Prosegue l'impegno dell'Opera in Ucraina vicino ai bambini sconvolti dalla guerra

Tre centri diurni, una piattaforma educativa online e la distribuzione di aiuti grazie al sostegno dall’Italia. Sono queste le principali attività portate avanti dalla Fondazione Don Calabria Ucraina nelle città di Kharkiv, Cernihiv e Stryi, mentre sempre più bambini e famiglie sono segnati dai traumi provocati dall’invasione russa che prosegue ormai da oltre un anno.

Un anno fa, subito dopo l’invasione russa, anche le attività della Fondazione Don Calabria Ucraina si sono trovate a dover fronteggiare l’emergenza del conflitto (vedi articolo). Grazie agli aiuti provenienti dall’Italia, con progetti sostenuti dall’Opera che hanno visto generosamente impegnato anche il personale del “Sacro Cuore”, gli operatori della Fondazione sono riusciti in questi mesi a dare continuità alla loro attività di aiuto a centinaia di bambini e famiglie in difficoltà, superando enormi problemi.

I collaboratori calabriani sul campo ci riferiscono che in Ucraina la vita prosegue a singhiozzo, seguendo il ritmo dei bombardamenti che a turno colpiscono un po’ tutto il territorio. Qualcuno li chiama con ironia “la discoteca”, perché spesso le bombe arrivano di notte con rumori e luci che ricordano vagamente l’atmosfera tipica di alcuni locali notturni.

Tantissimi sono i profughi interni, fuggiti dalle zone dove si combatte per rifugiarsi in aree solo appena più sicure. Innumerevoli le famiglie divise, i bambini separati dai genitori oppure orfani, le donne sole con i mariti al fronte, gli anziani strappati alle loro case. Si possono solo immaginare i traumi che queste persone hanno affrontato e affrontano ogni giorno, anzi ogni ora perché qui si vive nella precarietà più assoluta, in attesa di una sirena o di un botto che fa crollare il cielo sopra la testa. Con le persone più fragili, come gli orfani e i disabili, che sono doppiamente in difficoltà e molto spesso non possono contare su nessun aiuto.

È in questo contesto che la Fondazione Don Calabria Ucraina è impegnata a dare un sostegno materiale e psicologico a tanti bambini e ai loro genitori. Prima del 24 febbraio 2022 le attività della Fondazione erano concentrate su Kharkiv e si rivolgevano in particolare ai bambini e alle famiglie in difficoltà a causa del conflitto nel Donbass che andava avanti dal 2014. Dopo l’invasione russa dello scorso anno, Kharkiv è stata tra le città più martoriate dai bombardamenti e la maggior parte degli abitanti ha dovuto cercare rifugio altrove. Alcuni operatori della Fondazione si sono trasferiti in altre città ucraine e anche la maggior parte dei bambini sono scappati.

Ma nonostante le gravi difficoltà la Fondazione Don Calabria Ucraina, sostenuta dall’Opera in Italia e da molti benefattori, ha continuato a dare sostegno concreto sul territorio adattandosi alla situazione così mutevole e agli enormi bisogni della popolazione. Attualmente le sedi operative sono tre: a Kharkiv nella parte orientale del Paese al confine con la Russia, a Cernihiv che si trova a 150km a nord di Kiev verso il confine con la Bielorussia, e infine a Stryi, vicino a Leopoli nella parte occidentale a pochi km dalla Polonia.

I centri diurni

In ognuna delle sedi operative è attivo un centro diurno che funziona da lunedì a sabato. Questi centri rappresentano un’oasi per molti bambini che qui possono svolgere attività di formazione e scolarizzazione di base, laboratori, lavori di gruppo. Ma il sostegno più importante è senza dubbio quello psicologico. La guerra comporta lutti, sofferenze, separazioni e traumi difficili da superare. Ecco dunque che gli operatori della Fondazione hanno ritenuto fondamentale proporre momenti di consulenza psicologica per bambini e genitori, gruppi di parola per le madri costrette a emigrare senza i mariti, sessioni di arteterapia dove le persone possono esprimere attraverso l’arte i propri disagi ed elaborare le paure.

Le attività online

Dal momento che uscire di casa è rischioso e non sempre la situazione lo permette, si è pensato di sviluppare anche una proposta di sostegno online. Per questo la Fondazione ha sviluppato una piattaforma educativa dove poter svolgere alcune attività a distanza con i bambini e le consulenze psicologiche rivolte agli adulti. Sulla piattaforma si fanno lavori con gruppi di parola e gruppi di approfondimento su tematiche educative, sessioni di arteterapia, seminari di formazione per operatori e volontari, incontri individuali di supporto ai genitori colpiti dalle ostilità.

La distribuzione di aiuti

Un terzo filone del lavoro eseguito dalla Fondazione è la distribuzione di aiuti, iniziata poco dopo lo scoppio del conflitto per portare generi di prima necessità a coloro che hanno perso tutto. Grazie al materiale arrivato in particolar modo dall’Italia sono stati distribuiti generi alimentari, vestiti e attrezzature educative a decine di famiglie. Ecco un breve riepilogo degli aiuti consegnati nel 2022:

  • acquisto e consegna di alimentari al centro De Paul per i senzatetto e alla stazione di Kharkiv per 40 persone senza fissa dimora
  • acquisto e distribuzione di materiale didattico/educativo (12 scatole da 40 kg ciascuna) per 20 bambini nei rifugi presso le stazioni della metropolitana
  • distribuite a Kharkiv 50 tonnellate di vari generi di prima necessità, quali cibo, prodotti per igiene e vestiti per oltre 4,500 persone
  • acquisto e consegna di 50 pacchi alimentari alla popolazione del villaggio di Rohan, nel distretto di Kharkiv, rimasta sotto occupazione russa nella zona di guerra
  • acquisto e consegna di 50 pacchi alimentari agli sfollati interni di Stryi
  • acquisto e consegna di medicinali di urgenza per 40 persone a Stryi
  • acquisto e consegna di 90 set di biancheria intima e un fornello da cucina per 40 bambini (da 1 a 3 anni) accolti in ospedale a Stryi ed evacuati dalla regione di Zaporizhzia

Le perle dell’Opera

Si calcola che attraverso il progetto portato avanti dalla Fondazione Don Calabria Ucraina in questo anno tremendo di guerra si sia riusciti a raggiungere oltre mille bambini (300 nei centri diurni e 900 nelle attività online), ai quali bisogna sommare 600 adulti dei territori non occupati e circa 80 operatori e volontari che hanno partecipato alle attività di formazione.

Il tutto grazie all’impegno eroico di 9 operatori, tra educatori, psicologi e tecnici, guidati dal coordinatore Ruslan Lavlinskyi, che con competenza e grande sacrificio mantengono un contatto con i bambini e i genitori garantendo una presenza capace di infondere speranza in una realtà dove già sopravvivere ogni giorno è una conquista.


Demenza: un percorso di cura per affrontare la malattia con meno paura

“La demenza da diverse prospettive” è il titolo dell’incontro organizzato  mercoledì 22 marzo alle 16 nella Sala Fr. Perez dell’Ospedale di Negrar dal Centro per i disturbi cognitivi e le demenze e Alzheimer Italia Verona. Il convegno vuole porre anche l’accento sulla possibilità di un percorso di cura che porti ad affrontare la malattia con coraggio senza sentirsi abbondonati e questo grazie a un sostegno medico, sociale e di volontariato. Le iniziative rivolte ai pazienti e alle famiglie del Centro per i disturbi cognitivi e le demenze di Negrar e di Alzheimer Verona

 

Si stima che in tutto il mondo siano 50 milioni le persone che soffrono di demenza, di cui il 60% di malattia di Alzheimer. E poiché uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo della malattia è l’età anziana, si ipotizza che i malati diventeranno 130 milioni nei prossimi 30 anni. Purtroppo non è ancora disponibile una terapia farmacologica efficace nel curare la malattia, esiste tuttavia la possibilità di rallentare l’evoluzione del decadimento cognitivo grazie ai farmaci attualmente disponibili che agiscono in sinergia con strategie e attività finalizzate a preservare le abilità residue del paziente.

Un obiettivo che accomuna il Centro per i disturbi cognitivi e le demenze dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria e Alzheimer Italia Verona, promotori del convegno aperto alla cittadinanza dal titolo “La demenza da diverse prospettive”, in programma mercoledì 22 marzo alle 16 nella Sala Fr. Perez dell’Ospedale di Negrar (clicca qui per il programma)

L’incontro vuole sì sviluppare attraverso l’intervento di vari specialisti (neurologi, psicologi e psicoterapeuti, geriatri e assistenti sociali) la complessità del paziente con decadimento cognitivo, ma vuole porre anche l’accento sulla possibilità di un percorso di cura che porti ad affrontare la malattia con coraggio senza sentirsi abbondonati e questo grazie a un sostegno medico, sociale e di volontariato.

“Demenza senza paura” è infatti il titolo dell’intervento della dottoressa Zaira Esposito, responsabile del Centro di Negrar, che nel 2022 ha effettuato 666 visite di cui 203 con nuovi pazienti. La neurologa affronterà il tema della demenza attraverso l’arte, in particolare con gli autoritratti del pittore statunitense William Utermohlen, affetto da Alzheimer, che ha rappresentato se stesso lungo gli anni della malattia. E con gli scatti del fotografo olandese Alex Ten Napel che immortalano i volti delle persone ammalate. “Si sostiene che la demenza sia una patologia che ruba l’identità alla persona – sottolinea – ma guardando questi visi a nessuno verrebbe in mente che siano uomini o donne senza identità. Anzi, sono persone con tutte le loro caratteristiche, emozioni e risorse inaspettate che noi dobbiamo far emergere”.

A questo scopo il Centro per i disturbi cognitivi e le demenze nel 2015 ha dato vita all’Officina della Memoria, una serie di iniziative che hanno la finalità, anche attraverso l’attività fisica, “di rafforzare le abilità cognitive motorie residue, incrementare l’uso di strategie di compensazione, sempre nell’ottica di aumentare il senso di autosufficienza e benessere sia in persone sane, a scopo preventivo, sia in coloro che hanno dei lievi deficit cognitivi”, spiega la dottoressa Esposito. “Inoltre vengono proposti incontri di formazione per i familiari con lo scopo di trasmettere conoscenze e fornire strategie per prendersi cura al meglio del proprio caro”.

La famiglia è infatti protagonista del percorso di cura del paziente, ma molto spesso, se non sostenuta, rischia anch’essa di ammalarsi a causa del forte impatto della patologia sull’intero sistema di vita familiare. Un tema che nel corso del convegno sarà affrontato dal punto di vista psicologico e medico, ma anche pratico con le indicazioni dell’assistente sociale e la presentazione dei servizi per le famiglie offerti gratuitamente da Alzheimer Italia Verona, l’associazione di volontariato, diretta da Maria Grazia Ferrari. Fondata nel 1998, è presente sul territorio veronese con 17 sedi dove sono attivi centri di sollievo per anziani affetti da decadimento cognitivo che offrono gratuitamente attività di stimolazione cognitiva e occupazionale, ginnastica dolce, musicoterapia, iniziative ludico-ricreative e di socializzazione. Gli incontri sono guidati da psicologi, educatori, fisioterapisti, musicoterapisti e volontari formati, con l’intento di mantenere per il paziente il maggior livello di benessere possibile.


Giornata mondiale del sonno: dormire bene è un pilastro della nostra salute

In occasione della Giornata mondiale del sonno, sabato 18 marzo gli specialisti del Centro di Medicina del sonno dell’IRCCS di Negrar sono a disposizione della cittadinanza per colloqui informali sui vari disturbi che impediscono un buon riposo. L’appuntamento è al Centro diagnostico terapeutico di via San Marco 121 a Verona

Il sonno è essenziale per la salute. Lo slogan coniato per la Giornata mondiale del sonno, che si celebra il 17 marzo, riassume, forse più di altri, l’importanza di un buon riposo per vivere bene. Un principio cardine che da sempre guida anche le attività formative rivolte alla popolazione che il Centro di Medicina del sonno dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria organizza in occasione della Giornata mondiale.

Dottor Gianluca Rossato, neurologia IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dr. Gianluca Rossato

Quest’anno l’appuntamento è per sabato 18 marzo al Centro diagnostico terapeutico di via San Marco 121 (Verona), dove dalle 9.30 alle 12.30 gli esperti del Centro di Negrar, di cui è responsabile il dottor Gianluca Rossato, sono a disposizione dei cittadini per colloqui informali e gratuiti. Non serve la prenotazione.

I tre pilastri della salute: sana alimentazione, esercizio fisico e sonno di qualità

“Il sonno è uno dei tre pilastri della salute insieme all’alimentazione sana e all’esercizio fisico. Un sonno che deve essere valutato anche sotto l’aspetto qualitativo, cioè deve essere continuo e profondo”, spiega il dottor Rossato, alla guida dell’unico del Centro del Veneto certificato Aims (Associazione italiana di medicina del sonno) a cui accedono circa 1500 pazienti all’anno.

Dormire male fa male anche alla linea

Dormire bene, infatti, aiuta la memoria e lo studio, rafforza il sistema immunitario, facilita la liberazione del cervello dalle tossine e l’organismo da virus e batteri. “E’ anche un supporto fondamentale per prevenire il sovrappeso o l’obesità – sottolinea il neurologo – perché non solo il comfort food è un modo per far passare le notti insonni, ma anche perché nel corso della notte il nostro corpo produce l’ormone della sazietà, senza il quale durante il giorno abbiamo più fame e siamo più attratti dai cibi spazzatura”.

Un disturbo del sonno: le gambe senza risposo

Sono tre le patologie del sonno maggiormente responsabili di tutti gli effetti negativi che il cattivo riposo comporta alla nostra salute. La prima è l’insonnia, il disturbo del sonno più diffuso al mondo: si stima che ne soffra il 10% della popolazione. Molto diffusa è anche la Sindrome delle apnee ostruttive, origine della frammentazione del sonno e quindi non solo di gravi conseguenze sulla salute, ma anche causa di molti incidenti stradali e sul lavoro. “Una delle patologie poco conosciute e diagnosticate è la sindrome delle gambe senza riposo – riprende il dottor Rossato -. Circa il 5-7% della popolazione manifesta disagio e irrequietezza agli arti inferiori durante il riposo, tali da non poter dormire. Si tratta di una patologia curabile con farmaci specifici, in grado di cambiare la vita del paziente perché eliminano completamente il disturbo o lo riducono così tanto da consentire al soggetto di riposare”.

Quando rivolgersi allo specialista?

Quando una persona “che fa fatica a dormire” dovrebbe rivolgersi allo specialista? “Si tratta di insonnia nel momento in cui è presente almeno uno dei seguenti tre fattori: difficoltà all’addormentamento, sonno frammentato e risveglio molto presto al mattino – risponde – Se questo avviene almeno tre volte alla settimana nell’arco di un mese siamo in presenza di un insonnia acuta, se invece persiste per oltre tre mesi si tratta di una forma cronica”. E nel caso in cui la sera non si riesca a guardare un film senza crollare sul divano? “Può non significare nulla. Ma se questo viene sommato al fatto che si ha bisogno di riposare al pomeriggio e ci si addormenta quasi sempre durante una riunione o una conferenza allora siamo in presenza di un sonno patologico. Quando la famosa scala di Epworth della sonnolenza segna un punteggio di 11, allora è necessario correre ai ripari”, conclude il dottor Rossato.


Influenza aviaria: "Il virus è sorvegliato a vista, ma per ora non c'è allarme"

Con la moria di molti uccelli selvatici ritorna l’incubo aviaria, soprattutto tra gli allevatori di animali da cortile. Per quanto riguarda l’uomo, finora non sono stati registrati casi di infezione intraumana, ma solo causata da volatili. Tuttavia resta alta l’attenzione della comunità scientifica al fine di monitorare mutazioni del virus A/H5N1 che potrebbero favorire un adattamento dell’agente patogeno nell’uomo. In Italia è nata una rete di Laboratori di virologia e di Istituti zooprofilattici, di cui fa parte anche l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria

Con il decesso di molti gabbiani sulle rive del lago di Garda e su quelle del fiume Adige a Verona, si ritorna a parlare di influenza aviaria, che nel 2005 aveva messo in crisi l’industria avicola italiana a causa di un’epidemia diffusa tra gli animali da cortile. Storica l’immagine del giornalista Lamberto Sposini che in diretta sul Tg di Canale 5 addenta una coscia di pollo per rassicurare gli spettatori (e i consumatori) dell’innocuità della carne di pollame, se consumata cotta (come si dovrebbe fare sempre).

Il timore del salto di specie

Il timore – dopo l’incubo Covid-19 –  è che il virus A/H5N1, responsabile della maggior parte dei focolai di influenza aviaria nel mondo, possa fare il salto di specie (il cosiddetto spillover) e acquisire la capacità di trasmettersi in maniera efficace da persona a persona creando un’ondata pandemica.

Dai volatili selvatici a quelli da cortile

L’influenza aviaria è una patologia altamente contagiosa propria dei volatili selvatici. In particolare le anitre selvatiche sono un serbatoio privilegiato per la diffusione del contagio tra gli animali da cortile.

Trasmissione da animale all’uomo

Dopo il 2005 il virus ha continuato a circolare, provocando un centinaio di decessi di esseri umani, soprattutto bambini, in Paesi –  come la Cina, l’Egitto e la Turchia – dove la promiscuità tra uomini e volatili è molto diffusa.

Il contagio dei mammiferi

Tuttavia a creare allarme anche tra gli esperti è stata la scoperta in Galizia, nell’ottobre del 2022, di una mutazione rara del virus A/H5N1 all’interno di un allevamento di visoni, mutazione che avrebbe favorito l’adattamento del virus ai mammiferi.

Non ci sono casi di trasmissione da uomo a uomo

Di pochi giorni fa, inoltre, la notizia che in Cambogia sono stati segnalati due casi di infezione da A/H5N1 nella stessa famiglia, ma il virus sequenziato dall’Istituto Pasteur di Phnom Penh non presentava le stesse mutazioni favorevoli ai mammiferi come quello dei visoni ed in ogni caso non sembra essersi trattato di un caso di trasmissione da uomo ad uomo, ma si ritiene che entrambi i soggetti abbiano contratto l’infezione da animali infetti.

Parola d’ordine: sorveglianaza
Federico Gobbi, infettivologo IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dr. Federico Gobbi

“Fortunatamente l’A/H5N1 ha caratteristiche tali per cui la trasmissione da volatile a uomo è molto difficile ed è ancora più difficile quella interumana. Non per questo dobbiamo abbassare la guardia”, sottolinea il dottor Federico Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar. “Come ci ha insegnato il Covid-19, i virus mutano – sottolinea – Pertanto occorre rafforzare in primo luogo la sorveglianza nei parchi e negli allevamenti, anche per evitare danni economici ingenti. E’ fondamentale disporre della fotografia di quello che sta succedendo, perché solo così è possibile agire prontamente su eventuali focolai che potrebbero interessare l’uomo. Una delle prime azioni preventive da prendere da parte della popolazione è quella di non toccare mai uccelli moribondi o morti”.

La rete dei laboratori e degli istituti zooprofilattici per monitorare i virus
Dr.ssa Concetta Castilletti

“Il numero di focolai negli uccelli ha subito un’impennata vertiginosa negli ultimi due anni rispetto al totale dei 5 anni precedenti. Sono sempre più frequenti le segnalazioni di casi di infezione da influenza di origine aviaria in mammiferi, questo potrebbe indicare un adattamento del virus a questi ospiti”, dice la dottoressa Concetta Castilletti, responsabile del Laboratorio di Virologia, sempre dell’IRCCS di Negrar. “La comunità scientifica di tutto il mondo monitora molto da vicino questo fenomeno e in Italia – conclude – grazie anche ai finanziamenti relativi del Pnrr è stata potenziata la rete di sorveglianza dei laboratori di ricerca virologica, di cui fa parte anche quello dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria, rete che coinvolge anche gli Istituti zooprofilattici in una reale visione One Health”.


Toxoplasmosi: a rischio non solo la donna in gravidanza, ma anche i viaggiatori

L’IRCCS di Negrar è uno degli autori di uno studio che dopo molti anni traccia una mappatura della Toxoplasmosi in Italia. Dalla ricerca emerge che una percentuale di italiani testati erano positivi a ceppi non autoctoni in Italia – e più pericolosi –  del protozoo responsabile dell’infezione. Si tratta di viaggiatori che nei Paesi a rischio hanno consumato carne cruda o non ben cotta. La Toxoplasmosi si configura quindi non solo una patologia di genere nel periodo della gravidanza, ma anche di interesse da parte della medicina dei viaggi.

La Toxoplasmosi viene generalmente associata alla donna in gravidanza e alla dieta priva di alimenti crudi che per nove mesi la futura mamma deve assumere per non incorrere nell’infezione molto pericolosa per il feto. In realtà la Toxoplasmosi entra di diritto tra le “patologie del viaggiatore” che richiedono formazione per chi parte e attenzione nei confronti di chi torna. A dirlo è lo studio Toxoplasma gondii Serotypes in Italian and Foreign Populations: A Cross-Sectional Study Using a Homemade ELISA Test, condotto dall’IRCCS di Negrar in collaborazione con l’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, insieme all’Ateneo della città lombarda e pubblicato sulla rivista scientifica Microorganisms.

Si tratta della prima indagine epidemiologica, seppur parziale, che dopo molti anni viene effettuata in Italia sulla Toxoplasmosi e che ha rilevato tra i soggetti a rischio i viaggiatori uomini tornati da zone dove è prevalente la forma più grave di infezione. Proprio per la caratteristica dello studio, che ha fatto emergere quanto la Toxoplasmosi non sia solo una patologia femminile associata alla gravidanza, l’Istituto Superiore della Sanità ha voluto inserire un estratto dell’indagine nella Newsletter di gennaio dedicata alla Medicina di genere con il titolo Distribuzione epidemiologica dei sierotipi di T. gondii nella popolazione italiana e straniera residente in Italia: differenza di genere.

I diversi ceppi del Toxoplasma gondii

Ma che cos’è la Toxoplasmosi? Si tratta di un’infezione provocata dal protozoo Toxoplasma gondii (T. gondii), che può essere trasmesso all’uomo tramite animali come il gatto o il topo, ma soprattutto ingerendo carne cruda o verdura venuta in contatto con feci feline infette e non lavata adeguatamente. Di T. gondii esistono diversi ceppi. In Europa (quindi in Italia) e nel Nord America è endemico il ceppo II che dà origine prevalentemente ad un’infezione asintomatica oppure a sintomi aspecifici come febbre associata a gonfiore dei linfonodi, malessere, stanchezza, mal di testa, mal di gola, senso di “ossa rotte” che si risolvono da soli senza intervento farmacologico. Più raramente l’infezione acuta può causare disturbi oculari come offuscamento della vista e dolore agli occhi, causati da una corioretinite che richiede diverse settimane di trattamento antiparassitario e cortisonico.

L’infezione da ceppo II: se contratta in gravidanza è pericolosa per il feto

Ma se l’infezione viene acquisita in gravidanza può provocare conseguenze molto gravi sulla maturazione del feto fino l’aborto spontaneo o la morte in utero. Per questo tra gli esami previsti per la gestante è compreso mensilmente anche il test della toxoplasmosi e la donna è invitata a non assumere alimenti crudi per tutta la gestazione se l’esame sierologico non rileva una precedente infezione. Infatti chi contrae la toxoplasmosi è protetto per tutto l’arco della vita.

I ceppi più virulenti e patogeni sono autoctoni in Brasile, Messico e Africa

In Brasile, Messico e Africa a prevalere sono invece i ceppi I e III, che presentano caratteristiche di elevata virulenza e bassi/medi livelli di patogenicità. A questi, soprattutto in Sud America, si associano i ceppi ricombinanti-misti (che cioè presentano caratteristiche sia del ceppo I sia del III) responsabili di gravi forme di manifestazione acuta polmonare e oculare. La retinite focale necrotizzante da toxoplasmosi è un fenomeno molto diffuso in Brasile, soprattutto tra i bambini ai quali causa dolore oculare, offuscamento della vista e cecità

Ma con i viaggi i protozoi non restano nei Paesi d’origine

Dr.ssa Sara Caldrer

“Tuttavia in un’epoca di viaggi, di lavoro o ludici, non possiamo limitare i ceppi più patogeni solo ad alcuni Paesi”, afferma la dottoressa Sara Caldrer, biologa del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS di Negrar e una delle autrici dello studio. “A confermarcelo è proprio la ricerca che abbiamo condotto con l’obiettivo di valutare la distribuzione epidemiologica dei ceppi di T. gondii in Italia nei pazienti che si sono rivolti ai Centri di Negrar e di Pavia, testando in totale 188 soggetti di cui 95 stranieri”.

Oltre il 18,5% degli italiani testati positivi ai ceppi non autoctoni

Come era prevedibile, il ceppo II è risultato essere il più diffuso nella popolazione italiana mentre il ceppo I e III si è dimostrato prevalente nel gruppo degli stranieri, soprattutto tra gli africani e sudamericani. “Sorprendentemente nel 14,5% degli italiani analizzati sono stati riscontrati i ceppi I-III e nel 4% dei casi un ceppo ricombinante misto. Inoltre, una grande differenza è risultata evidente stratificando la popolazione italiana rispetto al genere. Infatti, una quota rilevante di maschi italiani è risultata positiva per il ceppo I-III (22,2%) e per ceppi ricombinanti misti R/M (6,7%). Questi ceppi non autoctoni risultano invece essere meno frequenti nella popolazione femminile, che è stata arruolata nello studio per lo più durante lo screening per la toxoplasmosi in gravidanza”, sottolinea la biologa.

I soggetti più a rischio: i maschi viaggiatori

Cosa quindi possiamo dedurre? “Questi risultati supportano l’ipotesi che i maschi italiani potrebbero aver contratto l’infezione viaggiando in un zone in cui circola un ceppo diverso da quello autoctono italiano, ingerendo alimenti crudi contaminati. E’ un dato importante – sottolinea – perché innanzitutto la toxoplasmosi da malattia del genere femminile si configura come una patologia di interesse della ‘medicina dei viaggi’.

Quindi chi si sottopone a una consulenza medica prima di partire per un viaggio in Paesi a rischio deve essere educato e formato non solo ad astenersi da liquidi, se non in bottiglia, ma anche da cibi crudi o non ben cotti. In particolare le gravide sieronegative alla toxoplasmosi dovrebbero evitare di viaggiare nei Paesi dove sono evidenti scarse condizione igienico sanitarie o dove le forme gravi di toxoplasmosi sono prevalenti (ad esempio Brasile). “In secondo luogo – prosegue – di fronte a un viaggiatore da poco tornato in Italia con sindrome febbrile associata a ingrossamento dei linfonodi del collo, nella diagnosi differenziata deve essere contemplata anche la toxoplasmosi, soprattutto se compaiono anche sintomi visivi”.

In quest’ultimo caso, una valutazione oculistica tempestiva e l’eventuale somministrazione di pirimetamina, sulfadiazina e cortisone consente di abbattere il rischio di danni oculari permanenti e di ricorrenza della malattia. “Il Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali di Negrar ha seguito insieme al reparto di Oculistica della dottoressa Grazia Pertile numerosi pazienti affetti da toxoplasmosi oculare acuta o riattivazione, confermando l’importanza della collaborazione multidisciplinare nella gestione delle gravi malattie infettive”, sottolinea Caldrer.

Uno studio epidemiologico sulla presenza dei ceppi di T. gondii in Italia

I dati rilevati dalla ricerca pubblicata su Microorganisms hanno dato vita a uno studio multicentrico coordinato dall’Università di Pavia a cui partecipano l’IRCCS di Negrar e le Unità Operative e Complesse di Microbiologia e Virologia dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza e di Bari e il Dipartimento di Ricerca traslazionale dell’Università di Pisa. Lo scopo è quello di ampliare l’indagine epidemiologica a tutto il territorio nazionale, al fine di avere una mappatura più completa possibile dei ceppi di Toxoplasma gondii circolanti in Italia ed effettuare un’adeguata correlazione con le manifestazioni cliniche.


Scuola di metodologia della ricerca clinica dell'IRCCS di Negrar: più di 500 sanitari preparati in nove anni

La Scuola di metolodologia della ricerca clinica, giunta quest’anno alla nona edizione, ha l’obiettivo di fornire agli operatori sanitari (non solo medici) gli strumenti non solo per fare ricerca clinica ma anche per leggere in maniera critica le pubblicazioni scientifiche sulle quali poi è basata l’attività quotidiana. Gli iscritti provengono dalle più prestigiose realtà sanitarie italiane,

E’ giunta alla nona edizione la Scuola di Metodologia clinica dell’IRCCS Ospedale Cuore Don Calabria, istituita nel 2014 dalla dottoressa Stefania Gori, allora presidente AIOM, per offrire agli oncologi gli strumenti non solo per fare ricerca clinica ma anche per leggere in maniera critica le pubblicazioni scientifiche sulle quali poi è basata l’attività quotidiana del medico. Nel tempo la Scuola ha ampliato la sua attenzione verso operatori sanitari di altri ambiti, non solo di quello oncologico, formando in nove anni 500 tra medici, infermieri, data manager, epidemiologi, biologi… di importanti realtà sanitarie italiane. (vedi il video qui sotto)

L’edizione 2023 – con la direzione e la segreteria scientifica rispettivamente della dottoressa Gori, direttore del Dipartimento di Oncologia dell’IRCCS di Negrar, e del dottor Giovanni Pappagallo, epidemiologo clinico – vede  iscritti provenienti dall’IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli, dalla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, dall’IRCCS De Belli di Castellana Grotte (Bari), dalla Fondazione CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica) e dall’ICS Maugeri di Pavia, dall’IRCCS San Raffaele di Milano, dall’IRCCS Giovanni Paolo II di Bari e dall’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. Inoltre la Scuola gode di prestigiosi patrocini tra cui Alleanza Contro il Cancro, il più grande network di ricerca oncologica in Italia, e dell’Istituto Superiore di Sanità.

Il corso comprende 11 giornate e si sviluppa in moduli autonomi, frequentabili anche singolarmente, durante i quali si svolgono lezioni frontali e lavori di gruppo.

I primi due si sono tenuti il 20-21 gennaio e il 10-11 febbraio  ed erano finalizzati a fornire ai partecipanti le basi per la strutturazione di un progetto di ricerca clinica, a partire da un quesito clinico fornito dagli stessi.

I moduli seguenti affronteranno temi specifici:

Questi i docenti dell’Edizione 2023:

Emilio Bria, Oncologia, IRCCS Policlinico Gemelli (Roma)

Cristina Bosetti, Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” – Milano

Fulvio Calise, professore di Chirurgia Generale dell’Università del Molise, Direttore del Centro di Chirurgia Epato-Biliare, Ospedale Pineta Grande – Castel Volturno (CE)

Michela Cinquini, Unità di Revisioni Sistematiche e Linee Guida- Dipartimento di Oncologia, IRCCS Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”- Milano

Pierfranco  Conte
Responsabile Rete Oncologica Veneto (ROV)

Ettore D’Argento, Oncologia, IRCCS Policlinico Gemelli (Roma)

Veronica Andrea Fittipaldo, IRCCS Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”- Milano

Stefania Gori, Oncologia Medica, IRCCS Sacro Cuore Don Calabria – Negrar (VR)

Cristina Mazzi, Nucleo di Ricerca Clinica – IRCCS Sacro Cuore Don Calabria – Negrar (VR)

Federica Miglietta, Oncologia Medica 1, IRCCS Istituto Oncologico Veneto- Padova

Ivan Moschetti, Unità di Revisioni Sistematiche e Linee Guida- Dipartimento di Oncologia, IRCCS Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”- Milano

Oriana Nanni, IRCCS Istituto Romagnolo per la Cura dei Tumori “Dino Amadori”, Mendola (FC)

Fabrizio Nicolis, direttore sanitario, IRCCS IRCCS Sacro Cuore Don Calabria – Negrar (VR)

Dott. Giovanni L. Pappagallo, epidemiologo clinico e responsabile della segreteria scientifica della Scuola di Metodologia Clinica.

Valter Torri, IRCCS Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”- Milano

Giulio Zuanetti, Abaut Farma, Milano

Il corso si tiene al Centro di Formazione dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria e l’iscrizione può essere fatta on line al sito web http://formazione.sacrocuore.it/Index.aspx. E’ previsto un numero massimo 25 partecipanti per modulo.


Una mostra itinerante porta don Calabria in tutto il mondo

Nei giorni scorsi è partita da San Zeno in Monte la mostra itinerante che porterà alcuni oggetti appartenuti a san Giovanni Calabria in tutti i territori dove sono presenti le case e le attività dell’Opera. La mostra arriverà anche alla Cittadella della Carità nel prossimo settembre, dopo essere stata in tutti e cinque i continenti

Si intitola “Terra&Sangue” la mostra itinerante che attraverserà tutte le missioni dell’Opera Don Calabria in occasione del 150° anniversario della nascita del Fondatore. La terra è quella di San Zeno in Monte, che il santo definiva “terra santa e benedetta”, mentre il sangue è quello di don Calabria, che viene esposto in una fiala all’interno di un reliquiario a forma di faro realizzato dall’artista veronese Albano Poli, Ex allievo dell’Opera.

Oltre a questi due elementi la mostra porterà in giro per il mondo alcuni oggetti appartenuti a don Calabria,scelti perchè rappresentano alcuni aspetti della sua spiritualità e del suo Carisma. Si tratta di scarpe, occhiali, orologio, portafogli, lettera autografa e stola. La mostra è partita ufficialmente lo scorso 8 febbraio da San Zeno in Monte, quando il Casante don Massimiliano Parrella ha consegnato al Delegato per l’Europa don Valdecir Tressoldi le due valigie e lo zainetto che contengono tutti gli oggetti e il materiale necessario per l’allestimento.

Nei giorni scorsi la mostra è già stata montata nelle comunità di Roma, Napoli, Lamezia Terme, Palermo e Ferrara. Le prossime tappe saranno la Romania e il Portogallo, dopodichè ci sarà il trasferimento in Kenya e Angola. Nel mese di settembre, dopo aver toccato tutti i continenti, la mostra tornerà a Verona e sarà anche a Negrar nei giorni che porteranno alla celebrazione del 150° anniversario della nascita che cade il prossimo 8 ottobre, in occasione della festa liturgica di don Calabria.

Maggiori informazioni sulla mostra e sul suo percorso si possono trovare sul sito dell’Opera a questo link: https://www.doncalabria.it/news/mostra-itinerante–499/


Gli anticorpi monoclonali che hanno cambiato la vita ai pazienti con emicrania cronica

Da circa un anno la Neurologia dell’IRCCS di Negrar è Centro regionale autorizzato alla prescrizione dei nuovi farmaci per il trattamento dell’emicrania cronica, basato su  anticorpi monoclonali. Farmaci biotecnologici che stanno cambiando radicalmente la qualità di vita dei pazienti. Aperto anche un ambulatorio dedicato all’innovativa terapia

Anna (il nome è di fantasia) era praticamente un ostaggio, prigioniera di un’emicrania insopportabile che la costringeva a perdere molti giorni di lavoro al mese e a dire no a quasi tutte le occasioni ludico-sportive. Tre mesi fa si è sottoposta a una visita presso all’Ambulatorio anticorpi monoclonali della Neurologia dell’IRCCS di Negrar, che da circa un anno è Centro regionale autorizzato alla prescrizione dei nuovi farmaci per il trattamento dell’emicrania cronica. Da quel giorno la sua vita è cambiata radicalmente: in tre mesi le giornate lavorative perse sono scese a 5 e ha potuto godersi tutte le occasioni di svago. Questo grazie all’innovativo trattamento dell’emicrania cronica, basato su farmaci biotecnologi. Si tratta di anticorpi monoclonali (erenumab, fremanezumab e galcanezumab) anti CGRP (Calcitonin Gene Related Peptide), un peptide che recenti studi hanno dimostrato essere implicato nel meccanismo patogenetico dell’emicrania.

Dr. Fabio Marchioretto

Sono farmaci estremamente efficaci e sicuri che agiscono in maniera preventiva, con un’iniezione mensile sottocute”, sottolinea il dottor Fabio Marchioretto, direttore della Neurologia. “Per la complessità e l’alto costo della terapia, non tutti i pazienti sono eleggibili al trattamento gratuito, ma solo coloro che, secondo le indicazioni dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), rispondono a un determinato profilo: soggetti che abbiano avuto almeno 8 giorni di emicrania invalidante al mese negli ultimi tre mesi e che abbiano testato senza successo almeno tre terapie di profilassi dell’emicrania di prima linea, cioè famaci come per esempio l’Amitriptilina, il Topiramato e il Propanololo

Il profilo del paziente viene inserito in un registro AIFA, completato da un questionario, che ha lo scopo di determinare quanto l’emicrania impatti in maniera invalidante sulla vita della persone. Una volta ottenuta l’eleggibilità il farmaco può essere ritirato presso la Farmacia del Centro prescrittore e somministrato a domicilio, grazie a una penna siringa preriempita.

L’ambulatorio anticorpi monoclonali, a cui si accede con impegnativa medica, segue attualmente circa 60 pazienti, che incontriamo soprattutto in occasione dei controlli periodici a tre, sei e dodici mesi, durante i quali viene ripetuto anche il questionario – prosegue il dottor Marchioretto -. Finora abbiamo registrato solo ottimi risultati relativamente alla qualità di vita dei pazienti e nessun effetto avverso rilevante, in linea con gli studi condotti a livello internazionale”.

L’inserimento della Neurologia di Negrar tra i Centri regionali accreditati alla prescrizione (l’unico in Veneto di un ospedale privato) dell’innovativa terapia è un rilevante riconoscimento “dell’attività che abbiamo condotto negli ultimi 20 anni nell’ambito della cura dell’emicrania non solo sul territorio veronese – sottolinea il neurologo -. Oltre ai tanti pazienti che seguiamo ambulatorialmente, in media all’anno registriamo tra gli 80-90 ricoveri da altre regioni italiane per il trattamento di disassuefazione da abuso di farmaci per il controllo del dolore emicranico”.

Il Centro cefalee di Negrar è stato anche recentemente iscritto dalla Fondazione Onda- Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere tra i Centri italiani che offrono percorsi e servizi dedicati alla gestione dell’emicrania nelle diverse fasi della vita della donna.


Università di Verona e IRCCS di Negrar, si rafforza l’intesa: apertura per nuovi corsi di laurea oltre a quello in Farmacia

Si è insediato il Comitato Paritetico di Indirizzo Università di Verona-IRCCS di Negrar. Per Farmacia si attende la data del test d’ingresso: 60 posti disponibili già dal prossimo anno accademico. La sede all’inizio sarà a Verona, per trasferirsi nel 2024 in una nuova palazzina all’interno della “Cittadella della Carità” dell’Opera Don Calabria Il rettore Nocini e l’Ad Piccinini: “Ci sono tutti i presupposti per ampliare i nostri ambiti di collaborazione, perché abbiamo un’esigenza comune: formare operatori sanitari che garantiscano le migliori cure al paziente”

Da sinistra il Magnifico Rettore dell’Università di Verona, prof. Pierfrancesco Nocini, e l’Amministratore Delegato dell’IRCCS di Negrar, dottor Mario Piccinini

Apertura e condivisione con uno sguardo proteso verso il futuro, oltre l’intesa storica che porterà a Verona, già dal prossimo anno accademico, un innovativo Corso di laurea in Farmacia con sede nella Cittadella della Carità di Negrar. Può essere riassunto così il clima con cui il 14 febbraio si è insediato il Comitato Paritetico di Indirizzo istituito dall’Università di Verona e dall’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria che avrà il compito di monitorare le attività previste dall’accordo quadro firmato lo scorso 13 dicembre.

Il Comitato, che si è riunito per la prima volta al Sacro Cuore, è composto per l’Università dal Magnifico Rettore, Pierfrancesco Nocini, dal Direttore Generale, Federico Gallo, dal Presidente Scuola di Medicina e Chirurgia, Giuseppe Lippi, dal Direttore Scuola di Dottorato, Alfredo Guglielmi. Per l’IRCCS di Negrar i componenti sono invece il Presidente, fratel Gedovar Nazzari, l’Amministratore Delegato, Mario Piccinini, il Direttore Sanitario, Fabrizio Nicolis, e il Direttore Amministrativo, Claudio Cracco. Erano presenti inoltre il delegato alla Didattica e allo Sport, Federico Schena, il Referente Scuole di Specializzazione Area Sanitaria, Giovanni De Manzoni, il Presidente Corso di Laurea Medicina e Chirurgia, Cristiano Chiamulera, il Referente del Rettore per i Rapporti con Ospedale Sacro Cuore Don Calabria per la creazione del corso di laurea in Farmacia, Giovanni Pizzolo, e il vicedirettore sanitario dell’IRCCS di Negrar Davide Brunelli.

Ormai mancano ancora pochi passaggi istituzionali e poi sarà ufficiale la possibilità di accesso per 60 matricole al Corso di laurea in Farmacia, attraverso il nuovo test d’ingresso (Tolc), la cui data sarà fissata a breve. Si tratta di un percorso di studi innovativo, aderente ai requisiti della riforma dei corsi di laurea in Farmacia dettati dal decreto ministeriale 1147 del 2022, e ha l’obiettivo di creare farmacisti preparati a rispondere alle nuove esigenze del Servizio Sanitario Nazionale e dei cittadini. Quindi farmacisti del territorio in grado a fornire servizi in collaborazione con le ULSS e gli ospedali. Ma anche farmacisti ospedalieri esperti nell’ambito clinico e “professionisti del farmaco” impegnati nella ricerca di nuovi prodotti sempre più avanzati. Nel piano di studi sono presenti corsi curriculari inediti come quello sui radiofarmaci, grazie alla sinergia con l’Officina Radiofarmaceutica dell’IRCCS di Negrar. Inoltre il titolo magistrale abilita all’esercizio della professione, in quanto l’esame di Stato è integrato nella laurea.

Nel prossimo anno accademico la sede sarà a Verona, ma a partire da ottobre 2024 le lezioni si terranno a Negrar in una nuova palazzina ubicata all’interno della Cittadella della Carità, dove si trova anche l’ospedale. La struttura sarà dotata di aule didattiche idonee, laboratori, spazi per i docenti, per il personale tecnico-amministrativo, e per gli studenti. I lavori inizieranno il prossimo maggio, quando sarà anche firmato l’accordo attuativo per il finanziamento da parte dell’IRCCS di Negrar di 8 posti di professore e ricercatore, che si aggiungeranno agli altri 7 messi a disposizione dall’Ateneo.

Sempre sul piano della didattica la storica intesa tra l’Università e l’IRCCS di Negrar punta anche a sviluppare la rete formativa delle scuole di specializzazione di area sanitaria, contribuendo al numero dei medici specialisti da mettere a disposizione del SSN. A tal proposito il Sacro Cuore finanzierà 10 contratti per altrettanti medici specializzandi che effettueranno la loro formazione presso l’ospedale. A questi si aggiungono 4 borse di dottorato di ricerca nella macroarea Scienze della Vita e della Salute, con progetti condivisi.

“Questo è solo l’inizio di un percorso che proseguirà negli anni, oltre all’accordo che abbiamo sottoscritto e oltre a coloro che lo hanno voluto”, ha detto il Rettore Nocini. “Credo che vi siano ampie possibilità di allargare questa collaborazione. Penso, per esempio, a un corso di laurea in Audiologia e protesi foniatriche: i tecnici in questo campo sono “rari” e le persone sono costrette a percorrere chilometri per curarsi…”.

“Ci sono tutti i presupposti per ampliare i nostri ambiti di collaborazione, anche dal punto di vista delle strutture perché la palazzina che andremo a costruire (il progetto è già pronto) avrà spazi che consentiranno di ospitare altri corsi oltre a quello in Farmacia”, ha sottolineato l’Ad Piccinini. “Dobbiamo solo coniugare le reciproche esigenze. L’esigenza primaria dell’Università è la formazione degli operatori sanitari. Ma è anche la nostra, perché anche noi vogliamo medici, infermieri, biologi, tecnici che garantiscano ai pazienti le migliori cure possibili. E vorremmo allargare questa opportunità anche agli studenti che provengono da Paesi in via di sviluppo, dove l’Opera Don Calabria è presente, affinché una volta formati possono, tornado in patria, essere una risorsa per quelle popolazioni”.


Il distacco del vitreo non deve preoccupare, ma occhio ai lampi di luce

Filamenti, capelli, mosche volanti. Inutile tentare di scacciarli con la mano: sono i sintomi del distacco del vitreo dell’occhio. Nella maggior parte dei casi non comporta consenguenze patologiche, ma può accadere che il distacco comporti un interessamento della retina. A mettere in allarme sono i lampi di luce, ripetuti più volte durante il giorno

Dr. Maurizio Mete

Capita all’improvviso. Il campo visivo viene disturbato da mosche volanti, ragnatele, capelli e filamenti. Il primo istinto è quello di allontanarli con un gesto della mano. Tutto inutile, perché non sono tali, ma effetti visivi del distacco di vitreo dell’occhio, un evento che vede il suo picco di incidenza dai 45 ai 65 anni, nonostante possa esordire più precocemente in pazienti miopi o in conseguenza a un trauma oculare.  Nella maggior parte dei casi si tratta di una condizione che non comporta conseguenze patologiche. Qualche volta, però, possono generarsi complicanze a livello retinico, come la lacerazione o il distacco della retina stessa. “Per questo è bene che alla comparsa dei corpi mobili, e soprattutto, di lampi di luce si ricorra, nell’arco di pochi giorni, a una visita oculistica. Visita che deve essere ripetuta circa un mese dopo, salvo l’emergere di nuovi sintomi, per escludere un coinvolgimento della retina da parte del distacco del vitreo”, sottolinea il dottor Maurizio Mete, medico oftalmologo dell’IRCCS di Negrar.

Dottor Mete, a cosa è dovuto il distacco del vitreo?

Il distacco è un evento parafisiologico, dovuto a un’alterazione biochimica che determina la separazione della componente più liquida del vitreo da quella più densa, fibrillare, generando degli addensamenti che il paziente percepisce come mosche volanti, ragnatele, capelli, le cosiddette miodesopsie. In casi più rari il distacco avviene, invece, in seguito a un trauma oculare.

Ci sono conseguenze per la qualità della visione?

Nella gran parte dei casi, le conseguenze sono poco significative. Le miodesopsie tendono lentamente a ridursi, anche se non regrediscono del tutto, perché il distacco del vitreo è un fenomeno irreversibile. E’ consigliabile, dopo una prima visita in seguito alla comparsa dei primi sintomi, effettuare un controllo a distanza di circa un mese, tempo durante il quale, completandosi il distacco del vitreo, si possono ancora verificare complicanze a livello retinico: in particolari lacerazioni della retina o addirittura il distacco della stessa. Sia all’esordio del distacco del vitreo che durante le settimane successive, il sintomo che deve destare più preoccupazione è la visione di lampi di luce (fosfeni), che possono essere indice di trazione del vitreo sulla retina, fenomeno che aumenta considerevolmente la probabilità di complicanze retiniche. Più raramente, il distacco di vitreo può associarsi ad un sanguinamento in camera vitrea: in questo caso, si parla di distacco di vitreo emorragico e il paziente avverte un brusco calo visivo. Particolare attenzione dovrà essere posta nell’escludere la presenza di rotture retiniche, eventualmente con l’aiuto dell’ecografia. Spesso, però, il quadro si risolve con un graduale riassorbimento del sangue.

Cosa è dovuta questa complicanza?

Il vitreo – che è normalmente trasparente ed ha una consistenza gelatinosa – si trova all’interno della camera vitrea dell’occhio ed è in rapporto con la faccia posteriore del cristallino e con la retina, con la quale stabilisce dei punti di forte adesione. Il distacco del vitreo si realizza quando la sua parte esterna (corticale del vitreo) si separa dalla parte più esterna della retina (la membrana limitante interna). Può accadere che nel distacco, alcuni punti del vitreo rimangano più adesi alla retina, creando una trazione che comporta la rottura della retina stessa. L’evento si manifesta, di solito, con la visione di lampi o scintille di luce ripetuti più volte nel corso del giorno. In questi casi è importante recarsi il prima possibile in un centro oculistico, perché la rottura retinica deve essere trattata nell’arco di breve tempo con il laser prima che la componente liquida del vitreo, generata a seguito dell’alterazione biochimica, passi attraverso la lacerazione e provochi un distacco di retina, trattabile solo chirurgicamente.

Quali sono i sintomi del distacco di retina?

L’oscuramento di una parte del campo visivo, che quando compare necessita un ricorso di urgenza al Pronto Soccorso.

Si può prevenire?

Nel mese di “osservazione” dalla diagnosi di distacco del vitreo, per abbassare il rischio di rottura o distacco della retina, si raccomanda di assumere liquidi in abbondanza, soprattutto se fa molto caldo, in quanto la disidratazione può essere una concausa del distacco. La scorsa estate, che ha registrato temperature molto alte, dal punto di vista epidemiologico abbiamo osservato un aumento di casi di distacco del vitreo e anche della retina. Inoltre per non incorrere in rischi è bene astenersi da sport traumatici, scossoni violenti del capo e sforzi fisici eccessivi. Invece non è necessario assumere farmaci: gli integratori in commercio per il vitreo non sono particolarmente efficaci. Parlando ancora di prevenzione esiste poi una fetta di pazienti miopi, anche di grado limitato (7-8% della popolazione generale) che presentano zone periferiche della retina più sottili, quindi più fragili, alle quali il vitreo è attaccato con più forza. Sono zone che per questa configurazione possono generare più facilmente delle rotture retiniche (per questo vengono definite lesioni regmatogene). E’ importante che l’oculista le riconosca e valuti se effettuare un trattamento laser per ridurre la probabilità che si possa generare un rottura di retina.

Ci sono particolari controlli che deve effettuare chi ha subito un distacco di vitreo?

No, se non una visita oculistica a cadenza annuale, con l’esame del fondo dell’occhio. Frequentemente il distacco del vitreo non si limita ad un solo occhio, ma, a distanza di tempo, coinvolge anche l’altro.

Si verificano casi in cui la visione di filamenti o di mosche non si attenuta e quindi diventa invalidante?

Il paziente generalmente è in grado di convivere con la sintomatologia. Solo in casi estremamente selezionati può essere indicato un intervento di vitrectomia (taglio ed asportazione del vitreo, ndr), che deve essere attentamente valutato alla luce del rapporto rischi-benefici. Nonostante le sue potenziali complicanze, infatti, solo la vitrectomia consente di risolvere efficacemente i sintomi da distacco di vitreo, nei rari casi realmente invalidanti.