E’ stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet Infectious Diseases il report sul primo paziente affetto da schistosomiasi epatosplenica, cioè con gravi complicanze alla milza e al fegato, seguito presso IRCCS Sacro Cuore Don Calabria e trattato, in collaborazione con l’Università di Verona, con una procedura di radiologia interventistica (TIPS- Shunt Portosistemico Intraepatico Transgiugulare) e successiva asportazione della milza. La pubblicazione comprende anche la revisione della letteratura dei casi di schistosomiasi epatosplenica trattati con TIPS, contribuendo così ad ampliare la conoscenza su questa patologia tropicale e la sua gestione clinica mediante questa tecnica innovativa, che potrebbe essere eseguita anche nei casi precoci.
E’ stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet Infectious Diseases il report (“Transjugular intrahepatic portosystemic shunt followed by splenectomy for complicated hepatosplenic schistosomiasis: a case report and review of the literature”) sul primo paziente affetto da schistosomiasi epatosplenica, cioè con gravi complicanze alla milza e al fegato, seguito presso IRCCS Sacro Cuore Don Calabria e trattato, in collaborazione con l’Università di Verona, con una procedura di radiologia interventistica (TIPS- Shunt Portosistemico Intraepatico Transgiugulare) e successiva asportazione della milza. La pubblicazione comprende anche la revisione della letteratura dei casi di schistosomiasi epatosplenica trattati con TIPS, contribuendo così ad ampliare la conoscenza su questa patologia tropicale e la sua gestione clinica mediante questa tecnica innovativa, che potrebbe essere eseguita anche nei casi precoci.
CHE COS’E’ LA SCHISTOSOMIASI
La schistosomiasi è una delle 21 malattie tropicali neglette identificate dell’OMS e si stima che nel mondo ne siano affette 230 persone, anche se potrebbero essere ben 440 milioni i soggetti con una patologia provocata dall’infezione corrente o da un danno permanente agli organi dovuto a un’infezione pregressa. Dopo la malaria è la malattia tropicale negletta più diffusa al mondo ed è endemica in tutta la fascia tropicale, soprattutto in Africa sub-Sahariana, in America Latina e nell’Asia Orientale. Anche in Europa, in particolare in Corsica (Francia) e Almeria (Spagna), si sono verificati recentemente focolai di trasmissione autoctona originati da casi di importazione.
La schistosomiasi è causata da varie specie del parassita Schistosoma, un elminta – comunemente detto verme – e può avere manifestazioni intestinali, epatiche e uro-genitali anche molto gravi, tra cui lo sviluppo di tumore della vescica.
La trasmissione avviene tramite il contatto con acque dolci in aree endemiche in cui avvengono abitualmente minzione o defecazione umana (e quindi anche di individui con l’infezione attiva) nell’ambiente. Con le feci e nelle urine, infatti, vengono eliminate anche le uova del parassita, che schiudono in acqua. L’uomo si infetta quando in laghi o fiumi co-abitano delle chiocciole che permettono lo sviluppo delle larve microscopiche del parassita fino allo stadio infettante, dette “cercarie”, che possono penetrare la cute umana integra. Per questo è importante, quando si compie un viaggio nelle zone endemiche, evitare di bagnarsi in fiumi o laghi. Nell’uomo le cercarie si sviluppano in parassiti adulti che, vivono nei plessi venosi mesenterici (attorno all’intestino) e pelvici (attorno alla vescica).
Nella maggior parte dei soggetti l’infestazione è asintomatica ma dopo mesi od anche anni possono comparire i sintomi diversi a seconda degli organi interni interessati all’accumolo delle uova. Quindi dai dolori addominali alla diarrea (anche con presenza di sangue nelle feci), fino all’occlusione intestinale, se ad essere colpito è l’intestino
La presenza delle uova negli organi uro-genital, invece, può portare a cistiti, ma anche ad altre alterazioni come cervicite e salpingite nella donna e prostatite nell’uomo, che nelle forme più severe possono portare fino all’infertilità.
La diagnosi viene effettuata con la ricerca delle uova del parassita nelle urine e nelle feci
Per la schistosomiasi non esiste vaccino, ma solo un farmaco il pranziquantel (non ancora registrato in Italia per uso umano), che deve essere assunto per 1-3 giorni, il prima possibile dopo la diagnosi per evitare gravi complicanze.
LA SCHISTOSOMIASI EPATOSPLENICA
La schistosomiasi epatosplenica è una condizione clinica complessa causata dalle complicanze della schistosomiasi intestinale. Essa deriva dalla reazione fibrotica che si viene a creare attorno alle uova del parassita, trasportate dalla circolazione della vena porta che dall’intestino va al fegato. Tale fibrosi provoca un’ipertensione della stessa vena portale. Proprio l’aumento della pressione portale, con conseguente formazione di varici (rigonfiamento) venose è la causa della complicanza più grave, cioè il sanguinamento delle varici venose dell’esofago, similmente a quanto avviene nella cirrosi epatica. La funzionalità del fegato però è generalmente preservata; si può verificare anche un calo del numero di globuli bianchi e di piastrine.
“Per la gestione del paziente con schistosomiasi epatosplenica non è ancora disponibile un protocollo standard condiviso a livello internazionale che possa guidare la decisione clinica del medico”, sottolinea il professor Federico Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar e uno degli autori dello studio. “Dal nostro lavoro di revisione della letteratura è emerso che nessuno degli interventi che sono effettuati solitamente per la schistosomiasi epatosplenica complicata (shunt portosistemici selettivi oppure la devascolarizzazione esofagogastrica con splenectomia) si dimostra più efficace dell’altro, mentre il trattamento con farmaci β-bloccanti è solo di supporto”.
La TIPS
L’intervento di Shunt Porto-sistemico Intraepatico Transgiugulare (acronimo inglese TISP), utilizzato da molto tempo nella cirrosi epatica, è segnalato in letteratura solo in pochi pazienti con schistosomiasi epatosplenica. Si tratta di una procedura mini-invasiva di radiologia interventistica che ha l’obiettivo di ridurre l’ipertensione della vena porta mettendo in comunicazione il sistema portale e il sistema venoso generale attraverso l’inserimento di uno stent introdotto attraverso una vena periferica. L’intervento viene eseguito sotto guida radiologica con il paziente in sedazione profonda. In sostanza, è come se si costruisse un “tunnel” nel tessuto epatico, creando in questo modo un canale che aggira il punto di ostruzione e permettere al sangue di defluire per una via alternativa.
“I pochi casi descritti in letteratura di trattamento della schistosomiasi epatosplenica con TIPS rilevano un miglioramento per quanto riguarda l’ipertensione portale e la regressione delle varici esofagee con conseguente riduzione del rischio di sanguinamento, come è accaduto per la paziente di 33 anni originaria dell’Angola, il cui caso è oggetto dello studio pubblicato. Tuttavia – precisa l’infettivologa Francesca Tamarozzi, prima firmataria dello studio – questa paziente è stata sottoposta anche all’asportazione della milza a causa della persistente splenomegalia grave (milza aumentata di volume ndr) e della carenza di piastrine. I benefici riscontrati con la TIPS comunque incentivano la valutazione della possibile applicazione di questo trattamento anche in pazienti con schistosomiasi epatosplenica precoce, prima della comparsa delle varici e quindi del sanguinamento. Infatti in letteratura è stata segnalata l’associazione tra sanguinamento da varici e aumento del rischio di scompenso epatico, che è a sua volta associato a un aumento della mortalità”