Individua ed irradia il tumore in sei secondi: è Hypersight, un nuovo sistema di Radioterapia
Il Dipartimento di Radioterapia Oncologica Avanzata dell’IRCCS di Negrar adotta per primo in Italia un software che integra e potenzia l’acceleratore lineare Ehos dotato di intelligenza artificiale. Grazie a questo nuovo sistema la macchina è in grado individuare con qualità eccezionale le immagini del tumore da trattare e irradiarlo con estrema precisione in appena sei secondi, salvaguardando i tessuti sani. La moderna tecnologia rende possibile curare molti tumori solidi, in fase iniziale o metastatica, come quello della prostata, del polmone, del pancreas e del fegato
Si chiama Hypersight il nuovo arrivato nel Dipartimento di Radioterapia Oncologica Avanzata dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Un “super occhio” che integra e potenzia Ethos, macchina di radioterapia guidata da intelligenza artificiale, già in uso dal 2022, e definita “adattiva”, cioè in grado di ricalcolare a ogni seduta un nuovo piano di cura, in tempo reale, in base alle variazioni della massa tumorale e a quelle anatomiche che possono verificarsi durante il trattamento. Grazie a Hypersight questa apparecchiatura è ora equipaggiata, per la prima volta in Italia, e tra i pochi centri al mondo, con un software capace di catturare con qualità eccezionale le immagini del tumore da trattare e irradiarlo in appena sei secondi, permettendo di ricalcolare il piano di cura con estrema precisione e velocità. Ciò consente di individuare perfettamente la sede tumorale e di trattarla senza danni ai tessuti sani e in tempi più brevi, contribuendo a ridurre durata e numero delle sedute e abbattere le liste d’attesa. Con l’arrivo di questo sistema integrato, l’IRCCS di Negrar si colloca ulteriormente all’avanguardia nella cura radioterapica delle patologie oncologiche, confermandosi tra i centri più avanzati nell’offerta di trattamenti adattativi di tutti i tumori solidi, in fase iniziale e metastatica.
“Il nuovo strumento è una guida al trattamento di precisione in tempo reale, un’importante implementazione tecnologica introdotta recentemente all’Ospedale di Negrar – spiega Filippo Alongi, direttore del Dipartimento di radioterapia oncologica avanzata dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria e professore ordinario all’Università di Brescia -. Ora – aggiunge – è come se si avesse a bordo un “super mirino” per indirizzare e colpire con estrema precisione la sede della malattia tumorale da trattare.. Il dispositivo consente infatti di ottimizzare l’efficacia del sistema permettendo di ricalibrare in tempo reale, cioè in sede di trattamento, il nuovo piano di cura, sulla base dei cambiamenti della posizione, della forma o delle dimensioni del tumore, che comunque avvengono di seduta in seduta. Ciò si rivela un prezioso supporto per il clinico anche nella definizione dei piani di cura personalizzati, soprattutto nei pazienti più fragili e nelle condizioni più complesse. Il nuovo strumento permette di trattare anche i pazienti che non sono in grado di restare a lungo sotto la macchina, come ad esempio gli anziani e gli obesi, oppure i portatori di pacemaker o protesi metalliche”.
“Questo sistema integrato, più rapido e di estrema precisione nella visualizzazione anatomica, consente di irradiare la massa tumorale in modo sartoriale, salvaguardando i tessuti sani circostanti, riducendo durata e numero di sedute, e abbattendo le liste di attesa e i costi indiretti dei pazienti e dei familiari, soprattutto per chi proviene da altre sedi o regioni lontane”, sottolinea Alongi.
“La moderna tecnologia rende possibile trattare molti tumori solidi, in fase iniziale o metastatica, come quello della prostata, del polmone, del pancreas e del fegato in media in 5 sedute, indolori e di pochi minuti. Soprattutto, la radioterapia adattativa e di ultra precisione può essere impiegata anche in caso di recidive tumorali, re-intervenendo in pazienti già sottoposti a precedente radioterapia, che oggi non avrebbero altre opzioni di trattamento”, conclude il radioterapista oncologo.
“Il nuovo investimento tecnologico arricchisce la dotazione per il trattamento radioterapico del “Sacro Cuore Don Calabria”, attualmente composta da quattro acceleratori lineari di ultima generazione: già nel 2019 era stata installata per la prima volta in Italia Unity Elekta, una macchina avanzatissima e unica, guidata da risonanza magnetica ad alto campo. Grazie alle sue innovative tecnologie, l’IRCCS di Negrar cura più di 1700 pazienti l’anno, di cui il 30% proviene da altre regioni, ed effettua circa 20mila sedute, confermandosi centro di riferimento regionale e tra i centri più rinomati in Europa per la radioterapia adattativa”, conclude Claudio Cracco, amministratore delegato dell’IRCCS di Negrar.
Vivere pienamente, nonostante la malattia. Seminario con Ray Owen
Sabato 29 marzo l’IRCCS di Negrar ospiterà un workshop con il dottor Ray Owen, , uno dei massimi esperti dell’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), la Psicologia cognitivo-comportamentale di terza generazione. Tema: l’ACT nel contest della patologia fisica cronica.
Sarà il dottor Ray Owen, uno dei massimi esperti dell’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), la Psicologia cognitivo-comportamentale di terza generazione, a guidare il workshop esperienziale che si terrà sabato 29 marzo all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria (per informazioni e iscrizioni, riservate a psicologi e psicoterapeuti, clicca qui), organizzato dalla Psicologia Clinica dell’ospedale di Negrar, di cui è responsabile il dottor Giuseppe Deledda, presidente eletto di ACT Italia.
Psicologo clinico e della salute, con oltre 30 anni di esperienza nel contesto oncologico e sanitario in generale, il dottor Owen è autore di due libri di auto-aiuto che nel mondo anglosassone hanno riscosso un ampio successo: Facing the Storm (2023) e Living with the Enemy (2024), entrambi selezionati per il premio “BMA Popular Medicine Book of the year”.
“Il tema della giornata riguarda l’applicazione della terapia ACT nel contesto della patologia fisica cronica, che oggi, con lo sviluppo di cure sempre più efficaci, può comprendere anche la malattia oncologica”, spiega il dottor Deledda. “La patologia cronica è spesso un fattore di stress significativo con impatti emotivi e psicologici molto complessi – prosegue -. Può accadere che la persona venga assorbita completamente dalla malattia, limitando il suo orizzonte interiore e perdendo di vista i suoi valori, ciò che nella sua vita, prima della malattia, era importante. Questo perché la paura e l’angoscia prendono il sopravvento, diventano totalizzanti”.
La terapia ACT non ha come obiettivo l’eliminazione della patologia e della sofferenza che ne consegue, ma aiuta a sviluppare la capacità di accettazione delle esperienze difficili in linea con i propri valori, favorendo un cambiamento nei comportamenti e nel benessere psicologico, anche in presenza della malattia.
“Il punto di partenza è il riconoscimento delle proprie paure – sottolinea il dottor Deledda – Spesso si indossa una maschera per non far trasparire il proprio stato d’animo, ma questo non fa altro che alimentare l’angoscia e quindi la solitudine. Ci si nasconde da se stessi, anche perché la narrazione vuole che di fronte alla malattia dobbiamo essere tutti dei combattenti. Pensiamo al linguaggio ‘bellico’ preso in prestito quando si parla delle patologie tumorali: lotta contro il cancro, combattere il cancro, la guerra al cancro… I pazienti in questa logica diventano dei guerrieri e chi non ce la fa è ‘stato sconfitto’. Questo non aiuta ad accogliere le proprie angosce, a dare ad esse un nome”. Un passaggio fondamentale, quella di prendersi cura delle proprie paure, “per ritornare a fare di ciò che ha valore per noi, la bussola della nostra vita. Viceversa, in una sorta di circolo virtuoso, solo il recupero di questi valori ci aiuta ad ‘accarezzare’ le nostre angosce. Vivere pienamente, nonostante la malattia, è un obiettivo possibile”, conclude il dottor Deledda.
Esami del sangue in regime privato: spesso il costo equivale al ticket. Ecco come calcolarlo
L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria – coerente con la programmazione della Regione Veneto che consente agli ospedali privati accreditati un certo numero di prestazioni di laboratorio – mette a disposizione quotidianamente per i pazienti esterni 50 posti per gli esami del sangue con il Servizio Sanitario Nazionale (cioè con il solo pagamento del ticket). A questi si aggiungono altri 40 posti, sempre in SSN, che il sistema di prenotazione riserva a anziani e persone in genere sottoposti a terapia anticoagulante (il famoso Cumadin o altri farmaci), bambini sotto i 7 anni e pazienti che devono eseguire esami particolari come curve da carico o emogasanalisi.
In tutto sono 90 posti che, viste le innumerevoli richieste, vengono esauriti in breve tempo.
Tuttavia, se non si è in possesso di esenzioni, in molti casi il costo degli esami in regime privato (a totale pagamento da parte dell’utente) è uguale al costo del ticket in regime SSN. Come posso saperlo? Basta munirsi di codice fiscale e di ricetta elettronica e seguire il video tutorial qui sotto.
Se la spesa da sostenere in regime privato è la stessa del ticket puoi procedere alla prenotazione sia all’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar sia al Centro Diagnostico Terapeutico di via San Marco a Verona.
Gli anziani di Casa Nogarè e i bimbi del nido Bim Bum Bam s'incontrano: ed è subito magia

Durante il primo incontro hanno disegnato insieme. Per i successivi c’è già un programma. Gli ospiti del piano terra della Casa di riposo Nogarè e del micronido Bim Bum Bam di San Vito di Negrar hanno iniziato una bella amicizia, stimolante per entrambi ma soprattutto per gli anziani, che con i piccoli hanno sempre e, reciprocamente, un rapporto speciale.
In un mondo ideale dovrebbe essere sempre così. La convivenza spontanea tra diverse generazioni, in cui conta solo la voglia di stare assieme e condividere momenti di gioia, senza le barriere date dall’età. Come è accaduto mercoledì 5 marzo al primo terra di Casa Nogarè, dove i 26 anziani ospiti hanno trascorso un’ora della loro giornata assieme ai bambini del Micronido Bim Bum Bam (autorizzato e accreditato dalla Regione Veneto) di San Vito di Negrar. Una struttura che ospita quindici piccoli, dai 12 ai 36 mesi. Mercoledì sono arrivati in sei: Bianca, Chanel, Evelyn, Emma, Amelia e Gabriele. Nei prossimi mesi lasceranno il posto ad altri compagni. Ad accompagnarli le educatrici e titolari dello stesso Micronido, Ilaria Bellorti e Nicole Ceradini. Due amiche da una vita, con un sogno in comune che si è realizzato nel maggio dell’anno scorso: quello di poter lavorare con i bambini.
“La nostra idea di nido è una struttura integrata con il territorio”, hanno detto Ilaria e Nicole. “Pertanto cercavamo una collaborazione con le realtà della zona. Una casa di riposo ci è sembrato il luogo ideale per iniziare un dialogo: gli anziani hanno una sensibilità particolare verso i bambini e anche i piccoli si trovano a loro agio con i nonni. Inoltre, il ciclo della vita ci insegna che quando invecchiamo torniamo un po’ tutti all’infanzia…”. Il progetto di Ilaria e Nicole è stato subito accolto da Martina Brigo e Laura Dall’Ora, rispettivamente dirigente dei servizi dell’Area Socio-sanitaria della Cittadella della Carità ed educatrice di Casa Nogarè che insieme alle responsabili del micronido hanno elaborato un programma mensile di attività. Dopo essersi cimentati il 5 marzo con il disegno, ad aprile i bambini e gli anziani si dedicheranno al “giardinaggio” con la collocazione nei vasi di piccole piantine; l’incontro di maggio sarà invece incentrato sulle filastrocche e a giugno su una piacevole merenda. “Credo che sia molto importante aprire la casa di riposo al territorio, perché è parte di esso e non una realtà a sé – afferma la dottoressa Brigo – Queste iniziative come altre sono per gli ospiti delle iniezioni di vita, attivano i ricordi, le loro capacità residue, si sentono utili e parte di una comunità che si interessa a loro. I bambini inoltre sembrano quasi captare il bisogno di affetto degli anziani…”.
“Mi sembra di fare un tuffo nel passato, nei ricordi di una vita”, commenta Maria con in mano dei palloncini, accanto una bimba che gioca con lei. “Io ho trascorso la mia esistenza in mezzo ai ragazzi, come insegnante: prima alle elementari, poi alle medie e alle superiori. Man mano che acquisivo i titoli con lo studio, “salivo di grado”. Ho terminato la mia carriera all’università, dove tenevo dei corsi come psicologa sulla tossicodipendenza, avendo trascorso una parte rilevante della mia attività lavorativa nelle strutture di recupero”. Per Rosina, invece, la gioia del momento si amalgama con i ricordi dolorosi. “E’ bellissimo stare con i bambini. Ma guardandoli mi sembra di vedere la mia bambina – racconta con le lacrime agli occhi – E’ uscita di casa una mattina, felice come sempre. Non è più tornata, vittima di un incidente”. Ha dei nipoti? “Si, ma ormai sono grandi! Pensi, mia nipote si sta per laureare!”. E i brutti pensieri se ne vanno, insieme alle lacrime, curati dall’orgoglio di nonna e dalla faccina del bimbo di fronte che guarda stupito le sue manine impasticciate di colore. Il tempo passato in buona compagna trascorre in fretta. E’ ora di ritornare al “Bim Bum Bam”. Ma aprile è dietro l’angolo con le piantine da far fiorire insieme alla speranza.
Fratture vertebrali: quando ricorrere alla chirurgia mini-invasiva come la vertebroplastica e la cifoplastica
Si stima che siano 50mila le persone che ogni anno si recano al Pronto Soccorso per fratture vertebrali, causate da traumi, ma anche da malattie tumorali e da osteoporosi avanzata. “Il 50% delle donne con più di 80 anni è colpita da fratture vertebrale”, spiega nel corso di una puntata di Medicina33 del Tg2, il dottore Gerardo Serra, responsabile della Terapia Antalgica dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria. “Il 30% di queste pazienti si recano dal medico a causa di un dolore acuto improvviso e invalidante”. Cosa fare in questi casi? Dopo una diagnosi accurata (attraverso Tac e RM), si può procedeere con due metodiche di chirurgia mini-invasiva: la vertebroplastica e la cifoplastica. Ecco di cosa si tratta.
Nella foto principale l’équipe di Terapia Antalgica
Il Casante premiato da Mattarella Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana
Riconoscimento di prestigio per il Casante dell’Opera Don Calabria: don Massimiliano Parrella è stato insignito dal Presidente Sergio Mattarella del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. “Lo dedico alle migliaia di persone della Famiglia Calabriana, religiosi e laici”, ha detto ieri dopo la cerimonia al Quirinale.
Il Superiore Generale dell’Opera Don Calabria, don Massimiliano Parrella, è stato insignito dal Presidente Sergio Mattarella del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, perché “continua ad offrire – questa la motivazione -, attraverso le Case calabriane nel mondo, un’accoglienza dei minori in difficoltà anche attraverso centri di aggregazione per minori migranti e centri di recupero per tossicodipendenti”.
La cerimonia si è tenuta ieri al Quirinale, dove il Capo dello Stato ha conferito un’onorificenza al Merito della Repubblica ad altri 30 italiani che si sono distinti per il loro impegno civile.
“Sono grato al Presidente della Repubblica per questa onorificenza che viene consegnata a me, ma appartiene a tutta l’Opera Don Calabria”, ha detto don Parrella. “La dedico quindi alle migliaia di persone della Famiglia Calabriana, religiosi e laici, che ogni giorno con il loro lavoro si prendono cura dei più fragili, in Italia e nel mondo, portando avanti la missione che ci ha affidato san Giovanni Calabria. Credo che in questo momento storico, attraversato da tanti conflitti e ingiustizie, la scelta di stare al fianco degli ultimi e dei dimenticati sia l’unica possibile per promuovere i valori della pace e dello sviluppo umano”.
Il Comitato S. Giovanni Calabria con UniCredit donano uno strumento per la chirurgia urologica
Il Comitato San Giovanni Calabria, con il contributo del Settore Sviluppo Territori Est dell’UniCredit, ha donato all’Urologia dell’IRCCS di Negrar un morcellatore. Si tratta di uno strumento chirurgico, dal costo di 25mila euro, utilizzato nell’ambito degli interventi di ablazione laser dell’adenoma prostatico, una delle patologie maschili (comunemente definita “prostata ingrossata”) più diffuse.
Il Comitato San Giovanni Calabria, con il contributo del Settore Sviluppo Territori Est dell’UniCredit, ha donato all’Urologia dell’IRCCS di Negrar un morcellatore. Si tratta di uno strumento chirurgico, dal costo di 25mila euro, utilizzato nell’ambito degli interventi di ablazione laser dell’adenoma prostatico, una delle patologie maschili (comunemente definita “prostata ingrossata”) più diffuse: si stima che circa la metà degli uomini sopra i 60 anni soffra di ipertrofia prostatica benigna.
“Questo morcellatore di ultima generazione consente di ottimizzare e rendere ancora più sicuri gli interventi di ipertrofia prostatica attraverso l’utilizzo del laser ad Olmio o del laser al Tulio”, spiega il dottor Stefano
Cavalleri, direttore dell’Urologia. “L’ablazione laser, a differenza della chirurgia tradizionale, consente di ridurre al minimo il rischio di sanguinamento ed è quindi particolarmente indicata per coloro che assumono anticoagulanti o antiaggreganti, pazienti sempre più numerosi con l’invecchiamento della popolazione”.
Nel corso di un breve incontro, che si è tenuto a Negrar giovedì 20 febbraio, la Direzione del Sacro Cuore Don Calabria ha rivolto un ringraziamento ai rappresentanti del Comitato San Giovanni Calabria e dell’UniCredit per il loro contributo finalizzato a migliorare ulteriormente la cura e il benessere del paziente.
“Il Comitato nasce proprio con l’intento di supportare le attività dell’Opera Don Calabria sul territorio e nel mondo – ha detto il presidente Enrico Fiorio -. E l’IRCCS di Negrar, eccellenza della sanità nazionale, è l’emanazione diretta di un progetto del Santo Fondatore per la cura dei più fragili”.
“Per UniCredit è motivo di orgoglio supportare attraverso il Comitato la fondamentale azione dell’Opera Don Calabria”, ha detto il dottor Renzo Chervatin, responsabile del Settore Sviluppo Territori Est dell’UniCredit “Da anni siamo vicini all’Opera, vera eccellenza impegnata in Italia ed all’estero con programmi riabilitativi, formativi ed assistenziali”.
Nella foto in alto da sinistra: dottor Davide Brunelli, vicedrettore sanitario dell’IRCCS di Negrar; Mario Villa e Enrico Fiorio, rispettivamente segretario e presidente del Comitato San Giovanni Calabria, il dottor Stefano Cavalleri, direttore dell’Urologia, e il dottor Claudio Bianconi, vicepresidente del Comitato
Premio della chirurgia europea colorettale per l'APP iColon
L’App “iColon” valica i confini nazionali e viene premiata in Europa. L’applicazione digitale sviluppata dalla Chirurgia generale dell’Irccs di Negrar per supportare i pazienti nell’adesione al protocollo ERAS ha ricevuto il premio PosterAward nel corso dell’ultimo congresso europeo di chirurgia colo-rettale che si è svolto a San Gallo in Svizzera, “sbaragliando” un centinaio di altri lavori candidat
L’App “iColon” valica i confini nazionali e viene premiata in Europa. L’applicazione digitale sviluppata dalla Chirurgia generale dell’Irccs di Negrar per supportare i pazienti nell’adesione al protocollo ERAS (Enhanced Recovery After Surgery, ovvero miglior recupero dopo un intervento chirurgico) ha ricevuto il premio PosterAward nel corso dell’ultimo congresso europeo di chirurgia colo-rettale che si è svolto a San Gallo in Svizzera, “sbaragliando” un centinaio di altri lavori candidati.
A ritirare il prestigioso riconoscimento è stata la dottoressa Elisa Bertocchi, chirurgo colo-rettale e responsabile ERAS per la chirurgia del colon-retto, che ha illustrato l’abstract davanti all’assemblea plenaria del meeting scientifico, circa un migliaio di esperti del settore.
“Siamo molto orgogliosi di questo premio assegnato da uno dei congressi di riferimento per la nostra chirurgia – sottolinea la dottoressa -. Mesi prima avevo inviato un lavoro, redatto insieme al primario, il dottor Giacomo Ruffo, e ai miei colleghi di tutto il team ERAS, relativo all’adozione di iColon da parte dei primi 850 pazienti sottoposti a chirurgia colorettale”.
A colpire innanzitutto la giuria, composta dai relatori del congresso, è stato il numero dei pazienti coinvolti nell’uso di iColon. “Si tratta dell’esperienza digitale che in Europa vanta la più alta casistica. Ad oggi sono circa un migliaio i pazienti che hanno utilizzato l’App – sottolinea la dottoressa Bertocchi –. Altri numeri rilevanti sono quelli che riguardano l’elevato tasso di utilizzo dell’applicazione che nel pre e nel post-operatorio oscilla tra il 76 e l’85%”.
Un ulteriore aspetto interessante è la correlazione tra l’utilizzo dell’App e l’adesione al protocollo ERAS. “Dal nostro studio è emerso che più il paziente fa uso di iColon, più è aderente alle indicazioni proposte dal protocollo – spiega ancora la dottoressa Bertocchi -. Abbiamo inoltre rilevato che coloro che fanno un uso minore, o addirittura nullo dell’applicazione, nella fase post dimissione risulta maggiormente a rischio di incorrere in complicanze e in una nuova ospedalizzazione Per questo iColon si è rivelata uno strumento prezioso per standardizzare e migliorare il follow up dei nostri pazienti dopo un intervento chirurgico: chi risulta non aderente alle indicazioni fornite o chi non utilizza l’applicazione viene celermente contattato dal team clinico per escludere la presenza di possibili problemi ed eventualmente trattarli e gestirli celermente.”.
Raccontare l'afasia: un incontro per dare voce a chi non può più esprimersi con la parola
“Donne a fasi che cambiano. Quando il disturbo del linguaggio ferisce la vita”. E’ questo il titolo dell’evento di medicina narrativa organizzato per domenica 23 febbraio al teatro Ristori di Verona a cura del Servizio di medicina fisica e riabilitazione del “Sacro Cuore”. Un’occasione per testimoniare che nonostante l’afasia è possibile vincere il silenzio e costruire nuove relazioni in famiglia e nella vita quotidiana.
Raccontare la storia di persone che, a causa dell’afasia, non trovano più le parole per raccontarsi come vorrebbero. E ascoltare la testimonianza dei familiari che con la malattia del loro caro vedono cambiare improvvisamente la loro vita di relazione.
E’ un evento di medicina narrativa che si preannuncia molto intenso ed emozionante quello organizzato dal Servizio di Medicina Fisica e Riabilitazione dell’IRCCS di Negrar, in programma al Teatro Ristori di Verona domenica 23 febbraio, dal titolo “Donne A FASI CHE cambiano. Quando il disturbo di linguaggio ferisce la vita”. Un evento che è già un successo, visto che il teatro registra un tutto esaurito.
Saranno circa 20 le toccanti testimonianze portate sul palco da parte di pazienti, caregiver e in alcuni casi anche figli che hanno vissuto sulla propria pelle l’esperienza di un genitore colpito da afasia. In gran parte si tratta di esperienze “al femminile”, da cui il titolo scelto. Il tutto intervallato da momenti di spettacolo ed esibizioni artistiche, ma anche da brevi approfondimenti su una patologia fortemente invalidante che provoca problemi spesso difficili da comprendere per chi non si trova coinvolto nella situazione.
Interverranno tra gli altri la dottoressa Elena Rossato, direttore del Servizio di Medicina Fisica e Riabilitazione; il dottor Renato Avesani, già direttore dello stesso Servizio; il professor Giampietro Pinna, direttore della Neurochirurgia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona; il professor Franco Denes, neurologo con una lunga esperienza di ricerca sull’afasia; padre Miguel Tofful, vice presidente della Cittadella della Carità di Negrar.
L’afasia è un disturbo del linguaggio che si verifica in seguito ad un danno neurologico all’emisfero sinistro del cervello. Può colpire in tanti modi diversi e spesso si associa a difficoltà motorie oltre che di comunicazione. I pazienti in genere arrivano dopo un evento acuto, ad esempio incidente o ictus, che li costringe ad un lungo ricovero e spesso a intervento neurochirurgico. In un secondo momento vengono trasferiti a Negrar, presso la Riabilitazione Neurologica Intensiva o la Lungodegenza Riabilitativa e durante il ricovero iniziano il percorso di riabilitazione per l’eventuale afasia.
“Abbiamo voluto dare un’impronta sperienziale a questo evento perché è importante conoscere le storie di questi pazienti e delle loro famiglie – dicono Maria Mainente e Mara Leder, che con le colleghe Anna Marchesini e Serena Aganetto compongono l’équipe di logopedia – Per loro poter condividere il proprio vissuto è già un modo per uscire dall’isolamento in cui spesso la malattia li costringe. E da fuori non è facile capire le reali difficoltà non solo di comunicazione, ma anche nell’affrontare la vita quotidiana.
Difficoltà che vanno dal totale isolamento, come talvolta accade, all’incapacità di spiegare anche i problemi più banali. “Speriamo che da questi incontri nasca, come in effetti sta succedendo, anche la possibilità di creare un’associazione dove queste persone possano condividere le proprie realtà e cercare di stare meglio: anche l’aspetto morale è molto importante”, concludono le due logopediste.
Un messaggio positivo e di speranza, che emerge anche dalla scena finale dello spettacolo al Ristori: si tratta di un video in cui una signora colpita da afasia, racconta la sua piccola odissea a lieto fine. Uscendo dal vialetto di casa, ogni giorno trovava parcheggiata una macchina in una posizione che le impediva la visuale. Dopo una settimana la decisione di andare a denunciare la cosa alle forze dell’ordine. Ma denunciare come, se non era in grado di spiegarglielo a parole? Un bel rompicapo, ma c’è sempre una via di uscita…
Inaugurato il nuovo Centro di Riabilitazione in Ucraina realizzato in collaborazione con il "Sacro Cuore"
Il Servizio di Medicina Fisica e Riabilitazione dell’IRCCS di Negrar ha accompagnato i colleghi ucraini della clinica St. Luke di Ivano Frankivs’k nella realizzazione del nuovo centro, inaugurato lo scorso 16 gennaio, e nella formazione dei terapisti. L’iniziativa fa parte di un progetto finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo di cui l’IRCCS è partner tecnico. Approntato anche un percorso specifico per le persone amputate a causa della guerra.
Un nuovo centro di riabilitazione in Ucraina, rivolto principalmente a pazienti con problemi neurologici ma anche con un percorso specifico per persone con arti amputati a causa della guerra, il tutto realizzato grazie all’accompagnamento e alla supervisione dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. L’inaugurazione è avvenuta lo scorso 16 gennaio a Ivano Frankivs’k, nella parte occidentale del Paese, presso il policlinico San Luke dell’arcidiocesi greco cattolica della città.
Il centro è stato realizzato nell’ambito del progetto “Health care for safety and rehabilitation” finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, che vede come capofila l’associazione Missione Calcutta di Bergamo in collaborazione con Focsiv e come partner tecnico l’IRCCS di Negrar. In rappresentanza dell’ospedale calabriano era presente all’inaugurazione Massimo Mengalli, coordinatore del Servizio di Medicina Fisica e Riabilitazione, che ha seguito l’evolversi del progetto insieme alla dottoressa Elena Rossato, direttore del medesimo Servizio, e al dottor Claudio Bianconi, responsabile dei progetti internazionali dell’IRCCS. Al taglio del nastro c’erano le autorità civili e religiose, nonché altri enti che partecipano al progetto tra cui la Fondazione Don Calabria per il Sociale.
Grazie alle nuove dotazioni il policlinico San Luke è diventato partner del sistema sanitario nazionale ucraino con un’apposita convenzione per le prestazioni del centro appena inaugurato. Nei prossimi mesi, inoltre, è previsto l’avvio del nuovo reparto degenze per i pazienti che necessitano della riabilitazione.
Il contributo dell’IRCCS di Negrar al progetto è duplice. Anzitutto i professionisti del Sacro Cuore hanno svolto un ruolo di supervisione e consulenza nell’acquisto della strumentazione tecnologica del nuovo centro. In secondo luogo il personale della Riabilitazione dell’IRCCS ha approntato un percorso di formazione per i colleghi ucraini con un particolare focus sulla riabilitazione neurologica, che nella regione di Ivano Frankivs’k era praticamente inesistente fino ad ora. Per seguire questo percorso diversi gruppi di fisioterapisti, infermieri e medici ucraini sono stati a Negrar. L’ultimo gruppo di professionisti ucraini arriverà in Valpolicella nel prossimo mese di marzo. A fine febbraio, invece, si recheranno nuovamente in Ucraina 2 fisioterapisti del servizio di medicina fisica e riabilitazione per seguire l’andamento del nuovo centro e offrire un’ulteriore occasione di formazione.