Giornata mondiale dell'ortottista, una figura importante per la salute dei nostri occhi

Domani 6 giugno è la Giornata mondiale dell’ortottista, una figura che affianca l’oculista nella sua attività clinica, ma con competenze specifiche sia nell’ambito diagnostico che in quello riabilitativo. 

Il primo lunedì di giugno, dal 2013, si celebra la Giornata mondiale dell’ortottica per promuovere le attività degli ortottisti nel mondo.

L’ortottista assistente di oftalmologia è il professionista sanitario che opera nell’ambito della visione dall’età pediatrica fino all’età senile e “tratta i disturbi motori e sensoriali della visione ed effettua le tecniche di semeiologia strumentale-oftalmologica”.

All’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria gli ortottisti dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica, diretta della dottoressa Grazia Pertile, sono 13: Samantha Arcoria, Fabrizio Arena,  Elisa Bellesini, Giovanni Chillemi, Fabio Di Cerbo, Gaia Giacomello, Loredana Mazza, Alessia Menegotti, Lisa Munaretto, Gloria Parrozzani, Eleonora Rocco, Alberto Saccomanno e Francesca Tamellini

La professione dell’ortottista è nata in Italia nel 1955 da un percorso universitario di laurea Triennale in “Ortottica ed assistenza oftalmologica” e appartiene all’area della riabilitazione. Con l’entrata in vigore della Legge Lorenzin è stato costituito un unico grande ordine professionale: la Federazione Nazionale dei TSRM e delle PSTRP (tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni Sanitarie Tecniche della Riabilitazione e della Prevenzione), che include 220mila professionisti sanitari afferenti a 19 diversi albi.

In Italia gli ortottisti assistenti di oftalmologia sono oltre 3000. Si tratta di una professione poco numerosa quindi spesso poco conosciuta, questo comporta che per esami, valutazioni e riabilitazione visiva numerose persone, bambini e adulti, non vi accedano o vi arrivino in ritardo.

I professionisti della visione in Italia sono molteplici: oculisti, ortottisti ed ottici.

Si tratta di professionisti con competenze e profili diversi ma complementari tra loro, che non sempre l’utenza riesce a definire e distinguere in maniera corretta. L’ortottista assistente di oftalmologia è il professionista sanitario che opera in autonomia e in stretta collaborazione con le figure mediche e con altri professionisti sanitari nella prevenzione, valutazione e riabilitazione dei disturbi motori e sensoriali della visione (ambliopia o occhio pigro, strabismo, diplopia, test di Hess Lancaster, applicazione prismatica etc..).

L’ortottista effettua le tecniche di semeiologia strumentale-oftalmologica (esame della rifrazione, campo visivo, OCT, angiografia retinica, pachimetria corneale, biomicroscopia endoteliale, topo/tomografia corneale, esami elettrofunzionali visivi, biometria, test della percezione dei colori, sensibilità al contrasto, test visivi per rinnovo patente o per invalidità etc.).

È il riabilitatore del paziente ipovedente, dei bambini con DSA che presentano alterazione delle abilità visive, dei pazienti con disordini visivi in sindromi neurologiche.

Analizza la qualità della visione nei luoghi di lavoro e tratta i disturbi astenopeici.

Assiste il chirurgo oftalmologo nelle sale operatorie di oculistica (strumentazione e ruolo di key operator).

Svolge attività di ricerca scientifica (raccolta di dati clinici e strumentali, data manager etc).

L’ortottista assistente di oftalmologia opera in strutture sanitarie pubbliche del Sistema Sanitario Nazionale, private accreditate e convenzionate, studi individuali e associati in regime di dipendenza o libero-professionale, centri-strutture di riabilitazione, in istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS). Svolge consulenza in ambito di qualità di visione presso Aziende, Associazioni e Società sportive.


Breve profilo del nuovo Casante, della Madre e dei loro Consigli

Domenica 29 maggio si sono conclusi i Capitoli Generali dei Poveri Servi e delle Povere Serve della Divina Provvidenza, durante i quali sono stati eletti il nuovo Casante, che è don Massimiliano Parrella, e la Madre Generale, che è la riconfermata Sor. Lucia Bressan. Inoltre sono stati eletti i nuovi Consigli Generali che li affiancheranno.

 

Si sono conclusi i XII Capitoli Generali dei Poveri Servi e delle Povere Serve della Divina Provvidenza, celebrati a Maguzzano per tutto il mese di maggio. Si tratta di un evento che accade ogni sei anni, durante il quale si riuniscono i rappresentanti delle due Congregazioni provenienti da tutte le parti del mondo.

Negli incontri assembleari i religiosi e le religiose di don Calabria si sono confrontati sulle sfide che attendono l’Opera calabriana nei prossimi anni, avviando un lavoro di rinnovamento all’insegna della comunione e della sinodalità tra Fratelli e Sorelle e con i Laici. Sul sito dell’Opera è possibile leggere il messaggio finale dei capitolari alla Famiglia Calabriana (vedi messaggio), mentre il documento finale del Capitolo che contiene gli obiettivi dei prossimi anni sarà divulgato tra pochi giorni.

Durante i Capitoli c’è stato anche il rinnovo delle cariche apicali delle Congregazioni. In particolare è stato eletto il nuovo Casante, ovvero il successore di don Calabria alla guida dell’Opera; e poi la nuova Madre delle Sorelle e i Consigli Generali.

Il nuovo Casante e il suo Consiglio

Il nuovo Casante è don Massimiliano Parrella, eletto dai 38 capitolari dei Poveri Servi nella mattina di mercoledì 25 maggio. Don Max, di 45 anni e di nazionalità italiana, diventa dunque il settimo successore di don Calabria, succedendo a don Miguel Tofful che era alla guida dell’Opera dal 2008. L’ultimo Casante italiano prima di don Parrella era stato don Pietro Cunegatti, il cui mandato era terminato 26 anni fa.
Nella visione originaria di don Calabria il Casante, che letteralmente significa custode, ha il compito di vegliare sul rispetto dello spirito puro e genuino dell’Opera per conto del suo vero padrone che è Dio Padre. Questo sarà dunque il compito di don Massimiliano per i prossimi sei anni, fino al Capitolo Generale del 2028.
Don Massimiliano Parrella, originario di Roma, ha emesso la sua prima professione come Povero Servo della Divina Provvidenza nel 2003. E’ sacerdote dal 2007. Dopo i primi anni di formazione trascorsi a Verona tra le case di via San Marco, Nazareth e San Giacomo l’obbedienza lo ha chiamato a Roma come parroco della parrocchia calabriana di Santa Maria Assunta e San Giuseppe, a Primavalle. Incarico che ha ricoperto fino a oggi, quando il Capitolo lo ha chiamato ad essere Casante di tutta l’Opera fondata da San Giovanni Calabria.
Successivamente i capitolari hanno eletto il nuovo Consiglio Generale. Ne fanno parte: l’argentino don Fernando Speranza (49), vicario generale; don Bineesh Mancheril, indiano (38), fratel Gedovar Nazzari, brasiliano (65) che è anche presidente dell’ospedale di Negrar e fratel Lino Busi, italiano (55). I quattro eletti faranno parte del Consiglio Generale insieme al nuovo Casante e resteranno in carica fino al prossimo Capitolo nel 2028.

La Madre Generale e il suo Consiglio

Sempre il 25 maggio le Sorelle Capitolari hanno eletto la loro Madre Generale, confermando nell’incarico Sor. Lucia Bressan, 59 anni e nativa di Treviso. Madre Lucia, che aveva già questo incarico nel sessennio appena trascorso, è l’ottava Madre Generale della Congregazione. Guiderà le Povere Serve della Divina Provvidenza per i prossimi sei anni fino al 2028.
Anche le Sorelle hanno scelto il loro nuovo Consiglio Generale. Sono state elette Sor. Loris Teresinha Trevisol, brasiliana di 58 anni, come vicaria generale; Sor. Raquel Serejo, brasiliana (40); Sor. Ionà Maria Dos Santos, brasiliana (52); Sor. Luigia Campi, italiana (56).


L'Opera Don Calabria in udienza da Papa Francesco

Lunedì 30 maggio Papa Francesco ha accolto in visita privata una delegazione dell’Opera Don Calabria guidata dal nuovo Casante, don Massimiliano Parrella, e dalla Madre Generale Lucia Bressan. Con loro i Fratelli e le Sorelle che hanno partecipato ai XII Capitoli Generali e un gruppo di laici della Famiglia Calabriana

La cultura della condivisione e la fiducia nella Provvidenza sono l’antidoto contro la cultura dell’indifferenza e dello scarto da cui è dominata la società di oggi. E’ questo il cuore del messaggio che Papa Francesco ha indirizzato ai rappresentanti dell’Opera Don Calabria nell’udienza privata di lunedì 30 maggio. Un messaggio che ha scaldato il cuore dei presenti, ai quali il sommo pontefice ha ricordato la missione lasciata da san Giovanni Calabria di “andare alle periferie per mostrare il volto paterno e materno di Dio“.

VEDI MESSAGGIO COMPLETO DEL PAPA

L’udienza nella Sala Clementina è stata la degna conclusione dei XII Capitoli Generali dei Poveri Servi e delle Povere Serve della Divina Provvidenza, le due Congregazioni fondate da don Calabria, che si sono celebrati nel mese di maggio a Maguzzano (Brescia).

Durante i Capitoli i religiosi e le religiose si sono confrontati sulle sfide che attendono l’Opera oggi, portando avanti un lavoro sinodale con i rappresentanti dei laici impegnati nelle attività calabriane nel mondo. Inoltre i capitolari hanno eletto il nuovo Casante, che è don Massimiliano Parrella, e la nuova Madre Generale, confermando in questo incarico Sor. Lucia Bressan.

I Capitoli si sono conclusi domenica 29 maggio, mentre lunedì 30 i capitolari si sono recati a Roma per l’udienza. Partiti di notte in pullman da San Zeno in Monte, i partecipanti sono arrivati di primo mattino a Roma, accolti dalla comunità parrocchiale di Santa Maria Assunta e San Giuseppe. Dopo la celebrazione di una S. Messa in parrocchia gremita di fedeli, accorsi anche per salutare il nuovo Casante don Massimiliano Parrella che di quella comunità era parroco, la Famiglia Calabriana si è recata in Vaticano per l’udienza con Papa Francesco nella Sala Clementina. E’ stata un’emozione intensa quando il Pontefice è entrato nella Sala, accolto da un grande applauso. Padre Miguel Tofful, che si è molto adoperato per organizzare l’incontro, ha rivolto un messaggio di saluto al Papa a nome dell’Opera. Poi c’è stato il discorso del Papa, dopodichè il Casante don Massimiliano e Madre Lucia hanno consegnato al Pontefice il quadro raffigurante un’icona di San Giovanni Calabria, con dietro le firme di tutti i partecipanti all’udienza. Infine, prima del congedo e della foto di gruppo, ognuno ha potuto salutare personalmente Francesco stringendogli la mano.


Storie che curano: laboratorio di Medicina narrativa per sanitari e pazienti

Storie che curano, è il titolo del Laboratorio di Medicina narrativa promosso dal Servizio di Reumatologia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria e rivolto ai cittadini (31 maggio e 7 e 14 giugno) e agli operatori sanitari con crediti ECM (9, 16 e 23 giugno). Il Laboratorio sarà tenuto dalla reumatologa Cinzia Scambi, da Elena Pigozzi, giornalista e scrittrice, e da Carla Galvani, fisioterapista e counselor in ambito sanitario.

Cinzia Scambi, reumatologa dell'IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dr.ssa Cinzia Scambi

Storie che curano, è il titolo del Laboratorio di Medicina narrativa promosso dal Servizio di Reumatologia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria e rivolto ai cittadini (31 maggio e 7 e 14 giugno) e agli operatori sanitari con crediti ECM (9, 16 e 23 giugno). Il Laboratorio sarà tenuto dalla reumatologa Cinzia Scambi, da Elena Pigozzi, giornalista e scrittrice, e da Carla Galvani, fisioterapista e counselor in ambito sanitario. Il corso teorico-pratico è articolato in tre incontri in presenza di 3 ore ciascuno, durante i quali si proporranno esperienze narrative, attraverso lezioni teoriche frontali, esecuzione diretta di tecniche o pratiche, rielaborazione e confronto delle esperienze. Per informazioni e iscrizioni scarica il programma (link).

Ma che cos’è la medicina narrativa? A rispondere sono Luciano Vettore e Giacomo Delvecchio, entrambi medici, autori del libro Dottori, domani: “La medicina narrativa è un approccio che arricchisce l’atto medico grazie ai racconti dei pazienti, dei medici, degli infermieri e di quanti operano nel ‘pianeta salute’, grazie alla loro capacità di raccontare gli aspetti della salute e della malattia nelle loro variegate rappresentazioni emotive oltre che tecniche e scientifiche”.

Fanno parte del filone di medicina narrativa i racconti letterari e cinematografici sui pazienti e sui medici, sulla salute e sulla malattia. E ovviamente i racconti scritti da medici e da pazienti, molti dei quali possiamo già trovare in libreria.

Perché sia i pazienti che i medici sono narratori. Ma se i benefici della narrazione sono quasi intuibili per i primi (una sorta di catarsi durante la quale raccontare oltre il proprio stato fisico anche quello emotivo), per i secondi un po’ meno. Soprattutto da parte dei medici più convinti che “la verità sia figlia unica dell’obiettività e della razionalità”.

Medici che avrebbero un moto di orrore di fronte alla consuetudine di molti colleghi di scrivere diari della propria attività professionale. Invece trascurano il fatto “che raccontare con stile narrativo l’esperienza che si sta vivendo – soprattutto raccontarla per iscritto, perché l’obbligo di scrivere le nostre idee dà loro una forma definita e così le chiarisce anche a noi stessi – costituisce un forte stimolo alla riflessione critica sul proprio operato professionale e ne migliora la performance

Inoltre, sempre secondo Vettore e Delvecchio, “l’apertura del medico alla medicina narrativa può migliorare le sue capacità di cura: infatti, i racconti del paziente, anche quando apparentemente divaganti rispetto alla malattia, possono fornire invece preziosi elementi di comprensione, utili all’interpretazione fisiopatologica dei segni e dei sintomi, all’attribuzione etiopatogenetica dei disturbi, all’indirizzo diagnostico e alla scelta terapeutica”.

Ma perché accada questo il paziente che racconta deve trovare il medico che lo ascolta. Non a caso il corso che si tiene all’ospedale di Negrar è finalizzato a potenziare la capacità di ascolto ed empatia, di comprendere le storie di malattia e di riflettere sui vissuti di tutti. Un esercizio prezioso per ognuno di noi, non solo per i sanitari e i pazienti.


19 maggio: Giornata mondiale in viola per accendere i riflettori sulle malattie infiammatorie dell'intestino

Il 19 maggio si celebra il World IBD Day, la Giornata mondiale delle Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino (malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa) a cui aderisce anche il Centro di Negrar diretto dal dottor Andrea Geccherle. Sono circa 3500 i pazienti che si rivolgono al Sacro Cuore seguiti da un team multidisciplinare, fondamentale per una presa in carico efficace delle persone affette da queste patologie

Andrea Geccherle, responsabile del Centro Polispecialistico per le malattie retto-intestinali
Dr. Andrea Geccherle

Dr.ssa Angela Variola

Il 19 maggio si celebra la Giornata mondiale delle malattie infiammatorie croniche intestinali, conosciute come IBD (Inflammatory Bowel Disease) l’acronimo inglese dell’italiano MICI. All’evento – caratterizzato dall’illuminazione viola di molti monumenti cittadini, tra cui l’Arena di Verona – aderisce anche il Centro IBD dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, di cui è responsabile il dottor Andrea Ceccherle, da tempo punto di riferimento per i pazienti (circa 3.500) affetti da malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa. Impegnato sul fronte della ricerca (25 le sperimentazioni internazionali in corso e numerose le pubblicazioni all’attivo), il Centro di Negrar ha da poco acquisito nel suo team una nuova dottoressa proveniente dall’Università di Bari, Alessia Todeschini, che si affianca alla dottoressa Angela Variola, responsabile delle terapie con farmaci biologici.

 

 

Dr.ssa Alessia Todeschini

Proprio la dottoressa Todeschini è stata premiata al recente Congresso della Federazione Italiana delle Società delle Malattie dell’Apparato Digerente (FISMAD) come autrice di uno dei tre migliori lavori scientifici – “Safety of Covid-19 vaccine in patients with inflammatory bowel disease: data of a national study (ESCAPE-IBD –  realizzati da un giovane gastroenterologo under 35.

Le patologie infiammatorie croniche dell’intestino colpiscono 4 milioni di persone nel mondo, e circa 200mila solo in Italia. Si tratta di uomini e donne, spesso in giovane età, fortemente condizionati nella vita lavorativa e privata da manifestazioni quali diarrea cronica o recidivante, perdite di sangue intestinali, dolori addominali… Con oneri gravosi non solo dal punto di vista umano, ma anche economico in termini di perdita di giorni lavorativi e di sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale a causa delle complicanze gravi a cui va incontro la malattia se non tempestivamente curata.

Giornate come quella della del 19 maggio hanno quindi lo scopo di sensibilizzare e informare le istituzioni, il mondo sanitario (a partire dai medici di famiglia) e l’opinione pubblica di quanto siano fondamentali la diagnosi precoce delle IBD per prevenire le complicanze, l’impegno nella ricerca di nuove terapie e il supporto sociale ai pazienti.

“Fino a 10 anni fa le terapie erano poche e i pazienti andavano incontro a ripetuti interventi chirurgici (per stenosi o fistole come nel caso del morbo di Crohn) – spiega il dottor Geccherle -. Oggi grazie alla ricerca disponiamo di farmaci, come quelli biologici, che consentono di tenere sotto controllo l’infiammazione, permettendo al paziente di condurre una vita del tutto normale. E altre prospettive terapeutiche innovative stanno venendo avanti. Purtroppo la causa delle IBD è ancora sconosciuta – sottolinea il gastroenterologo -. L’ipotesi è la reazione immunologica abnorme da parte dell’intestino nei confronti di antigeni (per esempio batteri normalmente presenti nell’intestino) che viene scatenata in virtù di fattori genetici e ambientali. Infatti molto spesso il paziente presenta in associazione altre patologie autoimmuni di carattere reumatologico”.

Proprio la complessità del paziente IBD è all’origine di un modello di presa in carico basato sulla multidisciplinarietà riguardo il quale il Centro di Negrar è stato un precursore. “Il morbo di Crohn e la Colite ulcerosa sono patologie autoimmuni, cioè caratterizzate da una reazione scorretta del sistema immunitario, che attacca cellule sane del nostro organismo come fossero estranee – spiega ancora il dottor Geccherle -. Pertanto i bersagli di questo meccanismo possono essere contemporaneamente più distretti del corpo: per questo è fondamentale per la buona riuscita della cura, che il paziente sia seguito dal gastroenterologo, dall’endoscopista, dal chirurgo generale, dal radiologo e ma anche da altri specialisti come per esempio il reumatologo, l’oculista e l’endocrinologo”.


Ethos: l'intelligenza artificiale in radioterapia nuova arma contro i tumori

SI chiama Ethos il nuovo arrivato nel Dipartimento di Radioterapia Oncologica Avanzata, un acceleratore lineare ibrido dotato di un sistema di intelligenza artificiale, che consente trattamenti ad altissima precisione. Con il nuovo macchinario, quello di Negrar si conferma tra i Centri più avanzati per le cure oncologiche grazie a un assetto tecnologico unico a livello nazionale.

Il Dipartimento di Radioterapia dell’IRCCS di Negrar si conferma uno dei Centri più avanzati per i trattamenti oncologici grazie a un assetto tecnologico unico a livello nazionale. Dopo l’acquisizione nel 2019 di Unity Elekta – che unisce un acceleratore lineare a una Risonanza Magnetica ad alto campo presente in Italia solo al Sacro Cuore Don Calabria – il nuovo arrivato è Ethos Varian, un acceleratore lineare guidato da intelligenza artificiale, attualmente in uso solamente in un altro centro italiano.

LINAC IBRIDO CON TAC A BORDO ASSOCIATO A UN SISTEMA DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE

“Si tratta di una sofisticata apparecchiatura costituita da un acceleratore lineare unito a una TAC a basso dosaggio di radiazioni. Ma soprattutto associato a un software avanzatissimo: una sorta di computer di bordo dotato di intelligenza artificiale. In altre parole il sistema è in grado di correggere, rielaborare e ri-adattare in tempo reale, cioè in sede di trattamento, la traiettoria del fascio di radiazioni in base allo spostamento del target tumorale”, spiega Filippo Alongi, direttore del Dipartimento di Radioterapia Oncologica Avanzata e professore associato all’Università di Brescia.

200 PAZIENTI GIA’ TRATTATI

“Nel caso in cui gli organi sani siano troppo vicini al tumore da colpire a causa della posizione non corretta del paziente, dei movimenti fisiologici oppure della variazione di grandezza della neoplasia, per preservarli il robot intelligente ‘guida la mano’ del radioterapista oncologo nel momento giusto, ottimizzando la procedura in tempo reale e in massima sicurezza”, sottolinea Alongi. La precisione del trattamento consente di colpire il tumore con alte dosi di radiazioni, riducendo così i tempi di esposizione (massimo 10 minuti) e il numero delle sedute. Finora con il nuovo macchinario sono stati trattati più di 200 pazienti, affetti da tumori in tutti i distretti anatomici, senza rilevanti effetti collaterali

RADIOTERAPIA ADAPTIVE

Con Ethos siamo nell’ambito della radioterapia ‘adaptive’ – cioè adattata in tempo reale alle circostanze anatomiche del paziente e corretta in modo attivo in ogni singola procedura di trattamento – come per quanto riguarda Unity, l’altro acceleratore lineare ad altissima precisione, in funzione a Negrar come unica sede sul territorio italiano dal 2019.

 ETHOS E UNITY: DUE MACCHINARI COMPLEMENTARI

“Ethos e Unity sono due macchinari diversi, ma complementari – riprende il medico -. Il primo in un certo senso completa il secondo, in quanto risponde alle esigenze di quei pazienti per cui ci sono difficoltà di trattamento con Unity. Per esempio coloro che non riescono a rimanere fermi nel lettino di terapia a lungo per effettuare una risonanza prima del trattamento. Oppure i pazienti portatori di impianti di pacemaker o di defibrillatori o protesi metalliche non compatibili con i campi magnetici della RM.  Infine i grandi obesi o anche chi presenta più sedi di malattia in un’area vasta da non entrare nel campo del trattamento guidato da immagini di Risonanza.  Questa combinazione unica di alte tecnologie offre a noi radioterapisti oncologi l’opportunità di effettuare trattamenti personalizzati in base alle condizioni cliniche di ogni paziente, cosa che la radioterapia convenzionale non sempre permette”.

UNITY: LO STUDIO SUI PAZIENTI DEL VENETO

Sull’efficacia e fattibilità di una radioterapia che coniuga altissima precisione ed elevate dosi di radiazione, si è concluso lo studio osservazionale, promosso dalla Rete Oncologica Veneta ed effettuato dall’équipe del professor Alongi su 230 pazienti (per un totale di oltre 5mila sedute) trattati con Unity. I dati – che saranno presentati al prossimo congresso della Società Europea di Oncologia e Radioterapia, a Copenhagen, 8 e 9 maggio – hanno dimostrato che questo tipo di tecnologia è sicura ed efficace anche nei casi più complessi.

EFFICACE PER I CASI PIù COMPLESSI: I PAZIENTI GIA’ TRATTATI

“Un esempio sono i cosiddetti ritrattamenti, cioè quei pazienti che sono già stati irradiati e che, nella gran parte dei casi, non hanno altre valide opzioni terapeutiche – sottolinea il professore -. Nell’ambito dello studio, per i pazienti con ripresa di malattia prostatica, la radioterapia ha dimostrato di essere non solo una scelta palliativa, ma anche una possibilità di terapia o di controllo della patologia, senza irradiare massivamente i tessuti già colpiti, quindi minimizzando gli effetti collaterali.

SOPRAVVIVENZA A UN ANNO: 90%

Si tratta di un risultato molto importante perché grazie ai progressi nella cura dei tumori e il conseguente aumento della sopravvivenza, sempre più persone si troveranno a dover affrontare una recidiva di malattia nella sede già trattata. Verosimilmente anziani con patologie concomitanti, come le cardiopatie, per cui la chemioterapia o l’ormonoterapia non sono indicate. Anche la chirurgia viene esclusa per le difficoltà di intervento che presentano i tessuti già irradiati. La radioterapia innovativa invece ci consente di dare a loro una nuova possibilità: su 22 pazienti ritrattati, solo due hanno subito effetti collaterali, e il tasso di sopravvivenza ad un anno è del 90%”.

GUARDA IL VIDEO INTERVISTA  CLICCA QUI

 


Giornata mondiale dell'igiene della mani: un gesto semplice contro le infezioni

Il 5 maggio segna la Giornata mondiale dell’igiene della mani, un appuntamento in calendario voluto dall’Organizzazione mondiale della Sanità per promuovere l’adesione negli ospedali, ma anche in tutti gli altri ambiti sociali, a questo gesto apparentemente banale ma che di fatto è in grado di fornire un livello di efficacia veramente alto nel contenere le infezioni

Negli ultimi due anni l’epidemia di Covid-19 ha fatto sì che tutti abbiano potuto sperimentare cosa significhi la trasmissione di un agente infettivo e quale sia l’importanza della prevenzione non solo in ambito sanitario bensì in tutti i contesti, dalle scuole alle università, dagli uffici ai negozi, ai mezzi di trasporto. Tra le misure che sono state intraprese per ridurre la diffusione degli agenti infettivi. e in particolare del virus del Covid-19, oltre al distanziamento sociale, l’uso delle mascherine, la vaccinazione, il lavaggio delle mani è forse quella che, con la sua semplicità ed essenzialità, è in grado di fornire un livello di efficacia veramente alto.

Non a caso l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dedicato il 5 maggio di ogni anno a una Giornata di sensibilizzazione per promuovere l’adesione a questo gesto nelle realtà sanitarie, ma anche in altri ambiti della vita sociale. Per il 2022 questo lo slogan prescelto “Unite for safety clean your hands” (Uniti per la sicurezza: laviamoci le mani)

Uno dei principali modi in cui un organismo, che sia batterio o virus, si trasmette è attraverso le mani. Un individuo infetto può propagare l’agente tramite le mani, sia per contatto diretto che attraverso la mediazione di oggetti da queste contaminate. La tastiera di un computer, la superficie di un tavolo, la saliera che ci passiamo da tavolo a tavolo a mensa, le barre a cui ci sosteniamo quando siamo su un mezzo di trasporto pubblico, sono tutti oggetti, che se contaminati, possano agire da amplificatori dell’infezione.

Ma il virus del Covid-19 non è l’unico problema. Nel nostro paese ogni anno si stima che si verifichino oltre 200.000 infezioni sostenute da germi resistenti ai più comuni antibiotici e che queste causino oltre 10.000 morti. In sei pazienti su 100 ricoverati viene fatta diagnosi di infezioni correlate all’assistenza sanitaria. Dal 30 al 50% di queste infezioni possono essere prevenute, tra le altre cose, tramite il lavaggio delle mani.

Nel nostro ospedale abbiamo rinforzato enormemente l’attenzione al lavaggio delle mani attraverso, per esempio, la messa a disposizione di un numero sempre crescente di dispensatori di gel alcolici, il cui consumo è aumentato in modo significativo raggiungendo e superando il livello considerato idoneo dall’OMS.

Lavarsi le mani è un gesto semplice ma incredibilmente efficace nel proteggere la nostra salute. Lavarsi le mani è un gesto comune, ricorrente che deve essere avvertito come essenziale non solo dagli operatori sanitari ma dalla popolazione tutta.

Dottor Giuseppe Marasca
Responsabile SANE (Stewardship Antimicrobica Negrar)

In basso i video tutorial per il corretto lavaggio delle mani con l’acqua e per l’igenizzazione con il gel


Da ricovero per anziani a IRCCS: la storia centenaria e straordinaria dell'ospedale Sacro Cuore

Carità, professionalità e percezione del futuro sono i cardini della storia centenaria dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar raccontata nel libro “Guarite i malati”. Il volume, ricco di testimonianze e immagini, è stato presentato in un evento a Verona che si può rivedere cliccando sul link www.youtube.com/c/OspedaleSacroCuoreNegrar

Una storia centenaria, risultato di intuizioni, di visioni profetiche, di amore per i più fragili e di una fede granitica nella Provvidenza. Fede vissuta da un Santo – don Giovanni Calabria – e tramandata come testamento spirituale a coloro che nei decenni hanno raccolto il suo testimone.

Questa è la storia straordinaria dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar raccontata nel libro Guarite i malati, edito da Trifolio, in occasione del Centenario (1922-2022) e presentato ieri alla Gran Guardia attraverso le parole dei vertici della struttura – il presidente fratel Gedovar Nazzari, l’amministratore delegato Mario Piccinini e il direttore sanitario Fabrizio Nicolis -, di quelli dell’Opera Don Calabria – don Miguel Tofful –  e del curatore, il giornalista e scrittore Stefano Lorenzetto.  Alla tavola rotonda, coordinata da Mario Puliero, direttore di Telearena, sono intervenuti anche il vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, e la vicepresidente della Regione Veneto, Elisa De Berti.

Sullo schermo, dietro ai relatori, le fotografie di Lou Embo Roiter, vedova del grande fotografo veneziano Fulvio Roiter, e i ritratti di Maurizio Don che arricchiscono le 272 pagine del volume, accompagnando le 28 testimonianze scritte da religiosi della Congregazione calabriana, dirigenti, medici, infermieri, tecnici ospedalieri, imprenditori, scrittori, pazienti. Tutti in qualche modo legati alla figura del santo veronese e all’ospedale che ha le sue radici in un ricovero per anziani (Casa del Sacro Cuore) fondato nel 1922 dal parroco di Negrar, don Angelo Sempreboni, e acquisito dai Poveri Servi della Divina Provvidenza – la Congregazione fondata da San Calabria – nel 1933. Oggi quella Casa del Sacro Cuore è diventata Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (in Italia gli Irccs, nelle diverse discipline, sono solo 51), ospedale classificato (quindi equiparato al pubblico), presidio ospedaliero della Regione Veneto e no profit, cioè tutti gli utili di bilancio vengono reinvestiti per lo sviluppo dell’ospedale stesso.

Guarite i malati si apre con “uno speciale pensiero augurale” di papa Francesco, che esprime il “vivo apprezzamento per la generosa e amorevole dedizione manifestata verso il prossimo ammalato e bisognoso di cure” e “incoraggia a perseverare in un lodevole atteggiamento di carità”. A seguire anche gli interventi del presidente del Consiglio Mario Draghi (“La storia dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria testimonia il progresso dell’assistenza sanitaria in Italia. Ne illustra la graduale professionalizzazione, il miglioramento delle cure, la vocazione all’innovazione”), del presidente della Regione Veneto Luca Zaia (Negrar è “un presidio ospedaliero della Regione del Veneto dal 2013, all’avanguardia per tecnologie, laboratori di ricerca e prestazioni”)

DON CALABRIA: IL SANTO DELLA PROVVIDENZA E DELLA CARITA’ VERSO I PIU’ FRAGILI

Anche il vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, ha voluto dare la sua testimonianza nel libro e come alla Gran Guardia ha esaltato la figura del Santo veronese che “ha saputo diffondere la carità verso i più poveri e abbandonati, verso i giovani, spesso gli smarriti, e specialmente verso gli ammalati, di cui condivise le sofferenze nell’ultimo tribolato tratto della propria vita”.

UN OSPEDALE NATO DAL CARISMA DI UN SACERDOTE VERONESE

Sull’eredità di don Calabria è ritornato il superiore generale dell’Opera e sesto successore del Santo veronese, padre Miguel Tofful. “Fede nella Provvidenza e attenzione ai più poveri. Sono questi i pilastri della spiritualità di don Calabria e l’ospedale è un luogo privilegiato dove esprimerli, in quanto anche il più ricco di noi quando perde la salute diventa povero. Ogni qualvolta un medico, un infermiere, un operatore sanitario si avvicinano a un malato curando non solo la malattia ma prendendosi cura di lui come persona, con la sua fragilità emotiva e con i suoi bisogni spirituali, dimostrano nel loro suo agire che Dio è Padre, è Provvidenza”.

TRASFORMARE OGNI GIORNO LA PROFESSIONE IN MISSIONE

“Chi lavora a Negrar deve fare una fatica in più: trasformare ogni giorno la propria professione in una missione”, ha detto il direttore sanitario, Fabrizio Nicolis. “Questo è possibile perché è dovuto alla particolarità della nostra realtà, realtà che ci insegna a vivere il senso di appartenenza, di corresponsabilità, di accoglienza, di accettazione. Ricordiamoci che San Giovanni Calabria ha chiamato questa realtà quando non era nulla, solo un ricovero, Cittadella della Carità. La nostra fatica è quindi trasmettere ai pazienti con il nostro agire che in questo luogo c’è la carità, la paternità di Dio. Sempre non a caso, seguendo l’eredità del Santo fondatore, chi lavora al Sacro Cuore viene definito collaboratore, perché collabora a vari livelli alla missione dell’Opera. Quindi devo ringraziare la Congregazione perché ha dato spazio al ruolo dei laici, affidando a loro una propria struttura e il compito di portare avanti una missione carismatica”.

UNO STILE DI ASSISTENZA PRESENTE ANCHE NELLE ALTRE REALTA’ SANITARIE DELL’OPERA ALL’ESTERO

Uno stile di assistenza ispirato al carisma che è presente, secondo il presidente dell’Ospedale, fratel Gedovar Nazzari, non solo a Negrar ma anche nelle altre realtà sanitarie dell’Opera, quelle in Angola, Brasile e Filippine. “Il carisma è elemento fondativo delle strutture stesse. Se in esse non fosse vissuto il carisma, non potrebbero essere opere calabriane”. Discorso diverso è il modello di assistenza sanitaria vista dal punto di vista tecnico e tecnologico. “In questo caso l’Irccs di Negrar è un esempio da esportare – ha sottolineato – Per questo abbiamo creato il sistema sanitario calabriano, una rete dove il Sacro Cuore per ovvi motivi è punto di riferimento. Penso per esempio a quanto è successo per la pandemia da Covid19, durante la quale il Sacro Cuore ha indicato le linee guida alle altre strutture per affrontare l’emergenza, essendo anche un Irccs per le malattie infettive e tropicali”

PERCEZIONE DEL FUTURO E FORTE SENSO DI COMUNITA’:  IL ‘SEGRETO’ DI UN GRANDE SVILUPPO

L’amministratore delegato Mario Piccinini è uno dei testimoni diretti dell’enorme sviluppo che l’Ospedale di Negrar ha raggiunto nell’ultimo decennio, in quanto entrò per la prima volta al Sacro Cuore nel 1975, come impiegato d’ordine, diventando Ad nel 2015, dopo aver percorso tutti i gradi della gerarchia interna. “Se oggi l’Ospedale è un’eccellenza il merito va a qualcosa che viene da lontano e che a Negrar ho sempre respirato: si chiama percezione del futuro unita a un forte senso di comunità. San Giovanni Calabria creando la Casa Buoni Fanciulli ha guardato lontano perché ha investito sul bene di quei ragazzi bisognosi. In un contesto ospedaliero percepire il futuro significa avere come obiettivo il bene del paziente. Quando un nostro medico propone l’acquisto di un macchinario naturalmente viene analizzata la sostenibilità economica di una simile spesa, ma la prima domanda che ci poniamo è questa: qual è il valore aggiunto per il malato? Impossibile dare una risposta senza un continuo dialogo con i nostri medici, sempre attenti alle innovazioni scientifiche e tecnologiche, e con il resto del personale sanitario che lavora accanto ai pazienti”. Piccinini nel suo intervento ha rilevato alcune criticità del presente: “Oggi, come tutti gli ospedali, stiamo vivendo una grande carenza di infermieri. Ma l’altro enorme problema è la crisi energetica. Le strutture ospedaliere sono divoratrici di energia per le alte tecnologie di cui dispongono: acceleratori lineari, risonanze magnetiche, Tac… Se i costi resteranno gli stessi di oggi, la nostra previsione è che nel 2023 spenderemo dai 6 ai 7 milioni di euro in più sul fronte energetico. Questo necessariamente avrà una ricaduta sulla contrazione dell’assistenza ospedaliera. La politica nazionale e regionale dovrà far fronte a tutto questo”.

PAZIENTI DA FUORI REGIONE E L’ANNOSO PROBLEMA DELLA VIABILITA’

La vicepresidente della Regione Veneto, Elisa De Berti, si è soffermata a sua volta sull’origine caritatevole dell’Ospedale e ha sottolineato quanto “l’integrazione tra pubblico e privato nella sanità veneta, avendo come obiettivo il bene del cittadino, sia diventata un modello di efficienza in Italia”. Da assessore ai Lavori Pubblici, Infrastrutture e Trasporti, De Berti ha affrontato un problema annoso che riguarda l’accesso all’Ospedale: l’unica strada che collega Verona con il paese della Valpolicella. “L’Ospedale è un’eccellenza in vari ambiti perché di fatto copre tutte le specialità ed è una struttura tanto efficiente, tanto benvoluta e soprattutto credibile che è stata capace di attrarre un numero sempre più numeroso di utenti anche da fuori regione (il 27% dei ricoveri). Da qui il problema della viabilità, di cui la Regione è consapevole tanto che abbiamo già fatto degli incontri con il Comune di Negrar e con l’Ospedale. Il problema non è ‘fare la strada’, ma trovare una alternativa alla situazione attuale che non sia eccessivamente impattante sul territorio”.

GUARITE I MALATI: UN TITOLO ISPIRATO AL VANGELO

L’incontro è stato chiuso dall’intervento di Stefano Lorenzetto, giornalista e scrittore, che ha curato il volume Guarite i malati. “Ho accettato di scrivere questo libro sul centenario dell’Ospedale perché non potevo dire no a don Calabria… Inoltre per varie vicende personali, che racconto nel libro, ho potuto vedere da vicino come funziona il Sacro Cuore, pur non essendo mai stato ricoverato nelle sue corsie. Tuttavia scrivere un libro presenta due problemi iniziali che fanno perdere il sonno. Il primo è la potenzialità del mercato di un libro, ma qui l’ostacolo è stato superato immediatamente perché il volume non è in vendita. Il secondo è il titolo. Ma anche su questo fronte si è presentata subito la soluzione. Doveva essere un’opera su don Calabria quindi solo dal Vangelo potevo trarre il titolo. Guarite i malati è il compito che Gesù affida ai suoi ministri (capitolo 10, versetto 8 del Vangelo di Luca) ancora prima della predicazione della Buona Novella. Cosa che ho sempre trovato sorprendente”.

E’ possibile rivedere la presentazione cliccando sul seguente link: https://www.youtube.com/c/OspedaleSacroCuoreNegrar


"Guarite i malati": la presentazione del libro del Centenario anche su YouTube

Venerdì 29 aprile alle 16.30 la Gran Guardia di Verona ospita la presentazione del libro “Guarite i malati”, un volume che racconta attraverso testimonianza e fotografie i cento anni dell’Ospedale Sacro Cuore. L’evento potrà essere seguito in diretta sul canale YouTube dell’Ospedale cliccando sul link www.youtube.com/c/OspedaleSacroCuoreNegrar
La registrazione poi rimarrà sullo stesso canale. 

Guarite i malati è  il titolo del libro che racconta i 100 anni dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Il volume, edito per il centenario e curato da Stefano Lorenzetto, sarà presentato venerdì 29 aprile, alle ore 16.30, alla Gran Guardia, con la conduzione del direttore di Telearena, Mario Puliero. Per motivi di capienza della sala, l’ingresso è su invito. ma l’evento può essere seguito in diretta sul canale YouTube dell’Ospedale cliccando sul link https://www.youtube.com/c/OspedaleSacroCuoreNegrar
La registrazione poi rimarrà sullo stesso canale. 

Alla presentazione interverranno il vescovo di Verona,  Giuseppe Zenti,  la vicepresidente della Regione Veneto, Elisa De Berti e il superiore generale dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, don Miguel Tofful. Inoltre saranno intervistati da Puliero fratel Gedovar Nazzari, Mario Piccinini e Fabrizio Nicolis  – rispettivamente presidente, amministratore delegato e direttore sanitario dell’IRCCS di Negrar – e Stefano Lorenzetto, giornalista e scrittore.

In 272 pagine, arricchite dalle immagini di Lou Embo Roiter, vedova del grande fotografo veneziano Fulvio Roiter, e dai ritratti di Maurizio Don, «Guarite i malati», edito da Trifolio, raccoglie 28 testimonianze scritte da religiosi della congregazione calabriana, dirigenti, medici, infermieri, tecnici ospedalieri, imprenditori, scrittori, pazienti, tutti in qualche modo legati alla figura del santo veronese e all’ospedale nato dalla casa di riposo che don Angelo Sempreboni, parroco di Negrar, fondò nel 1922. 

Nel libro vengono ripercorse, con un ricco apparato iconografico, anche la storia del santo veronese e le tappe che hanno portato il “Sacro Cuore” di Negrar ad essere il quinto ospedale del Veneto per numero di ricoveri (30.661 ricoveri) subito dopo gli ospedali di Padova, Verona, Vicenza e Treviso. I dipendenti sono 2.153, di cui 333 medici; 953 posti letto; 22.318 interventi chirurgici eseguiti nel solo 2021, che si aggiungono alle 1.548.894 prestazioni ambulatoriali e  44.949 accessi al pronto soccorso. Al 31 dicembre scorso, l’ospedale, che nel 2018 ha avuto dal ministero della Salute il riconoscimento di Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) per le Malattie infettive e tropicali, aveva in corso ben 436 studi clinici.

«Guarite i malati» si apre con «uno speciale pensiero augurale» di papa Francesco a cui seguono quelli del presidente del Consiglio Mario Draghi, del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia e del vescovo di Verona, Giuseppe Zenti

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Diverticolite: cosa succede quando i diverticoli si infiammano

Essere portatori di una condizione anatomo-clinica come i diverticoli (diverticolosi) non significa essere ammalati. La situazione si complica quando queste piccole estroflessioni che si formano nella parte finale del colon chiamato sigma (deputata all’espulsione delle feci) si infiammano provocando la diverticolite, patologia che anche frutto dei nostri cattivi stili di vita. Quali sono i sintomi di questa malattia, come viene diagnosticata e soprattutto come si cura? Lo spiega nel video il dottor Paolo Bocus, direttore della Gastroenterologia e Endoscopia Digestiva dell’IRCCS di Negrar.