Il presente e il futuro della retina: artificiale liquida ma anche biostampata in 3D

Oltre 600 partecipanti, 78 prestigiosi relatori provenienti da 18 Paesi del mondo, 7 sale operatorie collegate in diretta tra Europa e Asia: sono solo alcuni dei numeri del congresso internazionale di chirurgia vitroretinica, che si è tenuto da giovedì 2 a sabato 4 maggio alla Gran Guardia sotto la direzione scientifica della dottoressa Grazia Pertile, direttore dell’Oculistica dell’IRCCS di Negrar, e del professor Siegfried Priglinger, direttore del Dipartimento di Oftalmologia dell’ospedale universitario di Monaco di Baviera. 

Una tre giorni di confronto su vari argomenti, tra cui gli innovativi trattamenti chirurgici delle patologie della retina con discussione attiva di casi clinici e delle tecniche chirurgiche. Confronto che si è esteso anche allo stato dell’arte della ricerca clinica e applicata, i cui risultati potrebbero avere ricadute di enorme valore e di interesse per i pazienti

Dr.ssa Grazia Pertile e il professor Siegfried Priglinger

Oltre 600 partecipanti, 78 prestigiosi relatori provenienti da 18 Paesi del mondo, 7 sale operatorie collegate in diretta tra Europa e Asia: sono solo alcuni dei numeri del congresso internazionale di chirurgia vitroretinica, che si è tenuto da giovedì 2 a sabato 4 maggio alla Gran Guardia sotto la direzione scientifica della dottoressa Grazia Pertile, direttore dell’Oculistica dell’IRCCS di Negrar, e del professor Siegfried Priglinger, direttore del Dipartimento di Oftalmologia dell’ospedale universitario di Monaco di Baviera.

E’ stata la prima edizione di VM Retina Meeting, dove V e M stanno per Verona e Monaco, città nella quale fra due anni si terrà lo stesso appuntamento, e che prosegue una tradizione congressuale nata oltre 30 anni fa a Francoforte, con il professor Claus Eckardt.

Il gemellaggio anche scientifico tra Verona e Monaco di Baviera

“Le due città sono legate da un gemellaggio culturale che risale al 1960, simboleggiato anche dalla statua di Giulietta che si trova ai piedi del palazzo comunale di Marienplatz a Monaco di Baviera. Un dono di Verona, che è stato ricambiato dalla municipalità monacense con la Fontana delle Alpi di Piazza Bra”, ha spiegato la dottoressa Pertile. “Con questo evento il gemellaggio si traduce in un sodalizio tra gli organizzatori scientifici che ha come obiettivo quello di costituire, con lo scambio di conoscenze ed esperienze, una rete di dinamismo culturale, destinata ad influire sul futuro dell’oftalmologia”.

Non a caso il meeting è stato strutturato come una tre giorni di confronto su vari argomenti, tra cui gli innovativi trattamenti chirurgici delle patologie della retina con discussione attiva di casi clinici e delle tecniche chirurgiche. Confronto che si è esteso anche allo stato dell’arte della ricerca clinica e applicata, i cui risultati potrebbero avere ricadute di enorme valore e di interesse per i pazienti. “Numerosissimi sono infatti i quadri patologici congeniti, acquisiti e traumatici che ogni giorno i chirurghi retinici affrontano nella loro routine professionale. Situazioni che richiedono soluzioni non solo anatomiche, ma principalmente funzionali per il bene del paziente”, sottolinea la dottoressa.

Sette sale operatorie tra Europa e Asia collegate in diretta

Il cuore del congresso è stata la sessione di chirurgia dal vivo, con la partecipazione di 11 chirurghi impegnati in 7 sale operatorie tra Asia ed Europa. Gli interventi eseguiti a Negrar, Ankara, Barcellona, Lovanio, Mumbai, Roma e Sulzbach sono stati tramessi in diretta nella sala congressuale con immagini di altissima qualità per facilitare il confronto e la discussione tra i partecipanti sui vari approcci chirurgici.

Oculistica di Negrar: 1500 interventi di retina all’anno con il 60% dei pazienti da fuori regione

L’intervento dalla sala operatoria di Negrar è stato eseguito dalla stessa dottoressa Pertile, prima donna a ricevere nel 2018 il premio “Reja Zivojnovic”, conferito annualmente ad uno specialista oftalmologo che a livello mondiale si è distinto nell’ambito della chirurgia vitreoretinica. Con lei, sempre dell’équipe del Sacro Cuore, anche il dottor Guido Prigione a conferma del valore riconosciuto a livello internazionale nel campo dell’Oculistica al centro di Negrar che è anche struttura di riferimento regionale per le gravi patologie della retina, con circa 1.500 interventi di retina all’anno e oltre 60% dei pazienti provenienti da altre regioni italiane.

La retina artificiale liquida

La dottoressa Pertile fa parte anche del team tutto “made in Italy” che lavora da tempo sulla retina artificiale liquida sulla cui sperimentazione è stato fatto il punto nella sessione di venerdì pomeriggio, dedicata alla ricerca sulla cura di patologie che ancora oggi sono giudicate irreversibili e non curabili in maniera efficace. “I tempi della scienza purtroppo non sono i tempi né dei clinici né dei pazienti – ha precisato la dottoressa Pertile – Per quanto riguarda la sperimentazione della retina artificiale liquida sull’uomo dovremo attendere ancora, ma i primi risultati in vitro e sugli animali sono molto incoraggianti soprattutto riguardo la cura della retinite pigmentosa, anche in fase clinica avanzata, una grave patologia eredo-familiare che porta alla cecità in età giovanile”.

Sistemi ottici innovativi per il trattamento delle maculopatie

Sono invece iniziati in alcuni centri italiani i primi impianti sull’uomo di sistemi ottici innovativi, come il Sing Imto, una lente intraoculare con effetto di ingrandimento dell’immagine, e l’EyesON, una retina artificiale di dimensioni ridotte. Questi sistemi sono entrambi indicati per la degenerazione maculare senile, una malattia degenerativa della macula, la parte centrale della retina, che impedisce una visione di qualità, specie da vicino. “Siamo ancora nel campo della sperimentazione – ha puntualizzato la dottoressa Pertile – e dobbiamo aspettare i risultati degli studi sui primi pazienti per stabilire l’efficacia e la sicurezza di questi dispositivi sicuramente innovativi, ma ancora oggetto di studio e di ricerca”.

La terapia genica è già realtà

Sul fronte della terapia genica, è invece in commercio dal 2021 un farmaco, il Luxturna, per la cura della retinite pigmentosa legata all’alterazione del gene RTE65, quadro clinico che si manifesta con gravi problemi della vista fin dall’infanzia. “La terapia consiste in un’unica iniezione nell’occhio malato di un prodotto contenente un adenovirus modificato che ha il compito di veicolare all’interno della cellula una copia del gene funzionante. Una metodica che potrebbe trovare applicazione anche per altre malattie congenite”.

La retina del futuro? Prodotta da biostampanti in 3D

E il futuro cosa potrebbe riservarci?  “Negli Stati Uniti sono in corso studi per la realizzazione con l’uso di biostampanti 3D dei 10 strati di tessuto di cui è composta la nostra retina – ha risposto la dottoressa Pertile -. Sembra fantascienza, ma intorno all’utilizzo delle biostampanti è in corso un grande fermento di studi in tutto il mondo, anche per la creazione di organi o parte di essi da trapiantare, come è già avvenuto per la trachea, per esempio. Non sono esclusi risultati anche sul fronte della retina”.

Qui sotto l’intervista della dottoressa Grazia Pertile al TgR Veneto 


La lotta alle infezioni e all'antibiotico resistenza inizia dalle nostre mani

Il 5 maggio ricorre la Giornata mondiale dell’igiene delle mani per sensibilizzare le persone comuni, ma soprattutto i sanitari sull’importanza di questo gesto al fine di prevenire il diffondersi delle infezioni, in particolare in ambito sanitario, spesso originate da germi che per lo scorretto uso degli antibiotici sviluppano resistenze e quindi diventano difficili da curare.  Bastano solo venti secondi di strofinamento con la soluzione idroalcolica oppure a 40-60 secondi con acqua e sapone. Poche semplici mosse, ma proprio la loro semplicità induce a trascurarle, soprattutto là dove non assumono un carattere obbligatorio come in sala operatoria. Due video tutorial sul corretta modalità del lavaggio delle mani.

Fa parte delle poche cose positive che ci ha lasciato il Covid 19: la consapevolezza di quanto sia importante l’igiene delle mani. Durante la pandemia acqua e sapone o la soluzione idroalcolica erano fedeli compagni delle nostre giornate per evitare il contagio. Ma il virus del Sars-CoV 2 non ci ha rivelato nulla di nuovo: a scoprire che le nostre mani sono veicoli di malattie è stato il medico ungherese Ignaz Semmelweis nel 1847, quando si accorse che le febbri, spesso mortali, che colpivano le donne che avevano partorito da poco erano collegate ai chirurghi che, dopo aver effettuato un autopsia o visitato pazienti malate, andavano al capezzale di altre puerpere. Il povero Ignaz e il suo invito ai medici di detergere le mani con una soluzione di cloro non solo non vennero ascoltati, ma il medico fu perfino allontanato dalla clinica viennese dove lavorava.

Giornata per sensibilizzare tutti, ma soprattutto i sanitari

Oggi, fortunatamente, è assodato che la detersione delle mani è una potente barriera contro le patologie contagiose. Rimane tuttavia ancora tanto da fare, perché una percentuale delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria – quindi non solo ospedaliere – sono da ricondurre alla poca cura di questa banale quanto importante pratica. Non a caso ogni anno il 5 maggio si celebra la Giornata mondiale dell’igiene delle mani, in occasione della quale l’Organizzazione mondiale della sanità lancia una campagna per sensibilizzare le persone comuni e, soprattutto, gli operatori sanitari. E’ noto, infatti, che gli ospedali e le strutture di cura extra-ospedaliere (RSA, Case di riposo…) sono luoghi privilegiati di colonizzazione di germi per la presenza di persone malate, molto spesso defedate e immunodepresse, e per la pratica di procedure invasive, come gli interventi chirurgici.

Anche l’IRCCS di Negrar aderisce alla campagna

Lo slogan della Giornata mondiale di quest’anno è: Why is sharing knowledge about hand hygiene still so important? Because it helps stop the spread of harmful germs in health care (Perché la condivisione delle conoscenze sull’igiene delle mani è ancora così importante? Perché aiuta a fermare la diffusione di germi nocivi nel settore sanitario).Anche l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria aderisce alla campagna con l’affissione di poster all’interno della struttura.

 Bastano solo pochi secondi
Dr. Andrea Tedesco

“Detersione delle mani significa che dopo il contatto con ogni paziente o con dispositivi come i cateteri si deve procedere a venti secondi di strofinamento con la soluzione idroalcolica oppure a 40-60 secondi con acqua e sapone”, spiega il dottor Andrea Tedesco infettivologo del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar. “Un gesto semplice, quasi banale, ma che proprio a causa della sua semplicità viene trascurato fuori dai quei contesti, come per esempio la sala operatoria, dove assume carattere obbligatorio”.

 Non solo le “mani pulite”: il progetto REVERSE contro l’antibiotico-resistenza

E’ pur vero che le sole “mani pulite” non bastano a tenere lontano i germi, e soprattutto a combattere il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, una delle massime preoccupazioni della medicina moderna.Lo sviluppo di un modello finalizzato alla prevenzione e alla gestione dei germi resistenti agli antibiotici è l’obiettivo del progetto europeo REVERSE (pREVention and management tools for rEducing antibiotic Resistance in high prevalence Settings), finanziato dai fondi Horizon 2020 e coordinato dall’Università di Zurigo, a cui aderiscono 24 ospedali del Sud Europa, tra cui l’IRCCS di Negrar.“Quello di REVERSE è un modello multidisciplinare, implementato progressivamente anche nel nostro ospedale, grazie al quale il tasso di infezioni ospedaliere registrato nella nostra struttura è del 4,7%, contro la media nazionale del 6.5 %”, spiega il dottor Tedesco che è anche referente dello studio per il Sacro Cuore Don Calabria e componente del Comitato Infezioni Ospedaliere.

 La stewardship antimicrobica: l’uso corretto degli antibiotici

“Il modello prevede innanzitutto la stewardship antimicrobica che ha il compito di guidare al corretto impiego degli antibiotici, il cui uso al di fuori delle indicazioni è uno dei maggiori responsabili della multiresistenza ai farmaci sviluppata dai germi – prosegue -. La stewardship è in capo a una piccola équipe di infettivologi che lavora quotidianamente in stretto contatto con i clinici prescrittori degli antibiotici”.

 Test diagnostici rapidi e precisi per terapie mirate

Il corretto impiego degli antibiotici passa necessariamente dalla diagnostica, “in particolare da test molecolari in grado di produrre diagnosi altamente specifiche e in tempi rapidi, tali da consentire l’impiego di terapie mirate a quel determinato patogeno responsabile dell’infezione”.

 La prevenzione

Come in tutti gli ambiti che riguardano la salute, anche nel campo delle infezioni la prevenzione è un nodo cruciale. “Tra le misure preventive adottate dal nostro IRCCS, vi è quella del tampone nasale al quale vengono sottoposti tutti i pazienti che devono effettuare un intervento di protesi ortopedica – spiega ancora l’infettivologo – Lo scopo è la ricerca dello stafilococco aureo, responsabile di gravi infezioni che portano al fallimento dell’impianti. Mentre il tampone rettale per la diagnosi di eventuali germi multiresistenti è previsto per tutti i pazienti a rischio, cioè provenienti da case di riposo o da altri ospedali, e che necessitano di ricovero in geriatria, terapia intensiva o riabilitazione intensiva. Una misura che stiamo estendendo anche ai pazienti candidati alla chirurgia colo-rettale”.

 Il controllo

Nel caso di tamponi positivi vengono messe in atto le pratiche di controllo, come l’isolamento da contatto del paziente, attraverso tutta una serie di accorgimenti da parte degli operatori sanitari al fine di evitare il contagio di degenti. “Lo stesso avviene se dal laboratorio proviene l’alert di pazienti colonizzati dai cosiddetti germi sentinella, cioè microrganismi in grado di diffondersi rapidamente o resistenti agli antibiotici”.

Il Comitato Infezioni Ospedaliere

La sorveglianza, il controllo e la riduzione delle infezioni ospedaliere al Sacro Cuore Don Calabria è affidato, come in tutti gli ospedali, al Comitato Infezioni Ospedaliere (CIO). Esso è guidato dalla Direzione Sanitaria ed è composto da un medico anestesista-rianimatore, da un medico internista, da un chirurgo, da un infettivologo, da un microbiologo, da un farmacista, da un’assistente sanitario, da un dirigente del Servizio Infermieristico e da un infettivologo referente per la Stewardship antimicrobica. Il Comitato è affiancato da un gruppo operativo (il GIO-Gruppo Infezioni Ospedaliere) che si riunisce ogni 15 giorni, composto dalla Direzione Sanitaria, da due infettivologi, da un assistente sanitaria e da un microbiologo.

Prevenzione e controllo fuori dall’ospedale

Il controllo delle infezioni correlate all’assistenza e la lotta all’antibiotico resistenza non possono tuttavia limitarsi al solo ospedale. “Il “Sacro Cuore Don Calabria” fa parte di un network di IRCCS (Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, Fondazione Gemelli di Roma, Policlinico di Milano, Policlinico Sant’Orsola di Bologna e l’Istituto Mediterraneo per i Trapianti di Palermo) che, insieme all’Isistuto Superiore di Sanità, hanno l’obiettivo di sviluppare un modello informatizzato di stewardship antibiotica applicabile a tutti gli ospedali e anche alle strutture mediche, residenziali e non, che afferiscono agli ospedali stessi. Verrebbe a crearsi così un circuito virtuoso che consentirebbe un controllo a 360° delle infezioni e di conseguenza andrebbe ad incidere sulla nascita di nuove resistenze”, conclude il dottor Tedesco.


Elettroporazione: campi elettrici curano il ritmo malato del cuore

La Cardiologia, diretta dal dottor Giulio Molon,  ha trattato i primi pazienti con un sistema non termico che migliora l’efficacia e la sicurezza degli interventi mini-invasivi per la cura della fibrillazione atriale, la patologia del ritmo del cuore più diffusa al mondo e uno dei maggiori fattori di rischio di ictus e scompenso cardiaco. La elettroporazione, o Pulsed Field Ablation (PFA), questo è il nome della nuova procedura, è in grado, attraverso campi elettrici pulsanti, di interrompere selettivamente il “cortocircuito” di una parte del tessuto cardiaco responsabile dell’aritmia, preservando nello stesso tempo il tessuto sano e le strutture anatomiche circostanti.

Nelle scorse settimane la Cardiologia dell’IRCCS di Negrar ha trattato i primi pazienti con un sistema non termico che migliora l’efficacia e la sicurezza degli interventi mini-invasivi per la cura della fibrillazione atriale, la patologia del ritmo del cuore più diffusa al mondo e uno dei maggiori fattori di rischio di ictus e scompenso cardiaco. La elettroporazione, o Pulsed Field Ablation (PFA), questo è il nome della nuova procedura, è in grado, attraverso campi elettrici pulsanti, di interrompere selettivamente il “cortocircuito” di una parte del tessuto cardiaco responsabile dell’aritmia, preservando nello stesso tempo il tessuto sano e le strutture anatomiche circostanti.

La fibrillazione atriale colpisce nel mondo 33 milioni di persone, di cui 800mila solo in Italia, e la sua incidenza è proporzionale all’aumentare dell’età. Diminuendo del 25% l’efficacia di pompa del cuore, i sintomi più frequenti sono stanchezza, affanno e mancanza di forze.

Il punto di svolta nel trattamento di questa aritmia è stata l’introduzione alcuni anni fa dell’ablazione transcatetere, una procedura mini-invasiva che prevede l’introduzione appunto di un catetere attraverso l’arteria femorale fino al raggiungimento della vene polmonari, punto d’innesco dell’aritmia.

“L’obiettivo è l’isolamento elettrico dell’area cardiaca interessata”, spiega il dottor Giulio Molon, direttore della Cardiologia del “Sacro Cuore Don Calabria”. “Ad oggi le due forme di energia più utilizzate per l’ablazione transcatetere sono la radiofrequenza e la crioablazione. Entrambe determinano la necrosi del tessuto malato, la prima attraverso il calore della corrente elettrica emanata dall’elettrodo del catetere, la seconda tramite il freddo. L’elettroporazione segna un ulteriore salto di qualità in termini di efficacia e di sicurezza, con una percentuale di complicanze procedurali inferiori all’1%. Infatti l’innovativo sistema porta alla morte delle cellule cardiache non per insulto termico, ma per la fuoriuscita del contenuto cellulare attraverso nanopori causati sulla membrana cellulare dal campo elettrico pulsante – sottolinea il cardiologo –  La bassa soglia di energia con cui le cellule del miocardio raggiungono l’elettroporazione rispetto a quelle circostanti, abbassa il rischio di coinvolgimento dei tessuti sani adiacenti all’area interessata, a differenza di quanto accade, invece, nell’ablazione con radiofrequenza e della crioablazione”.

Inoltre la PFA richiede un catetere di dimensioni più ridotte rispetto al trattamento con il freddo quindi un accesso femorale più limitato, e, se confrontata con le precedenti ablazioni trascateterali, tempi procedurali minori che contribuiscono alla diminuzione del rischio di complicanze. Tuttavia anche l’elettroporazione richiede che l’intervento venga effettuato sotto anestesia e due giorni di ricovero ospedaliero.

“La possibilità di accedere ai sistemi per l’ablazione della fibrillazione atriale di ultima generazione, frutto di oltre 15 anni di meticolosa ricerca, ha un ruolo importante per medici e pazienti nella battaglia per sconfiggere la patologia. Per anni abbiamo trattato efficacemente i pazienti con i tradizionali sistemi di ablazione termica e con la crioablazione. Adesso siamo orgogliosi di poter continuare ad offrire ai nostri pazienti le soluzioni tecnologiche più avanzate e le opzioni terapeutiche più efficienti”, conclude il dott. Molon


Tutto ciò che dobbiamo sapere sulla febbre Dengue

Dengue, ovvero la febbre spaccaossa. In questi mesi si è parlato molto di questa infezione trasmessa dalle zanzare in relazione all’epidemia che ha colpito il Brasile. SI tratta di una patologia endemica delle zone tropicali e subtropicali di Africa, Sudest asiatico e Cina, India, Medioriente, America latina e centrale, Australia e diverse zone del Pacifico, ma che potrebbe diventarlo anche da noi a causa della presenza della zanzara tigre. Negli scorsi anni si sono verificati dei focolai autoctoni anche in Italia. Nel video il professor Federico Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali e associato all’Università di Brescia, risponde alle domande più frequenti riguardo alla Dengue


Steatosi epatica, ovvero fegato grasso. Cos’è e quali rischi comporta?

La steatosi epatica, il cosiddetto fegato grasso, è una patologia benigna molto diffusa che consiste appunto nell’accumulo eccessivo di grasso a livello epatico. Tuttavia, in determinate condizioni, la steatosi può causare complicanze ed evolvere in cirrosi epatica e tumore del fegato. Ma di cosa si tratta esattamente e come si fa a prevenirla o almeno a tenerla sotto controllo? Chi è maggiormente esposto? Esistono farmaci specifici?

A queste e altre domande ha risposto la dottoressa Sara Boninsegna, epatologa della Gastroenterologia al “Sacro Cuore”, nella trasmissione di Telearena Dica 33. Ecco il video…


25 anni fa don Giovanni Calabria veniva proclamato santo

Don Giovanni Calabria veniva proclamato santo il 18 aprile 1999, esattamente 25 anni fa. Durante la celebrazione in Piazza San Pietro, davanti a migliaia di persone, papa Giovanni Paolo II definì il fondatore dell’Opera “un vangelo vivente traboccante di carità”. Ecco il ricordo di quelle giornate e un video con alcune testimonianze di chi era presente.

Il 18 aprile 1999, esattamente 25 anni fa, don Giovanni Calabria veniva proclamato santo da papa Giovanni Paolo II durante una solenne celebrazione in Piazza San Pietro. Lo stesso papa che 11 anni prima, il 17 aprile 1988, lo aveva beatificato durante la storica visita alla diocesi di Verona con una memorabile tappa alla Cittadella della Carità di Negrar.

Quel giorno di 25 anni fa a Roma c’era una nutritissima rappresentanza della Famiglia Calabriana, e chi non era presente seguiva la celebrazione attraverso la tv e la radio. C’erano anche il vescovo mons. Flavio Roberto Carraro e l’allora sindaco di Verona Michela Sironi, oltre a tantissime persone che don Calabria lo avevano conosciuto. C’erano religiosi e religiose provenienti dall’Italia e dalle terre di missione. C’era naturalmente la signora Rita Faccioli, protagonista del miracolo che aveva portato alla canonizzazione, arrivata dall’Argentina. E poi Ex allievi, Volontari, Fratelli e Sorelle Esterni, giovani, collaboratori. Fu una grande festa, che al ricordo ancora commuove molti dei presenti (sulla rivista L’Amico di quel tempo è presente un’ampia cronaca: vedi link).

In questo passaggio dell’omelia pronunciata quel giorno da papa Giovanni Paolo II ritroviamo il cuore del carisma e della santità di san Giovanni Calabria:

«Questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni» (At 2, 32). «Noi tutti ne siamo testimoni»: chi parla è Pietro, a nome degli Apostoli. Nella sua voce riconosciamo quelle di innumerevoli altri discepoli, che nel corso dei secoli hanno fatto della loro vita una testimonianza del Signore morto e risorto. A questo coro si uniscono i santi oggi canonizzati. Si unisce don Giovanni Calabria, testimone esemplare della Risurrezione. In lui risplendono fede ardente, carità genuina, spirito di sacrificio, amore alla povertà, zelo per le anime, fedeltà alla Chiesa.

Nell’anno del Padre, che ci introduce nel Grande Giubileo del Duemila, siamo invitati a dare massimo risalto alla virtù della carità. L’esistenza di Giovanni Calabria è stata tutta un vangelo vivente, traboccante di carità: carità verso Dio e carità verso i fratelli, specialmente verso i più poveri. Sorgente del suo amore per il prossimo erano la fiducia illimitata ed il filiale abbandono che nutriva per il Padre celeste. Ai suoi collaboratori amava ripetere le parole evangeliche: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6, 33).

 

Per commemorare il 25° della canonizzazione presso il santuario San Giovanni Calabria (a San Zeno in Monte) ci sarà stasera (17 aprile) una S. Messa alle 19 dedicata a “San Giovanni Calabria: uomo della carità”. Domani (18 aprile), inoltre, ci sarà l’Adorazione dalle 8 alle 18,30 e la S. Messa delle 19 dedicata a “Don Calabria: faro di santità”.


Schistosomiasi: importante studio internazionale ideato e condotto dall'IRCCS di Negrar

Primo studio internazionale sulle definizioni degli aspetti clinici della schistosomiasi,  ideato e condotto all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar in collaborazione con l’Università degli Studi di Brescia.

Consensus definitions in imported human schistosomiasis: a GeoSentinel and TropNet Delphi study, questo il titolo dello studio – è stato pubblicato recentemente sulla rivista scientifica Lancet Infectious Diseases e ha coinvolto esperti internazionali appartenenti sia a Geosentinel (Network mondiale di centri di medicina dei viaggi) sia a TropNet (Network europeo di medicina tropicale).

La schistosomiasi è la malattia tropicale negletta, seconda causa di morte nel mondo dovuta da un parassita, dopo la malaria, e responsabile di circa 200.000 decessi all’anno, il 90% dei quali nell’Africa sub-sahariana

Le definizioni in medicina sono fondamentali. Per la descrizione clinica, il processo decisionale, la ricerca e le comunicazioni scientifiche che riguardano, per esempio, una determinata patologia. La mancanza di armonizzazione nella terminologia e nella definizione degli aspetti clinici genera incomprensioni e ostacola l’ulteriore sviluppo di raccomandazioni per il trattamento e per il follow-up. E’ il caso della schistosomiasi, la malattia tropicale negletta, seconda causa di morte nel mondo dovuta da un parassita, dopo la malaria, e responsabile di circa 200.000 decessi all’anno, il 90% dei quali nell’Africa sub-sahariana

Alla mancanza di un consenso sulle definizioni degli aspetti clinici della malattia ha posto fine uno studio internazionale – il primo sul tema –  ideato e condotto all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar in collaborazione con l’Università degli Studi di Brescia.

Consensus definitions in imported human schistosomiasis: a GeoSentinel and TropNet Delphi study, questo il titolo dello studio – è stato pubblicato recentemente sulla rivista scientifica Lancet Infectious Diseases e ha coinvolto esperti internazionali appartenenti sia a Geosentinel (Network mondiale di centri di medicina dei viaggi) sia a TropNet (Network europeo di medicina tropicale).

Lo studio ha utilizzato il metodo Delphi, cioè uno strumento di indagine che ha lo scopo di ottenere un parere condiviso da un gruppo di esperti, in questo caso sulla definizione aspetti clinici della schistosomiasi importata tra cui la forma acuta o cronica; la schistosomiasi possibile, probabile o confermata; la schistosomiasi attiva; la schistosomiasi complicata,

Prof. Federico Gobbi

“In un contesto di salute globale è importante che la schistosomiasi sia ben conosciuta e definita anche in area non  endemica poiché spesso viene diagnosticata tardivamente, soprattutto nei migranti”, afferma il professor Federico Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive/Tropicali e microbiologia dell’IRCCS di Negrar e associato di Malattie infettive dell’Università degli Studi di Brescia, “Con questo studio abbiamo cercato di raggiungere un consenso sulle definizioni cliniche della schistosomiasi come base di partenza per rendere meno negletta questa patologia. Tali definizioni potrebbero rappresentare un terreno condiviso per un consenso più ampio tra medici di altre discipline e potrebbero essere applicate anche in ambiente endemico, dopo aver considerato le condizioni specifiche e le applicazioni pratiche”.

CHE COS’E’ LA SCHISTOSOMIASI

La schistosomiasi è una del gruppo eterogeneo delle 21 malattie neglette individuate dall’OMS, tutte accumunate dal fatto di essere trascurate dalle ricerca e dalle agende degli Stati in quanto originarie e maggiormente diffuse nei Paesi a basso reddito.

La schistosomiasi è causata da un elminta, lo schistosoma, che può avere manifestazioni intestinali, epatiche e uro-genitali (tumore della vescica.) La trasmissione avviene tramite il contatto con acque dolci (fiumi o laghi) dove le larve (cercarie), rilasciate dai molluschi, penetrano la cute umana. Nell’uomo le cercarie si sviluppano in vermi adulti che, tramite il circolo sanguigno, raggiungono i plessi venosi mesenterici (dell’addome), vescicali o emorroidali.

La diagnosi viene effettuata con la ricerca delle uova del parassita nelle urine e nelle feci. Il farmaco più usato per la terapia è il praziquante.

E’ importante quando ci si reca in viaggio nelle zone endemiche evitare di bagnarsi in acque non sicure

 


Emergenza obesità: cresce il numero dei pazienti che si rivolgono alla chirurgia dell'IRCCS di Negrar

Nel 2023 sono state 138 le persone che si sono rivolte all’ospedale di Negrar per sottoporsi alla chirurgia di riduzione del peso, 45 in più rispetto al 2022. Da gennaio a marzo 2024 gli interventi sono stati già 46. Il 20% proviene da fuori regione e rilevante è anche la percentuale dei cosiddetti Re-Do Surgery (10%), cioè di coloro che si rivolgono a Negrar per un secondo intervento, a causa di complicazioni dovute alla prima procedura chirurgica effettuata in un altro ospedale o per fallimento nella perdita di peso.

L’obesità è una patologia in costante aumento. In base a un’analisi globale pubblicata dalla prestigiosa rivista scientifica Lancet, nel 2022 i bambini e gli adolescenti obesi nel mondo erano 159 milioni e 879 milioni gli adulti. In Italia 4 adulti su 10 sono in eccesso ponderale3 in sovrappeso e 1 obeso, numeri che crescono anno dopo anno. Si tratta di una vera e propria emergenza sanitaria, perché l’obesità è un grave fattore di rischio di importanti patologie come il diabete, le malattie cardiovascolari e anche i tumori.

Le regole d’oro per dimagrire restano l’alimentazione bilanciata e movimento fisico, ma quando i chili di troppo sono davvero tanti, la strada obbligata è spesso quella chirurgica e sempre più persone la percorrono. Lo confermano i dati della Chirurgia bariatrica dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria a cui è stata affidata l’organizzazione del convegno veneto della SICOB (Società italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle malattie metaboliche) che si è tenuto venerdì 5 aprile a Villa Quaranta Tommasi di Ospedaletto di Pescantina.

Nel 2023 sono state 138 le persone che si sono rivolte all’ospedale di Negrar per sottoporsi alla chirurgia di riduzione del peso, 45 in più rispetto al 2022. Da gennaio a marzo 2024 gli interventi sono stati già 46. Il 20% proviene da fuori regione e rilevante è anche la percentuale dei cosiddetti Re-Do Surgery (10%), cioè di coloro che si rivolgono a Negrar per un secondo intervento, a causa di complicazioni dovute alla prima procedura chirurgica effettuata in un altro ospedale o per fallimento nella perdita di peso.

Léquipe della Chirurgia bariatrica: da sinistra Maria Paola Brunori (gastroenterologa), Eleonora Geccherle (psicologa), Roberto Rossini (chirurgo), Alessandra Misso (dietista) e Irene Gentile (chirurgo)

Numeri anche grazie ai quali all’inizio dell’anno la Chirurgia bariatrica, che afferisce alla Chirurgia generale diretta dal dottor Giacomo Ruffo, ha ricevuto la certificazione Sicob di centro di eccellenza e poche settimane prima il riconoscimento di Centro formatore ERAS, il primo in Italia, unitamente alla chirurgia colo-rettale

Proprio il protocollo ERAS sarà il tema conduttore del convegno, durante il quale si sono avvicendati gli interventi dei maggiori specialisti italiani tra cui il presidente eletto della Sicob e tra gli autori delle linee guida nazionali sulla chirurgia bariatrica, il dottor Maurizio De Luca, e un ospite internazionale, il professor Didier Mutter da Strasburgo, rappresentante di una della maggiori scuole europee di chirurgia laparoscopica.

“Eras è una modalità di presa in carico del paziente chirurgico che ha come obiettivo il miglior recupero dopo l’intervento – spiega il dottor Roberto Rossini, responsabile della Chirurgia bariatrica di Negrar e organizzatore del convegno -. Grazie alla preparazione pre-intervento, all’adozione di specifiche tecniche chirurgiche e anestesiologiche, al controllo di nausea e dolore, che consentono la mobilità precoce del paziente già nelle ore successive alla sala operatoria, sono diminuite significativamente le complicanze post chirurgiche e i giorni di ricovero sono scesi da 4 a 1. La certificazione di centro formatore da parte della società scientifica internazionale Eras Society – prosegue – è il risultato di un lavoro complesso di più specialisti, non solo chirurghi, che ha portato ad un’adesione al protocollo superiore al 95%. Grazie al riconoscimento possiamo formare altri centri italiani per l’applicazione di Eras”.

“Sia la certificazione SICOB di centro di eccellenza sia quella di ERAS di Centro formatore sono basate sul rispetto di criteri condivisi dalla comunità scientifica internazionale e quindi sono prima di tutto un certificato di garanzia per i pazienti che si recano da noi”, sottolinea il chirurgo. Tra questi criteri anche l’adesione ad un Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) formalizzato, come quello Veneto, che prevede la presenza di un’équipe multidisciplinare formata, oltre che da chirurghi, anche da gastroenterologi, psicologi e dietisti.

“Con diverse tecniche di chirurgia mini-invasiva (laparoscopica e robotica) viene asportata buona parte dello stomaco, che assume la forma di un tubo collegato al duodeno. Il risultato è un maggior senso di sazietà, non solo per la riduzione dello spazio di contenimento del cibo, ma anche perché viene recisa quella parte dello stomaco che produce la grelina, il cosiddetto ormone della fame – spiega ancora Rossini -. Tuttavia l’intervento fine a se stesso, rischia di fallire, se non è accompagnato da un percorso di vero cambiamento di stili di vita. Per questo è importante l’apporto di diversi specialisti sia prima della chirurgia sia durante il follow up. Il 70% dei nostri pazienti effettuano nel primo anno tutti i controlli periodici contro il 50% stabilito dalla Sicob. Poi nel tempo la percentuale si abbassa fisiologicamente sebbene rimanga soddisfacente”,

 

 


Cambio dell'ora, un piccolo trauma per il nostro sonno

Il passaggio dall’ora solare all’ora legale, avvenuto domenica, è atteso da molti perchè permette di avere un’ora in più di luce alla sera, allungando di fatto le giornate e consentendo tra l’altro un risparmio sulla bolletta elettrica. Ma questo cambiamento crea anche uno sfasamento tra l’orologio biologico che ognuno ha al proprio interno e l’orologio ambientale legato alla luce. Uno sfasamento che talvolta può creare problemi a dormire, specialmente nei bambini e negli anziani.

Nel video il dottor Gianluca Rossato, responsabile del Centro di Medicina del Sonno, in collegamento da Negrar descrive a Rainews 24 il modo in cui il cambio dell’ora influisce sul sonno.


L'augurio del Casante: "In questa Pasqua facciamoci pane spezzato per coloro che soffrono"

In questa Pasqua 2024, il Casante don Massimiliano Parrella invita tutta la Famiglia Calabriana a farsi pane spezzato per gli altri. Pochi giorni dopo essere tornato dalla Guinea Bissau, dove l’Opera Don Calabria ha aperto una nuova missione in un contesto di grande povertà in cui nemmeno la disponibilità del cibo è scontata, il Casante pone dunque il pane al centro del suo messaggio.

Vi faccio un invito – dice don Parrella nel suo video-messaggio – il giorno di Pasqua, sulle vostre tavole, mettete un pane e poi spezzatelo e in quello spezzare il pane non ci sarà solo la condivisione del cibo, ma ci sarà anche la condivisione di una fede, la condivisione della vita, la condivisione di un cammino, la condivisione di un’amicizia. Per essere pane per coloro che pane non hanno, per essere pane per coloro che soffrono, per essere pane per coloro che sono soli, per essere pane per coloro che vivono la croce ogni giorno“.