Una mostra itinerante porta don Calabria in tutto il mondo

Nei giorni scorsi è partita da San Zeno in Monte la mostra itinerante che porterà alcuni oggetti appartenuti a san Giovanni Calabria in tutti i territori dove sono presenti le case e le attività dell’Opera. La mostra arriverà anche alla Cittadella della Carità nel prossimo settembre, dopo essere stata in tutti e cinque i continenti

Si intitola “Terra&Sangue” la mostra itinerante che attraverserà tutte le missioni dell’Opera Don Calabria in occasione del 150° anniversario della nascita del Fondatore. La terra è quella di San Zeno in Monte, che il santo definiva “terra santa e benedetta”, mentre il sangue è quello di don Calabria, che viene esposto in una fiala all’interno di un reliquiario a forma di faro realizzato dall’artista veronese Albano Poli, Ex allievo dell’Opera.

Oltre a questi due elementi la mostra porterà in giro per il mondo alcuni oggetti appartenuti a don Calabria,scelti perchè rappresentano alcuni aspetti della sua spiritualità e del suo Carisma. Si tratta di scarpe, occhiali, orologio, portafogli, lettera autografa e stola. La mostra è partita ufficialmente lo scorso 8 febbraio da San Zeno in Monte, quando il Casante don Massimiliano Parrella ha consegnato al Delegato per l’Europa don Valdecir Tressoldi le due valigie e lo zainetto che contengono tutti gli oggetti e il materiale necessario per l’allestimento.

Nei giorni scorsi la mostra è già stata montata nelle comunità di Roma, Napoli, Lamezia Terme, Palermo e Ferrara. Le prossime tappe saranno la Romania e il Portogallo, dopodichè ci sarà il trasferimento in Kenya e Angola. Nel mese di settembre, dopo aver toccato tutti i continenti, la mostra tornerà a Verona e sarà anche a Negrar nei giorni che porteranno alla celebrazione del 150° anniversario della nascita che cade il prossimo 8 ottobre, in occasione della festa liturgica di don Calabria.

Maggiori informazioni sulla mostra e sul suo percorso si possono trovare sul sito dell’Opera a questo link: https://www.doncalabria.it/news/mostra-itinerante–499/


Gli anticorpi monoclonali che hanno cambiato la vita ai pazienti con emicrania cronica

Da circa un anno la Neurologia dell’IRCCS di Negrar è Centro regionale autorizzato alla prescrizione dei nuovi farmaci per il trattamento dell’emicrania cronica, basato su  anticorpi monoclonali. Farmaci biotecnologici che stanno cambiando radicalmente la qualità di vita dei pazienti. Aperto anche un ambulatorio dedicato all’innovativa terapia

Anna (il nome è di fantasia) era praticamente un ostaggio, prigioniera di un’emicrania insopportabile che la costringeva a perdere molti giorni di lavoro al mese e a dire no a quasi tutte le occasioni ludico-sportive. Tre mesi fa si è sottoposta a una visita presso all’Ambulatorio anticorpi monoclonali della Neurologia dell’IRCCS di Negrar, che da circa un anno è Centro regionale autorizzato alla prescrizione dei nuovi farmaci per il trattamento dell’emicrania cronica. Da quel giorno la sua vita è cambiata radicalmente: in tre mesi le giornate lavorative perse sono scese a 5 e ha potuto godersi tutte le occasioni di svago. Questo grazie all’innovativo trattamento dell’emicrania cronica, basato su farmaci biotecnologi. Si tratta di anticorpi monoclonali (erenumab, fremanezumab e galcanezumab) anti CGRP (Calcitonin Gene Related Peptide), un peptide che recenti studi hanno dimostrato essere implicato nel meccanismo patogenetico dell’emicrania.

Dr. Fabio Marchioretto

Sono farmaci estremamente efficaci e sicuri che agiscono in maniera preventiva, con un’iniezione mensile sottocute”, sottolinea il dottor Fabio Marchioretto, direttore della Neurologia. “Per la complessità e l’alto costo della terapia, non tutti i pazienti sono eleggibili al trattamento gratuito, ma solo coloro che, secondo le indicazioni dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), rispondono a un determinato profilo: soggetti che abbiano avuto almeno 8 giorni di emicrania invalidante al mese negli ultimi tre mesi e che abbiano testato senza successo almeno tre terapie di profilassi dell’emicrania di prima linea, cioè famaci come per esempio l’Amitriptilina, il Topiramato e il Propanololo

Il profilo del paziente viene inserito in un registro AIFA, completato da un questionario, che ha lo scopo di determinare quanto l’emicrania impatti in maniera invalidante sulla vita della persone. Una volta ottenuta l’eleggibilità il farmaco può essere ritirato presso la Farmacia del Centro prescrittore e somministrato a domicilio, grazie a una penna siringa preriempita.

L’ambulatorio anticorpi monoclonali, a cui si accede con impegnativa medica, segue attualmente circa 60 pazienti, che incontriamo soprattutto in occasione dei controlli periodici a tre, sei e dodici mesi, durante i quali viene ripetuto anche il questionario – prosegue il dottor Marchioretto -. Finora abbiamo registrato solo ottimi risultati relativamente alla qualità di vita dei pazienti e nessun effetto avverso rilevante, in linea con gli studi condotti a livello internazionale”.

L’inserimento della Neurologia di Negrar tra i Centri regionali accreditati alla prescrizione (l’unico in Veneto di un ospedale privato) dell’innovativa terapia è un rilevante riconoscimento “dell’attività che abbiamo condotto negli ultimi 20 anni nell’ambito della cura dell’emicrania non solo sul territorio veronese – sottolinea il neurologo -. Oltre ai tanti pazienti che seguiamo ambulatorialmente, in media all’anno registriamo tra gli 80-90 ricoveri da altre regioni italiane per il trattamento di disassuefazione da abuso di farmaci per il controllo del dolore emicranico”.

Il Centro cefalee di Negrar è stato anche recentemente iscritto dalla Fondazione Onda- Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere tra i Centri italiani che offrono percorsi e servizi dedicati alla gestione dell’emicrania nelle diverse fasi della vita della donna.


Università di Verona e IRCCS di Negrar, si rafforza l’intesa: apertura per nuovi corsi di laurea oltre a quello in Farmacia

Si è insediato il Comitato Paritetico di Indirizzo Università di Verona-IRCCS di Negrar. Per Farmacia si attende la data del test d’ingresso: 60 posti disponibili già dal prossimo anno accademico. La sede all’inizio sarà a Verona, per trasferirsi nel 2024 in una nuova palazzina all’interno della “Cittadella della Carità” dell’Opera Don Calabria Il rettore Nocini e l’Ad Piccinini: “Ci sono tutti i presupposti per ampliare i nostri ambiti di collaborazione, perché abbiamo un’esigenza comune: formare operatori sanitari che garantiscano le migliori cure al paziente”

Da sinistra il Magnifico Rettore dell’Università di Verona, prof. Pierfrancesco Nocini, e l’Amministratore Delegato dell’IRCCS di Negrar, dottor Mario Piccinini

Apertura e condivisione con uno sguardo proteso verso il futuro, oltre l’intesa storica che porterà a Verona, già dal prossimo anno accademico, un innovativo Corso di laurea in Farmacia con sede nella Cittadella della Carità di Negrar. Può essere riassunto così il clima con cui il 14 febbraio si è insediato il Comitato Paritetico di Indirizzo istituito dall’Università di Verona e dall’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria che avrà il compito di monitorare le attività previste dall’accordo quadro firmato lo scorso 13 dicembre.

Il Comitato, che si è riunito per la prima volta al Sacro Cuore, è composto per l’Università dal Magnifico Rettore, Pierfrancesco Nocini, dal Direttore Generale, Federico Gallo, dal Presidente Scuola di Medicina e Chirurgia, Giuseppe Lippi, dal Direttore Scuola di Dottorato, Alfredo Guglielmi. Per l’IRCCS di Negrar i componenti sono invece il Presidente, fratel Gedovar Nazzari, l’Amministratore Delegato, Mario Piccinini, il Direttore Sanitario, Fabrizio Nicolis, e il Direttore Amministrativo, Claudio Cracco. Erano presenti inoltre il delegato alla Didattica e allo Sport, Federico Schena, il Referente Scuole di Specializzazione Area Sanitaria, Giovanni De Manzoni, il Presidente Corso di Laurea Medicina e Chirurgia, Cristiano Chiamulera, il Referente del Rettore per i Rapporti con Ospedale Sacro Cuore Don Calabria per la creazione del corso di laurea in Farmacia, Giovanni Pizzolo, e il vicedirettore sanitario dell’IRCCS di Negrar Davide Brunelli.

Ormai mancano ancora pochi passaggi istituzionali e poi sarà ufficiale la possibilità di accesso per 60 matricole al Corso di laurea in Farmacia, attraverso il nuovo test d’ingresso (Tolc), la cui data sarà fissata a breve. Si tratta di un percorso di studi innovativo, aderente ai requisiti della riforma dei corsi di laurea in Farmacia dettati dal decreto ministeriale 1147 del 2022, e ha l’obiettivo di creare farmacisti preparati a rispondere alle nuove esigenze del Servizio Sanitario Nazionale e dei cittadini. Quindi farmacisti del territorio in grado a fornire servizi in collaborazione con le ULSS e gli ospedali. Ma anche farmacisti ospedalieri esperti nell’ambito clinico e “professionisti del farmaco” impegnati nella ricerca di nuovi prodotti sempre più avanzati. Nel piano di studi sono presenti corsi curriculari inediti come quello sui radiofarmaci, grazie alla sinergia con l’Officina Radiofarmaceutica dell’IRCCS di Negrar. Inoltre il titolo magistrale abilita all’esercizio della professione, in quanto l’esame di Stato è integrato nella laurea.

Nel prossimo anno accademico la sede sarà a Verona, ma a partire da ottobre 2024 le lezioni si terranno a Negrar in una nuova palazzina ubicata all’interno della Cittadella della Carità, dove si trova anche l’ospedale. La struttura sarà dotata di aule didattiche idonee, laboratori, spazi per i docenti, per il personale tecnico-amministrativo, e per gli studenti. I lavori inizieranno il prossimo maggio, quando sarà anche firmato l’accordo attuativo per il finanziamento da parte dell’IRCCS di Negrar di 8 posti di professore e ricercatore, che si aggiungeranno agli altri 7 messi a disposizione dall’Ateneo.

Sempre sul piano della didattica la storica intesa tra l’Università e l’IRCCS di Negrar punta anche a sviluppare la rete formativa delle scuole di specializzazione di area sanitaria, contribuendo al numero dei medici specialisti da mettere a disposizione del SSN. A tal proposito il Sacro Cuore finanzierà 10 contratti per altrettanti medici specializzandi che effettueranno la loro formazione presso l’ospedale. A questi si aggiungono 4 borse di dottorato di ricerca nella macroarea Scienze della Vita e della Salute, con progetti condivisi.

“Questo è solo l’inizio di un percorso che proseguirà negli anni, oltre all’accordo che abbiamo sottoscritto e oltre a coloro che lo hanno voluto”, ha detto il Rettore Nocini. “Credo che vi siano ampie possibilità di allargare questa collaborazione. Penso, per esempio, a un corso di laurea in Audiologia e protesi foniatriche: i tecnici in questo campo sono “rari” e le persone sono costrette a percorrere chilometri per curarsi…”.

“Ci sono tutti i presupposti per ampliare i nostri ambiti di collaborazione, anche dal punto di vista delle strutture perché la palazzina che andremo a costruire (il progetto è già pronto) avrà spazi che consentiranno di ospitare altri corsi oltre a quello in Farmacia”, ha sottolineato l’Ad Piccinini. “Dobbiamo solo coniugare le reciproche esigenze. L’esigenza primaria dell’Università è la formazione degli operatori sanitari. Ma è anche la nostra, perché anche noi vogliamo medici, infermieri, biologi, tecnici che garantiscano ai pazienti le migliori cure possibili. E vorremmo allargare questa opportunità anche agli studenti che provengono da Paesi in via di sviluppo, dove l’Opera Don Calabria è presente, affinché una volta formati possono, tornado in patria, essere una risorsa per quelle popolazioni”.


Il distacco del vitreo non deve preoccupare, ma occhio ai lampi di luce

Filamenti, capelli, mosche volanti. Inutile tentare di scacciarli con la mano: sono i sintomi del distacco del vitreo dell’occhio. Nella maggior parte dei casi non comporta consenguenze patologiche, ma può accadere che il distacco comporti un interessamento della retina. A mettere in allarme sono i lampi di luce, ripetuti più volte durante il giorno

Dr. Maurizio Mete

Capita all’improvviso. Il campo visivo viene disturbato da mosche volanti, ragnatele, capelli e filamenti. Il primo istinto è quello di allontanarli con un gesto della mano. Tutto inutile, perché non sono tali, ma effetti visivi del distacco di vitreo dell’occhio, un evento che vede il suo picco di incidenza dai 45 ai 65 anni, nonostante possa esordire più precocemente in pazienti miopi o in conseguenza a un trauma oculare.  Nella maggior parte dei casi si tratta di una condizione che non comporta conseguenze patologiche. Qualche volta, però, possono generarsi complicanze a livello retinico, come la lacerazione o il distacco della retina stessa. “Per questo è bene che alla comparsa dei corpi mobili, e soprattutto, di lampi di luce si ricorra, nell’arco di pochi giorni, a una visita oculistica. Visita che deve essere ripetuta circa un mese dopo, salvo l’emergere di nuovi sintomi, per escludere un coinvolgimento della retina da parte del distacco del vitreo”, sottolinea il dottor Maurizio Mete, medico oftalmologo dell’IRCCS di Negrar.

Dottor Mete, a cosa è dovuto il distacco del vitreo?

Il distacco è un evento parafisiologico, dovuto a un’alterazione biochimica che determina la separazione della componente più liquida del vitreo da quella più densa, fibrillare, generando degli addensamenti che il paziente percepisce come mosche volanti, ragnatele, capelli, le cosiddette miodesopsie. In casi più rari il distacco avviene, invece, in seguito a un trauma oculare.

Ci sono conseguenze per la qualità della visione?

Nella gran parte dei casi, le conseguenze sono poco significative. Le miodesopsie tendono lentamente a ridursi, anche se non regrediscono del tutto, perché il distacco del vitreo è un fenomeno irreversibile. E’ consigliabile, dopo una prima visita in seguito alla comparsa dei primi sintomi, effettuare un controllo a distanza di circa un mese, tempo durante il quale, completandosi il distacco del vitreo, si possono ancora verificare complicanze a livello retinico: in particolari lacerazioni della retina o addirittura il distacco della stessa. Sia all’esordio del distacco del vitreo che durante le settimane successive, il sintomo che deve destare più preoccupazione è la visione di lampi di luce (fosfeni), che possono essere indice di trazione del vitreo sulla retina, fenomeno che aumenta considerevolmente la probabilità di complicanze retiniche. Più raramente, il distacco di vitreo può associarsi ad un sanguinamento in camera vitrea: in questo caso, si parla di distacco di vitreo emorragico e il paziente avverte un brusco calo visivo. Particolare attenzione dovrà essere posta nell’escludere la presenza di rotture retiniche, eventualmente con l’aiuto dell’ecografia. Spesso, però, il quadro si risolve con un graduale riassorbimento del sangue.

Cosa è dovuta questa complicanza?

Il vitreo – che è normalmente trasparente ed ha una consistenza gelatinosa – si trova all’interno della camera vitrea dell’occhio ed è in rapporto con la faccia posteriore del cristallino e con la retina, con la quale stabilisce dei punti di forte adesione. Il distacco del vitreo si realizza quando la sua parte esterna (corticale del vitreo) si separa dalla parte più esterna della retina (la membrana limitante interna). Può accadere che nel distacco, alcuni punti del vitreo rimangano più adesi alla retina, creando una trazione che comporta la rottura della retina stessa. L’evento si manifesta, di solito, con la visione di lampi o scintille di luce ripetuti più volte nel corso del giorno. In questi casi è importante recarsi il prima possibile in un centro oculistico, perché la rottura retinica deve essere trattata nell’arco di breve tempo con il laser prima che la componente liquida del vitreo, generata a seguito dell’alterazione biochimica, passi attraverso la lacerazione e provochi un distacco di retina, trattabile solo chirurgicamente.

Quali sono i sintomi del distacco di retina?

L’oscuramento di una parte del campo visivo, che quando compare necessita un ricorso di urgenza al Pronto Soccorso.

Si può prevenire?

Nel mese di “osservazione” dalla diagnosi di distacco del vitreo, per abbassare il rischio di rottura o distacco della retina, si raccomanda di assumere liquidi in abbondanza, soprattutto se fa molto caldo, in quanto la disidratazione può essere una concausa del distacco. La scorsa estate, che ha registrato temperature molto alte, dal punto di vista epidemiologico abbiamo osservato un aumento di casi di distacco del vitreo e anche della retina. Inoltre per non incorrere in rischi è bene astenersi da sport traumatici, scossoni violenti del capo e sforzi fisici eccessivi. Invece non è necessario assumere farmaci: gli integratori in commercio per il vitreo non sono particolarmente efficaci. Parlando ancora di prevenzione esiste poi una fetta di pazienti miopi, anche di grado limitato (7-8% della popolazione generale) che presentano zone periferiche della retina più sottili, quindi più fragili, alle quali il vitreo è attaccato con più forza. Sono zone che per questa configurazione possono generare più facilmente delle rotture retiniche (per questo vengono definite lesioni regmatogene). E’ importante che l’oculista le riconosca e valuti se effettuare un trattamento laser per ridurre la probabilità che si possa generare un rottura di retina.

Ci sono particolari controlli che deve effettuare chi ha subito un distacco di vitreo?

No, se non una visita oculistica a cadenza annuale, con l’esame del fondo dell’occhio. Frequentemente il distacco del vitreo non si limita ad un solo occhio, ma, a distanza di tempo, coinvolge anche l’altro.

Si verificano casi in cui la visione di filamenti o di mosche non si attenuta e quindi diventa invalidante?

Il paziente generalmente è in grado di convivere con la sintomatologia. Solo in casi estremamente selezionati può essere indicato un intervento di vitrectomia (taglio ed asportazione del vitreo, ndr), che deve essere attentamente valutato alla luce del rapporto rischi-benefici. Nonostante le sue potenziali complicanze, infatti, solo la vitrectomia consente di risolvere efficacemente i sintomi da distacco di vitreo, nei rari casi realmente invalidanti.


Giornata Mondiale del Malato: dalla compassione alla cura organizzata

“Abbi cura di lui. La compassione come esercizio sinodale di guarigione”. Con questo titolo si celebra sabato 11 febbraio la XXXI Giornata Mondiale del Malato, un’occasione per rinnovare la vicinanza del nostro ospedale a tutti coloro che soffrono e ai loro cari. Molte le iniziative in programma presso la Cittadella della Carità per questa Giornata speciale.

“Coraggio, miei cari, e avanti con serena fiducia nel Signore e nella Madonna benedetta. Tenetevi uniti a Dio con la santa pazienza; usate i mezzi umani della scienza medica; pregate Iddio che li benedica e renda efficaci. […] Io vi sono vicino con la mente e con il cuore; nella Santa Messa vi ricordo al Signore con tutte le vostre necessità e intenzioni. Del resto, come potrei dimenticare voi che mi ricordate il caro Ospedale dove più di 50 anni fa ho fatto tre anni di servizio militare, e dove ho visto tanti baldi giovani santificare le loro pene con pazienza che talvolta raggiungeva l’eroismo?”

(San Giovanni Calabria, Lettera agli ammalati dell’Ospedale Militare di Verona, 1951)

 

Con le toccanti parole dedicate agli ammalati dal santo fondatore del nostro ospedale, celebriamo oggi sabato 11 febbraio, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, la XXXI Giornata mondiale del malato con il tema: “Abbi cura di lui. La compassione come esercizio sinodale di guarigione”.

Sottolinea Papa Francesco nel suo messaggio. “La Giornata mondiale del malato non invita soltanto alla preghiera e alla prossimità verso i sofferenti; essa, nello stesso tempo, mira a sensibilizzare il popolo di Dio, le istituzioni sanitarie e la società civile a un nuovo modo di avanzare insieme…  La conclusione della parabola del Buon Samaritano, infatti, ci suggerisce come l’esercizio della fraternità, iniziato da un incontro a tu per tu, si possa allargare a una cura organizzata. La locanda, l’albergatore, il denaro, la promessa di tenersi informati a vicenda (cfr Lc 10,34-35): tutto questo fa pensare al ministero di sacerdoti, al lavoro di operatori sanitari e sociali, all’impegno di familiari e volontari grazie ai quali ogni giorno, in ogni parte del mondo, il bene si oppone al male”. (vedi messaggio completo)

Anche noi, in questa Giornata, vogliamo essere vicini ai malati ospitati nella Cittadella della Carità pregando per loro e con la presenza dei Sacerdoti e delle Sorelle nei reparti. Di seguito riportiamo il programma delle celebrazioni eucaristiche. A chi lo desidera – operatori e malati –  sarà amministrato il Sacramento dell’Unzione degli Infermi.

Programma

Cappella di Casa Perez: celebrazione della Messa alle ore 9.30

Cappella del Sacro Cuore: celebrazione della Messa alle ore 9. Il Cappellano e le Sorelle visiteranno i malati nei diversi reparti.

Cappella del Don Calabria: celebrazione della Messa alle ore 16. Il Cappellano e la Sorella visiteranno i malati nei diversi reparti.

Cappella della Casa Clero: celebrazione della Messa alle ore 16.

Casa Nogarè: il Cappellano e la Sorella visiteranno gli ospiti e somministreranno l’Unzione degli Infermi a chi lo desidera. La Messa sarà celebrata domenica 12 febbraio alle ore 10

          

 


Cambiano gli orari di Ostetricia: il papà può stare in reparto tutto il giorno

Con la fine dell’emergenza Covid, anche l’Ostetricia di Negrar amplia gli orari d’ingresso/permanenza dei neopapà o della persona scelta dalla puerpera per l’assistenza. Una sola persona può entrare o restare accanto alle neomamma dalle 10 alle 21, tutti i giorni.

 

Con la fine dell’emergenza Covid, anche l’Ostetricia di Negrar amplia gli orari d’ingresso/permanenza dei neopapà o della persona scelta dalla puerpera per l’assistenza. Una sola persona può entrare o restare accanto alle neomamma dalle 10 alle 21, tutti i giorni.
Alla persona deputata all’assistenza viene effettuato il tampone Covid19 al momento del ricovero della partoriente, che potrà essere ripetuto secondo le disposizioni della direzione sanitaria. Inoltre è richiesto il rispetto delle regole anti-Covid19 (mascherina e igiene delle mani). Il papà o un’altra persona può rimanere durante il travaglio-parto e poi nelle successive prime due ore dopo la nascita. In seguito dovrà essere rispettato l’orario indicato.
Sempre grazie alla fine dell’emergenza, sono ripresi anche:
  • Incontro informativo su “allattamento ed organizzazione del Punto Nascita”
  • Incontro con l’anestesista
  • Incontro con il pediatra

Per ulteriori informazioni: clicca qui

          

 


Giornata mondiale contro il cancro: il diritto di tutti ad avere le migliori cure

Il 4 febbraio è la Giornata mondiale contro il cancro, che quest’anno ha adottato lo slogan “Close the care gap”, colmiamo il divario di cura. Sono 10 milioni nel mondo le persone che muoiono ogni anno per neoplasie maligne. Decessi che in più della metà dei casi (65%) si verificano nelle parti meno sviluppate del mondo. Tuttavia anche nei Paesi a più alto reddito esistono ancora delle diseguaglianze tra le comunità meno abbienti, indigene, immigrate e rurali. Nella stessa Italia ci si ammala di più al Nord ma la prognosi è peggiore al Sud

 

“Close the care gap”, colmiamo il divario di cura, è slogan scelto per la Giornata mondiale contro il cancro, nata il 4 febbraio del 2000 al Vertice mondiale contro il Cancro per il Nuovo Millennio che si è tenuto a Parigi. Da allora l’Unione per il controllo internazionale del cancro (UICC), la più grande organizzazione mondiale contro le patologie tumorali, opera per ridurre il peso in termini di vite umane e di spesa sanitaria del cancro a livello globale, per promuovere una maggiore equità nelle cure e per garantire che il controllo del cancro continui ad essere una priorità nell’agenda mondiale per la salute e lo sviluppo.

Sono 10 milioni nel mondo le persone che muoiono ogni anno per neoplasie maligne, più che per l’HIV/AIDS, per la malaria e per la tubercolosi messi insieme. Si prevede che nel 2030 le morti saliranno a 13 milioni.

Decessi che in più della metà dei casi (65%) si verificano nelle parti meno sviluppate del mondo. Tuttavia anche nei Paesi a più alto reddito esistono ancora delle diseguaglianze tra le comunità meno abbienti, indigene, immigrate e rurali. Nella stessa Italia ci si ammala di più al Nord ma la prognosi è peggiore al Sud. Da qui la necessità di colmare il divario di cura, come recita lo slogan della 23esima Giornata Mondiale contro il cancro. Un accesso equo alla prevenzione, alla diagnosi, al trattamento e alle terapie può salvare tante vite umane, perché più di un terzo dei casi di cancro può essere prevenuto; un altro terzo può essere curato se individuato precocemente e trattato adeguatamente. Servono quindi maggiori investimenti in ricerca e in assistenza, ma anche una maggiore diffusione della cultura della prevenzione che passa dagli stili di vita e dall’adesione agli screening (in Italia per il tumore della mammella, per il cancro alla cervice e per il cancro del colon-retto).

La situazione in Italia

Secondo “I numeri del cancro in Italia 2022” – il censimento redatto dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dall’Associazione Italiana Registri Tumori AIRTUM, dalla Fondazione AIOM, dall’Osservatorio Nazionale Screening (ONS), da Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia (PASSI), da PASSI d’Argento e dalla Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica (SIAPeC-IAP) – nel 2022, in Italia, sono state stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro (nel 2020 erano 376.600), 205.000 negli uomini e 185.700 nelle donne. In due anni, l’incremento è stato di 14.100 casi. Il tumore più frequentemente diagnosticato lo scorso anno è il carcinoma della mammella (55.700 casi, +0,5% rispetto al 2020), seguito dal colon-retto (48.100, +1,5% negli uomini e +1,6% nelle donne), polmone (43.900, +1,6% negli uomini e +3,6% nelle donne), prostata (40.500, +1,5%) e vescica (29.200, +1,7% negli uomini e +1,0% nelle donne).

La pandemia ha determinato, nel 2020, un calo delle nuove diagnosi, legato in parte all’interruzione degli screening oncologici e al rallentamento delle attività diagnostiche, ma oggi si assiste alla ripresa dei casi di cancro come in altri Paesi europei. Ripresa che rischia di peggiorare, se non si pone un argine agli stili di vita scorretti: il 33% degli adulti è in sovrappeso e il 10% obeso, il 24% fuma e i sedentari sono aumentati dal 23% nel 2008 al 31% nel 2021.

Dall’altro lato, va letta positivamente la ripresa dei programmi di screening, tornati nel 2021 ai livelli prepandemici, in particolare quello mammografico ha raggiunto la copertura del 46%, per il colon-retto del 30% e per la cervice uterina del 35%. Alla riattivazione dei programmi di prevenzione secondaria corrisponde un incremento del numero di interventi chirurgici per cancro del colon-retto e della mammella, anche in stadio iniziale.

Il Cancer Care Center dell’Ospedale di Negrar

Nel marzo del 2016 è stato formalizzato, con l’attivazione del Numero Verde per la Cura del Tumore (800 143 143), il Cancer Care Center, un modello organizzativo multidisciplinare strutturato come una rete trasversale ai Dipartimenti, alle Unità Operative e ai Servizi coinvolti nell’iter diagnostico-terapeutico del paziente adulto con diagnosi di tumore. Il CCC è il naturale evolversi di una struttura ospedaliera, come quella del “Sacro Cuore Don Calabria”, che dispone di tutte le Specialità e i Servizi per la presa in carico del paziente oncologico.

Ne fanno parte in modo diretto le Unità Operative e i Servizi qui sotto elencati (nella foto i direttori), ma la rete trasversale è indirettamente molto più ampia in quanto il paziente affetto da neoplasia, proprio per la sua condizione clinica, necessita di cure e trattamenti che possono andare al di là dello stretto ambito oncologico.

L’IRCCS di Negrar nel 2021 è entrato a far parte di Alleanza Contro il Cancro, la più grande rete di ricerca oncologica italiana. E’ in corso l’iter di accreditamento del Cancer Center con l’OECI, l’Organizzazione europea degli Istituti Oncologici. Nel 2021 sono stati 16.691 i pazienti oncologici che si sono riferiti al nostro Ospedale.              

 

Oncologia Medica (dr.ssa Stefania Gori)

Ginecologia (dr. Marcello Ceccaroni)

Urologia (dr. Stefano Cavalleri)

Chirurgia Toracica (dr. Diego Gavezzoli)

Radioterapia Oncologica (prof. Filippo Alongi)

Medicina Nucleare (dr. Matteo Salgarello)          

Endocrinologia (dr.ssa Maria Pina Iagulli)

Chirurgia Generale (dr. Giacomo Ruffo)                                        

Farmacia ospedaliera (dr.ssa Teresa Zuppini)

Radiologia (dr. Giovanni Foti)          

 

Anatomia Patologica (prof. Giuseppe Zamboni)

Chirurgia Plastica (dr. Cesare Cristofoli)

Otorinolaringoiatria (dr. Sergio Albanese)

Pneumologia (dr. Carlo Pomari)

Chirurgia Senologica (dr. Alberto Massocco)

Gastroenterologia (dr. Paolo Bocus)

Riabilitazione Oncologica (dr.ssa Elena Rossato)

Radiofarmacia con Ciclotrone (dr. Giancarlo Gorgoni)

Psiconcologia (dr. G. Deledda)

Dermatologia (dr.ssa F. Tomelleri)               

 

Oncologia Medica (dr.ssa Stefania Gori)

Ginecologia (dr. Marcello Ceccaroni)

Urologia (dr. Stefano Cavalleri)

Chirurgia Toracica (dr. D. Gavezzoli)

Radioterapia Oncologica (Prof. F. Alongi)

Medicina Nucleare (dr. M. Salgarello)          

Endocrinologia (dr.ssa M.P. Iagulli)

Chirurgia Generale (dr. Giacomo Ruffo)                                        

Farmacia ospedaliera (dr.ssa T. Zuppini)

Radiologia (dr. G. Foti)Dermatologia (dr.ssa F. Tomelleri)               

 

Anatomia Patologica (prof. G. Zamboni)

Chirurgia Plastica (dr. C. Cristofoli)

Otorinolaringoiatria (dr. S. Albanese)

Pneumologia (dr. C. Pomari)

Chirurgia Senologica (dr. A. Massocco)

                                      Gastroenterologia (dr. P. Bocus)

Riabilitazione Oncologica (dr.ssa E. Rossato)

                                       Radiofarmacia con Ciclotrone (dr. G. Gorgoni)

Psiconcologia (dr. G. Deledda)

Dermatologia (dr.ssa F. Tomelleri)               

 


Il 3 febbraio si prega per gli operatori sanitari: diretta nazionale Youtube dall'ospedale di Negrar

Venerdì 3 febbraio, in preparazione alla Giornata del malato, l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria ospita la preghiera per i curanti. L’iniziativa della Conferenza Episcopale Italiana sarà trasmessa in diretta su Youtube e coinvolgerà in tutta Italia solo quattro strutture sanitarie

 

In occasione della XXXI Giornata mondiale del malato, che si celebra sabato 11 febbraio, l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria ospita, venerdì 3 febbraio, la preghiera di ringraziamento per i curanti. Si tratta di un’iniziativa promossa dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute della Cei e coinvolge in tutta Italia, oltre all’Ospedale di Negrar, altre tre strutture sanitarie: la Fondazione Piccola Opera Charitas di Giulianova (Teramo), Civico-Di Cristina–Benfratelli di Palermo e l’Ospedale-Fondazione Santa Lucia di Roma.

La preghiera sarà trasmessa in diretta sul canale Youtube @CeiSalute (www.youtube.com/ceipastorale della salute) con inizio alle 16. A ciascun ospedale è stata affidata una parte dell’adorazione eucaristica dal titolo “Invece un Samaritano”, dalla parabola del Vangelo di Luca, in cui Gesù svela il vero significato del comandamento “Ama il prossimo come te stesso”.

La Cappella dell’Ospedale Don Calabria

La diretta da Negrar si terrà nella cappella dell’Ospedale Don Calabria dove il Centro di pastorale ospedaliera animerà il il primo quarto d’ora di preghiera e tutti i canti del pomeriggio.

Don Miguel Tofful

“Don Calabria chiamava il medico “pietoso Samaritano” ed esortava ‘a pregare molto perché il divino medico Gesù illumini il medico terreno nella cura…’”, afferma il vicepresidente dell’IRCCS di Negrar, don Miguel Tofful. “Noi preghiamo il Signore anche per ringraziarlo dell’operato di quanti si dedicano ogni giorno alla cura di coloro che soffrono a causa della malattia. Non solo medici, ma anche infermieri, operatori socio-sanitari, volontari che frequentano i nostri ospedali e le nostre case di riposo. Li abbiamo considerati eroi durante la pandemia, ma adesso sembra che insieme al Covid si sia affievolita la doverosa riconoscenza che dobbiamo a tutti gli operatori sanitari. Quando invece sono costantemente a servizio della nostra salute”.

 

 


Giornata mondiale delle malattie tropicali neglette: incontro OMS all'IRCCS di Negrar

Il 30 gennaio è la Giornata mondiale delle malattie tropicali neglette e l’IRCCS di Negrar, dal 2014 Centro collaboratore dell’OMS proprio per queste patologie, sarà protagonista di un incontro di due giorni (30-31 gennaio) del Gruppo Tecnico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla malattia di Chagas. Sono oltre miliardo le persone colpite nel mondo da queste malattie, concentrate soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Ma nemmeno l’Italia ne è immune: sono 4mila le diagnosi all’anno, con un sommerso 10 volte superiore

 

Colpiscono nel mondo oltre un miliardo di persone e causano più di mezzo milione di morti l’anno, senza contare le invalidità permanenti. Hanno nomi a volte impronunciabili: strongiloidosi, echinococcosi, dengue, chikungunya, lebbra, schistosomiasi… Sono le malattie tropicali neglette, un gruppo eterogeneo di 20 patologie, molte delle quali a carattere infettivo, causate da virus, batteri, funghi e tossine. Neglette, perché sono malattie “dimenticate” dall’agenda politica e anche dalla ricerca scientifica, “invisibili” all’opinione pubblica e diffuse soprattutto tra le popolazioni povere e marginalizzate, che vivono in Paesi in via di sviluppo. Ma anche l’Italia non è immune con oltre 4000 casi l’anno, sottostimati rispetto alla reale incidenza, che è almeno 10 volte di più, collocando il nostro Paese al 4° posto per diffusione dopo Inghilterra, Francia e Germania.

Per migliorare la conoscenza, il monitoraggio e la gestione di queste patologie, in particolare la malattia di Chagas, di cui l’Italia è il 2° Paese in Europa per numero di casi, in occasione della Giornata Mondiale del 30 gennaio, all’IRCCS Negrar si terrà un incontro internazionale del Gruppo Tecnico Informazione-Educazione-Comunicazione dell’OMS sulla patologia endemica nell’America Latina continentale. La mancata attenzione nei confronti delle patologie infettive ‘dimenticate’ infatti aumenta il rischio che anche i Paesi non endemici ne siano interessati: in Italia si è già verificata un’epidemia autoctona di dengue e due di chikungunya. Inoltre nel periodo della pandemia sono ricomparsi tra gli anziani casi gravi di strongiloidosi, una parassitosi a cui è positivo poco meno dell’ l’1% degli over 65 italiani.

Dr.ssa Dora Buonfrate

Questa patologia è stata inserita nell’elenco delle malattie tropicali neglette grazie al contributo dell’IRCCS di Negrar che negli ultimi dieci anni ha diagnosticato varie centinaia di casi, registrando la più alta casistica in Italia e una delle maggiori in Europa”, spiega Dora Buonfrate, medico del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali e direttrice del Centro collaboratore OMS per la strongiloidosi e altre malattie tropicali neglette. Le persone positive al parassita responsabile di strongiloidosi sono in maggioranza anziani che vi sono venuti in contatto nei decenni scorsi, camminando a piedi scalzi in campagna o toccando terriccio contaminato da feci umane, due evenienze oggi molto meno probabili. I sintomi possono essere banali, come un semplice prurito, ma se il paziente è immunodepresso la malattia può peggiorare fino a diventare fatale: è il rischio che è stato corso da alcuni durante la pandemia, quando in molti anziani le terapie cortisoniche per Covid-19 hanno abbassato le difese immunitarie e ‘slatentizzato’ la strongiloidosi. Un’adeguata sorveglianza e la diagnosi precoce sono le armi per combattere questa, ma anche le altre malattie tropicali neglette”.

Federico Gobbi, infettivologo IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dr. Federico Gobbi

La Giornata mondiale e l’incontro all’IRCCS di Negrar hanno proprio lo scopo di aumentare le conoscenze sulle malattie ‘dimenticate’, che sono provocate da agenti differenti (virus, batteri, parassiti) ma sono accomunate dall’essere più diffuse in zone povere, specialmente tropicali, con scarse risorse. “Tuttavia proprio la pandemia ci ha insegnato che la salute e la malattia oggi sono da considerare fenomeni globali: una patologia presente in una parte del mondo può rapidamente ‘viaggiare’ e raggiungere qualsiasi altro luogo grazie alla mobilità di persone, alimenti, animali e con l’aiuto del cambiamento climatico”, aggiunge Federico Gobbi, direttore dello stesso Dipartimento e professore associato di Malattie Infettive all’Università di Brescia. “Anche per questo l’OMS nella sua roadmap 2021-2030 prevede la riduzione del 90% del numero di persone che necessitano di interventi per le malattie tropicali neglette e del 75% della disabilità indotta da tali malattie, che è spesso grave, oltre che l’eliminazione di almeno due delle 20 patologie dimenticate, dracunculiasi e framboesia. Diminuire le infezioni e la circolazione delle malattie con un adeguato monitoraggio è infatti necessario per ridurre il pericolo a livello globale”.

Dr. Andrea Angheben

L’incontro sarà poi l’occasione per fare il punto soprattutto sulla malattia di Chagas, il ‘killer silenzioso’ che uccide ogni anno 12.000 persone nel mondo contagiandone dai 6 ai 7 milioni. “Questa infezione viene trasmessa da una cimice presente nei Paesi dell’America Latina continentale, ma anche per via materno-infantile e attraverso trasfusioni di sangue o trapianti di organi”, spiega Andrea Angheben, responsabile clinico del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali. La malattia di Chagas in Centro America uccide più della malaria, ma non può essere considerata un pericolo lontano perché può arrivare ovunque con i viaggi internazionali: per questo uno screening per le malattie tropicali neglette in categorie a rischio come viaggiatori internazionali o migranti è considerato fondamentale ed è anche meno costoso di quanto sarebbe necessario spendere, poi, per curare un paziente che manifestasse una patologia. Il Centro di Negrar prevede metodi diagnostici specifici e percorsi clinici assistenziali dedicati che sono frutto di anni di gestione di queste malattie, ma percorsi altrettanto adeguati non sono facilmente reperibili altrove in Italia”.

“Per questo sarebbe opportuno anche aumentare le conoscenze nel settore, creando nella università di medicina una specialità della salute globale, i cui esperti possano misurarsi con le sfide di un mondo sempre più globalizzato, trovando anche le risposte più adeguate per limitare le future epidemie e pandemieconclude Gobbi.

 


La solidarietà concreta di san Giovanni Calabria per il popolo ebraico

Il giorno dopo l’approvazione delle leggi razziali don Giovanni Calabria si recò in visita dal Rabbino Capo di Verona per esprimere tutto il proprio dolore per l’ingiustizia subita dal popolo ebraico. E anche durante la guerra non fece mai mancare il suo sostegno agli amici ebrei, alcuni dei quali trovarono rifugio nelle case dell’Opera. Ne parliamo in occasione della giornata della Memoria della Shoah

«Solo la carità, la vera carità che tutti abbraccia perché tutti figli di Dio, può salvare la povera umanità, che si trova sull’orlo della rovina. Oggi con l’approvazione del mio Padre spirituale, mi sono portato dal Rabbino di Verona, per dire tutto il mio dolore, per la prova che subisce il popolo ebreo. Vi era la sua signora, che gradì molto il pensiero».

A scrivere queste parole è don Giovanni Calabria sul suo diario in data 18 novembre 1938. Il giorno prima, 17 novembre, era entrato in vigore il Regio Decreto n. 1728 contenente provvedimenti per la difesa della razza italiana. In altre parole, le leggi razziali contro gli ebrei. Don Calabria non aveva perso tempo e si era recato immediatamente dal Rabbino Capo di Verona, dott. Ermanno Friedenthal, per esprimergli tutta la propria solidarietà. E non lo aveva fatto di nascosto, lui che era solito agire con umiltà e nel nascondimento. Invece leggiamo nelle cronache che si era recato dal Rabbino su una carrozza trainata da cavalli, un mezzo che al tempo sicuramente non passava inosservato, a testimoniare la sua volontà di compiere un gesto simbolico.

In occasione della giornata della memoria della Shoah, che ricorre il 27 gennaio, la figura del santo sacerdote veronese merita senz’altro di essere ricordata per le azioni concrete che fece a sostegno degli amici ebrei in quei tempi difficili. Fin da bambino don Calabria aveva frequentato ed apprezzato persone di religione ebraica e questo legame si era rafforzato nel tempo anche quando, dopo aver fondato l’Opera dei Buoni Fanciulli, egli era stato tra i pionieri del dialogo ecumenico e interreligioso.

Neanche durante la guerra don Calabria fece mancare la sua vicinanza al popolo ebraico. Molto significativa, in tal senso, è la vicenda della dottoressa ebrea Mafalda Pavia. La signora era figlia di Caliman Clemente Pavia, un ufficiale medico che era stato diretto superiore, oltre che amico, del giovane Calabria durante il servizio di leva all’ospedale militare di Verona. Alla fine del 1943 la dottoressa Pavia, al tempo un’affermata pediatra, si recò a San Zeno in Monte da don Calabria per chiedere aiuto. Alcuni giorni prima, infatti, era stato diramato un ordine di Polizia che prevedeva di avviare tutti gli ebrei residenti sul territorio nazionale verso appositi campi di concentramento. Don Calabria la accolse nel suo studio e si attivò immediatamente.

La dottoressa Pavia (prima a sinistra) insieme alla nota scrittrice Liliana Tedeschi all’inizio degli anni Sessanta

Pochi giorni dopo la dottoressa entrò come “Suor Beatrice” nella Casa delle Povere Serve della Divina Provvidenza di Roncà, nell’est veronese. Rimase là al sicuro fino al termine del conflitto. Da questa vicenda nacque una profonda amicizia tra i due protagonisti, tanto che la testimonianza della dottoressa Pavia fu molto importante nel cammino che portò alla canonizzazione di don Calabria.

Ma la Pavia non fu l’unica ebrea accolta da don Calabria nelle sue case durante il conflitto. Sempre a Roncà, ad esempio, entrarono i fratelli Enzo ed Enrico Basevi, che durante la loro permanenza nell’Istituto per evitare persecuzioni da parte dei fascisti saranno promossi, per l’occasione, “Aspiranti alla vita religiosa laicale» e assumeranno il cognome di Pizzighella. Altri furono salvati, a Verona e in altre città dove l’Opera era presente, come a Roma.

 

L’attestato consegnato dalle Comunità Israelitiche Italiane all’Istituto Don Calabria nel 1955

Il legame con il popolo ebraico non venne mai meno neanche dopo la fine della guerra, tant’è vero che ai funerali di don Calabria, il 7 dicembre 1954, partecipò anche il rabbino di Verona, dottor Weiss Levi, a nome di tutta la comunità ebraica scaligera. E l’anno dopo, nel decennale della Liberazione, l’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane volle dare una pergamena all’Istituto, con la dedica: “Gli Ebrei d’Italia riconoscenti”.

 

* Per approfondire: L. Piovan e M.P. Pelloso, “Shalom Beatrice”, Lettere di una “medichessa” ebrea a un Santo”, Editrice Ave, 2000

** Nella foto di copertina: don Calabria insieme ai Novizi di Roncà nel 1944 (tra loro anche due fratelli ebrei che erano stati accolti per sfuggire alle persecuzioni dei nazifascisti)