Nuovo coronavirus: ecco cosa sapere
Facciamo chiarezza sul nuovo coronavirus nato in Cina che sta diffondendo preoccupazione in tutto il mondo. Quali sono i rischi in Europa? Come si manifesta? Cosa dobbiamo fare se abbiamo in programma un viaggio all’estero? Rispondono alle domande il prof. Zeno Bisoffi e il dottor Andrea Angheben infettivologi del nostro Ospedale
Che cos’è il coronavirus 2019-nCov
Il coronavirus 2019-nCoV appartiene alla vasta famiglia dei coronavirus, chiamati così perché hanno la forma visibile al microscopio simile a una coroncina. I coronavirus sono noti in quanto sono causa di patologie banali come il raffreddore, ma anche molto gravi e contagiose come la Sindrome Respiratoria Mediorientale (MERS) e la Sindrome Acuta Grave (SARS). Il 2019 nCoV è un nuovo ceppo di coronavirus mai identificato prima nell’uomo.
Come nasce?
I coronavirus vengono veicolati all’uomo dagli animali. Per la SARS, nel 2002 sempre in Cina, sono stati gli zibetti. La MERS, invece, ha avuto come ospite intermedio il dromedario (Arabia Saudita 2012). Per il nuovo CoV il punto di partenza è stato identificato con il mercato all’ingrosso di frutti di mare e animali vivi della città di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei. Qui il 31 dicembre del 2019 sono stati segnalati all’OMS dei casi di polmonite da causa ignota. Il virus è stato identificato dal punto di vista genetico poco dopo dal CDC ( Centers for Disease Control) cinese.
Ha affinità con la SARS?
Essendo un coronavirus, geneticamente è simile, ma non uguale, al virus della SARS e a quello della MERS.
Come si trasmette?
Per via respiratoria come accade sostanzialmente per l’influenza.
Quali danni provoca?
Come tutti i coronavirus, il nuovo si presenta con febbre. Nei casi più gravi il paziente può andare incontro a complicazioni respiratorie che possono rivelarsi anche mortali.
Ci sono farmaci per curare questa infezione?
La malattia può essere trattata come i gravi casi di influenza, con terapie di supporto per combattere i sintomi e le complicanze. Ma contrariamente a quanto accade per l’influenza, non disponiamo per il momento di antivirali specifici.
Che rischi corriamo?
Il rischio che il virus si diffonda in Europa non può essere escluso a priori. Per questo sono state adottate anche in Italia dal ministero della Salute – su indicazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – misure sanitarie di prevenzione. A cominciare dagli aeroporti. Tra le misure preventive sono comprese anche quelle che devono adottare le Unità di Pronto Soccorso di ogni ospedale.
Quale procedura ha adottato il “Sacro Cuore Don Calabria”?
Al Pronto Soccorso sono disponibili in sala d’aspetto delle mascherine che devono essere indossate dal paziente che lamenti febbre o sintomi respiratori. Questo a prescindere che sia stato in Cina, perché, non dimentichiamo, che siamo in periodo di influenza e anche l’influenza è contagiosa e può comportare delle complicanze. Se invece il paziente presenta febbre, sintomatologia respiratoria ed è stato nelle zone a rischio negli ultimi 14 giorni o è stato esposto a un caso del nuovo coronavirus viene interpellato l’infettivologo e attivato immediatamente il processo di isolamento e cura nelle stanze apposite a pressione negativa. Diversamente se lo stesso paziente presenta un’infezione polmonare severa (SARI), sempre secondo le indicazioni del Ministero della Salute recepite dalla Regione, deve essere trasferito in terapia intensiva e appena possibile per quanto riguarda il Veneto nella terapia intensiva dell’Azienda Ospedaliera di Padova.
Come comportarsi quando si deve viaggiare?
Ci sono delle regole igieniche che dovrebbero essere rispettate sempre e in particolare quando si viaggia. La prima regola è lavarsi spesso le mani con acqua e sapone o con soluzioni alcoliche. Poi coprirsi sempre la bocca quando si tossisce e si starnutisce e una volta gettato il fazzoletto lavarsi le mani. Per ridurre l’esposizione alle malattie respiratorie, è bene evitare il contatto ravvicinato quando è possibile con chiunque mostri sintomi inerenti a queste patologie.
E per chi deve andare nelle zone a rischio?
In questo momento sarebbe opportuno posticipare i viaggi. Se questo non è possibile, è raccomandabile vaccinarsi contro l’influenza stagionale almeno due settimane prima della partenza per abbassare il rischio di contrarre il virus influenzale ed evitare di recarsi in mercati in cui si vendono animali vivi e prodotti alimentari sempre di origine animale. Nel caso di insorgenza dei sintomi rivolgersi – durante il viaggio o entro 14 giorni dal rientro – subito a un medico
Esiste un vaccino?
Il virus è stato isolato da pochi mesi, serve del tempo per sviluppare un vaccino
Prof. Zeno Bisoffi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali e Microbiologia e associato all’Università di Verona
Dottor Andrea Angheben, responsabile delle degenze del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali e Microbiologia
Da tutta Italia per vedere da vicino le potenzialità di "Unity"
Un giorno dedicato alle potenzialità di “Unity”, l’innovativo sistema di radioterapia dotato di RM. Al “Live Day” di domani parteciperanno radioterapisti oncologici da tutta Italia e relatori internazionali. “Finora abbiamo trattato 30 pazienti. e i risultati sono più che soddisfacenti“, afferma il professor Alongi
Un “Live Day” tutto dedicato a “Unity”, il nuovo macchinario di Radioterapia utilizzato dall’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria dallo scorso ottobre. Venerdì 24 gennaio, 80 esperti provenienti da tutta Italia avranno la possibilità di assistere dal vivo ad alcuni trattamenti di radioterapia ad alta precisione, grazie a un acceleratore lineare integrato con una Risonanza Magnetica ad alto campo (1,5 Tesla), unico nel suo genere in Sud Europa.
“Unity” consente al radioterapista oncologo di monitorare e correggere in tempo reale la posizione e le caratteristiche del bersaglio tumorale da colpire con alte dosi di radiazioni e dei tessuti sani circostanti da proteggere. Il piano di cura viene così personalizzato, adattato e ottimizzato alle circostanze di ogni seduta.
“Finora sono stati sottoposti a terapia 30 pazienti, venti affetti da tumore alla prostata e dieci con metastasi nell’addome e pelvi. E i primi risultati sono soddisfacenti”, afferma Filippo Alongi, direttore della Radioterapia Oncologica Avanzata di Negrar e professore associato all’università di Brescia. “Ai primi controlli, i pazienti con tumore alla prostata hanno avuto un significativo calo dei livelli di PSA nel sangue, mentre gli altri sono in attesa di esami diagnostici. Non si sono verificati episodi di grave tossicità e il ciclo di sedute per la prostata ha avuto una durata di solo 5 giorni contro alcune settimane con la radioterapia tradizionale. Ci sono tutti i presupposti per confermare che questo sistema innovativo possa essere, in casi selezionati, un’alternativa non invasiva all’intervento chirurgico”, sottolinea il radioterapista oncologo.
La giornata di studio di venerdì si svolgerà in due parti. Durante la mattinata si terranno alcune presentazioni sull’utilizzo di “Unity” nel mondo, moderate da Umberto Ricardi, presidente di Estro, la Società Europea di Radioterapia. Interverranno la dottoressa Alison Tree del Royal Marsden Hospital di Londra; il dottor Arjun Shagal del Saunnybrook Hospital di Toronto, mentre il professor Alongi e il dottor Ruggero Ruggeri illustreranno l’esperienza di Negrar rispettivamente dal punto del vista clinico e del fisico sanitario (vedi programma allegato).
L’evento si chiuderà con la visita alla sala dove è collocata “Unity” per i trattamenti live di alcuni pazienti.
Le maculopatie: cause, diagnosi e cura
L’Oculistica del “Sacro Cuore” è stata protagonista stamattina del programma Tutta Salute di Raitre. La dottoressa Grazia Pertile in studio e il dottor Antonio Polito in collegamento da Negrar hanno parlato di diagnosi e terapia delle maculopatie
Cosa sono le maculopatie? Quali sono i sintomi e i fattori di rischio? Quanto è importante la diagnosi precoce e quali sono i più moderni trattamenti per affrontare queste patologie? Nel video la dottoressa Grazia Pertile, direttore dell’Oculistica, e il dottor Antonio Polito, responsabile dell’Attività di Retina Medica, rispondono a queste domande durante la trasmissione di Raitre “Tutta salute” condotta dal giornalista Michele Mirabella.
Al Pronto Soccorso del "Sacro Cuore" record di accessi nel 2019
Nell’anno appena concluso il Pronto Soccorso di Negrar ha raggiunto quasi 51mila accessi, oltre 9mila rispetto al 2016 Il primario Stefanini: “Numeri che indicano una crescita dell’attrattiva dell’ospedale: i cittadini sanno di trovare nella nostra struttura la risposta ai loro bisogni di salute”
Quasi 10mila accessi in più in tre anni. E’ il trend di crescita registrato dal Pronto Soccorso dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria dal 2016 al 2019: l’anno scorso, infatti, si è chiuso toccando quota 50.972, con un incremento di 9.576 accessi rispetto a tre anni fa. Un record per l’Ospedale di Negrar e per l’équipe di 15 medici diretti dal dottor Flavio Stefanini.
“A mio parere l’incremento del numero di accessi è determinato da più fattori concomitanti”, spiega il direttore del Pronto Soccorso di Negrar. Innanzitutto l’aumento fisiologico di accessi in tutti i Pronto Soccorso italiani, che ha raggiunto la media annua del 6-7%. La stragrande maggioranza sono codici bianchi e verdi, che per quanto riguarda la nostra struttura nel 2019 sono stati rispettivamente il 43,5% e il 44,7% del totale degli accessi”. La prevalenza di casi non complessi che arrivano in Pronto Soccorso non è sicuramente un fenomeno nuovo. “Da un lato esiste sicuramente un problema di uso improprio del Pronto Soccorso da parte del cittadino. Dall’altro è anche vero che il cittadino non sempre trova risposta in tempi relativamente rapidi sul territorio, quindi si reca nelle strutture di emergenza anche quando di emergenza non si tratta”.
Da un fattore di ordine nazionale a uno locale. “Il ridimensionamento del Pronto Soccorso dell’Ospedale Orlandi di Bussolengo – prosegue – ha comportato nell’ultimo anno un allargamento del bacino di utenza del nostro reparto di emergenza e anche un numero maggiore di casi complessi. L’anno scorso i codici rossi sono stati lo 0,5% (nel 2016 erano lo 0,3%) e i codici gialli l’11,1% (2016: 9,6%). Mi preme però sottolineare che abbiamo avuto maggiore affluenza anche da zone i cui Pronto Soccorso sono a pieno regime, come per esempio Verona capoluogo”.
Un indicatore, quest’ultimo, che rileva, per il dottor Stefanini, “una crescita dell’attrattiva del nostro ospedale in generale – sottolinea il dottor Stefanini -. L’eccellenza raggiunta, in particolare per quanto riguarda alcune patologie, ha generato un incremento di afflusso al Pronto Soccorso da parte dei cittadini che sanno di trovare nella nostra struttura un certo tipo di risposta”. Una risposta anche per quanto riguarda la tempista: nell’anno appena concluso la media di permanenza dei pazienti in Pronto Soccorso è stata di 2 ore e 46 minuti, mentre per quanto riguarda l’OBI (Osservazione Breve Intensiva), che prevede la permanenza fino a 48 ore prima delle dimissioni o del ricovero, la media è stata di 9 ore e 53 minuti.
elena.zuppini@sacrocuore.it
Le tante cause delle epatopatie: come intervenire
Con l’epatologa Maria Chiaramonte entriamo nel vasto mondo delle malattie del fegato, in particolare delle epatopatie autoimmuni per le quali al Centro diagnostico “Sacro Cuore” è nato ambulatorio tenuto dalla professoressa Annarosa Floreani
Sono definite complessivamente epatopatie o patologie croniche del fegato. Hanno diverse cause, ma un’uguale evoluzione, se non vengono diagnosticate e curate adeguatamente: esse infatti portano allo sviluppo della cirrosi e delle sue complicanze e in seguito all’insorgenza dell’epatocarcinoma, il tumore primitivo del fegato. Il trapianto è l’opzione terapeutica estrema, ma “il bravo epatologo lavora proprio per evitarlo”. Ad affermarlo è la professoressa Maria Chiaramonte, epatologa di chiara fama che ha contribuito allo sviluppo dell’epatologia in Italia, diventando, tra l’altro, la prima donna professore ordinario di Gastroenterologia nel nostro Paese. La professoressa Chiaramonte è stata direttore della Gastroenterologia e Endoscopia digestiva dell’Ospedale di Negrar, a cui continua ad offrire la sua preziosa collaborazione. La Gastroenterologia del “Sacro Cuore Don Calabria” comprende Sezione di Epatologia con ambulatori specificamente dedicati alle epatiti virali croniche, alle epatopatie da alcol e all’epatocarcinoma.
Professoressa, quali sono le cause delle epatopatie?
Fino a pochi anni fa avrei posto tra le cause principali i virus responsabili delle varie epatiti, in particolare i virus dell’epatite B (HBV) e dell’epatite C (HCV). Ma per fortuna non è più così, grazie alla disponibilità dei vaccini contro l’epatite A e B e alla scoperta degli antivirali contro l’epatite B, e più di recente contro, l’epatite C. Sia i vaccini sia gli antivirali hanno determinato una drastica riduzione della diffusione del virus. Basti pensare che oggi tutta la popolazione fino a 35 anni è stata vaccinata contro l’epatite B, una delle cause maggiori dell’epatocarcinoma. Resta una fetta di popolazione che può ancora ammalarsi, in particolare i non vaccinati che hanno comportamenti a rischio (scambio di sangue e di liquidi corporei). Anche le epatopatie da alcol sono in calo. Ma è bene ricordare che le sostanze alcoliche sono un cofattore di sviluppo della malattia di fegato.
Cosa significa?
In tutti i casi di patologie croniche del fegato, l’alcol è sempre un fattore peggiorativo del quadro clinico, anche quando non è la causa primaria dell’epatopatia. Per questo noi epatologi di fronte a una diagnosi di epatopatia diciamo sempre: stop con gli alcolici.
Quali sono quindi le cause emergenti di queste malattie?
Sicuramente la steatosi epatica, più conosciuta come “fegato grasso”, cioè un eccessivo accumulo di tessuto adiposo nelle cellule epatiche. Si stima che il 30% della popolazione adulta sia affetta da steatosi e che la percentuale sia in aumento. Questa è, di fatto, una manifestazione della “sindrome metabolica” cioè la “malattia del benessere” largamente presente nella nostra società, in quanto determinata da uno squilibrio tra la quantità delle calorie introdotte e la quantità delle calorie consumate. Tale squilibrio è causa sia di fegato grasso, ma anche di obesità, di cardiopatie, di ipertensione… Molto interessante è il fatto che solo una parte (circa il 10%) delle persone colpite dalle steatosi sviluppa l’epatopatia e che il fegato grasso è presente anche in uomini e donne normopeso.
Come si spiega?
I recenti studi affermano che la comparsa della steatosi è dovuta a una predisposizione genetica, per questo colpisce anche i cosiddetti “magri”. L’insorgere della malattia epatica, invece, è determinato dalla predisposizione genetica sommata alla presenza di un’infiammazione. Sulle cause di quest’ultima esistono varie ipotesi in studio, tra cui la più interessante è il prevalere nella flora intestinale di batteri nocivi. Ciò che è importante sottolineare è che non bisogna mai sottovalutare l’accumulo di grasso nel fegato e di rivolgersi a un epatologo nel momento in cui la steatosi viene diagnosticata. E’ bene fare lo stesso anche quando gli esami del sangue rilevano un’alterazione dei valori epatici (transaminasi e Gamma GT). Vanno escluse cause come virus, alcol e anche steatosi, ma potrebbe esserci in atto anche una patologia autoimmune del fegato.
Di cosa si tratta?
Hanno origini autoimmuni alcune epatiti, la colestasi biliare primitiva e la colangite sclerosante primitiva. Sono considerate patologie rare, ma lo sono principalmente perché sono sotto diagnosticate. Colpiscono, come la maggior parte delle patologie autoimmuni, prevalentemente la popolazione femminile, ma possono insorgere anche nei neonati, nei bambini e nei giovani maschi. Possono avere un andamento molto severo e spesso sono associate ad altre patologie autoimmuni, come quelle reumatologiche o a carico dell’intestino (morbo di Crohn e colite ulcerosa).
Possono essere curate?
Oggi disponiamo di farmaci molto efficaci, come i cortisonici e gli immunosopressori, e, per quanto riguarda la colestasi biliare primitiva, farmaci che agiscono sulla bile. Il problema più rilevante rimane l’identificazione di tali patologie che necessita di centri altamente specializzati. Al Centro diagnostico dell’Ospedale di Negrar è già attivo un ambulatorio che si occupa proprio di queste patologie tenuto da Annarosa Floreani, professore associato in quiescenza dell’Università di Padova e una dei massimi esperti internazionali delle malattie autoimmuni del fegato. Naturalmente, come per tutte le epatopatie, il successo diagnostico e terapeutico delle malattie epatiche autoimmuni è determinato dalla presa in carico del paziente da parte di un team multispecialistico e con queste caratteristiche vorremmo realizzare un centro.
I farmaci possono essere causa di epatopatie?
Sì, ma di solito sono casi rari che riguardano soggetti particolarmente sensibili, in quanto gli eventuali effetti collaterali sul fegato vengono studiati prima dell’immissione in commercio dei farmaci. Piuttosto pochi sanno dei danni provocati dai fitofarmaci, le cosiddette erbe medicinali. Dai miei pazienti sento spesso affermare: “Sono cose naturali, quindi non fanno male”. Ma si dimentica innanzitutto che la moderna farmaceutica ha origine dalla fitoterapia e che se crediamo che le “erbe” abbiano effetto benefico, significa che le consideriamo delle sostanze attive, quindi possono fare bene ma anche male. Un esempio? La curcuma, spezia oggi di gran moda, ha delle grandi proprietà antinfiammatorie, ma se assunta in dosi eccessive e/o associata ad alcuni farmaci o fitofarmaci , può essere causa di epatopatie.
Lei sostiene che il bravo epatologo lavora per evitare il trapianto. In che modo?
Innanzitutto eliminando le cause dell’epatopatia. E questo è possibile solo facendo prevenzione tramite i vaccini, limitando l’abuso di alcol, promuovendo uno stile di vita ed una dieta equilibrata, educando le persone a un uso corretto dei fitofarmaci. In presenza di un’epatopatia cronica l’obiettivo poi è il blocco della sua evoluzione con la prescrizione di antivirali per la cura dell’epatite B e C e di farmaci per le patologie autoimmuni. Nel caso di malattie genetiche da accumulo di ferro (emocromatosi) e di rame (malattia di Wilson), è fondamentale l’eliminazione di questi minerali. Fondamentale è anche la diagnosi precoce della cirrosi e la correzione di tutti i fattori che possono innescare le sue complicanze. Infine, quando si manifesta l’epatocarcinoma va favorito l’accesso del paziente alle terapie più avanzate. Da tutto questo si evince che un “bravo epatologo” non lavora da solo ma è sempre parte di ben organizzate e complesse strutture interdisciplinari dedicate.
elena.zuppini@sacrocuore.it
PER CONOSCERE DI PIU’
Come eravamo... L'Ospedale come lo ha visto Don Calabria
Il presidente del “Sacro Cuore Don Calabria”, fr. Gedovar Nazzari, racconta con foto d’epoca, come è nata la struttura ospedaliera voluta dal Santo veronese 98 anni fa
“98 Comuni” è il titolo della trasmissione di Telearena da cui abbiamo estratto questo servizio in cui fratel Gedovar Nazzari, presidente dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, racconta l’origine del nostro ospedale.
Da casa di risposo del paese di Negrar rilevata da San Giovanni Calabria a Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico con oltre 2000 dipendenti.
Preparazione meno disagevole per sottoporsi alla colonscopia
Al “Sacro Cuore Don Calabria” ridotti da quattro a uno o due i litri di soluzione da bere per la preparazione alla colonscopia: garantiscono la stessa pulizia con meno disagi per un esame che viene eseguito a Negrar sempre in sedazione vigile
“Ma devo proprio bere tutta questa roba”? Gli occhi sgranati e l’espressione di chi sgomento sa che lo aspettano momenti duri. Sono scene di ‘ordinario terrore’ a cui i gastroenterologi-endoscopisti dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria assistono ogni giorno. Protagoniste molte delle tante persone che devono sottoporsi a colonscopia, circa 4mila ogni anno, e quindi devono affrontare la preparazione: quattro litri di liquido da bere nell’arco di mezza giornata.
Da alcuni anni l’Endoscopia digestiva di Negrar, diretta dal dottor Paolo Bocus, esegue l’esame in sedazione cosciente: il paziente, pur essendo vigile, non percepisce dolore e dopo breve osservazione in un’area apposita può tornare (sempre accompagnato) alla propria abitazione.
La maggiore preoccupazione per chi deve essere sottoposto ad un esame colonscopico rimane di conseguenza la preparazione intestinale. Questa richiede infatti l’assunzione di quattro litri di soluzione a base di polietilenglicole (PEG) nell’arco di mezza giornata, con lo scopo di pulire l’intestino e quindi di permettere una migliore capacità diagnostica con il minimo disturbo per il paziente. Bere quattro litri di soluzione non è affatto agevole e spesso compaiono nausea e/o altri fastidi per cui alcuni pazienti non riescono a completare la preparazione rendendo impossibile l’esecuzione dell’esame.
“Anche alla luce delle innumerevoli richieste da parte dei nostri utenti – spiega il dottor Bocus -, abbiamo deciso di introdurre la preparazione a ‘basso volume’ che, come indicato dalle linee guida europee (ESGE), garantisce una pulizia paragonabile a quelle con ‘alti volumi'(4 litri) specie se divisa in due fasi (la cosiddetta preparazione split). Per sottoporsi alla colonscopia sarà quindi sufficiente assumere una dose ridotta di un solo litro (o due a seconda del prodotto) sempre a base di polietilenglicole (PEG) con acido ascorbico, conservando inalterato il profilo di sicurezza e nello stesso tempo di efficacia, nonostante la minore dose bevuta. La colonscopia è un esame ancora molto temuto – conclude -. Ci auspichiamo che la sedazione accompagnata da una preparazione meno disagevole induca un numero sempre maggiore di persone a sottoporsi a questo importante forma di prevenzione”.
Infatti la coloscopia è un esame endoscopico fondamentale per la prevenzione e la dignosi precoce dei tumori del colon-retto. Si tratta di una delle neoplasie più diffuse in Italia (per il 2019 sono state 49mila nuove diagnosi) la cui percentuale di guarigione è elevata se il tumore è diagnosticato al suo esordio.
Per sapere di più:
La colonscopia : un esame iimportante di cui non avere paura
Luciano Recchia: "I miei 44 anni all'Ospedale di Negrar"
Va in pensione i responsabile dell’Ufficio Economato: “La forza del ‘Sacro Cuore Don Calabria’? La qualità dei rapporti umani. Per me l’Ospedale è sempre stato una seconda famiglia perché ho respirato sempre aria di famiglia”
Se avesse ascoltato papà Guido il posto di barbiere del paese di Negrar un giorno sarebbe stato suo. Ma forbici e pettini non erano nei sogni “da grande” di Luciano Recchia e forse nemmeno l’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, dove ha trascorso ben 44 anni. “Un’esperienza indimenticabile”, dice con un pizzico di nostalgia, iniziata quando era poco più che un ragazzino e terminata con il pensionamento nelle scorse settimane. Ora il responsabile dell’Ufficio Economato inizia una nuova vita, in cui avranno la meglio le piste innevate, dove praticare la passione dello sci, il giardino e l’orto di casa, insieme ai viaggi.
Luciano Recchia ha valicato la porta dell‘ospedale nel 1975, appena conseguito il diploma di ragioniere. Primo incarico: segretario del Laboratorio di Analisi. “Allora i referti degli esami del sangue venivano scritti a mano e il mio compito era proprio quello. Dopo aver svolto il servizio militare, ottenni il contratto a tempo indeterminato”. Era il 1979, gli anni della presidenza di fratel Pietro Nogarè e della direzione amministrativa di Pierluigi Collavo.
“All’inizio mi collocarono all’Ufficio Contabilità Specialistica – prosegue Recchia – dove venivano registrate le impegnative delle visite e degli esami, con Paolo Zantedeschi. Dopo un anno, per l’aspettativa di un collega, venni spostato all’Ufficio Economato, di cui era responsabile il ragioniere Dante Barbieri. Dante è stato il mio primo maestro. Io ero un ‘bocia’, ma avendo la scrivania di fronte alla sua. potevo attingere a piene mani dal suo modo di procedere, per esempio con i fornitori. Eravamo molto lontani dall’organizzazione amministrativa presente attualmente in ospedale: in una sola stanza, separata da vetrate, era collocato l’Ufficio Contabilità Specialistica, l’Ufficio Personale e l’Economato: sette persone in tutto”. Con la pensione di Barbieri, Recchia diventa responsabile del suo ufficio.
Guarda indietro Recchia, ai 44 anni trascorsi e i ricordi mostrano un ospedale che non ha nulla a che fare con quello attuale, se non nello spirito. “La struttura ha avuto uno sviluppo straordinario – riprende -, soprattutto negli ultimi 20 anni. Quando sono arrivato eravamo un ‘ospedaletto’ di provincia. Oggi siamo un punto di riferimento d’eccellenza della sanità regionale e nazionale. Anche nelle mie più rosee previsioni, non avrei mai immaginato simili risultati. Risultati a cui spero, nel mio piccolo, di aver contribuito, come ogni altro collaboratore, e di cui vado orgoglioso”.
Un augurio per i suoi, da poco, ex colleghi? “Di vivere l’ambiente di lavoro come l’ho vissuto io – risponde -. Per me l’ospedale è sempre stato una seconda famiglia, perché ho respirato sempre un clima di famiglia. Oggi con oltre duemila collaboratori, questo è sicuramente più difficile da realizzare rispetto a un tempo – conclude -. Ma la qualità dei rapporti umani è e deve restare la forza del ‘Sacro Cuore Don Calabria’. Questo è il mio augurio più grande”.
Il Laboratorio di Casa Perez, uno spazio di autonomia, libertà e solidarietà
Da molti anni un gruppo di ospiti affetti da patologia psichica insieme ad educatori e volontari realizzano presepi e oggetti di uso quotidiano per il mercatino di Natale, sostenendo con il ricavato un bimbo nelle missioni dell’Opera Don Calabria
Presepi, decorazioni, idee per piccoli regali artigianali. Sono i prodotti del tradizionale mercatino di Natale proposto dagli ospiti di Casa Perez insieme ad alcuni volontari ed educatori. Ma i veri prodotti sono anche altri: allenamento all’autonomia, apertura al mondo che sta fuori, ricerca di nuove motivazioni e obiettivi per persone che devono confrontarsi ogni giorno con la patologia psichiatrica.
Quest’anno il mercatino, la cui storia inizia nel lontano 2006, si è svolto in due giornate, la prima fuori dall’ingresso di Casa Clero, la seconda presso l’entrata dell’ospedale Don Calabria. Si tratta di un evento che è il coronamento del Laboratorio portato avanti durante tutto l’anno presso il Centro Sociale di Casa Perez, la struttura che all’interno della Cittadella della Carità ospita persone non autosufficienti con problemi sociali e psichiatrici cronici (74 posti letto), unitamente ad una Residenza Sanitaria Assistenziale per persone con problemi sociali e/o psichiatrici cronici che necessitano di alto impegno sanitario (24 posti letto).
UNO SPAZIO DI AUTONOMIA E LIBERTA’
“Il Laboratorio si divide in due fasi – dice l’educatore Giovanni Melotto che cura l’attività insieme a Florio Guardini – abbiamo due ospiti che realizzano i lavori al grezzo con legno di recupero, in genere ricavato dalle cassette di frutta, e poi abbiamo la parte di pittura e rifinitura degli oggetti dove si alternano 8-10 ospiti. Infine c’è la vendita al mercatino che è fondamentale perché rappresenta il momento in cui i nostri “artigiani” vedono valorizzato il frutto del loro lavoro e socializzano con le tante persone che ogni giorno frequentano l’ospedale. I prodotti realizzati sono molto belli, ad esempio alcuni dei nostri presepi vengono esposti in mostre allestite a Verona e provincia. Inoltre alcuni reparti del nostro ospedale vengono da noi a rifornirsi dei pezzi mancanti per il loro presepe di reparto oppure ci chiedono di fornire il presepe completo”.
Oltre al periodo natalizio, gli altri momenti forti per far conoscere gli oggetti del Laboratorio e i loro realizzatori sono i banchetti allestiti a Pasqua e alla Festa della mamma. “Il Laboratorio è prima di tutto uno spazio di autonomia e libertà – prosegue Melotto – un luogo dove gli ospiti possono recuperare alcune abilità del proprio passato, cimentarsi con l’impegno di portare a termine un lavoro e mettersi in relazione con gli altri. Tutto in un contesto rilassato e senza stress perché l’obiettivo è il benessere del paziente e non certo la produzione”.
UN’ADOZIONE TARGATA “CASA PEREZ”
Gli oggetti realizzati sono di uso quotidiano come portamestoli, cornicette, attaccapanni, portabustine, bomboniere… (vedi foto). Con i proventi del mercatino gli “artigiani” acquistano il materiale necessario alla produzione e vanno 3-4 volte all’anno a mangiare una pizza nel mondo “di fuori”. Inoltre grazie a questi piccoli ricavi c’è un importantissimo risvolto benefico, in quanto il gruppo del Laboratorio sostiene da alcuni anni un’adozione a distanza di un bimbo in Romania, raggiunto grazie all’associazione Don Calabria Missioni Onlus e in particolare al religioso calabriano fratel Gian Carlo Conato.
PICCOLE PROVE DI NORMALITA’
“Dietro ad ogni oggetto realizzato c’è una grande fatica e questo rende ancora più prezioso il Laboratorio – dice Marinela Braho, caposala di Casa Perez – d’altra parte non bisogna dimenticare che con questi ospiti è molto difficile fare programmi in quanto la loro patologia fa sì che ogni giorno si debbano affrontare molte incognite e situazioni imprevedibili. E’ faticoso ma indubbiamente ne vale la pena“.
Riguardo all’importanza “terapeutica” del Laboratorio interviene l’altro educatore Florio Guardini. “Gli ospiti quando sono qui si concentrano su un obiettivo costruttivo, distogliendo la mente da pensieri che spesso sono distruttivi a causa delle loro patologie. In tal senso è molto importante porsi degli obiettivi e perseguirli, per quanto piccoli. E’ un po’ un ritorno alla normalità per loro, magari recuperando abilità che avevano prima di cadere nella patologia psichiatrica”. Come nel caso di Mario (nome di fantasia, ndr) che ha riscoperto il suo passato di tornitore, oppure Adolfo che era un insegnante e ha girato il mondo e qui ha scoperto una passione per la pittura.
Casa Perez fa parte dell’area socio-sanitaria della Cittadella della Carità insieme a Casa Clero e Casa Nogarè. Venne inaugurata nel novembre 1984, proseguendo e potenziando l’attività di accoglienza per persone con disabilità psichica che l’Opera Don Calabria aveva già iniziato fin dal 1946 in una casa a Porto San Pancrazio, nel comune di Verona. Fin dalla fine degli anni Ottanta agli ospiti della Casa vennero proposte iniziative di tipo laboratoriale, sostenute in particolare dai religiosi don Emilio Comuzzi e fratel Giacomo Cordioli.
Oggi oltre al Laboratorio sono portate avanti molte altre attività per gli ospiti come pomeriggi musicali, cineforum, lettura, realizzazione di un giornalino, preparazione del Vangelo della domenica con Suor Rosa Santina, festa dei compleanni una volta al mese, memory.
matteo.cavejari@sacrocuore.it
Un Natale di comunione per accogliere gli ammalati come si accoglie Gesù
Il Casante dell’Opera Don Calabria, padre Miguel Tofful, nel suo messaggio natalizio chiede a tutti gli operatori della Cittadella della Carità di pregare per il XII Capitolo Generale della Congregazione che si svolgerà nella primavera 2020
Un Natale da vivere nel segno della comunione per creare rapporti veri di fraternità nella vita quotidiana. Comunione che, all’interno dell’ospedale, significa prima di tutto “vicinanza” agli ammalati e “umanizzazione delle cure”. E’ questo il cuore del messaggio natalizio che il Casante dell’Opera Don Calabria, padre Miguel Tofful, rivolge a tutto il personale della Cittadella della Carità di Negrar, agli ammalati e alle loro famiglie.
Proprio il tema della comunione sarà al centro del XII Capitolo dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, in programma nella primavera 2020, evento per il quale il Casante chiede un particolare ricordo e una preghiera in occasione di questo Santo Natale 2019.
Riportiamo alcuni passaggi del messaggio di padre Tofful, mentre in allegato si può leggere integralmente il testo da lui presentato lo scorso 18 dicembre a Negrar durante il tradizionale incontro con i collaboratori dell’ospedale (vedi messaggio integrale). In videogallery, infine, è disponibile il video-messaggio di auguri che il Casante rivolge a tutta la Famiglia dell’Opera Don Calabria nel mondo (vedi video).
LE PAROLE DEL CASANTE
“Sia questo il nostro augurio di Natale: che tra noi, famiglia calabriana, che nei nostri rapporti tra Fratelli, Sorelle e Laici, l’Emmanuele possa abitare. Sia Natale nei nostri cuori, nelle nostre relazioni, nei nostri volti, nel nostro lavoro. Sia gioia e pace nelle nostre famiglie, nella Cittadella della Carità … Sia Dio con noi, sia Dio in noi, sia Dio tra noi! “E venne ad abitare in mezzo a noi” si trasformi nel “continui ad abitare in mezzo a noi” attraverso la vicinanza che si fa prossimità di chi incontriamo, a ridurre le distanze di qualunque natura, in nome di una umanizzazione che può davvero parlare a chiunque e in qualunque situazione.
Questo Natale aiuti tutti noi a vivere un rapporto di unità e comunione con Colui che nella sua umanità ci ha fatto partecipi della sua divinità, realizzando per noi il suo piano di salvezza. […]
Finalmente, colgo l’occasione per chiedere a tutti voi di accompagnare con la preghiera il percorso che stiamo facendo in preparazione al XII capitolo generale, che celebreremo in Aprile del prossimo anno, ed ha come tema “la profezia della comunione”. Alla base di questa profezia c’è l’azione dello Spirito Santo, motore e sorgente di ogni unità e condivisione. Chiediamo perché lo Spirito possa costruire una storia nuova, rinnovando le nostre relazioni e il nostro modo di essere Famiglia Calabriana nella Chiesa, perché sia testimonianza luminosa della Paternità di Dio.
Concludo questa mia riflessione e condivisione, desiderando veramente che il Natale ci doni la capacità contemplativa per scoprire Gesù che abita in mezzo a noi e ci chiama ad essere strumenti di comunione vivendo e annunciando il carisma dell’Opera che Dio ci ha donato. Ringrazio di cuore ciascuno di voi per il vostro servizio e missione nella Cittadella della Carità. Auguro a tutti voi e alle vostre famiglie un Buon e Santo Natale! Dio vi benedica. Grazie”. (Padre Migue Tofful)
* In copertina: opera realizzata nell’atelier di Arteterapia del Dipartimento di Riabilitazione dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore – Don Calabria. L’autrice è Valeria, paraplegica a seguito di una patologia.