BPCO: al "Sacro Cuore" si sperimenta un vaccino che previene le bronchiti

Sono 11 i pazienti sottoposti alla somministrazione all’interno di uno studio scientifico internazionale che ha lo scopo di sperimentare un vaccino per prevenire le pericolose riacutizzazioni in pazienti affetti da BPCO

Sono unidici i pazienti dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria che partecipano volontariamente alla sperimentazione di un vaccino che, se si dimostrerà efficace, cambierà radicalmente la qualità di vita, aumentandone anche la sopravvivenza, a circa il 10% della popolazione mondiale. Tante infatti sono le persone affette da Broncopneumopatia Cronico Ostruttiva (BPCO), una patologia caratterizzata da un’ostruzione bronchiale, quindi da difficoltà respiratoria più o meno grave.

 

Nella sperimentazione sono coinvolti centri spagnoli, belgi, canadesi, francesi, tedeschi, inglesi e statunitensi. Per quanto riguarda l’Italia, il centro coordinatore è il Policlinico di Milano, ma hanno aderito anche l’Azienda ospedaliera di Parma e l’ospedale San Gerardo di Monza. La Pneumologia, diretta dal dottor Carlo Pomari, è il Centro che finora ha sottoposto il maggior numero di pazienti al vaccino e la sperimentazione non è ancora conclusa. Finora non sono state registrate reazioni avverse.

 

Il vaccino – prodotto dalla Glaxo Smith Kline – ha l’obiettivo finale di rendere immuni i soggetti affetti da BPCO dai vari ceppi di Haemophilus Influenzae e di Moraxella catarrhalis, i batteri responsabili delle frequenti riacutizzazioni, cioè delle infezioni alle vie aeree nelle persone colpite dalla patologica cronica. Sono proprio le riacutizzazioni (in genere bronchiti) la causa principale della cattiva qualità di vita del paziente e la maggiore voce della spesa sanitaria e sociale per quanto riguarda la BPCO.

 

Spesa stimata in Europa intono al 56% (38,6 miliardi di euro) del costo totale delle malattie respiratorie, dovuta soprattutto a costi diretti (farmaci, ospedalizzazioni…) e a costi indiretti (numero di giornate lavorative perse). Senza contare che la BPCO, anche a causa dell’inquinamento e di scorretti stili di vita, è in fortissimo incremento: l’Oms ha stimato che nel 2020 le malattie respiratorie croniche ostruttive saranno la terza causa di morte, dopo le patologie cardio-vascolari e i tumori.

 

Possono partecipare alla sperimentazione uomini e donne con BPCO da moderato (stadio 2) a grave (stadio 4), secondo il grado di ostruzione rilevato dalla spirometria. Inoltre devono essere pazienti che nel corso dell’ultimo anno siano stati sottoposti ad almeno un ciclo di antibiotico e cortisone a causa della riacutizzazione dei sintomi della BPCO, cioè tosse, dispnea, peggioramento della espettorazione (da mucosa a purulenta) accompagnata, ma non sempre, da febbre. A volte possono comparire anche bronchiti e polmoniti radiologicamente dimostrate.

 

Ai pazienti idonei viene consegnato un diario elettronico (una sorta di smartphone) attraverso il quale ogni giorno vengono somministrate delle domande per comprendere se la patologia è stabile. Dopo almeno due cinque giorni di corretta compilazione (la capacità di saper usare il dispositivo elettronico è uno dei criteri di inclusione nello studio) viene somministrata la prima dose di vaccino. Segue la seconda somministrazione a distanza di due mesi. Poi il paziente verrà seguito per un anno.

 

 

Se questa prima fase di sperimentazione – che ha lo scopo di testare la non tossicità del farmaco e la sua capacità di indurre la risposta immunitaria in soggetti affetti dalla malattia cronica – produrrà risultati positivi, il vaccino sarà testato con studi che coinvolgeranno un numero più rilevante di pazienti.

 

La Pneumologia del “Sacro Cuore Don Calabria” ha effettuato nel 2017 circa 5mila visite ambulatoriali, il 70% delle quali ha riguardato pazienti con BPCO di cui circa la metà nuovi casi. Inoltre è impegnata dal 2005 in iniziative scientifiche mirate a prevenire lo sviluppo delle malattie respiratorie croniche ostruttive nella popolazione generale.


Il dottor Luigi Giacopuzzi e l'ospedale di Negrar: un legame lungo 40 anni

E’ andato in pensione il direttore del Dipartimento di Anestesia, Terapia Intensiva e Terapia Antalgica: “Il senso di questi quattro decenni? La guarigione di quei pazienti che ho temuto di perdere”

E’ un ristorante della Lessinia lo scenario del primo incontro tra l’ospedale di Negrar e un giovane Luigi Giacopuzzi, che dopo 40 anni di servizio al “Sacro Cuore Don Calabria”, di cui 20 come direttore del Dipartimento di Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica, dal 1° luglio ha lasciato il testimone di primario al dottor Massimo Zamperini, medico anestesista a Negrar dal 2001.

“Dall’età di 16 anni ho sempre lavorato nei fine settimana e durante i mesi estivi per mantenermi agli studi – racconta il dottor Giacopuzzi con gli occhi lucidi del ricordo -. Mi avevano preso come cameriere in un ristorante sulle montagne veronesi dove venivano molto spesso a pranzo o a cena, con le mogli, il dottor Pierluigi Collavo e il dottor Gastone Orio, allora rispettivamente direttore amministrativo e direttore sanitario dellospedale. Quando vennero a sapere che stavo studiando Medicina mi dissero di andarli a trovare una volta laureato. Non me lo dimenticai. Così fresco di laurea e con la sfacciataggine della gioventù mi presentai a Negrar. Ma non prima di aver obbedito a una condizione del dottor Orio, che era anche primario di Anestesia: ‘Se vuoi venire da noi devi tagliarti i capelli’. Dovetti dire addio alla chioma bionda tipica dei ‘capelloni’ anni Settanta….”.

Il calendario segnava 1 gennaio 1977 e il dottor Giacopuzzi incominciava a lavorare a Negrar seguendo contemporaneamente i corsi della Specialità a Borgo Roma come era consentito a quei tempi. “Erano gli anni in cui l’Anestesia come disciplina medica iniziava a muovere i primi passi – racconta -. Fino a non molti anni prima non esisteva la figura del medico anestesista. Difficile da credere oggi, ma ad occuparsi dell’anestesia e del risveglio del paziente erano le infermiere, in particolare le religiose. Gli anestesisti erano quindi figure ricercate e molto richieste in tutti gli ospedali. Scelsi quello di Negrar per varie ragioni contingenti, ma anche perché rispecchiava i valori nei quali ero cresciuto in famiglia e in ambiente scolastico avendo studiato all’Istituto Don Mazza“.

L’ospedale in cui entrò per la prima volta il dottor Giacopuzzi era solo un embrione del “Sacro Cuore” di oggi. “Era una struttura ospedaliera di provincia che disponeva di sole tre sale operatorie, dedicate a turno all’Urologia, con il dottor Ivano Sigillino, alla Ginecologia, con il dottor Claudio Nenz, alla Chirurgia Generale con il dottor Corrado Castelli e all’Ortopedia con il dottor Segio Godi – continua – Indossavamo il camice alle 8.30 e alle 12.30 avevamo concluso tutti gli interventi. Poi sempre puntuali tutti in mensa! E ci pareva di lavorare tanto… Le liste operatorie – prosegue – sono rimaste invariate nei numeri fino alla metà degli anni Novanta quando in concomitanza con le nuove esigenze e disposizioni regionali è stato avviato un processo di ascesa accompagnato dalla costruzione di un nuovo gruppo di sale operatorie. Oggi – sottolinea il medico – le giornate degli anestesisti iniziano alle 7.30 e si concludono oltre le 20, salvo urgenze. Con 16 sale abbiamo raggiunto un volume di 20mila interventi all’anno. Numeri che descrivono quanto sia cresciuto in pochi decenni l’ospedale di Negrar”.

Nel 1998 il dottor Giacopuzzi viene nominato direttore dell’Anestesia e con il nuovo incarico gli viene affidato anche quello di realizzare la Terapia Intensiva. “Era un passaggio obbligato per lo sviluppo chirurgico dell’ospedale – spiega – perché solo disponendo della Terapia Intensiva si poteva pensare di affrontare in tutta sicurezza interventi chirurgici complessi. Mi recai personalmente nelle migliori strutture ospedaliere italiane e anche straniere, per coglierne da vicino l’efficacia e l’efficienza organizzativa nella diagnosi, cura e terapia del paziente critico, non solo chirurgico. In questo arduo compito mi è stata di notevole aiuto la caposala Germana Pigato che è partita con me fin dall’inizio mettendoci tutto il suo entusiasmo e la sua competenza. Ha plasmato un gruppo di infermieri che ha saputo supportare gli anestestesisti in maniera encomiabile!”.

Attualmente l’attività di Terapia Intensiva e Anestesia è affidata a un’équipe di 23 professionisti, due dei quali dedicati alla Terapia Antalgica. “Se penso che tutto è iniziato con tre medici: il dottor Orio, il suo aiuto, il dottor Carlo Cipriano, purtroppo prematuramente scomparso e che tutti ricordiamo con grande stima ed affetto ed io…. Era proprio un altro mondo, anche perché non disponevamo dei farmaci, dei presidi, delle strumentazioni e delle tecniche, comprese quelle ecografiche, che oggi sembrano una normalità per i giovani anestesisti – afferma il dottor Giacopuzzi -. Esse permettono di assicurare al paziente una maggior sicurezza intraoperatoria e un miglior controllo dei parametri vitali, del decorso e del dolore postoperatorio”.

Ora quel mondo lo osserverà da un’altra prospettiva… “Quando si abita ogni giorno una casa per quarant’anni, lasciarla comporta sempre commozione e nostalgia – sottolinea il dottor Giacopuzzi -. Ma ho avuto la fortuna di poter svolgere il lavoro che volevo fare, in un ambiente per certi versi invidiabile rispetto ad altre realtà, cercando di metterci il maggior impegno possibile… Per questo ringrazio tutti: dall’Aministrazione, che mi ha dato fiducia per tutti questi anni, ai miei colleghi e a quelli di tutti i reparti e servizi con cui ho collaborato per raggiungere importanti obiettivi e dare le migliori cure al paziente. Mi piace citare in particolare l’ex presidente fratel Mario Bonora che mi ha sempre stimato e che, precorrendo i tempi, ha sentito la necessità di creare ‘un ospedale senza dolore’ contribuendo alla creazione della Terapia Antalgica e offrendo un servizio di parto-analgesia 24 ore su 24. Con me porto tanti ricordi e soddisfazioni “.

Due in particolare. “Quando da giovane andavo ai congressi nessuno conosceva l’ospedale di Negrar e un po’ me ne vergognavo. Oggi invece è riconosciuto ovunque come una struttura di eccellenza e per me è motivo di orgoglio. Ma nulla è paragonabile all’emozione che si prova quando un paziente rimasto in terapia intensiva per mesi e a lungo in pericolo di vita ci viene a trovare camminando sulle sue gambe per ringraziarci. È successo anche pochi giorni prima della data del mio pensionamento: quella visita come tante altre simili hanno dato un senso ai miei 40 anni di medico”.

elena.zuppini@sacrocuore.it


Una delegazione dall'Ucraina per studiare le eccellenze del Sacro Cuore

I vertici istituzionali del comune di Vinnytsia sono stati a Negrar per concordare i futuri passi di una collaborazione nata grazie all’iniziativa del Nunzio Apostolico mons. Claudio Gugerotti

Compie un nuovo passo avanti la collaborazione in ambito sanitario tra l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria e la città ucraina di Vynnitsia, situata a circa 260 km dalla capitale Kiev. Alla fine di maggio è giunta infatti a Negrar in visita ufficiale una delegazione del comune ucraino per incontrare i vertici del nosocomio calabriano e valutare insieme le prossime iniziative, anche alla luce della riforma sanitaria che sta entrando in vigore nel Paese ex sovietico.

 

“Siamo qui per studiare il modello organizzativo dell’ospedale di Negrar e portare l’esperienza di questa struttura all’interno dei servizi sanitari gestiti dal nostro comune”, ha detto il presidente del consiglio comunale di Vinnytsia Paulo Iablonsky, che guidava la delegazione. Insieme a lui il vice-sindaco Galina Yakubovych e il dirigente del dipartimento comunale della salute Oleksandr Shysh. Una delegazione di particolare rilievo perché proprio dal comune, nell’organizzazione sanitaria ucraina, dipendono direttamente molti servizi: medici di famiglia, pediatri, alcuni ospedali e poliambulatori.

 

La collaborazione è iniziata circa un anno fa, quando il Nunzio apostolico in Ucraina, il veronese mons. Claudio Gugerotti, ha coinvolto il Sacro Cuore come partner per rispondere alla richiesta delle autorità locali di Vinnytsia che chiedevano un aiuto in campo sanitario. A seguito di ciò, già nei mesi scorsi erano stati in visita a Negrar alcuni medici del City Hospital of Emergency Care, il primo ospedale cittadino, per studiare i reparti di chirurgia, terapia intensiva e pronto soccorso.

 

“Questa visita è molto importante perché dobbiamo capire esattamente quali sono i bisogni delle autorità locali in modo da decidere come proseguire la sinergia”, dice il dottor Carlo Lorenzi, che insieme al dottor Claudio Bianconi coordina il progetto di aiuto per conto dell’ospedale calabriano. “L’idea, anche alla luce di quanto ci siamo detti in questi giorni – aggiunge Bianconi – è che la collaborazione prosegua su un duplice piano: da un lato con un programma di scambi formativi per il personale medico e infermieristico del City Hospital; dall’altro attraverso una consulenza che permetta al comune di Vinnytsia di ottimizzare le procedure, riducendo gli sprechi e migliorando i servizi”.

 

Un primo risultato del progetto si può già riscontrare con l’avvenuta ristrutturazione della terapia intensiva del City Hospital, mentre è in corso quella del pronto soccorso. I dirigenti ucraini in tal senso hanno invitato i medici del Sacro Cuore a visitare nuovamente la loro città, dopo che lo scorso anno era stato in visita il dottor Bianconi. “Vi aspettiamo a Vynnitsia in modo che possiate valutare il lavoro che stiamo facendo e rendervi conto dei bisogni per rendere più efficiente il nostro sistema di salute”, ha detto Iablonsky. Da parte della delegazione ucraina sono arrivati poi i ringraziamenti per il Nunzio Gugerotti che ha ideato la collaborazione e per tutto il personale del Sacro Cuore che nelle giornate di visita si è dimostrato sempre molto disponibile e accogliente. “Questo ospedale ci ha molto colpito per la quantità di prestazioni che offre, per la qualità dei servizi e per le grandi dimensioni – ha concluso il presidente del consiglio comunale – Sicuramente torniamo a casa con molte idee nuove. Adesso abbiamo tanto da lavorare…”.

matteo.cavejari@sacrocuore.it

*Nella foto di copertina: una panoramica di Vinnytsia

** Nella foto in gallery: la delegazione ucraina insieme ai rappresentanti del Sacro Cuore


Attenzione ai morsi di zecca: sono in crescita e con essi le patologie che ne derivano

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Esperti a confronto venerdì in un convegno del Centro per le Malattie Tropicali di Negrar sull’epidemiologia e le principali manifestazioni cliniche delle malattie trasmesse dalle zecche in Italia e in area tropicale.

Con l’inizio della bella stagione è in continuo aumento il numero delle persone che anche nel Veronese si recano al Pronto Soccorso lamentando un morso di zeccaall’ospedale di Negrar dall’aprile scorso fino al 21 giugno si sono registrati complessivamente in media quasi due accessi al giorno. Un fenomeno dovuto al proliferare delle zecche causato probabilmente dall’aumento della temperatura invernale che facilita così il prolungamento del ciclo vitale di questi aracnidi.

 

Parallelamente aumentano i casi di malattia di Lyme e di encefalite da zecca-TBE, le principali patologie trasmesse dalle zecche nel Triveneto, considerato dagli studi veterinari la zona in Italia con la maggiore presenza di zecche infette. Numeri in crescita ma sottostimati per patologie che se trascurate possono colpire il sistema nervoso centrale e altri organi principali, con conseguenze invalidanti.

 

Proprio l’approfondimento dell’epidemiologia e delle manifestazioni cliniche delle malattie trasmesse dal morso di zecca sono i principali obiettivi del convegno che si terrà venerdì 29 giugno alla Gran Guardia, organizzato dalla dottoressa Anna Beltrame del Centro per le Malattie Tropicali dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, diretto dal professor Zeno Bisoffi, centro di riferimento regionale, insieme all’ospedale di Belluno, per la malattia di Lyme.(vedi programma)

 

Il simposio si pone anche il fine di creare un gruppo di lavoro degli infettivologi del Triveneto per la stesura di un “vademecum” sulla gestione del morso di zecca e delle malattie che ne derivano. Ad oggi non esistono linee guida italiane che indichino una procedura unica su come togliere una zecca, su quali informazioni ed indicazioni dare a un paziente, quali terapie adottare nel caso di manifestazione dell’infezione nel momento acuto o nell’insorgenza di sintomi tardivi. Altro obiettivo del gruppo è creare una mappatura delle aree montane a rischio, ottenibile da studi effettuati analizzando le zecche ma anche dalle notifiche dei casi umani di malattia, grazie ad una collaborazione tra veterinari e medici.

 

Relatore d’eccezione del Congresso sarà il professor Didier Raoult, dell’Università Aix-Marseille di Marsiglia, il massimo esperto mondiale di rickettsiosi, patologia che si credeva fino a poco tempo fa diffusa in Italia solo nelle regioni centro-meridionali ed insulari per la presenza di zecche infette. Recentemente studi entomologici hanno rilevato zecche infette da altre rickettsie (il battere che provoca la rickettsiosi) anche nelle aree rurali del Triveneto, il cui morso causa sull’uomo manifestazioni cliniche completamente diverse da quelle finora conosciute.

 

Numerosa la presenza come relatori di specialisti provenienti dal Friuli Venezia Giulia dove a partire dal 2003 è stata avviata una capillare campagna di informazione-prevenzione tra la popolazione sulle conseguenze del morso di zecche e nel 2012 è stato introdotto gratuitamente per i residenti il vaccino per la TBE.

 

Il pomeriggio del 29 giugno sarà dedicato alla malattie trasmesse dalle zecche in area tropicale, un tema che coinvolge anche gli specialisti italiani visto l’incremento dei flussi turistici e migratori.


Il laser che cura le vene varicose senza bisturi

Il dottor Paolo Tamellini, chirurgo vascolare, spiega in un video in cosa consiste la tecnica laser per la cura delle disfunzioni funzionali della grande e della piccola safena

Non solo bisturi, ma quando è possibile la terapia chirurgica delle vene varicose (grande e piccola safena e rami collaterali) si serve di tecniche mini-invasive che consentono al paziente di ritornare a svolgere le normali attività quotidiane anche nelle ore immediatamente successive all’intervento, senza riportare antiestetiche cicatrici (vedi articolo).

Come la tecnica che utilizza il laser, spiegata nel video allegato dal dottor Paolo Tamellini, medico chirurgo della Chirurgia Vascolare, dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria, diretta dal dottor Antonio Janello.


In sala operatoria "guidando" un'automobilina elettrica

Si chiamano “Oto” e “Rino” e sono due automobiline elettriche con cui i bambini dell’Orl si recano in sala operatoria indossando una maglietta speciale del Parco Natura Viva: così la paura dell’intervento se ne va e tutto diventa un gioco

In sala operatoria con un insolito outfit, direbbero gli esperti di moda: una maglietta firmata Parco Natura Viva con ritratta la figura di un simpatico animale, accompagnati da medici ed infermieri con addosso una felpa dello stesso genere (nella PhotoGallery). Se poi in sala ci si arriva con una automobilina elettrica superaccessoriata anche un momento carico di tensione per qualsiasi età può diventare un gioco.

 

E’ quanto accade nell’Unità Operativa Complessa di Otorinolaringoiatria, diretta dal dottor Sergio Albanese, grazie alla collaborazione con l’oasi faunistica di Bussolengo e alla generosità della coordinatrice infermieristica Marina Vanzetta, da sempre anima del progetto dedicato ai giovanissimi pazienti ricoverati soprattutto per interventi di tonsillectomia, adenoidectomia e piccoli trattamenti chirurgici all’orecchio.

 

Un percorso iniziato nel 2008 e pensato affinché la permanenza in ospedale non diventi fonte di stress e di preoccupazione per i bambinima nemmeno per i loro genitori. Bambini che ogni anno si recano in tanti al quinto piano dell’ospedale Sacro Cuore: nel 2017 l’ORL ha effettuato 2.110 ricoveri, di cui 522 pediatrici.

 

“E’ un progetto che abbiamo avviato consegnando ai bambini durante la visita di programmazione dell’intervento dei libretti adatti alla loro età, in cui con un linguaggio semplice e con illustrazioni divertenti viene spiegato in cosa consiste il loro problema medico e come verrà affrontato”, spiega il dottor Alberto Fraccaroli, responsabile della Sezione di Chirurgia pediatrica dell’ORL.

 

Successivamente l’attenzione si è spostata sulle altre fasi del ricovero: l’applicazione di una crema anestetica per contrastare il dolore del prelievo di sangue nel corso del pre-ricovero; la possibilità di attendere le visite del chirurgo e dell’anestesista nella sala giochi allestita in reparto; la presenza dei genitori fino alla pre-sala operatoria; la degenza in stanze colorate con alle pareti disegni che ricordano il mare e la jungla; trattamenti di analgesia post operatoria per controllare il dolore; la visita dei clown in stanza nelle ore successive all’intervento.

 

E da poche settimane a tutto questo si sono aggiunte due automobiline elettriche dalla targa personalizzata, “Oto” e “Rino”, sulle quali i bambini “sfrecciano” fino in sala operatoria con addosso le magliette donate dal Parco Natura Viva, l’importante centro di tutela delle specie minacciate di estinzione.

“Ringrazio personalmente il direttore del Parco, Cesare Avesani, per la collaborazione a questa iniziativa e la coordinatrice infermieristica – sottolinea il dottor Albanese -. Il nostro intento è quello di rendere meno traumatica possibile la permanenza dei bambino in ospedale e quindi dei loro genitori. Sono mamma e papà che vivono maggiormente l’ansia del ricovero e dell’intervento. Per questo in reparto abbiamo allestito un cartellone fotografico che spiega dettagliatamente tutto il percorso fisico e temporale dalla stanza alla sala operatoria fino al ritorno in stanza del loro figlio. Questo consente loro di vivere più serenamente le ore di attesa che appaiono infinite“.


Nell'alternanza scuola-lavoro s'impara a salvare vite

Gli istruttori del Centro di Formazione IRC dell’Ospedale hanno formato 24 ragazzi di un liceo cittadino che a loro volta sono andati nelle scuole e nei grest ad insegnare le manovre di rianimazione cardipolmonare

L’ultimo appuntamento di questo inizio d’estate sarà domani, lunedì 18 giugno, al Grest della parrocchia di San Zeno, lo storico rione veronese. Gli istruttori del Centro di Formazione IRC (Italian Resuscitation Council) dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria faranno però solo da supervisori: ad insegnare le manovre di rianimazione cardiopolmonare ai ragazzini di quinta elementare e della prima e seconda media ci penseranno ventiquattro ragazzidella terza classe del Liceo Fracastoro che, nell’ambito di un progetto di alternanza scuola-lavoro, hanno ottenuto il brevetto di istruttori non sanitari di BLSD. Un acronimo che significa Basic Life Support and Defibrillation e indica quelle manovre salvavita, compreso l’uso del defibrillatore automatico, che se vengono attuate prontamente in caso di arresto cardiaco salvano appunto la vita.

 

I giovani istruttori non saranno alla loro prima esperienza: hanno già insegnato come si attua correttamente un massaggio cardiaco a un centinaio di studenti della scuola media di Parona e a cinquanta dell’Istituto comprensivo Pertini del Salval. Poi si sono recati nella parrocchia di Santa Maria Regina, in via Pancaldo, per “istruire” un centinaio di animatori del Grest, ragazzi che andavano dalla prima alla quarta superiore. Adesso è la volta del Grest di San Zeno.

Il progetto di alternanza scuola-lavoro in un ambito così particolare s’inserisce in un’iniziativa più ampia, promossa dalla campagna europea “Kids save live” (patrocinata dall’OMS) e che da anni è portata avanti in Italia all’IRC. “Il nostro intento è quello di introdurre l’insegnamento della rianimazione cardio-polmonare nei programmi scolastici delle scuole italiane – spiega il dottor Marco Boni, responsabile del Centro IRC di Negrar -. La letteratura medica spinge con forza a divulgare la cultura della rianimazione tra i ragazzi delle medie e delle superiori, per addestrare il maggior numero di persone a soccorrere le vittime dell’arresto cardiaco approntando le manovre rianimatorie di base nei primi attimi dell’evento”.

 

In Danimarca i corsi BLSD sono stati introdotti nelle scuole già nel 2001. Questo ha fatto sì che in dieci anni le rianimazioni con esisti positivi effettuate da testimoni dell’arresto cardiaco siano passate da una percentuale del 21,1% al 44,9%, triplicando così la sopravvivenza di tali pazienti (dal 2,9% al 10,2%). In Italia la percentuale di soccorso da parte di persone presenti sul luogo dell’evento è del 15%, nonostante il 70% degli arresti cardiaci avvenga in presenza di qualcuno. “L’arco di tempo per scongiurare il decesso o esiti altamente invalidanti provocati dall’arresto cardiaco è di tre o quattro minuti. Difficilmente l’ambulanza può giungere sul posto così velocemente”, sottolinea il dottor Boni.

 

Il progetto proposto al liceo Fracastoro prevedeva due step. Il primo finalizzato al conseguimento della certificazione ufficiale di un corso BLSD organizzato da istruttori IRC con il superamento di un test teorico finale e una prova pratica di rianimazione su manichino. Il secondo era rivolto ai ragazzi che in possesso dei requisiti minimi e sufficientemente motivati avessero voluto proseguire per diventare istruttori. Il perfezionamento del percorso di istruttori è proseguito con due affinacamenti a istruttori esperti in corsi ufficiali IRC per poi iniziare autonomamente ad istruire nelle scuole e nelle altre sedi. La durata dell’intero percorso per l’anno scolastico appena concluso era di 30 ore obbligatorie; altre 20 opzionali equamente divise per il prossimo anno scolastico e quello successivo.


Parte la causa di beatificazione di don Luigi Pedrollo

Domenica 17 giugno con una S. Messa a San Zeno in Monte si aprirà ufficialmente la fase diocesana dell’inchiesta per portare agli altari il primo successore di san Giovanni Calabria che ebbe un ruolo importante anche nello sviluppo del “Sacro Cuore”

Si apre ufficialmente la fase diocesana della causa di beatificazione di don Luigi Pedrollo, che fu per oltre 40 anni il più stretto collaboratore di don Calabria e dopo la sua morte ne raccolse il testimone alla guida dell’Opera da lui fondata. La cerimonia di apertura è prevista per la mattinata di venerdì 15 giugno in curia a Verona, alla presenza del vescovo mons. Giuseppe Zenti, del Superiore generale dell’Opera padre Miguel Tofful e dei membri designati dal vescovo per far parte del Tribunale diocesano.

 

L’apertura pubblica della causa avverrà invece domenica 17 giugno alle 10,30 con una S. Messa presieduta dal vescovo a San Zeno in Monte, presso la Casa Madre dell’Opera.

 

Don Pedrollo fu chiamato a guidare l’Opera subito dopo la morte del fondatore, avvenuta nel dicembre 1954. Proprio sotto la sua guida venne costruito l’ospedale geriatrico dedicato a don Calabria. La prima pietra del geriatrico venne posta il 17 giugno 1955 dopo che il Consiglio generale presieduto da don Pedrollo diede l’approvazione definitiva. Negli anni successivi il primo successore di don Calabria seguì da vicino i progressi nei lavori a Negrar (vedi foto 1), fino all’inaugurazione avvenuta il 12 settembre 1958 con la benedizione dell’allora vescovo di Verona mons. Giovanni Urbani.

 

Negli anni trascorsi da Superiore generale, fino al 1967, don Pedrollo dimostrò grande carisma e capacità organizzativa. In particolare fu lui ad aprire l’Opera alle missioni, nel 1959, realizzando un antico sogno di don Calabria. Fu sempre lui, inoltre, a dare nuovo impulso all’UMMI (Unione Medico Missionaria Italiana), ente di cooperazione internazionale che ha tuttora la sede nella Cittadella della Carità (vedi foto 2).

 

“È una grande gioia l’apertura di questa causa – dice padre Miguel Tofful, Superiore generale della Congregazione calabriana – don Luigi Pedrollo ha avuto un ruolo fondamentale nella nascita e poi nella continuazione dell’Opera. Ha incarnato la figura del prete “apostolico” così come l’aveva concepita don Calabria: umile, attento ai poveri, innamorato del Vangelo e con una fiducia incrollabile nella Provvidenza”.

 

La fase diocesana della causa di beatificazione prevede che i membri del tribunale designati dal vescovo, in questo caso guidati da don Tiziano Bonomi, prendano in esame i documenti scritti da don Pedrollo e ascoltino le testimonianze di chi lo ha conosciuto, così da verificare se abbia esercitato in modo eminente le virtù teologali e cardinali. Se alla fine il responsabile incaricato dal vescovo darà parere favorevole, tutto il materiale passerà a Roma all’esame della Congregazione delle Cause dei Santi. Se anche qui il parere sarà favorevole, il Papa potrà decidere che il Servo di Dio venga dichiarato Venerabile. A quel punto ci sarà la fase più delicata, in quanto per la beatificazione dovrà essere riconosciuto un evento miracoloso, come una guarigione inspiegabile, attribuibile all’intercessione del Venerabile.


Endometriosi profonda: quei segnali svelati dall'ecografia transvaginale

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Si tiene al “Sacro Cuore Don Calabria”, la seconda edizione del corso avanzato di Diagnostica ecografica dell’endometriosi pelvica per fornire anche allo specialista ambulatoriale gli strumenti per diagnosticare precocemente la malattia

Se l’evoluzione in senso bi e tridimensionale dell’ecografia trasvaginale ha rivoluzionato la diagnostica dell’endometriosi profonda, a fare la differenza è ancora l’occhio attento dello specialista. A lui spetta il compito, aiutato dalla tecnica, di saper scorgere i “campanelli d’allarme” di un endometrio (la cui sede naturale è l’utero) infiltrato in organi come le ovaie, le tube, l’intestino, l’apparato urinario e perfino i nervi che hanno origine nella parte terminale della colonna vertebrale. Condizione che se protratta nel tempo richiede trattamenti chirurgici demolitivi, al fine di migliorare la qualità di vita della paziente, compromessa da anni di dolori invalidanti dovuti all’improprio sfaldamento del tessuto endometriale dentro l’addome e la pelvi durante le mestruazioni.

Proprio la corretta diagnostica ecografica di una malattia, che colpisce solo in Italia 3 milioni di donne, è al centro della seconda edizione del corso avanzato che si tiene venerdì 12 ottobre all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. La giornata di studio è organizzata dal dottor Marcello Ceccaroni, direttore del Dipartimento per la tutela della salute e della qualità di vita della donna, O.U.C. Ostetricia e Ginecologia-International School of Surgical Anatomy , di Negrar, e dal dottor Luca Savelli del Policlinico Universitario Sant’Orsola-Malpighi di Bologna.

 

Anche quest’anno il programma prevede gli interventi degli specialisti, seguiti da collegamenti in diretta con gli ambulatori di ecografia e con le sale operatorie, per favorire la correlazione tra gli aspetti ecografici e anatomici degli stessi casi. Tra i relatori anche la professoressa Lil Valentin, della Malmo University (Svezia), una delle più grandi ricercatrici mondiali nel campo dell’ecografia per la diagnosi di endometriosi ed oncologica (vedi programma).

 

“Il nostro obiettivo è quello di fornire anche allo specialista ambulatoriale gli strumenti per diagnosticare precocemente l’endometriosi profonda – sottolinea il dottor Ceccaroni -. Si tratta di una malattia complessa che molto spesso si ‘svela’ solo se si va oltre a una falsa apparenza di normalità dei tessuti. Se non fosse così, le stime non direbbero che trascorrono in media sette anni dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi. In mezzo giorni e giorni di sofferenza, fertilità spesso compromessa e spese enormi per il servizio sanitario nazionale a causa di esami strumentali inutili, quando è sufficiente un’ecografia trasvaginale. Il nostro centro dispone della più alta casistica internazionale di interventi per endometriosi severa (1.500 all’anno) e il 70% delle pazienti che giungono da noi hanno avuto una diagnosi sbagliata o sono state considerate sane”.

 

Per migliorare la diagnostica dell’endometriosi, l’ospedale di Negrar ha acquisito un nuovo software (“Fly-Thru”) che, tramite l’elaborazione di immagini ottenute mediante l’ecografia 3D, consente la ricostruzione virtuale della cavità uterina senza ricorrere ad esami invasivi come l’isteroscopia. Tramite questa tecnica è possibile studiare anche il volume delle tube, la cui riduzione o aumento può essere un segnale di malattia endometrica.

Durante il corso verrà illustrata metodica dello studio ecografico per endometriosi con riferimento ai segni ecografici certi e ai cosi detti “soft markers” – segni sospetti per la presenza di endometriosi. Questi segni di endometriosi ovarica, profonda e peritoneale possono essere valutati secondo lo schema IDEA – proposto nello studio multicentrico internazionale nel quale è coinvolto anche il Dipartimento diretto dal dottor Ceccaroni – che studia il ruolo dell’ecografia nella diagnosi dell’endometriosi e nella sua stadiazione ecografica.


Metastasi spinali: il "Sacro Cuore" ospedale pilota in Europa con un'innovativa radioterapia

Inaugurato ufficialmente un nuovo sistema di radioterapia dedicato alle metastasi della colonna vertebrale che ha l’obiettivo non solo di ridurre il dolore, ma di eliminare le lesioni quindi di incidere sulla sopravvivenza del paziente

In occasione della Festa patronale del Sacro Cuore, che si celebra oggi, è stato inaugurato ufficialmente all’ospedale di Negrar un innovativo sistema di Radioterapia per le metastasi alla colonna vertebrale, utilizzato per la prima volta in Europa nell’aprile scorso proprio dalla Radioterapia Oncologica del Sacro Cuore, diretta dal professor Filippo Alongi.

Alla presentazione sono intervenuti il presidente dell’ospedale calabriano, fratel Gedovar Nazzari, l’amministratore delegato, dottor Mario Piccinini, il direttore sanitario, dottor Fabrizio Nicolis, e naturalmente il professor Alongi che ha illustrato il valore aggiunto di questo nuova terapia a cui sono già stati sottoposti dieci pazienti. Più tardi anche l’assessore alla Sanità della Regione Veneto, Luca Coletto, ha voluto rendersi conto di persona della nuova opportunità per molti pazienti con tumore avanzato.(nella video Gallery le interviste e nella PhotoGallery alcune immagini della mattinata).


Novalis-Elements Spine SRSL

L’innovativo trattamento si basa su un software – Novalis-Elements Spine SRS – integrato all’acceleratore lineare TrueBeam. Il sistema è in grado di ricostruire l’anatomia della vertebra colpita dalla lesione tumorale fondendo le immagini di TAC e Risonanza Magnetica, e quando è necessario anche quelle della PET. Ma la vera particolarità di questo software è che esso individua con precisione millimetrica il segmento malato della vertebra e la regione vertebrale dove potrebbe propagarsi la malattia, (comparti ossei della vertebra), procedimento che prima veniva realizzato “manualmente” dal medico specialista in Radioterapia. In altre parole Novalis-Elements Spine SRS amplia informaticamente le competenze dello specialista migliorando l’accuratezza del trattamento, in modo tale da permettere di concentrare sul target tumorale un’alta dose di radiazioni, senza interessare il midollo spinale, situato a pochi millimetri dalla metastasi. Una differenza sostanziale rispetto alla radioterapia tradizionale, che non consentendo una tale precisione si limita a un trattamento palliativo, cioè all’irradiazione a basse dosi dell’intera vertebra per prevenire (o ridurre) il sintomo dolore e la frattura vertebrale che potrebbe causare la metastasi e non per eliminare la lesione tumorale. L’irradiazione a basse dosi è necessaria per non danneggiare il midollo spinale e quindi non compromettere le terminazioni nervose che regolano la mobilità degli arti. Con il nuovo software la radioterapia diventa radiochirurgia, comportandosi come il bisturi del chirurgo, ma in maniera totalmente non invasiva, senza richiedere nessuna forma di sedazione.

Cosa sono le metastasi alla colonna vertebrale

Le metastasi sono gruppi di cellule maligne che si staccano dal tumore originario e vanno, attraverso il sangue e le vie linfatiche, a collocarsi in organi diversi da quello dove si è formato il cancro. Le metastasi, nella maggior parte dei casi, sono tipiche delle fasi più avanzate della progressione del tumore che inizialmente è localizzato, cioè limitato all’organo dove si è formato. Un terzo dei pazienti nel corso della malattia metastatica presenta un coinvolgimento osseo, il 70% dei quali a livello della colonna vertebrale. In particolare le donne colpite da cancro alla mammella e gli uomini affetti da neoplasia prostatica. Dolore e cedimento vertebrale sono i maggiori sintomi, molto spesso invalidanti.

Per chi è indicato il trattamento

Il trattamento è riservato a pazienti selezionati, in buone condizioni generali e affetti al massimo da cinque metastasi (non necessariamente tutte collocate alla colonna) derivanti da un tumore primitivo già curato chirurgicamente e/o farmacologicamente.

Efficacia e risposta del trattamento

L’efficacia sintomatologica, cioè la remissione del sintomo dolore, può avvenire nell’immediato o dopo alcune settimane dalla fine del trattamento. Per quanto riguarda la risposta visualizzabile dalle immagini, si può valutare ripetendo una Risonanza Magnetica o una Pet a partire da 45/60 giorni dalla conclusione della terapia. I risultati dei primi trattamenti saranno presentati dal professor Alongi nel corso della Conferenza europea di Radiochirurgia che si terrà a settembre a Monaco di Baviera.

Il primo paziente

Ad applicare per prima in Europa l’innovativo trattamento è stata la Radioterapia Oncologica dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, diretta dal professor Filippo Alongi, professore associato all’Università di Brescia. Il primo paziente è un uomo con tumore alla prostata già trattato chirurgicamente e con in corso la terapia ormonale. Presentava una sola metastasi a livello lombare che è stata trattata con il nuovo sistema senza effetti collaterali.

La Radioterapia Oncologica del “Sacro Cuore Don Calabria”

La Radioterapia Oncologica del “Sacro Cuore Don Calabria” tratta ogni anno un migliaio di pazienti, il 20% dei quali proviene da altre regioni, in particolare dalle regioni centro-meridionali, ma anche dalla Lombardia e dall’Emilia Romagna, realtà sanitarie qualificate. Si avvale di tre acceleratori lineari, tra cui il Truebeam, che consente l’applicazione di trattamenti ipofrazionati (con durata minore) irradiando alla massima intensità il tumore e risparmiando al tempo stesso i tessuti sani limitrofi. E’ stata la prima al mondo ad utilizzare un’innovativa tecnica di radiochirurgia (HyperArc) che consente di trattare contemporaneamente più metastasi cerebrali in soli dieci minuti. La Radioterapia Oncologica di Negrar è sede della scuola di Specializzazione in Radioterapia dell’Università di Brescia dove il direttore Alongi insegna come professore associato.