della dottoressa Elena Rossato, direttore della Riabilitazione, del dottor Giuseppe Armani, direttore appunto dell’Unità Spinale, mentre in rappresentanza della direzione c’erano il vicepresidente padre Miguel Tofful e il vice direttore sanitario dottor Davide Brunelli. Con loro anche il sindaco di Negrar Roberto Grison e gli assessori Camilla Coeli e Franca Righetti.
Subito dopo pranzo invece la partenza vera e propria, preceduta dalla benedizione di padre Tofful e dalla foto di rito alla rotonda di Negrar, davanti alla panchina rosa che segna il “Cammino delle scoperte”, un percorso che attraversa la provincia di Verona passando per 34 comuni.
A guidare il drappello di riders saranno Pietro Scidurlo, presidente di Free Wheels e autore della prima guida europea per un Cammino accessibile a tutti, e la madrina dell’evento Jesusleny Gomes, ideatrice del “Cammino delle scoperte” che ha percorso a piedi 574 comuni del Veneto. Con loro gli altri partecipanti: Pietro M. di Dolo, Michele di Monastier di Treviso, Emanuele di Eraclea, Ignazio di Scicli, Samuele di Sulbiate, Sabrina di Cagliari, Angiolino di Sommacampagna, Manuel di Martellago.
Per saperne di più: www.freewheelsodv.com.


La "rivoluzione" dell'oncologia di precisione: terapie personalizzate per ogni paziente

Lunedì 15 maggio l’IRCCS di Negrar è stata sede dell’incontro del Collegio dei primari oncologi medici del Veneto sul tema “I percorsi del paziente nell’oncologia di precisione: oppurtunità e sfide”. Grazie allo sviluppo delle conoscenze sulla biologia e sulla genetica dei tumori, per alcune neoplasie oggi sono disponibili terapie mediche che consentono di trattare in maniera personalizzata ogni singolo paziente, in base alle caratteristiche della forma tumorale dalla quale è affetto con ricadute positive sulla qualità di vita e sulle prospettive di guarigione o di sopravvivenza.

Una cura “cucita su misura”, personalizzata per ogni paziente come un vestito sartoriale. Per l’oncologia è già realtà. Grazie allo sviluppo delle conoscenze sulla biologia e sulla genetica dei tumori, per alcune neoplasie oggi sono disponibili terapie mediche che consentono di trattare in maniera personalizzata ogni singolo paziente, in base alle caratteristiche della forma tumorale dalla quale è affetto con ricadute positive sulla qualità di vita e sulle prospettive di guarigione o di sopravvivenza.

In primo piano il dr. Massimo Annicchiarico

Proprio lo stato dell’arte e la gestione dei possibili sviluppi della cosiddetta oncologia di precisione sono stati al centro dell’incontro del Cipomo (Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri) che nel pomeriggio del 15 marzo ha visto la presenza all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria dei direttori di 19 Oncologie del Veneto, tra cui il professor Michele Milella, direttore di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, il professor Angelo Paolo dei Tos, direttore della UOC in Anatomia patologica di Padova oltre che presidente della Scuola di Medicina dell’Università Patavina; la professoressa Valentina Guarnieri direttore dell’Oncologia 2 dell’Istituto Oncologico Veneto, e il direttore dell’Oncologia di Vicenza, dottor Giuseppe Aprile. E’ intervenuto anche il dottor Massimo Annicchiarico, direttore generale dell’Area Sanità e Sociale della Regione Veneto

Dr.ssa Stefania Gori

“L’oncologia di precisione è una sorta di rivoluzione per quanto riguarda la diagnosi e la terapia dei tumori”, sottolinea la dottoressa Stefania Gori, direttore del Dipartimento Oncologico dell’IRCCS di Negrar. “Precedentemente le scelte terapeutiche erano basate essenzialmente sulla diagnosi istologica effettuata a partire dalla biopsia o dal tessuto tumorale asportato con l’intervento chirurgico. In seguito la ricerca di base ha scoperto che ogni tumore è potenzialmente diverso dagli altri anche se interessano lo stesso organo e si differenzia per i meccanismi genetico-molecolari che consentono alle cellule tumorali di proliferare. Grazie a queste informazioni, coniugate con quelle istologiche, oggi possiamo curare alcuni tumori attraverso farmaci definiti a “bersaglio molecolare”, capaci di bloccare in maniera selettiva proprio questi meccanismi che portano alla progressione della malattia”.

Per ora il numero dei farmaci a bersaglio molecolare è relativamente limitato, anche se l’oncologia di precisione ha un impatto notevole per alcune neoplasie, come nel caso degli adenocarcinomi polmonari, il cui 40% possiede alterazioni genetico-molecolari da consentire l’impiego di terapie target. Terapie mirate sono disponibili anche per alcune forme di tumore della mammella e dell’ovaio, per il melanoma, per il tumore stromale gastrointestinale e per un particolare tipo carcinoma delle vie biliari (colangiocarcinoma intraepatico), particolarmente aggressivo.

Prof. Giuseppe Zamboni

Nell’oncologia di precisione un ruolo fondamentale lo assumono i patologi e i biologi molecolari a cui è affidato lo studio delle caratteristiche genetico-molecolari dei tumori, i cosiddetti biomarcatori. “La tecnologia più innovativa impiegata, che disponiamo anche all’IRCCS di Negrar, è la Next Generation Sequencing (NGS). Questa metodica, basata sull’impiego di un sequenziatore di nuova generazione, consente, analizzando molecole di DNA e di RNA, di individuare in maniera precisa e rapida le specifiche alterazioni molecolari che caratterizzano i singoli tumori e che costituiscono possibili bersagli per i farmaci”, spiega il professor Giuseppe Zamboni direttore dell’Anatomia Patologica dell’IRCCS di Negrar e ordinario all’Università di Verona.

“Ad oggi le tecniche di biologia molecolare sono in grado di generare una grande quantità di dati – riprende il prof. Zamboni -. Una delle maggiori sfide per gli specialisti del settore è fornirne la corretta interpretazione di questi dati a scopo clinico, capire, cioè, quali alterazioni genetiche sono effettivamente implicate nel processo di cancerogenesi e di progressione della malattia tumorale e quali sono, invece meno significative. Oltre allo sviluppo di nuovo farmaci mirati contro queste caratteristiche tumorali, è di estrema importanza studiare i meccanismi genetici alla base della resistenza a tali trattamenti e, in futuro, approfondire la conoscenza dell’interazione tra il tumore e il tessuto sano in cui è vive”.