Scarlattina: la diagnosi in soli 6 minuti con un nuovo tampone molecolare
Il test processato nel Laboratorio di biologia molecolare dell’IRCCS di Negrar, non richiede la conferma dell’esame colturale che necessita dalle 48 alle 72 ore. Un enorme vantaggio perché la rapidità di risposta (il referto in circa un’ora) permette al medico curante di intervenire tempestivamente con la terapia antibiotica o, nel caso di risposta negativa, di non effettuare in via preventiva inutili somministrazioni in attesa del risultato del test. Per effettuarlo è necessaria la prenotazione.
Un test molecolare, simile a quello per il Covid, in grado in soli 6 minuti di diagnosticare, con estrema accuratezza, la scarlattina, la patologia infettiva che nei primi quattro mesi del 2023 ha registrato un aumento di casi anche in Veneto, soprattutto tra i bambini sotto i 15 anni.
L’esame viene effettuato dal Laboratorio di Microbiologia dell’IRCCS di Negrar, diretto dalla dottoressa Francesca Perandin, previa prenotazione sul sito web dell’ospedale (clicca qui)
Si tratta di un tampone faringeo che ha l’obiettivo di verificare l’eventuale presenza di infezione a livello della gola causata dallo Streptococco beta emolitico di gruppo A, responsabile della faringite streptococcica e, appunto, della scarlattina.
“A differenza dei test rapidi non molecolari che hanno a disposizione in ambulatorio i pediatri di libera scelta, questo non necessita conferma dall’esame colturale del materiale prelevato sempre a livello della faringe”, sottolinea il dottor Fabio Formenti, biologo molecolare e coordinatore del Laboratorio di Microbiologia. “Un enorme vantaggio perché la rapidità di risposta del test, che è di 6 minuti contro le 48/72 ore dell’esame colturale, consente di ottenere il referto in circa un’ora, il tempo per i necessari passaggi dal Drive in (via Salgari) dove viene effettuato il tampone, al Laboratorio. Questo permette al medico curante di intervenire tempestivamente con la terapia antibiotica o, nel caso di risposta negativa, di evitare di somministrare farmaci anche se in via precauzionale”.
In base ai dati regionali, dal 1 gennaio 2023 i casi di scarlattina sono stati 1.506, un numero significativamente più alto rispetto agli anni precedenti. Per trovare un picco simile di casi è necessario tornare al 2012 e al 2013, quando sono stati registrati rispettivamente 1.943 e 1.933 malati.
“Le cause di questo aumento possono essere molte”, sottolinea il dottor Giorgio Zavarise, pediatra infettivologo dell’IRCCS di Negrar. “Hanno sicuramente un ruolo le misure adottate per limitare la diffusione del COVID19, come il blocco della circolazione delle persone e l’adozione di interventi non farmaceutici come l’igiene delle mani, l’uso della mascherina e altro. Tutto questo ha contribuito a mantenere basso il carico di molte infezioni pediatriche virali e batteriche durante il picco della circolazione del SARS-CoV2. Una volta allentate le restrizioni anche lo streptococco, come tanti altri patogeni, ha ripreso a circolare intensamente. Un’altra ipotesi, tutta da verificare, è che le infezioni da COVID-19 (sia nei casi sintomatici che asintomatici) potrebbero aver portato a una disregolazione immunitaria nei bambini (il cosiddetto ‘furto immunitario’), lasciandoli così suscettibili alle successive infezioni, come è sempre accaduto per i bambini reduci da infezioni virali (varicella o influenza)”.
La scarlattina è comunque una patologia risolvibile nella grande maggioranza dei casi con una terapia antibiotica, “grazie alla quale il paziente non è più infettivo dopo 24-48 ore. E’ importante fare attenzione ai primi sintomi per agire tempestivamente: in presenza di febbre, arrossamento della gola (‘scarlatta’), e, ma non sempre, esantema su tutto il corpo è bene rivolgersi tempestivamente al proprio medico di fiducia”, raccomanda il dottor Zavarise
Partenza da Negrar per il cammino lento che attraversa il Veneto in sedia a rotelle
Otto tappe di “cammino lento” attraverso il Veneto, da Negrar fino a Motta di Livenza con gran finale in Piazza San Marco a Venezia. L’iniziativa, organizzata dall’associazione Free Wheels, coinvolge otto viaggiatori in sedia a rotelle e promuove i valori dell’accessibilità e dell’accoglienza sul territorio. La partenza è stata oggi dal “Sacro Cuore” alla presenza di numerosi operatori e pazienti dell’ospedale
Sono partiti oggi dal “Sacro Cuore” di Negrar i 10 viaggiatori che partecipano alla nuova edizione di Klick’s on ways, la manifestazione dedicata al “cammino lento” che punta a valorizzare i territori, la loro accessibilità e l’accoglienza delle comunità.
Il viaggio, organizzato dall’associazione Free Wheels, attraverserà tutto il Veneto e si concluderà il 26 maggio a Motta di Livenza. Un viaggio davvero speciale, perché 8 dei 10 partecipanti hanno una mobilità ridotta e quindi si muoveranno sulla sedia a rotelle (elettrica per l’occasione). Anche per questo la scelta della partenza è caduta sull’ospedale di Negrar, dove da molti anni c’è l’Unità Spinale che si prende cura di pazienti con lesioni midollari che non possono camminare a seguito di malattie o traumi.
La giornata è iniziata nella sala del Centro di Formazione con un saluto e la presentazione del viaggio. Oltre ai 10 coraggiosi viaggiatori, erano presenti numerosi pazienti e operatori dell’Unità Spinale, con la presenza della dottoressa Elena Rossato, direttore della Riabilitazione, del dottor Giuseppe Armani, direttore appunto dell’Unità Spinale, mentre in rappresentanza della direzione c’erano il vicepresidente padre Miguel Tofful e il vice direttore sanitario dottor Davide Brunelli. Con loro anche il sindaco di Negrar Roberto Grison e gli assessori Camilla Coeli e Franca Righetti.
Subito dopo pranzo invece la partenza vera e propria, preceduta dalla benedizione di padre Tofful e dalla foto di rito alla rotonda di Negrar, davanti alla panchina rosa che segna il “Cammino delle scoperte”, un percorso che attraversa la provincia di Verona passando per 34 comuni.
A guidare il drappello di riders saranno Pietro Scidurlo, presidente di Free Wheels e autore della prima guida europea per un Cammino accessibile a tutti, e la madrina dell’evento Jesusleny Gomes, ideatrice del “Cammino delle scoperte” che ha percorso a piedi 574 comuni del Veneto. Con loro gli altri partecipanti: Pietro M. di Dolo, Michele di Monastier di Treviso, Emanuele di Eraclea, Ignazio di Scicli, Samuele di Sulbiate, Sabrina di Cagliari, Angiolino di Sommacampagna, Manuel di Martellago.
Per saperne di più: www.freewheelsodv.com.
La "rivoluzione" dell'oncologia di precisione: terapie personalizzate per ogni paziente
Lunedì 15 maggio l’IRCCS di Negrar è stata sede dell’incontro del Collegio dei primari oncologi medici del Veneto sul tema “I percorsi del paziente nell’oncologia di precisione: oppurtunità e sfide”. Grazie allo sviluppo delle conoscenze sulla biologia e sulla genetica dei tumori, per alcune neoplasie oggi sono disponibili terapie mediche che consentono di trattare in maniera personalizzata ogni singolo paziente, in base alle caratteristiche della forma tumorale dalla quale è affetto con ricadute positive sulla qualità di vita e sulle prospettive di guarigione o di sopravvivenza.
Una cura “cucita su misura”, personalizzata per ogni paziente come un vestito sartoriale. Per l’oncologia è già realtà. Grazie allo sviluppo delle conoscenze sulla biologia e sulla genetica dei tumori, per alcune neoplasie oggi sono disponibili terapie mediche che consentono di trattare in maniera personalizzata ogni singolo paziente, in base alle caratteristiche della forma tumorale dalla quale è affetto con ricadute positive sulla qualità di vita e sulle prospettive di guarigione o di sopravvivenza.
Proprio lo stato dell’arte e la gestione dei possibili sviluppi della cosiddetta oncologia di precisione sono stati al centro dell’incontro del Cipomo (Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri) che nel pomeriggio del 15 marzo ha visto la presenza all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria dei direttori di 19 Oncologie del Veneto, tra cui il professor Michele Milella, direttore di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, il professor Angelo Paolo dei Tos, direttore della UOC in Anatomia patologica di Padova oltre che presidente della Scuola di Medicina dell’Università Patavina; la professoressa Valentina Guarnieri direttore dell’Oncologia 2 dell’Istituto Oncologico Veneto, e il direttore dell’Oncologia di Vicenza, dottor Giuseppe Aprile. E’ intervenuto anche il dottor Massimo Annicchiarico, direttore generale dell’Area Sanità e Sociale della Regione Veneto
“L’oncologia di precisione è una sorta di rivoluzione per quanto riguarda la diagnosi e la terapia dei tumori”, sottolinea la dottoressa Stefania Gori, direttore del Dipartimento Oncologico dell’IRCCS di Negrar. “Precedentemente le scelte terapeutiche erano basate essenzialmente sulla diagnosi istologica effettuata a partire dalla biopsia o dal tessuto tumorale asportato con l’intervento chirurgico. In seguito la ricerca di base ha scoperto che ogni tumore è potenzialmente diverso dagli altri anche se interessano lo stesso organo e si differenzia per i meccanismi genetico-molecolari che consentono alle cellule tumorali di proliferare. Grazie a queste informazioni, coniugate con quelle istologiche, oggi possiamo curare alcuni tumori attraverso farmaci definiti a “bersaglio molecolare”, capaci di bloccare in maniera selettiva proprio questi meccanismi che portano alla progressione della malattia”.
Per ora il numero dei farmaci a bersaglio molecolare è relativamente limitato, anche se l’oncologia di precisione ha un impatto notevole per alcune neoplasie, come nel caso degli adenocarcinomi polmonari, il cui 40% possiede alterazioni genetico-molecolari da consentire l’impiego di terapie target. Terapie mirate sono disponibili anche per alcune forme di tumore della mammella e dell’ovaio, per il melanoma, per il tumore stromale gastrointestinale e per un particolare tipo carcinoma delle vie biliari (colangiocarcinoma intraepatico), particolarmente aggressivo.
Nell’oncologia di precisione un ruolo fondamentale lo assumono i patologi e i biologi molecolari a cui è affidato lo studio delle caratteristiche genetico-molecolari dei tumori, i cosiddetti biomarcatori. “La tecnologia più innovativa impiegata, che disponiamo anche all’IRCCS di Negrar, è la Next Generation Sequencing (NGS). Questa metodica, basata sull’impiego di un sequenziatore di nuova generazione, consente, analizzando molecole di DNA e di RNA, di individuare in maniera precisa e rapida le specifiche alterazioni molecolari che caratterizzano i singoli tumori e che costituiscono possibili bersagli per i farmaci”, spiega il professor Giuseppe Zamboni direttore dell’Anatomia Patologica dell’IRCCS di Negrar e ordinario all’Università di Verona.
“Ad oggi le tecniche di biologia molecolare sono in grado di generare una grande quantità di dati – riprende il prof. Zamboni -. Una delle maggiori sfide per gli specialisti del settore è fornirne la corretta interpretazione di questi dati a scopo clinico, capire, cioè, quali alterazioni genetiche sono effettivamente implicate nel processo di cancerogenesi e di progressione della malattia tumorale e quali sono, invece meno significative. Oltre allo sviluppo di nuovo farmaci mirati contro queste caratteristiche tumorali, è di estrema importanza studiare i meccanismi genetici alla base della resistenza a tali trattamenti e, in futuro, approfondire la conoscenza dell’interazione tra il tumore e il tessuto sano in cui è vive”.
Aumento di casi di scarlattina: niente panico, se trattati con antibiotici i bimbi non sono più infettivi dopo 48 ore
L’aumento dei casi di scarlattina in tutta Europa desta una certa preoccupazione. Ma la malattia batterica, tipica dell’infanzia, è facimente curabile con una terapia antibiotica grazie alla quale dopo due giorni dalla somministrazione il bambino non è più contagioso. E’ importante, però, rivolgersi al proprio pediatria già all’esordio dei primi sintomi
In Europa, come in Italia, è stato rilevato, a partire dal gennaio 2023, un aumento, rispetto al passato, di casi di scarlattina, soprattutto in bambini di età inferiore a 15 anni.
Il Regno Unito è il Paese più colpito da questo improvviso aumento. Già al 7 dicembre 2022, la sola Inghilterra ha riportato oltre 6.600 casi di scarlattina in un periodo di sole 12 settimane (con una media di circa 550 nuovi casi a settimana) insieme ad altri 652 casi di infezioni invasive da Streptococco A (GAS), il battere responsabile anche della malattia pediatrica infettiva. Restando più vicino a noi, in Veneto, nei primi quattro mesi del 2023 si sono registrati 1.506 casi, contro i 116 di tutto il 2022. Per trovare un numero maggiore di infezioni, bisogna tornare al 2012 (1.943) e al 2013 (1.733).
Perché questo incremento di casi in poco tempo?
Le cause, come sempre, possono essere più di una. Ha sicuramente un ruolo la pandemia da Covid-19 e le conseguenti misure adottate per limitare la diffusione del virus. Il blocco della circolazione delle persone (a livello globale) e l’adozione di interventi non farmaceutici – igiene delle mani, uso della mascherina e altro – hanno contribuito a mantenere basso il carico di molte infezioni pediatriche virali e batteriche durante il picco della circolazione del SARS-CoV2.
Ora che le restrizioni sono state revocate, il ritorno della libera circolazione e il confinamento negli spazi chiusi a causa dell’inverno possono essere una spiegazione plausibile di questo improvviso aumento dei casi di scarlattina. Tutto questo in concomitanza con l’incremento delle notifiche di altre infezioni respiratorie tra cui influenza e RSV (virus respiratorio sinciziale)
Un’altra teoria che potrebbe tranquillamente coesistere con la precedente indica che le infezioni da COVID-19 (sia nei casi sintomatici che asintomatici) potrebbero aver portato a una disregolazione immunitaria nei bambini (il cosiddetto “furto immunitario”), lasciandoli così suscettibili alle successive infezioni.
Comunque le misure di protezione personale per la prevenzione delle patologie da virus e batteri dovrebbero essere mantenute e incoraggiate anche oggi che è stata dichiarata la fine dell’emergenza COVID 19, inclusa una buona igiene delle mani, ed evitate le occasioni di sovraffollamento. Dovrebbe essere incoraggiata inoltre la limitazione della condivisione di oggetti personali come bottiglie d’acqua, bicchieri, biancheria da letto, articoli da toeletta… Altrettanto cruciale è la disinfezione delle superfici.
Che cos’è la scarlattina
La scarlattina è una delle infezioni più comuni da Streptococcus pyogenes, chiamato anche Streptococco beta-emolitico di gruppo A (GAS). Si tratta di un batterio Gram-positivo, residente nella normale microflora della cute umana, del tratto nasofaringeo e anogenitale.
Il tasso di portatori asintomatici del batterio è in genere più alto tra i bambini in età scolare (5-15 anni), percentuale che va dall’8,4-12,9% nei Paesi ad alto reddito al 15-20% nei Paesi in via di sviluppo
Come si trasmette lo streptococco beta-emolitico di gruppo A (GAS)
Si ritiene tradizionalmente che il batterio si diffonda attraverso grandi goccioline respiratorie (quando si tossisce, si starnutisce o si parla) da individui infetti, compresi i portatori asintomatici Tuttavia, con i progressi negli approcci metodologici, sono state scoperte ulteriori modalità di trasmissione. È stato dimostrato che promuovono la trasmissione di batteri anche se in maniera minore le secrezioni nasali, l’espettorato o la saliva, le particelle di polvere, il contatto diretto pelle a pelle, il contatto indiretto con superfici o lettiere/tessuti, cibo e vettori biologici come gli insetti.
Le malattie che causa l’infezione da streptococco
Clinicamente l’infezione da streptococco può causare non solo la scarlattina, ma la tonsillite, la faringite, l’impetigine (un’infezione della pelle ndr), fino alla polmonite.
Le forme invasive dell’infezione
I batteri possono essere responsabili di forme di malattia più gravi, conosciute come infezioni invasive: reazioni autoimmuni post-infezione che causano malattie renali, come glomerulonefrite acuta post-streptococcica. Lo streptococco può provocare anche la febbre reumatica acuta e/o cardiopatia reumatica: quella che un tempo chiamavano reumatismo o “Tasso alto nel sangue”, un modo popolare per indicare il TAS il Titolo Anti Streptolisinico. Raramente la malattia invasiva può manifestarsi come fascite necrotizzante, artrite settica, polmonite, meningite, ascesso, osteomielite e altre infezioni focali, endocardite e peritonite.
Nel 2005, utilizzando metodologie di stima prudenti, l’OMS ha riferito che a livello globale più di 18 milioni di persone sono affette da infezioni da GAS, con un aumento annuo di oltre 1,7 milioni di nuovi casi notificati e 500.000 decessi. Ciò rende le infezioni da GAS la nona causa principale di mortalità umana.
La diagnosi della scarlattina
La scarlattina si presenta con febbre e arrossamento della gola (“scarlatta”). In molti casi si manifesta l’esantema a tutto corpo, con il caratteristico segno della “mano gialla”, cioè il rilievo visibile della mano dopo averla premuta su una superficie estesa del tronco per alcuni secondi. La diagnosi clinica deve essere confermata con il tampone faringeo. Attualmente esistono test rapidi antigenici e molecolari molto affidabili che danno la risposta in pochi minuti, disponibili anche nell’ambulatorio del pediatra.
E’ importante prestare attenzione ai primi sintomi e affidarsi al pediatra di fiducia, senza cadere nella disinformazione.
La terapia
La gestione dello streptococco richiede come prima scelta la somministrazione di una terapia antibiotica con le penicilline e i derivati (es. amoxicillina). In alternativa, nei casi di allergia o intolleranza alla penicillina, i macrolidi e la clindamicina sono buone alternative anche se non ottimali.
Se trattati, i bambini non sono più infettivi dopo 24-48 ore dall’inizio degli antibiotici, dopo di che, se in forma, possono tornare a scuola. Se non trattati, la contagiosità perdura per 10-21 giorni.
Esiste un vaccino?
Attualmente non esiste un vaccino disponibile per la profilassi GAS sebbene più candidati siano in diverse fasi di sviluppo. La sfida principale deriva dal costante emergere di ceppi nuovi e più resistenti.
Con la collaborazione del dottor Giorgio Zavarise, pediatra infettivologo della Pediatria dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Le ostetriche: alleate della salute della donna in ogni sua fase della vita
Il 5 maggio si celebra la Giornata internazionale dell’ostetrica, una figura professionale che ha cura della salute della donna non solo durante la gravidanza e il parto, ma in ogni fase della sua vita.
L’ostetrica e l’ostetrico rimandano subito all’immagine della gravidanza e del parto. Ma le loro prerogative sono molto più ampie, in quanto sostengono la salute della donna in ogni sua fase della vita, come vuole sottolineare la Giornata internazionale dedicata a questa figura sanitaria, che si celebra il 5 maggio. L’ostetrica è presente non solo in ospedale, ma anche in ambiente comunitario (consultorio, distretto, casa maternità), in ambulatorio ostetrico o a domicilio.
Quando può esserti utile un’ostetrica?
Maternità
- Assistenza alla gravidanza, parto e post parto fisiologici
- Informazioni e sostegno nella scelta del luogo e delle modalità del parto
- Percorso di accompagnamento alla nascita
- Protezione, promozione e sostegno dell’allattamento al seno
Cura e salute del bambino
- Sostegno nell’alimentazione, controllo della crescita e dello stato di salute del bambino fino all’anno di vita
- Accompagnamento e supporto alla coppia nelle scelte genitoriali
Cura e salute della donna
- Promozione di stili di vita sani
- Salute del pavimento pelvico
- Assistenza e sostegno per patologie ginecologiche
- Informazioni e screening delle patologie e dei tumori femminili
- Sostegno in menopausa
Benessere sessuale e regolazione della fertilità
- Benessere sessuale e informazioni sulla regolazione della fertilità (maternità/paternità responsabili)
- Salute riproduttiva
- Prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili
Nel reparto di Ostetricia, diretto dal dottor Marcello Ceccaroni e di cui è responsabile la dottoressa Mariella Musola, è presente un équipe ostetrica di riconosciuto professionalità e umanità che segue la donna dall’inizio della gravidanza. Ecco i nomi:
Giovanna Angeli, Laura Ambra, Giorgia Baietta, Giulia Bellini, Marianna Boccassini, Silvia Bordegnoni, Claudia Buonadonna, Elisa Campetti, Alessandra Cavalleri, Alessia Cavallo, Giuditta Cobelli, Alessia Dalla Mura, Sofia Franco, Beatrice Ginami, Guglielmi Giada. Annapaola Isolan, Elisa Marasco, Maria Marchesini, Nicole Marconi, Federica Meneghelli, Serenella Mignolli, Sara Morabito, Sabrina Morbioli, Chiara Renoffio, Claudia Rossi, Giulia Tacchella, Gaia Torrenzano, Chiara Tosi, Susanna Turrini, Chiara Zanella, Donatella Zanini ed Elena Zocca.
Giornata mondiale dell'igiene delle mani: un gesto semplice che salva le vite
Venerdì 5 maggio ricorre la Giornata mondiale dell’igiene delle mani, promossa dall’OMS per ribadire quanto sia importante questo semplice per la salute comunitaria. Lavarsi le mani correttamente impedisce infatti la trasmissione dei microrganismi responsabili di molte malattie infettive, dalle più frequenti, come l’influenza e il raffreddore, a quelle più severe, come le infezioni correlate all’assistenza. l’IRCCS aderisce alla Giornata con un convegno che illustra le strategie dell’ospedale per la prevenzione delle infezioni ospedaliere.
Venerdì 5 maggio ricorre in tutto il mondo la Giornata per l’igiene delle mani, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per celebrare l’importanza di questo gesto semplice ma essenziale per la prevenzione delle malattie infettive, sia in comunità che nelle strutture di assistenza e cura.
Il tema proposto per l’edizione 2023 è “Insieme possiamo fare di più per prevenire le infezioni e la resistenza agli antibiotici nell’assistenza sanitaria. Promuoviamo la cultura della sicurezza e della qualità delle cure. Diamo la massima priorità all’igiene delle mani”, unitamente allo slogan “Agiamo subito insieme -Salva vite: igienizza le mani”.
In ambito assistenziale e in comunità, lavarsi le mani correttamente, con acqua e sapone per almeno 40-60 secondi, oppure, se non disponibili, igienizzarle con soluzione idroalcolica per almeno 20-30 secondi (fonte WHO), impedisce la trasmissione dei microrganismi responsabili di molte malattie infettive, dalle più frequenti, come l’influenza e il raffreddore, a quelle più severe, come le infezioni correlate all’assistenza (ICA).
Guarda i video:
Lavaggio delle mani con acqua e sapone
Igiene delle mani con il gel idroalcolico
L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria aderisce a questa giornata con un evento formativo per gli operatori dal titolo “Lotta alle infezioni correlate all’assistenza: la strategia di Negrar” (clicca qui per il programma) con lo scopo di rafforzare e responsabilizzare gli operatori sanitari a migliorare la prevenzione e il controllo delle infezioni assistenziali.
Come indicato a livello nazionale e internazionale, anche all’ospedale di Negrar opera un comitato multidisciplinare, il Comitato Infezioni Ospedaliere, che ha pianificato, coordinato e integrato nel tempo numerosi programmi di prevenzione e controllo della trasmissione di infezioni e di contrasto all’antibiotico-resistenza. Sono stati implementati programmi di sorveglianza delle infezioni ospedaliere e del consumo di terapia antibiotica, sistemi di segnalazione rapida dei microrganismi multiresistenti e cluster epidemici, protocolli diagnostico-terapeutici e attivazione di programmi di buon uso degli antibiotici, progetti di formazione sul campo.
"Dopo 50 anni lascio le corsie, ma continuerò a curare i bambini"
Il 31 marzo il dottor Antonio Deganello ha passato il testimone di direttore della Pediatria al dottor Paolo Bonetti. Ventisei anni di primariato al “Sacro Cuore Don Calabria” e 50 anni di professione medica, che continuerà ad esercitare in libera professione. “Lascio al mio successore un reparto di eccellenza”.
Lo scorso 31 marzo il dottor Antonio Deganello ha varcato per l’ultima volta come primario la porta della Pediatria, al quarto piano del “Sacro Cuore”, dopo 26 anni di servizio all’IRCCS di Negrar. Ma il giorno in cui il famoso chiodo lo vedrà appendere il camice bianco è ancora lontano: i bambini e la loro salute sono da 50 anni le sue grandi passioni professionali, che continuerà a coltivare nel suo studio privato.
Veronese, classe 1949, il dottor Deganello vanta tre specializzazioni: Pediatria, Gastroenterologia e Igiene e Medicina preventiva. Ha iniziato ad esercitare nel 1973 presso la Clinica pediatrica di Borgo Roma (Verona) che ha lasciato nel 1992 per assumere l’incarico di primario della Pediatria dell’Ospedale di Isola della Scala e di Villafranca. Nel 1997 è approdato a Negrar fino a quando ha passato il testimone al dottor Paolo Bonetti, dirigente medico della Terapia Intensiva pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona dal 2004.
La pediatria? Un amore da sempre
“Quando ho iniziato l’Università nutrivo già un certo interesse per la pediatria – racconta – tanto che al quinto anno ho deciso di lavorare nel reparto dell’Ospedale di Borgo Trento, come era possibile 50 anni fa. Quando si è presentato il momento della specializzazione mi è sembrato naturale proseguire sulla stessa strada. Ho avuto la fortuna di avere due grandi maestri: il professor Dino Gaburro e il professor Giuseppe Zoppi”.
Cinquant’anni fa eravamo nella “preistoria” della medicina
Sono gli anni Settanta del secolo scorso, ma dai racconti del dottor Deganello si ha l’impressione di fare un viaggio in un’era preistorica, come lui definisce quell’epoca ridendo. Erano tempi in cui un medico si basava prevalentemente sull’anamnesi e sull’esame obiettivo. Non avevano ancora inventato l’ecografia, la neuroradiologia, l’endoscopia e i test di laboratorio si contavano su poche dita…
Quelle biopsie gastriche sotto raggi X…
“A Verona siamo stati tra i primi ad interessarci di celiachia, ma le diagnosi non erano molte, perché non erano stati
ancora sviluppati test indicativi di laboratorio – racconta – Quando la clinica faceva emergere un sospetto effettuavamo la biopsia. L’esame endoscopico tuttavia non aveva nulla a che fare con quello di oggi. Introducevamo attraverso la bocca una capsula speciale (definita di Crosby Kugler) attaccata a un lungo tubo. Quando la capsula raggiungeva la sezione dello stomaco desiderata, si innescava una sorta di aspirazione che apriva la capsula da dove usciva un piccolo bisturi per biopsia. Il tutto avveniva sotto scopia (raggi X): ho smesso quando mi sono accorto che la mano destra, con cui tenevo il tubo, era diventata completamente glabra!”.
Le malattie infettive scomparse grazie ai vaccini e i nuovi virus
Lontani erano anche molti vaccini il cui avvento ha radicalmente cambiato l’ambito delle malattie infettive pediatriche. “Oggi sono del tutto scomparse o fortemente diminuite le malattie virali come il morbillo, la rosolia, alcune meningiti, la pertosse… – spiega -. Sono invece comparse patologie da virus che non si conoscevano come il West Nile virus, lo Zika e il Chikungunya… Durante l’anno accedono al nostro reparto diversi casi di bambini migranti arrivati in Italia per la prima volta o tornati dopo aver fatto visita ai parenti o bambini italiani andati in viaggio all’estero. Ricordo che la Pediatria di Negrar comprende anche un Centro per la salute del bambino adottato, tra i più accreditati in Italia, reso possibile grazie al grande lavoro del collega Giorgio Zavarise e alla collaborazione con il reparto di Malattie Infettive e Tropicali”.
La collaborazione tra reparti? Una caratteristica strutturale di questo ospedale
La collaborazione tra i vari reparti, sottolinea Deganello, “è una caratteristica strutturale di questo ospedale, improntata dall’amministrazione. E ha avuto la sua massima espressione durante le fasi acute della pandemia da Covid. Fortunatamente i bambini e gli adolescenti non hanno avuto gravi manifestazioni provocate dal Sars Cov2, così tre medici e altrettanti infermieri del mio reparto si sono resi disponibili volontariamente per dare supporto nei reparti Covid. La Pediatria è stata ricambiata dell’aiuto nel corso dell’emergenza Citrobacter che ha portato la chiusura dell’Ospedale della Donna e del Bambino di Verona. Al “Sacro Cuore Don Calabria” vi è stato un afflusso di bambini anche critici notevolmente superiore alla media, per rispondere al quale gli altri reparti ci hanno concesso posti letto ed attrezzature”.
Lascio al dottor Paolo Bonetti un reparto di eccellenza
Dottor Deganello, che reparto lascia al suo successore? “Una Pediatria che ha raggiunto livelli di eccellenza innegabili, grazie al supporto dell’amministrazione e al lavoro di tutti i miei colleghi – risponde -. Il reparto, di 22 posti letto con Sezione di Patologia Neonatale, ricovera mediamente dai 1.600 ai 2mila pazienti pediatrici che vanno dagli zero ai 18 anni. L’anno scorso gli accessi diretti al Pronto Soccorso pediatrico sono stati circa 5mila. Nel 2018 abbiamo ottenuto il riconoscimento Unicef di Ospedale Amico dei Bambini che ha richiesto un percorso di sei anni da parte di un’ottantina di persone di reparti e servizi diversi. E’ stato un lavoro complesso, ma che mi ha reso particolarmente orgoglioso perché ci ha permesso di uniformare la metodologia operativa nella cura dei piccoli pazienti. Direi che in questi 26 anni non mi sono fatto mancato nulla – conclude – grandi soddisfazioni, tanto lavoro e pure due epidemie. Ora lascio l’Ospedale, ma per lasciare la pediatria c’è ancora tempo e tanto entusiasmo”.
Pedana o cicloergometro: ecco come funziona il test che mette il cuore sotto sforzo
Il test ergometrico, noto anche come “prova da sforzo”, è l’esame che permette di valutare il comportamento del cuore durante uno sforzo fisico. In pratica si tratta di un elettrocardiogramma eseguito mentre il paziente si sottopone ad un esercizio intenso, pedalando su un cicloergometro opportunamente adattato o camminando su una pedana a velocità crescente.
Lo scopo principale del test è valutare eventuali anomalie che non sarebbero visibili con il cuore a riposo, ad esempio nel ritmo dei battiti, nella pressione arteriosa e nel comportamento delle arterie coronarie.
Ma come si svolge esattamente il test? Qual è il tipo di sforzo richiesto e quale la preparazione necessaria? Che differenza c’è tra cicloergometro e pedana? Per chi è indicato e quali sono i preziosi dati che il medico può ricavare da questo esame?
Nel video qui sotto, il cardiologo Francesco Castagna risponde a queste e altre domande, mostrando come avviene l’esecuzione del test nell’ambulatorio di ergometria presso la Cardiologia del Sacro Cuore, diretta dal dottor Giulio Molon.
Pubblicati i risultati della prima ricerca realizzata grazie alle donazioni del 5xmille
Si tratta di una ricerca effettuata in Ecuador dal Dipartimento di Malattie infettive e tropicali e microbiologia al fine di verificare l’accuratezza e l’applicabilità in contesti a risorse limitate di alcuni test attualmente disponibili per la diagnosi della strongiloidosi, per la quale l’IRCCS di Negrar è centro colloboratore dell’Oms. Lo studio è stato infatti possibile grazie ai quasi 95mila euro donati dai cittadini attraverso la Dichiarazione dei Redditi del 2019. (clicca qui)
E’ stato pubblicato sulla rivista scientifica Lancet Global Health il primo studio finanziato con le donazioni del 5xmille a favore della Ricerca Sanitaria dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria. “The Estrella study” (Evaluation of Strongyloidiasis in Ecuador: a field Laboratory Accuracy study) è stato infatti possibile grazie ai quasi 95mila euro donati dai cittadini attraverso la Dichiarazione dei Redditi del 2019. (clicca qui)
Si tratta di una ricerca effettuata in Ecuador dal Dipartimento di Malattie infettive e tropicali e microbiologia al fine di verificare l’accuratezza e l’applicabilità in contesti a risorse limitate di alcuni test attualmente disponibili per la diagnosi della strongiloidosi, per la quale l’IRCCS di Negrar è centro colloboratore dell’Oms. Si stima che colpisca in tutto il mondo oltre 600 milioni di persone, appartenenti soprattutto a comunità svantaggiate in aree tropicali e subtropicali.
Allo studio hanno collaborato l’Università Centrale di Quito e il CECOMET (Centro de Epidemiologia Comunitaria y Medicina Tropical), un’istituzione privata senza fini di lucro che opera nel Paese sudamericano dal 1996 occupandosi di attività di ricerca e formazione in epidemiologia comunitaria, alla cui fondazione ha contribuito anche la dottoressa Mariella Anselmi, medico dell’Ospedale di Negrar dal 1998 al 2010. Mentre uno dei soci fondatori del CECOMET è stata la Fondazione Don Calabria per le Malattie Tropicali.
Per il “Sacro Cuore Don Calabria” la ricerca “sul campo” il Ecuador è stata condotta dalla dottoressa Francesca Tamarozzi, che nel settembre 2021 ha operato per tre settimane nella zona di San Lorenzo, al confine con la Colombia.
Dottoressa Tamarozzi, da dove nasce l’idea di questo studio?
L’Organizzazione mondiale della sanità si è recentemente impegnata a promuovere il controllo della strongiloidosi nei Paesi endemici, con l’obiettivo di stabilire entro il 2030 efficaci programmi di controllo dell’infezione nei bambini in età scolare, tramite la somministrazione del farmaco ivermectina. Ricordiamo che la strongiloidosi è causata da un geoelminta Strongyloides stercoralis, con cui l’uomo può venire in contatto toccando o camminando a piedi nudi su terreno inquinato da feci umane. L’infezione cronica è asintomatica o si manifesta con disturbi respiratori, gastrointestinali, dermatologici, malnutrizione, anemia ed eosinofilia (aumento di un tipo di globuli bianchi nel sangue ndr). Tuttavia nei pazienti immunodepressi, anche a causa di una terapia con cortisone, può causare una sindrome ad elevato tasso di mortalità. Da qui l’obiettivo dell’OMS. Obiettivo che però richiede strumenti diagnostici appropriati quando invece al momento non esiste un test gold standard per la diagnosi della strongiloidosi e ciò limita la capacità di sorveglianza e di controllo dell’infezione.
I test diagnostici sono proprio il “cuore” del vostro studio…
Lo scopo di questo progetto era infatti quello di fornire informazioni sull’accuratezza diagnostica e l’applicabilità “sul campo” di diversi metodi diagnostici, in quanto l’attenzione dell’OMS si focalizza soprattutto su Paesi in via di sviluppo, dove si concentra la maggior parte dei casi di infezione.
Come si è sviluppato lo studio?
I bambini arruolati sono stati 778. Tutti hanno fornito un campione di feci e una piccola quantità di sangue tramite la puntura di un dito. Una parte del sangue è stata usata immediatamente per l’esecuzione di un test rapido (simile a un test di gravidanza), l’altra è stata raccolta su carta filtro ed essiccata all’aria per l’esecuzione di due test sierologici di laboratorio effettuati dall’Università locale. Entrambi i test sono disponibili in commercio: uno è usato di routine da numerosi laboratori, tra cui quello di Negrar; l’altro solo a scopo di ricerca.
Lo stesso è accaduto per il campione di feci: una parte è stata utilizzata per un test parassitologico (“Baermann modificato”), riguardo al quale ho contribuito all’esecuzione e alla lettura per la prima metà dei campioni, formando gli operatori locali affinché lo applicassero alla seconda metà. L’altra parte del campione fornito dal bambino è stata conservata in alcol e poi sottoposta a un test di biologia molecolare (PCR) eseguito sempre dall’ateneo di Quito.
Quali risultati avete ottenuto?
La combinazione di un esame di laboratorio sul sangue, in particolare del test commerciale, associato a un test fecale è risultata la migliore in termini di capacità di definire la prevalenza di strongiloidosi nella popolazione scolastica considerata, che è risultata di circa il 10% in questa zona. Abbiamo tuttavia riscontrato problemi relativi alla fattibilità di alcuni test nel luogo in cui eravamo: lo smaltimento della plastica per Baermann e test rapido, il tempo molto lungo richiesto per eseguire e leggere il Baermann, la difficoltà a reperire alcuni reagenti per la PCR ed i loro costi a livello locale.
I bambini infetti sono stati trattati?
Sono stati trattati con ivermectina tutti i bambini che sono risultati positivi ad almeno un test, quindi prima di aver stabilito quale fosse il test più affidabile. Abbiamo agito in base al principio di precauzione, anche alla luce del fatto che il farmaco è ben tollerato e non provoca effetti collaterali importanti. I veri programmi di prevenzione non si basano però su questo principio. Testare una comunità non ha come obiettivo quello di sapere chi tra i suoi membri è affetto o meno dalla patologia, ma conoscere se la malattia è presente sopra o sotto una determinata soglia. Risultato che determina l’avvio o meno della terapia per tutti i membri della comunità, anche per quelli ‘sani’. In questo studio la soglia non è stata fissata, perché per farlo l’OMS avrà appunto bisogno di essere in possesso dei dati di sensibilità di ciascun test, o della combinazione di test, che noi abbiamo fornito.
Oggi la strongiloidosi è diffusa soprattutto nei Paesi tropicali e subtropicali, ma un tempo era presente anche in Italia, in particolare nella Pianura Padana, infatti era conosciuta come la malattia delle mondine…
L’infezione cronica autoctona in Italia è ancora presente, ma in soggetti anziani che erano abituati a camminare da bambini a piedi nudi o in giovane età a lavorare su terreno concimato da feci umane. Da quando questa procedura è stata vietata intorno agli anni Settanta per ovvi motivi igienici, le nuove infezioni sono scomparse o ridotte drasticamente, ma persistono quelle croniche in persone in età avanzata. Il problema della strongiloidosi sono le sue manifestazioni che sono totalmente aspecifiche. Il nostro Dipartimento ha condotto una review sistematica della Letteratura scientifica per cercare di capire quali fossero i sintomi più direttamente associati all’infezione, che ha confermato questo scenario: i sintomi associati alla strogiloidosi sono causati anche da molte altre condizioni, il che complica la diagnosti differenziale. Lo stesso aumento degli eosinofili nel sangue, che rappresenta uno sei segni tipici di infezione parassitaria con elminti, non è presente nel 50% dei casi. A questo si aggiunge il fatto che la strongiloidosi è una malattia negletta, poco conosciuta anche da molti clinici, per cui difficilmente il prurito o i dolori addominali in un anziano portano all’inclusione di questa infezione all’interno di una diagnosi differenziale. Questo comporta il rischio che nel caso di immunodepressione, anche dovuta a una terapia cortisonica, l’infezione diventi disseminata (diffusa) e porti ad esiti letali. In Sudamerica questa possibilità è notevolmente più elevata in quanto è diffuso il virus HTLV-1 (Virus Umano Linfotropo delle Cellule T), che è un fattore di rischio dell’aggravamento dell’infezione. Quindi diventa fondamentale stabilire quali sono gli strumenti diagnostici efficaci per consentire il controllo dell’infezione anche nelle aree più disagiate.
Tutto ciò che c'è da sapere sul nuovo corso di Laurea magistrale in Farmacia
Ha preso forma il Corso di Laurea magistrale a ciclo unico in Farmacia. Ora si attendono le date ufficiali della prova obbligatoria di ammissione (TOLC). Dopo una prima presentazione alle possibili matricole, il ciclo di studi sarà illustrato anche durante l’Open Week dell’Università di Verona dall’8 al 17 maggio. A questo link tutte le informazioni relative alle novità rispetto ai corsi di laurea in Farmacia stradizionali e agli bocchi lavorativi di un titolo magistrale che abilita alla professione
Manca ancora l’approvazione formale del ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione dell’Università e della Ricerca) e poi il nuovo Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico, nato dall’accordo tra l’Università di Verona e l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, avrà tutte le carte in regola per iniziare già dal prossimo anno accademico.
Il Corso è ad accesso programmato (60 posti) e prevede una prova obbligatoria di ammissione (TOLC), le cui date non sono state ancora ufficializzate. E’ possibile trovare le informazioni a questo link.
Inoltre dall’8 al 17 maggio si terrà l’edizione primaverile dell’Open Week dove vengono presentate tutte le offerte formative dell’Ateneo scaligero, tra cui il ciclo di studi quinquennale in Farmacia.
Una prima presentazione alle possiibili future matricole si è svolta tuttavia giovedì 20 aprile, durante la quale sono state illustrate le caratteristiche del nuovo ciclo di studi e i possibili sbocchi professionali.
Al microfono si sono susseguiti non solo i vertici dell’Università e dell’IRCCS di Negrar – rispettivamente il direttore generale, Federico Gallo, e l’amministratore delegato, Mario Piccinini – , ma anche coloro che ogni giorno svolgono la professione del farmacista, tra cui, per il “Sacro Cuore Don Calabria”, Giancarlo Gorgoni, direttore della Radiofarmacia, e Teresa Zuppini, direttore della Farmacia Ospedaliera.
Era presente anche l’Ordine dei Farmacisti di Verona (con il presidente Federico Realdon) il cui apporto è fondamentale per la realizzazione del progetto non solo per gli aspetti didattici, ma soprattutto perché il titolo magistrale abilita alla professione.
A Cristiano Chiamulera, docente di Farmacologia del Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica e referente del corso, è spettato il compito di illustrare gli obiettivi dei 5 anni di insegnamento che esordiranno a Verona, nelle strutture Universitarie, nell’ottobre del 2023, mentre a partire dall’anno successivo le lezioni si svolgeranno in una nuova palazzina collocata nell’area della Cittadella della Carità di Negrar, accanto all’ospedale. Palazzina che sarà dotata di aule didattiche e di studio, oltre che di laboratori.
A questo link le slide l’intervento del professor Chiamulera che contengono tutti contenuti del corso: l’innovazione che lo contraddistingue, gli obiettivi e gli sbocchi professionali. Inoltre vengono spiegati i criteri di accesso e di iscrizione.